domenica 27 aprile 2014

ANNIVERSARIO: 27 Aprile 1964 - 27 Aprile 2014. 

La prima data è quella del matrimonio di Carlo e Grazia. Sono insieme da 50 anni. No, di più, perché sono insieme da 55 anni! E' stata una grande avventura e, come le grandi avventure, memorabile. Gioie e dolori, paure e speranze, errori e successi, arrivi e partenze, ma sempre insieme. Senza far retorica si può affermare che si sono sempre amati e che quell'antico fuoco
non s'è spento. Oggi, senza clamori, come fu quel giorno di cinquant'anni fa, fanno in famiglia la festicciola. Quel 27 aprile era un lunedì di sole, ci sposò un sindaco amico, niente di quel giorno fu "tradizionale", eravamo un gruppetto di sette od otto persone di famiglia, e l'unico che s'affacciò nella sala del Consiglio Comunale, al termine della cerimonia, per darci gli auguri, fu un uomo inviato al "confino" dal sud, probabilmente per delitti di mafia ed alloggiato nel Palazzo Comunale! Ci dette la mano e noi pensammo: "O bene bene o male male!" Oggi possiamo dire che ci portò fortuna!
Dopo un sobria colazione in cucina della sposa, mio padre ci portò con la sua 500 Fiat e poco bagaglio a prendere il treno alla stazione di Venturina. Mangiammo un panino al bar, sotto il glicine fiorito accanto al monumento del famoso cane che viaggiava su e giù per l'Italia salendo e scendendo dal treno, il cane adottato dai ferrovieri! Avevamo prenotato a Roma una camera alla "Pensione Umbra", nel quartiere "Prati" a ridosso delle mura vaticane. Ci rimanemmo per 17 o 18 giorni e fummo felici nella grande e meravigliosa città. 



sabato 26 aprile 2014









25 APRILE 2014 A SIENA

Quest’anno, eccezionalmente, ho partecipato a due celebrazioni del 25 Aprile: al mattino nel luogo dove vivo, portando la bandiera dell’ANPI al seguito del Gonfalone del Comune; nel pomeriggio a Siena città, desideroso di ascoltare l’intervento di mia figlia Tania, che, come immaginavo, è stato emozionante. Bella festa di popolo, di colori, di sorrisi e di speranza. Noi, nel mio piccolo comune, nel 1944 con circa il doppio degli abitanti attuali, la gioia della Liberazione si mescola sempre al sangue di 77 minatori, vittime della “guerra ai civili” scatenata da nazisti e fascisti della RSI  e degli altri 8 partigiani fucilati, sangue che sempre è stato “onorato degnamente” dalla popolazione, a colmare un’assenza davvero inspiegabile delle Autorità Regionali e Nazionali; a Siena, una grande festa, per una provincia caratterizzata dalla presenza di grandi formazioni partigiane sul territorio, con 35 combattenti uccisi, in un contesto cittadino opaco e fortemente segnato da una forte fascistizzazione strutturale, provincia che ha dato un grande contributo, non solo sul piano locale, ma della Liberazione dell’Italia, con circa duemila partigiani e soldati combattenti nel  nuovo esercito italiano, in particolare nei Gruppi di Combattimento Cremona e Friuli, dei quali 305 sono i morti. Da noi una gioia velata di tristezza, a Siena una festa, di orgoglio, coraggio e speranza tra migliaia di turisti italiani e stranieri, una bella gioventù, sorridente, ma non indifferente, con sulle lebbra le note delle canzoni della Resistenza. Sette anni fa, un altro 25 Aprile, timido, al quale dedicai una poesia:

25 Aprile [i]

Lo credevo morto, un fossile ornamentale,
serrato nel musicale giardino
della città del Palio invasa
dal sole d’aprile,
invece
ha spuntato foglioline di tenero verde
su cicatrici profonde,
rosse di sangue
albero di larghe foglie
innervate di memoria:
teneri baci
storia
lontani amori
Questa speranza che accende
non cessa di stupirmi
oggi
venticinque soleggiato d’aprile
pulsante di vita
silenziose ombre
quiete
risorgete!



