lunedì 31 marzo 2014

NICCIOLETA (VIII).

            Nello stesso giorno, il 10 giugno, anche nel Villaggio di Niccioleta fecero la loro apparizione i partigiani. I fascisti locali ne furono impressionati. Ci furono contatti con il Comando Tedesco di  Pian di Mucini, e da questo con il comandante del III Battaglione Italien che da Castelnuovo si era spostato a Monterotondo. Il luogo della rappresaglia dimostrativa fu così spostato da Castelnuovo a Niccioleta con il rastrellamento dei 152 minatori. Fisicamente però l’uccisione doveva avvenire a Castelnuovo, come stabilito, e i 152 furono trasportati nella notte del 13 giugno a Castelnuovo, non prima però di aver ucciso 6 minatori ritenuti comunisti e capi della resistenza nel villaggio di Niccioleta.
            Il giorno successivo, nel tardo pomeriggio, avvenne, nei pressi della attuale centrale geotermoelettrica di Castelnuovo, l’uccisione di 77 di loro, mentre 21 furono deportati e i vecchi rimandati a Niccioleta con gravi minacce. La sera stessa del 14 giugno il III Battaglione Italien  composto da SS tedesche e militi della GNR che ne facevano parte, compresi una quindicina di fascisti di Niccioleta, fuggirono, forse per la stessa strada fatta in precedenza, non sappiamo per quale destinazione.

            Di fronte al Tribunale della Corte d’Assise di Pisa si concluse nel 1949 il processo ai trenta imputati, poi ridotti a 11, e poi a 4, tutti gli italiani che facevano parte del III Battaglione di SS Italien, presenti ed esecutori dell’uccisione degli 83 minatori. Di loro solo tre furono condannati a 30 anni di prigione, ma alla fine ne scontarono soltanto 5: Picchianti, Calabrò e Nucciotti. Questi criminali che avevano sulla cintura la scritta Gott Mit Uns (Dio è con noi), furono presto cancellati dalla più o meno voluta dimenticanza e nel 1953 tornarono in libertà e scomparvero, in un’Italia che dimenticò presto i valori della Resistenza. I comandanti tedeschi nessuno l’ha mai cercati come ho potuto accertare di persona negli archivi militari di Berlino e Friburgo e al Tribunale di Gottinga.

            Aggiungo qualche riflessione personale, maturata anche nel ricordo di mio padre, Renzo, che con pochi altri, sotto la guida di Mauro Tanzini, partigiano della Banda Camicia Rossa, fu il curatore del luogo dove i 77 minatori furono uccisi a Castelnuovo di Val di Cecina. In casa se ne parlava poco, sembrava un massacro assurdo, alla vigilia della Liberazione, senza che nessuno avesse fatto nulla per evitarlo. La passività dei minatori, praticamente vittime sacrificali, l’assenza di resistenza nella popolazione, la mancanza di interventi armati dei partigiani, sabotaggi ai ponti, mitragliamenti dell’aviazione alleata: non riuscivo a spiegarmelo.

            Tuttavia la tenacia dei familiari dei minatori uccisi si rivelò sorprendente ed anno dopo anno, prima le vedove e gli orfani, le madri, i padri, e poi fratelli sorelle, amici…ogni 14 giugno arrivavano a Castelnuovo, accompagnati dai gonfaloni dei Comuni di origine e da quelli di Pomarance, Massa Marittima, Castelnuovo, Volterra, tenendo accesa la fiammella della memoria. Una memoria che fin dal primo giorno dopo l’uccisione si indirizzò a chiedere giustizia.

            Come ho detto la giustizia, praticamente, non è stata fatta. Alla ricerca del perché? è stato invece risposto grazie ai recenti studi storici, anche se, dopo tanti, troppi anni, essa è stata confinata ai margini della memoria nazionale, nonostante le dimensioni ed il valore etico che trasmette: l’amore per il lavoro durissimo della miniera, il lavoro messo a fondamento della nostra Costituzione con l’articolo 1 (L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro). Come aveva ben capito padre Ernesto Balducci, nato a Santa Fiora e compagno di molti dei minatori assassinati, lucido e sconsolato cantore dei minatori, le Alte cariche dello Stato non hanno mai trovato mezza giornata libera per venire quassù a rendergli il doveroso omaggio, tradendo, in un certo senso, il messaggio che ci trasmette il fregio inciso sul monumento al Vallino della Morte di Castelnuovo:  Loca significo nomina declaro viventium futururumque pietati sacrata hos digne colito quos hostis seve necavit, ossia Io indico il luogo e rendo noti i nomi consacrati alla pietà dei viventi e dei posteri Tu onora degnamente costoro che il nemico crudelmente uccise. Io indico, tu onora degnamente…questo dice il Monumento. Onorare degnamente, rito antico che ci ha trasmesso nella storia e nel mito le pagine indelebili dei più alti valori etici dell’umanità. Vorrei che questo messaggio fosse accolto da qualcuno di voi, nel passaggio della fiaccola della memoria,  una memoria che saprete alimentare e rendere creativa.  


                                                                                                          (continua)


 I partigiani della "Piccola banda di Ariano": Spinola, Stucchi Prinetti, Vargiu, Piredda, uccisi a Castelnuovo il 14 giugno 1944.
 I partigiani della "Guardia Armata di Gerfalco", uccisi a Castelnuovo il 26 giugno 1944.

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