lunedì 26 dicembre 2016

S. Caterina di Labouré. Il regalo inatteso e perfetto!





NATALE , a casa.

Natale in casa, con famiglia, figlie e nipoti. Ormai ho la barba bianca anche io, proprio come Babbo Natale, ossia  Nonno Natale. Non credevo quasi più ai regali, cioè a riceverli, salvo gli auguri elettronici (e cinque bigliettini scritti, uno, addirittura, da un amico architetto, presidente di una Associazione di Architetti statunitensi,  del Connecticut e un altro, delizioso, dalla amica Lea da Aix En Provence), ma quest’anno ho ricevuto molti regali interessanti: libro dei proverbi, libro della Resistenza - questo molto appropriato - , film, cd musicali, tazza artistica,  e,  infine, il “segno”. Il santino finora introvabile della mia santa protettrice.

Grazie di cuore a  tutti.

lunedì 19 dicembre 2016



In primo piano, a sinistra, mio padre Renzo.

Ricordo del mio babbo.

L’agrifoglio [i]

                      A mio padre                        

Solo una volta, nel tempo del Natale,
salimmo il sentiero montano,
come eroi che non conoscono il male,
sicuri e lieti d’un antico amore.

Un albero grande lassù ci attendeva,
le piccole bacche brillavano rosse
sul lucente smeraldo e c’era
una spruzzata di neve…

Pareva quel luogo il dolce sogno
dell’alba dell’uomo,
ove tutto è capito, tutto perdonato,
e si ritorna bambini felici e immortali.

Ora, forse, non senti il vento
tra i rami dell’agrifoglio
né il mio dolore che sempre si rinnova
quando ritornano i giorni incantati
e il suono dei flauti
accarezza la sera immota.

El acebo

            A mi padre

Sólo una vez, en tiempo de Navidad,
subimos el sendero montano,
como héroes que no conocen el mal,
seguros y dichosos de un vetusto amor.

Un gran árbol allá arriba nos aguardaba,
las pequeñas bayas brillaban rojas
sobre la deslumbrante esmeralda
de un manto de nieve…

Parecía aquel lugar del dulce sueño
del amancer del hombre,
donde todo es comprendido, todo perdonado,
y devuelve la alegría e inmortalidad infantiles.

Ahora, quizás, no sienta el rumor del viento
entre las ramas de acebo,
ni mi dolor que siempre vuelve
cuando retornan los mágicos días
y el sonido de las flautas
acaricia la noche quieta.




[i] Le poesie: L’agrifoglio, Io t’insegnavo a veder le stelle, Nella morte si dissolve ogni dolore, l’anima mia è smarrita, dedicate a mio padre, Renzo (1915 – 1985), successivamente alla sua morte avvenuta il 19 gennaio 1985 a Volterra, furono pubblicate ne “Il Sillabario”, inserto letterario della rivista La Comunità di Pomarance, n. 2/1997. Per un profilo più ampio di mio padre si veda “Per mio padre” in La vita larga, pp. 81-82, Grafitalia, 2010. Si veda anche: “Autobiografia di Groppi Carlo, 1938-1963”, depositata al centro Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (AR). 






VACANZE DI NATALE!
Da domani mi prenderò tre settimane di vacanza; vacanza, si fa per dire, dato che sono in pensione dall’estate del 1991! E’ una “vacanza” virtuale, soprattutto un distacco da una ricerca storico-letteraria sentimentale, che mi appassiona molto e che vorrei concludere entro la fine del prossimo anno!  Saluto i miei amici ed amiche vicini e lontane,  con i migliori auguri di buona salute e soddisfazioni e con una poesiola ed alcune immagini scattate oggi, agli unici esemplari di fiori nel pezzetto di terra della mia casa ed anche ai superstiti (come me) di vendemmie mai effettuate all’uva fragola, che, strano a dirsi, oggi m’è parsa dolcissima! Niente allusioni alla mia età, d’altra parte, come diceva Totò, in Italia non si allude! Siam tutti soci di questa Società.: “Signò, mo nun capisco…/che vò significà?/So addeventato socio?/’e quale società?”/”La Società Italiana…quella nostra,/tutti apparteniamo a questa giostra./E’ Società simbolica,/libera e democratica…”.