[i] 25 Aprile 2007, a Siena, cortile del Palazzo dell’Accademia Chigiana, albero antico apparentemente secco, che rispunta tenere foglioline.
25 APRILE 2014

 70° Anniversario della Liberazione di Castelnuovo di Val di Cecina e delle Colline Metallifere Toscane dal nazifascismo.





Cronologia degli avvenimenti   locali più importanti.


8 maggio 1944, Uccisione in combattimento, nei pressi delle miniere di pirite della STIMA,  di Guido Radi “Boscaglia” e ferimento mortale di Alvaro Betti “Ciocco”. Le loro tombe sono nel cimitero di Belforte (SI). “Boscaglia”, il più giovane di  età dei partigiani della XXIII Brigata Garibaldi, darà il suo nome alla Brigata stessa. La sua morte e sepoltura saranno uno degli atti fondamentali della vicenda eroica di Norma Parenti, medaglia d’oro al valor militare alla memoria..

10 giugno 1944, Il III° Bataillonen Italien circonda Castelnuovo di Val di Cecina per compiervi una “strage di civili”. Intanto a Monterotondo Marittimo i partigiani della III Brigata, Banda Camicia Rossa, ingaggiano una battaglia contro forze tedesche. Il III° Bataillone Italien che si trova a Castelnuovo si sposta a Monterotondo. I partigiani si ritirano lasciando sul terreno 3 morti. Il capitano Gallistru, decorato di medaglia d’argento alla memoria, gravemente ferito, morirà il giorno seguente. Un altro partigiano isolato viene ucciso la sera stessa del 10 giugno. 4 giovani di Castelnuovo sono arrestati e deportati verso la Germania. Due di loro riusciranno a fuggire durante il trasporto.

13 giugno 1944, Uccisione di 6 minatori, a Niccioleta (Massa Marittima, GR), arresto e deportazione di altri 150 minatori di Niccioleta e trasferimento a Castelnuovo di Val di Cecina.

14 giugno 1944, Uccisione, a mezzogiorno, di 4 partigiani a Castelnuovo di Val di Cecina componenti una autonoma formazione partigiana detta “La piccola banda di Ariano”, tre in località podere Il Sorbo, uno, il marchese Spinola, nella Caserma dei Reali Carabinieri. Selezione tra i 150 minatori di Niccioleta: 77 vengono avviati verso la centrale elettrica e uccisi con le mitraglie nel “Vallino della morte”; 15 giovani deportati in Germania e il resto del gruppo, i più anziani, rimandati a Niccioleta per ammonire la popolazione.

22 giugno 1944, Elvezio Cerboni, comandante partigiano della XXIII Brigata Garibaldi viene fucilato a Pisa nella caserma della GNR fascista.

23 giugno 1944, Arresto e uccisione di Norma Parenti a Massa Marittima da SS italo tedesche. La sua tomba è nel cimitero di Massa Marittima.

23 giugno 1944, Fucilazione di Cherubino Ulivelli  al Ponte della Marruca,  a Sasso Pisano, da soldati tedeschi in ritirata.

24 giugno 1944, Liberazione di Massa Marittima da parte degli americani della V Armata.

24 giugno 1944, Nei pressi di Montalcinello (SI) sul confine  dei comuni di Radicondoli (SI) e di Chiusdino, in uno scontro a fuoco coi tedeschi in ritirata, vengono uccisi 5 partigiani della XXIII Brigata Garibaldi, tra i quali Guido Salvadori, di Castelnuovo di Val di Cecina.

24 giugno 1944, Sulla rotabile per Montecastelli Pisano, al bivio del Ricavolo, sul confine dei comuni di Castelnuovo di Val di Cecina (PI)  e di Radicondoli (SI), viene ucciso il partigiano della XXIII Brigata Garibaldi, Guido Nenciolini, staffetta  partigiana.

26 giugno 1944, A Castelnuovo di Val di Cecina, sulla rotabile 439, in località La Valle, vengono fucilati 4 partigiani di Gerfalco componenti la guardia armata di quel paese istituita dalla XXIII Brigata Garibaldi e dal CLN locale.

29 giugno 1944, Liberazione di Castelnuovo di Val di Cecina da parte dei soldati americani di un reggimento di fanteria e di esploratori della I^ Divisione corazzata della V Armata del Generale Harmon.

4 luglio 1944. Il Governatore Alleato, l’americano Robertson, su proposta del CLN locale,  insedia il Sindaco Arnolfo Frasconi.

10 luglio 1944. Viene insediata la Giunta Comunale e la formazione del governo locale è completa ed operativa.

3 agosto 1944, Muore a Firenze, a seguito di ferite in combattimento, il partigiano Isidoro Santi, nato a Castelnuovo di Val di Cecina, facente parte della formazione fiorentina di “Giustizia e libertà”. E’ sepolto nel cimitero di Rifredi.


22 marzo 1945, Muore in combattimento a Villa Zacchia, in Romagna, il soldato Piero Bernardi, nato a Montecastelli Pisano, già partigiano della XXIII Brigata Garibaldi, poi arruolatosi volontario nel Gruppo di Combattimento Friuli. E’ sepolto nel cimitero di Zattaglia, Ravenna.

mercoledì 23 aprile 2014

NORMA PARENTI: IO SONO QUI.

Gentile sig. Groppi,
è con grande piacere che la invitiamo al debutto dello spettacolo ispirato alla figura do Norma Parenti, "IO SONO QUI". 
Saremmo molto lieti della sua presenza.
Grazie per la sua disponibilità.
Un caro saluto

Fernando Giobbi
Chiara Migliorini
Ass.ne Lotus

Domenica 27 Aprile 2014
Teatro L’Ordigno di Vada (LI) ore 21.15

IO SONO QUI

ritratto liberamente ispirato alla figura di Norma Parenti
regia di Fernando Giobbi
con Chiara Migliorini
Immagini, pensieri, riflessi, ricordi, strascichi, gesti: un ritratto liberamente ispirato a una donna particolare, nominata poco e spesso, ammirata e criticata, elogiata e offesa, amata e odiata. Un ritratto libero dal pensiero politico, aggrappato a una Memoria Storica e a unʼemotività trascinante che nasce da stimoli e suggestioni personali. Una donna sola in scena, accompagnata soltanto da alcuni abiti appesi che diventano volti, sguardi, personaggi di una storia detta e non detta, forse celata, riapparsi a tratti ma mai rivelata. Poche intense tracce che hanno permesso di delineare una personale interpretazione di unʼanima priva di schemi e sovrastrutture, istintiva e umile, impulsiva e fragile, oltre il suo tempo, in nome di una libertà personale e individuale contro le oppressioni, le ipocrisie di una società debole e costantemente piegata ad una falsità convenzionale.
Info: 0586/788373 - Biglietti: Intero 10€, Ridotto 8€


lunedì 21 aprile 2014

Pasqua 2014.


Pasqua, giorno lieto. Un pranzo dai sapori meravigliosi e dalla impeccabile regia della disposizione dell’arredo, colori tenui e costi contenuti, sapienza dello stare insieme e, infine importante conoscenza di una gioventù che ci offre speranza…anche se la famigliola era incompleta per l’insorgenza repentina dell’influenza alla nipotina che proprio nel Santo giorno compiva i sei anni ed era assente con babbo, mamma e fratello e che ci avrebbero ancor più allietato! Nel comune di Siena, diciamo pure margini della città, in un quartiere satellite, che negli anni ho imparato ad apprezzare, San Miniato, e  che nella disposizione urbanistica riporta alla mente periferie dell’Est, quartieri satelliti di centri urbani cadenti, con nomi di vie e piazze per me senza significato, ma, probabilmente, di “eroi” del comunismo, della guerra antinazista, della cultura marxista…Per curiosità ho fatto il giro del quartiere segnando (credo al completo) i nomi italiani di vie e piazze: Via P. Nenni; Via G. Di Vittorio; Via E. Berlinguer; Via Achille Grandi; Via Alessandro Pertini; Piazza P. Togliatti; Via Aldo Moro; Via F. Parri…unica denominazione fuori dal coro: Via veterani dello sport. In questa “ricerca” del tempo perduto mi ci sono sentito completamente a mio agio, con un po’ di nostalgia.








giovedì 17 aprile 2014

Memorie lontane.