Il tempo dell’amicizia

Il tempo dell’amicizia è prezioso,/composto dai frammenti della quotidianità;/serbo il ricordo dei vecchi amici,/ormai son pochi, non devo perderli./Quando i ricordi sono amabili/li sento aggrapparsi al mio cuore,/battere: fanno parte della mia vita./Vita vissuta e vivente, come se il presente/non fosse altro che l’avvenire del passato,/così posso vivere in una sola volta/ il passato ed il presente in un palpito infinito./La primavera mi porta dimenticanza;/immerso nelle fantasie, mentre cammino,/salgono le poesie alla mia bocca,/come se le parole si riunissero per parlare:/A metà della collina splende un mandorlo fiorito./Dio ti protegga, bianca bandiera,/che nessuno possa farti del male!/Sei la pace annunciata,/tra il sole, il gelo, le nubi ed il vento:/l’allegria che ci doni, ti prego,/disperdila lentamente.

domenica 18 dicembre 2016


PROVERBI.


In attesa di avere, per il regalo di Natale, un libro molto interessante: “Proverbi toscani”, di Giancarlo Vannuccini, cioè 7500 esperienze di vita, una raccolta ampliata e trattata con il supporto del computer dalla sua Tesi di laurea, discussa presso l’Università di Siena, relatore Pietro Clemente, AA. 1978/79, opera dalla quale spero di attingere qualche centinaio di proverbi, considerati conosciuti in Toscana, da poter accogliere nella mia pur vasta ricerca partita da oltre mezzo secolo con il solo tema della “licenziosità” , in un ambito territoriale molto ristretto, essendo quello identificato sulle mappe  “Colline Metallifere Toscane”, del quale pubblicai un fascicoletto con 1200 proverbi dal titolo allusivo “Di passere e d’altri uccelli…”, seguito poco dopo da un altro piccolo testo con proverbi sulla pastorizia in Alta Maremma dal titolo “Fiorin di cacio, facciamo finta di chiamare il micio…”. Negli ultimi vent’anni tali mie ricerche e trascrizioni si sono ampliate fino a raggiungere, ad oggi 18 dicembre 2016,  i 7838 proverbi ordinati alfabeticamente, insieme ad aforismi, detti, stornelli, motti ecc. ecc.,  entro i quali il tema della licenziosità mantiene uno spazio considerevole. Lavoro improponibile per una pubblicazione, data la sua mole! Se non attraverso più selezioni tipologiche, per tema, per territorio, per periodo storico. Ma, intanto, mi diverto moltissimo. Non rientrava nel mio scopo eseguire un lavoro scientificamente impostato, ma soltanto appagare l’antico desiderio di mettere nero su bianco una parte di quel patrimonio, della licenziosità, considerato, non a torto, “la scienza dei poveri”, così volgare, tenero e corposo che ci accompagna nella vita quotidiana, quanto più è nascosto nella cultura ufficiale e scolastica, onde salvaguardarne il bagaglio di sapienza, di ironia, e di saggezza che esso racchiude. Apparirà al lettore moderno, anacronistico e superato il preconcetto, se non disprezzo, del maschio verso la femmina, ispiratore della maggior parte dei proverbi da me registrati, frutto di una cultura millenaria non ancora del tutto rinnovatasi, che trasforma la donna in mero oggetto di piacere e di utilità domestica; una creatura inferiore di cui non fidarsi mai; tuttavia non potevo operarne l’oscuramento. Al contrario, la visione in negativo del ruolo femminile consente di apprezzarne il progresso sulla strada della piena emancipazione e parificazione sessuale, quando la tragica fase in cui viviamo, per brevità definita impropriamente del “femminicidio”, che non intendo amplificare in nessun modo,  tantomeno con la stampa di questo lavoro, sarà conclusa. Vi saluto con le parole del “maestro”, l’incantevole Rabelais:
 Lettori amici, voi che m’accostate,liberatevi d’ogni passione,/e, leggendo, non vi scandalizzate:/qui non si trova male né infezione./E’ pur vero che poca perfezione/apprenderete, se non sia per ridere:/altra cosa non può il mio cuore esprimere/vedendo il lutto che da voi promana:/meglio è di risa che di pianti scrivere,/ché rider soprattutto è cosa umana.