Quando ripenso a quegli anni lontani è come se li guardassi attraverso un vetro impolverato.
Il passato può vedere, ma non può toccare e tutto ciò che vede è anch'esso sfuocato, indistinto.








martedì 15 aprile 2014



Comune di Castelnuovo di Val di Cecina (Pisa).

Partigiani sardi nelle Colline Metallifere Toscane.
70° Anniversario della Liberazione dal nazifascismo
(1944-2014).


La pubblicazione realizzata dal Comune di Castelnuovo di Val di Cecina (PI) è in  stampa. Si tratta di un libro di 112 pagine, formato 11x18 cm., rilegato, contenente 8 illustrazioni in nero f.t., con le biografie di tre partigiani sardi uccisi in combattimento o a seguito di combattimento tra l’11 ed il 14 giugno 1944: Alfredo Gallistru nato a Ruinas (medaglia d’argento al valor militare), Francesco Piredda nato a Nuoro e Vittorio Vargiu nato a Ulassai. Le loro vicende, benché eroiche e significative, sono state a lungo dimenticate per le concomitanti vicende dell’uccisione a Niccioleta e Castelnuovo di Val di Cecina di 83 minatori, una tragedia, questa, di proporzioni nazionali, ma anch’essa marginalizzata e preda della “smemoratezza” delle Alte cariche dello Stato. Tuttavia “le piccole morti” non sono sfuggite ad un ricercatore di microstorie della Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane, che ha dedicato ad esse opere importanti: “La piccola banda di Ariano. Storie di guerra e di Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane (1940-1945)”; “Un angelo a Massa Marittima: Norma Parenti”; “Da Roccatederighi ad Auschwitz”, nonché numerosi articoli e saggi su giornali e riviste. Questo nuovo lavoro si arricchisce di importanti testimonianze inedite (Mauro Tanzini, Enrico Cheli, Giuseppe Fiori e Onorio Gallistru) e di una ampia e penetrante prefazione a cura del sindaco Alberto Ferrini che ricostruisce i momenti salienti vissuti dalla Comunità nei mesi e giorni che precedettero la Liberazione (29 giugno 1944) da parte dei soldati di un Reggimento di fanteria e di esploratori della Prima Divisione corazzata del Generale Harmon della Quinta Armata americana. 
Siena, d'aprile.

Lo stupore del melo selvatico nato sull'aia di un antico podere, quando si trebbiava il grano battendolo sull'ammattonato (circa 1880), nel suo manto fiorito, e il piccolo e solitario ranuncolo che proprio in una fenditura dei mattoni è sbocciato. Due simboli, non troppo misteriosi, del tempo pasquale. Ed a una Pasqua lontana, della mia inquieta giovinezza, dedico un canto dell'età fiorita: 

Pasqua [

C’erano la stessa aria densa e calda di primavera,
la pigrizia del mattino e i petali perlacei dei ciliegi
che cadevano lenti nel piccolo giardino;

c’erano, ed ora non più, le note della fisarmonica
ammiccanti e tenere, i sorrisi delle donne nelle piccole
stanze di legno, odoranti d’antico;

c’erano gli occhi innocenti e civettuoli delle acerbe
compagne di scuola, nel vicinato raccolto, nell’intreccio
di voci amiche;

c’era nel petto un sommovimento profondo,
un tendere indefinito all’orizzonte
ancora  bianco di neve, un’ansia sconosciuta
nel primo risveglio d’amore, e l’attesa di lei;

lei, la grazia sempre nuova, leggera, liquefatti smeraldi
tra pagliuzze d’oro, frutti acerbi ammiccanti in vaporosi
ricami, melodia delle sciolte campane nell’incedere flessuoso.

Altro non c’era, per me, in quel santo giorno,
in quella resurrezione misteriosa che mi lasciava sbigottito.





venerdì 11 aprile 2014

Speranze perdute.

La mendicante gentile suona una canzone mesta,
ha scelto una posta sicura, addossata al muro
della memoria, ma la storia di lei e di quel muro
nessuno la conosce, né saperla vòle.

Cade qualche rara monetina nella scatolina
di cartone, da borselli ancora prodighi
per inutili doni di festa. Sorride la dama
che sa’ d’antico mondo, e dell’animo profondo.

Percepisce di ognuno la pena e per ognuno canta
una canzone; ecco il mio turno, ormai siamo amici;
cala la sera, il vento le perdute speranze discioglie,
                                  - oh, quanti ricordi! –

Lei m’accompagna con occhi di primavera.


giovedì 10 aprile 2014




Dante Alighieri

Sommerso dalle “novità” ritorno alle letture antiche. Dante Alighieri e la sua divina Commedia. Mi par di incontrare di nuovo vecchi amici, mai dimenticati, e l’emozione non manca. Mi chiedo talvolta cosa mi leghi a questo meraviglioso “congegno della mente”, una struttura imbalsamata nel secolo XIII, spesso in concetti astrusi e personaggi “finti reali”, solo per assecondare la filosofia del poeta, ma poco umani per lettori del secolo XXI°, con cantiche, terzine, endecasillabi impeccabili mentre la nuova poesia senza struttura, ritmo e senza rima nasce da una creatività disgiunta dalla biografia, non certo a scopo beatificante, ma immersione misteriosa nell’io, antidoto alla disperazione e anelito, allo stesso tempo, alla speranza. Certo, conviene meditare sulla “vana gloria de l’umane posse!” e l’oscurarsi rapido della fama, come Cimabue per l’apparizione di Giotto, oppure l’uccello (Dante) che caccerà dal nido  “l’uno e l’altro Guido”. Lo dico per me, per la mia vita dedicata alla poesia: <“che voce avrai tu più, se vecchia scindi/ da te la carne, che se fossi morto/ anzi che tu lasciassi il “pappo” e ‘l “dindi”,/ pria che passin mill’anni? Ch’è più corto/ spazio all’eterno, ch’un muover di ciglia/ al cerchio che più tardi in cielo è torto.> Ed è per questo che amo il canto solitario del “re di macchia” nella siepe. O la canzone d’una mendicante gentile che strimpella la sua fisarmonica, ignara di suscitare inaspettate  visioni nell’anima di uno sconosciuto qualsiasi.


sabato 5 aprile 2014







Richard Wagner, gli anni zurighesi.

Nel primo centenario della morte di Agnes Luckemeyer (1828-1902), pubblicai un breve saggio e tenni alcune conversazioni sul tema della passione amorosa che legò a Richard Wagner le sorti di una giovane poetessa zurighese, Agnes Luckemeyer, sposata Wesendonck, la quale assunse il nome di Mathilde in memoria della defunta prima moglie del marito Otto. A Zurigo, Wagner abitò dal 1849 al 1858, già famoso come direttore d’orchestra e compositore di statura internazionale, ormai alle prese con la sua immensa creazione “L’Anello dei Nibelunghi”. Furono anni straordinariamente fecondi e l’incontro con Mathilde, l’amicizia che si trasforma in passione, ispirerà  il primo atto della Walchiria (l’amore disperato di un esiliato), nonché la realizzazione del dramma “Tristan und Isolde”, sia la musicazione di cinque testi poetici di Mathilde, quelli che saranno definiti “Wesendonck Lieder”, gli unici nell’immensa produzione wagneriana. Sull’amore tra Wagner e Mathilde si son versati fiumi d’inchiostro, ma pochi sono quelli, come me, ad aver ascoltato dalla viva voce di un suo nipote, l’intera storia ed aver visto coi propri occhi le frasi cifrate di Wagner  sul pentagramma e le note  del “Tristano”: GSM (Gesegnet Sei Mathilde, - Benedetta sia Mathilde) ed altre su una partitura del Faust rielaborata nel 1855. Sugli anni trascorsi accanto a Mathilde, praticamente nella stessa casa di Zurigo, Wagner scriverà: “…m’è chiaro che non riuscirò mai più ad inventare qualcosa di nuovo; quel periodo di massima fioritura mi ha dato tale abbondanza di sementi che in seguito ho sempre attinto a quella riserva per coltivare il fiore con facile cura”. 25 anni dopo la loro separazione, alla morte di Wagner avvenuta  a Venezia il 18 febbraio 1883, sarà Mathilde  a recitargli gli ultimi accorati versi per il suo grande amore, mai dimenticato.
…non ti adirare dunque se a noi,
rimasti mortali,
il cuore si spezza dall’immenso dolore,
e le nostre aspirazioni, le nostre speranze
- il nostro amore,