Si, ridere è cosa saggia e salutare! come recita un antico proverbio: “Chi ride leva un chiodo alla bara!”, ossia vive più a lungo e meglio di chi non lo faccia. Infine, per segnalazioni di ulteriori aggiunte, anche bibliografiche, sarò contento di riceve e mail all’indirizzo: karl38cg@gmail.com e in anticipo ringrazio chi lo farà.

sabato 17 dicembre 2016

TOSCANA OVUNQUE BELLA










INVITO AD UN IPOTETICO TURISTA CURIOSO E INTELLIGENTE

Se hai scelto di visitare Volterra per godere delle incredibili ricchezze artistiche, storiche, archeologiche che tremila anni di civiltà vi hanno profuso, scoprendo, insieme ad esse, panorami incantevoli, una cucina dai gusti forti e genuini, folklore, musica e un popolo ironico e colto, gentile e laborioso, noi ti consideriamo un viaggiatore intelligente, un amico di questa terra antica, un nostro amico. Perciò ti consigliamo di dare un arrivederci alla città ammirando il panorama dell’Alta Val di Cecina dal muro sul lato sud del Battistero, a quell’orizzonte azzurrognolo ove si ergono le bizzarre e appuntite forme delle Colline Metallifere, culminanti negli alti rilievi delle montagne di Gerfalco, segnate qua e là dalle colonne di bianchi vapori geotermici delle centrali elettriche.  Un territorio scarsamente popolato, talvolta aspro e selvaggio, sempre nuovo ad ogni girar di tornante stradale, e mutevole nelle stagioni dell’anno. Pochi borghi sui cucuzzoli, antiche Pievi appartate, limpidi torrenti, castelli e fattorie abbandonati, e branchi di pecore alla pastura. Par quasi di toccare il passato remoto, calarsi nel medioevo tanto le forme e i paesaggi sembrano immutabili: finché le ardite forme  e i serpeggianti tubi di acciaio che portano il fluido geotermico alle grandi centrali elettriche, non ci richiamano al presente ed al futuro. E’ in questa terra che vorremmo far ”perdere le tue tracce”, abbandonando i consueti itinerari turistici e lasciandoti condurre dal caso, dall’istinto, dalla poesia. Ma, niente pericoli, per carità! Siamo nella civilissima Toscana, nella quale ogni strada, pur impervia che appaia, conduce a qualcosa, sovente ad una piacevole ed imprevista scoperta.
 Te lo dice Carlo, la cui famiglia vive a Castelnuovo di Val di Cecina fin dai tempi del Granduca di Toscana Ferdinando III, e questo territorio conosce in ogni suo anfratto, e lo ama.
Da qualsiasi lato tu arrivi la vista spazierà sui rilievi montuosi che circondano il paese, anch’esso posto ad una altitudine di 600 metri sul livello del mare, le Cornate, la Carlina, il Poggio di Mutti e l’Aia dei Diavoli, ricoperti di boschi. Bellissimi panorami si affacciano sulla valle del torrente Pavone che corre dai monti verso il fiume Cecina ed il Mar Tirreno.  La strada ha sovente un tracciato tortuoso in un bosco prima ceduo poi a latifoglie. Sono i vasti querceti e castagneti che circondano da tre lati il pittoresco Borgo Medievale di Castelnuovo di Val di Cecina, nel medioevo “Castri Novi de Montanea”. Allora il castagno ed i suoi frutti, soprannominati “il pane dei poveri” davano lavoro e cibo agli abitanti che intorno a questo albero avevano costruito una parte importante della loro cultura. In ogni stagione il castagneto ha il suo fascino: violaceo e scheletrito in inverno, se non stretto dalla neve gelata; fiammeggiante nella gamma dorata dei colori d’autunno; e poi mantello di verde sulle pendici dei monti, ammiccante sentieri, sorgenti  e frescure d’estate. Ed ecco il paese del quale, si offre l’intera visione della sua struttura urbanistica del Borgo medievale soltanto dal lato est, tutto costruito su uno sperone di arenaria. Ma nel Borgo, nelle sue viuzze silenziose e disadorne, nelle sue piazzette e slarghi, dove si va soltanto a piedi, occorre soffermarsi a lungo. Non vi sono monumenti significativi, né musei, taverne, bar e pizzerie. Solo la pietra, il cielo e il vento.