tutto non altro è che un sospir che ti rimpiange!

venerdì 4 aprile 2014

Allume di Castelnuovo

L’Allumiera di Castelnuovo.

Nonostante la distruzione delle Allumiere del Sasso da parte delle truppe mercenarie fiorentine nel 1474 (che in verità dimostrarono contenere miseri depositi di minerale), e l’incremento di produzione di allume nello Stato della Chiesa (sotto il controllo dei banchieri di Firenze),  nell’area boracifera si continuarono a scavare per molti anni, modeste vene di allume, zolfo, vetriolo e incrostazioni di boro intorno ai “lagoni”, “putizze” e “zolfinaie”. Una  certa ripresa nella produzione di allume si ebbe a Castelnuovo nella seconda metà del secolo XVI,  ma trattandosi di scavi superficiali presto si esaurirono. Il Targioni Tozzetti, nella sua celebre visita a Castelnuovo del 1742,  conferma la veridicità delle informazioni storiche relative all’allume, ma ormai non è più in grado di individuare il luogo esatto della più importante “miniera”, quella nei pressi dell’Edifizio dell’Allume (o del Vetriolo), che doveva trovarsi  poco lontana dalla Madonna al Piano, sulla sponda del Riputido. Da notizie raccolte dagli antichi fittavoli e mezzadri risulta che fino a un secolo fa si trovavano ancora in un campo nei pressi delle Calaferne, residui di conci e legnami, resi visibili dall’aprirsi sulla collina di profonde buche, probabili resti di attività mineraria. Successivamente il terreno è stato livellato e coltivato e tali tracce non esistono più. Resta tuttavia un’ampia area di color bianchiccio, poco fruttifera, con frammenti di pietra bianca di pomice o gesso e anidrite cotta dal calore endogeno, un indizio per la localizzazione della cava di allume, che stando ai resoconti, doveva essere abbastanza superficiale. Abbiamo fotografato l’area che così ci è apparsa il 3 aprile 2014.



mercoledì 2 aprile 2014

Purgatorio, canto primo della Divina Commedia di Dante Alighieri.


Ricordo con nostalgia i miei insegnanti di italiano, e gli sarò sempre riconoscente per avermi dischiuso, forse inconsapevolmente, la porta della bellezza: Paolo Dini e Fausta Gennai. Non erano “professori”, cioè insegnanti di ruolo nelle scuole, ma il primo, forse, laureato in chimica e la seconda in musica. Paolo Dini aveva subito gravi ritorsioni, nella fabbrica dove lavorava come impiegato, da scalmanati comunisti; successivamente al periodo dell’epurazione reimmesso in organico con un ruolo marginale; la seconda, oltre che virtuosa musicista, era la moglie del Direttore Generale della Larderello SpA, e godeva fama di una severità estrema. Ho avuto la fortuna, nonostante la mia umile condizione sociale e le simpatie che mi spingevano verso la Federazione della Gioventù Comunista Italiana, di essere un loro “beniamino”, forse perché già percepivano che il mio amore verso la lingua e la letteratura italiana, andava al di là del puro interesse al profitto scolastico, del resto sempre eccellente. Le Scuole Aziendali quadriennali della Larderello SpA, che servivano a selezionare ogni anno  tra i 10 ed i 15 giovani da immettere nell’attività lavorativa, erano essenzialmente imperniate sulle materie scientifiche e pratiche d’officina meccanica, laboratorio chimico, cantiere di perforazione, centrale elettrica, e lasciavano poco spazio alle materie umanistiche, alcune inserite solo nei primi due anni. Italiano, invece, ci accompagnava più a lungo. La storia della letteratura era impostata per singoli autori o poemi: al primo anno Iliade e Odissea; al secondo Ariosto e Tasso, al terzo La Divina Commedia, al quarto I promessi sposi e Leopardi. Si imparavano ampi brani a memoria, ed è sorprendente come ancora ne ricordi gli incipit. Ieri ho aperto una bella edizione della Divina Commedia, Laterza 1964, illustrata magistralmente da Tono Zancanaro. Mi affascina molto il Purgatorio. Ed ecco il primo Canto: “Per correr migliori acque alza le vele” (lo so’ tutto!) e giù giù, affascinato “Dolce color d’oriental zaffiro,” fino ai memorabili versi “Lo bel pianeta che d’amar conforta/ faceva tutto rider l’oriente,/ velando i Pesci, ch’erano in sua scorta.” E vidi quattro stelle, non viste mai fuor ch’a la prima gente. Goder pareva il ciel di lor fiammelle: oh settentrional vedovo sito, poi che privato se’ di mirar quelle…Grazie ancora Paolo e Fausta.




martedì 1 aprile 2014

LA LIBERAZIONE (XIII).


            Massa Marittima fu liberata dagli americani della V Armata, il 24 giugno 1944, Castelnuovo di Val di Cecina, Monteverdi Marittimo, Pomarance, il 29 giugno 1944, Volterra l’8 luglio, 1944, Pisa il 2 settembre 1944. Castelnuovo fu liberato dalla 1 Divisione corazzata del generale Harmon, e tra i primi esploratori due erano figli di emigranti paesani, che ritrovarono alcuni loro parenti e fraternizzarono con la popolazione. Questa Divisione, ormai stremata per l’avanzata su un fronte di 35 km. fu rimpiazzata, il sei luglio dalla 88^ Divisione del generale Crawford, 349° Reggimento, i famosi “Blue Devils” che per primi entrarono nella città di Volterra. Sono stato in contatto con alcuni soldati e comandanti delle truppe americane, che mi hanno rilasciato memorie e testimonianze. E credo sarebbe arrivato il momento, che le nostre Amministrazioni Locali, accanto alle memorie della Resistenza, rendessero un tangibile onore a questi soldati dedicando una via o una piazza ai “liberatori”. 

            Se avrete l’opportunità andate in pellegrinaggio ai Falciani, alle porte di Firenze, nel Cimitero e Memorial  Americano, a rendere omaggio al valore ed al sacrificio delle migliaia di soldati morti per la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, credo che sarebbe una esperienza memorabile.

                                                                                                          (fine)   




Roccatederighi - Auschwitz, 1943-1944 (XII).


            Gli internati e deportati verso i Campi di sterminio del Reich furono circa 7800, dei quali 6000 uccisi ad Auschwitz, come risulta dalle precise ricerche di Liliana Picciotto pubblicate nel volume “Il libro della Memoria” edito da Mursia. Soltanto poche centinaia scamparono alle camere a gas, meno di 800. E’ bene ricordare che in Italia furono allestiti 113 Campi di Concentramento, alcuni sotto la diretta supervisione nazista, gli altri gestiti dai militi italiani della RSI. 10 di questi Campi erano collocati in Toscana, tra i quali quello di Roccatderighi.