E il canto del poeta: “…una muraglia si sbriciola nel silenzio e l’erbaccia delle sue connessure si sprofonda e si alza: il medioevo in lei non lascia tracce. Le erbe delle fessure si sollevano e sprofondano quando storpi dal vento in quella calca zoppicano. Passano accanto, non hanno bastone che valga a risvegliare la giovinezza in quella muraglia. Forse è nostra fantasia, il suo passato, e costruimmo scale per entrare nelle ombre di un’epoca spettrale. Forse Dio ci diede spazi di tempo ma il mondo non è capace di risveglio. Poiché è tutto già sveglio, quello che è intorno a noi, leggero come una pannocchia e greve come un muro di mattoni. L’arca del passato che creammo, di giorno, di notte, il carico del futuro sopra slitte di nuvole, che pattini non hanno” (O. Loerke).
Qualche vecchia ciarliera vi racconterà la sua storia, qualche profumo d’intingolo uscirà da una finestra socchiusa, e un gatto smilzo vi attraverserà la strada furtivo. Forse ascolterete lingue diverse: arabo, albanese, rumeno, inglese e tedesco, olandese e macedone…non vi meravigliate, sono i nuovi abitanti, alcuni solo ospiti transitori, altri, i più, tentano di diventare, tra una o due generazioni, “castelnuovini”, in una terra stravolta dalle migrazioni che affronta il futuro e vorrebbe plasmarlo.  Fermatevi ad uno dei bar sulla via principale del paese moderno, ordinate un bicchier di vino o una birra o fatevi preparare un panino con formaggio, salume o prosciutto, oppure nella pizzeria al taglio un bel triangolo di  pizza, ascoltate e guardatevi intorno. Rilassatevi, non ci saranno né urgenze né imprevisti o ansie ad assillarvi. In calma potrete programmare brevi escursioni, ad esempio per vedere una bella tavola dipinta da Cosimo Daddi nel XVI secolo che si trova nella Chiesina della Misericordia; o quello che rimane delle porte medievali; oppure ammirare la sommità di quello che era il castello longobardo, salendo dalla scalinata della Chiesa del SS. Salvatore, di epoca seicentesca su un impianto molto più antico che conserva un pregevole Cristo sulla croce  del secolo XIII. Se avete interessi alla storia moderna e contemporanea visitate le antiche fabbriche dell’acido borico che furono attive all’inizio dell’Ottocento per conto dei Larderel, Fossi, dell’Anonima Belga e piccoli imprenditori locali,  anche se oggi delle medesime ben poco rimane. E infine fate una visita al sacrario commemorativo eretto sul luogo ove il 14 giugno 1944 furono uccisi dai nazi-fascisti 77 minatori della vicina miniera di Niccioleta, e leggendo l’epigrafe che al visitatore si rivolge, riflettete sulla disumanità della guerra, dell’odio razziale, e sullo sfruttamento dell’uomo, e rafforzate pensieri di pace, democrazia e fratellanza. Potrete infine decidere di pernottare  all’Hotel dei Conti, buon albergo in paese, oppure in uno dei numerosi agriturismo dei dintorni che vi accoglieranno con cortese ospitalità ad un prezzo equo e, forse, prolungare il vostro soggiorno seguendo un itinerario tematico tra quelli che più di altri si possono suggerire con base a Castelnuovo: itinerario della geotermia moderna e delle manifestazioni endogene naturali, itinerario delle Pievi premillenarie, itinerario delle terme e degli scavi etrusco-romani; itinerario della Resistenza e memoria dei suoi gloriosi combattenti. Io, che sono nato ed ho vissuto in questo Borgo, nutro   verso esso sentimenti di odio e di amore, sentimenti che potrete immaginare ripensando al “natio borgo selvaggio” del Leopardi ed al cimitero di Spoon River. Anche il nostro è sulla collina e racconta, con le lapidi dei morti antichi, forse più storie di quanto oggi non facciano i vivi

Scheda sul paese di Castelnuovo di Val di Cecina.