            Autunno 1943, siamo nella Maremma Toscana. Il tenente colonnello Muller è il comandante militare della provincia di Grosseto. Lo coadiuva, come capo della provincia, un tristo personaggio, che abbiamo già conosciuto, inviato a riorganizzare il Partito Fascista Repubblicano: Alceo Ercolani, già “Federale” del partito fascista di Treviso. Tra il 16 e il 17 novembre 1943, anticipando le disposizioni nazionali, Ercolani emette tre decreti che dispongono il congelamento o il sequestro dei beni di cittadini di razza ebraica. Pochi giorni dopo iniziano i lavori per l’approntamento di un “campo di internamento per gli ebrei”, nell’edificio del Seminario vescovile estivo nel villaggio di Roccatederighi, in comune di Roccastrada, provincia di Grosseto, affittato ai fascisti con regolare contratto, dal vescovo della città maremmana, monsignor Paolo Galeazzi. Prima della guerra, nella provincia gli ebrei non raggiungevano le 150 unità.  Nel 1943 si erano ridotti a circa 100 unità, delle quali la maggior parte concentrata nel paese di Pitigliano. Il 27 novembre 1943 iniziano i primi arresti di ebrei, tutti eseguiti da militi italiani.

            I primi deportati iniziarono ad arrivare nel campo il 12 dicembre 1943 e nel febbraio seguente essi erano 27. Intanto il vescovo di Grosseto, a seguito dei bombardamenti angloamericani sulla città, si trasferisce in un’ala del Seminario di Roccatederighi, venendosi a trovare quotidianamente gomito a gomito con gli internati che erano sorvegliati da militi italiani. Il vescovo dimostra simpatia, se non affetto, per gli ebrei prigionieri, ma non fa mai udire la propria voce di condanna né si attiva per  la loro liberazione o la loro fuga. Il clima, che vi regna, anche nel ricordo dei superstiti, è di una relativa calma, il trattamento è umano, ma grava pesante l’incognita del futuro. Nel campo di concentramento furono internati circa 100 persone di cui sono noti 36 Italiani e 42 stranieri. Degli Italiani 17 furono rilasciati a seguito di utilità e collaborazione.

            Avvennero due trasporti di internati, con camion, da Roccatederighi verso Fossoli, prima tappa del bestiale viaggio nei vagoni sigillati del treno via Bolzano per Auschwitz-Birkenau. Il 17 Aprile fu effettuato un  primo trasporto. Gli Italiani furono 9, gli stranieri 12. Il secondo trasporto avvenne il 7 Giugno in prossimità dell’arrivo degli Americani. Furono trasportati solo stranieri, una trentina.  
            Per l’istituzione del Campo di concentramento di Roccatederighi, che portò al massacro in Germania oltre  cinquanta  persone, di ogni età, perfino la neonata Gigliola Finzi, nata dentro il Campo, nessuno ha pagato nulla; il vescovo di Grosseto è passato per un benefattore degli Ebrei, gli stessi capi fascisti, come Ercolani, Rizziello, Ciabatti, subirono un  processo e furono condannati, ma tra i numerosi capi di imputazione, non c’era nulla che riguardasse le persecuzioni agli Ebrei. Gli imputati, dopo vari ricorsi finirono in libertà. Come ho detto, a Roccatederighi nessuno ricorda o vuol ricordare ciò che avvenne.

            Il 9 giugno 1944 il direttore del Campo e i militi che lo presidiavano si dettero alla fuga nei boschi circostanti portandosi appresso, come ostaggi, alcuni ebrei. In uno scontro coi partigiani 8 militi fascisti vennero uccisi. Cinque giorni dopo, il 14 giugno 1944, la città di Grosseto fu liberata dai soldati della V armata americana.

            Il 7 febbraio 2008, è stata inaugurata a Roccatederighi, una lapide in memoriam. Dei circa 100 prigionieri Carla e Silvano Servi, allora bambini di sette e cinque anni, erano presenti. Carla scoprì la targa e Silvano, tra i singhiozzi, tentò di rievocare i confusi ricordi di quel periodo  richiamando la sua amicizia con la piccola “Regina”, una bambina che non ha mai figurato sugli elenchi finora noti dei prigionieri, e che probabilmente  è passata per il “camino” di Auschwitz. Cattolici ed ebrei hanno pregato insieme per le vittime in un gesto carico di significato. Il gesto è stato importante,  ma la verità storica, benché nota nelle sue grandi linee, non si conosce ancora.

                                                                                                          (continua)