         Castelnuovo di Val di Cecina è un piccolo villaggio delle Colline Metallifere Toscane, situato sulle estreme propaggini della Maremma aperte verso il mar Tirreno e l’Isola d’Elba. Il suo nome medievale è “Castri Novi de Montanea” e tale appellativo è assai più rispondente alle caratteristiche fisiche dell’insediamento urbano. Le origini sono incerte, ma risalgono senz’altro all’età Longobarda (VII secolo), allorché  questo popolo tracciò  nuove strade per la ricerca dei minerali edificando una serie di rocche di avvistamento e difesa (Warding) lungo il tracciato che si snodava da Volterra a Massa Marittima a Populonia e Falesia. Il territorio comunale è caratterizzato  dalla presenza di notevoli  siti archeologici del periodo neolitico, etrusco, romano e barbarico, medievale e da Pievi premillenarie che testimoniano il radicamento e la diffusione del cristianesimo in quest’area. Infatti, seguendo il corso del fiume Cornia, che corre ad ovest del Monte di Castelnuovo verso il mar Tirreno, risalirono dalla foce verso l’interno S. Regolo, S. Cerbone, S. Ottaviano, S. Giusto e S. Clemente, i Santi africani evangelizzatori di Volterra e delle Colline Metallifere. Una importante via di pellegrinaggio  verso Roma, aperta da San Pietro, vide la presenza di San Rocco e San Guglielmo, di abati ed eremiti. Né si può tacere un avvenimento  di notevole importanza accaduto nel territorio comunale, una delle apparizioni della Madonna (XV secolo) non ancora approvata dalla Chiesa ed il cui processo è ancora in corso... Dopo il 1000 Castelnuovo fu a lungo  feudo dei Conti Alberti fino alla “rivoluzione” del 1213, quando la classe degli uomini liberi di discendenza longobarda (freiherren), riuscì a prendere il potere con l’aiuto del potente comune di Volterra, sotto la cui protezione l’economia e la vita civile conobbero un notevole sviluppo. Castelnuovo e la sua comunità furono al centro degli scontri per il possesso delle risorse minerarie (argento, solfo, allume e vetriolo), tra il vescovo-conte e il libero comune di Volterra per circa due secoli, fino a che, nel 1492, non entrarono definitivamente nell’orbita della Repubblica fiorentina seguendone le aspre lotte e subendo invasioni e saccheggi dagli eserciti imperiali e dalle truppe  mercenarie al servizio  delle città nemiche. Alla fine del secolo XV, Lorenzo de’ Medici e la sua corte di umanisti scelsero la località termale di Bagno al Morbo, presso Castelnuovo, per trascorrervi lunghi periodi di cura e di riposo. Dato in feudo, come marchesato, alla famiglia degli Albizi di Firenze nel 1639, fu ricostituito in autonoma comunità nel 1776 da Pietro Leopoldo I, il grande sovrano illuminista che avviò la rinascita industriale e sociale del territorio. Mèta di letterati, geografi, scienziati (Lucrezio, Plinio, Dante, Ugolino da Montecatini, Leandro Alberti, Marullo, Busching, Miller, Mascagni Hoefer, Giovanni Targioni Tozzetti, Maria Curie, Michelucci, Enrico Fermi e molti altri tra i quali il Granduca di Toscana, il Re d’Italia, l’Imperatore d’Austria ed Ungheria, ed innumerevoli uomini politici e statisti), a partire dal 1818 conobbe una nuova fase di sviluppo economico seguendo i progressi dell’industria boracifera attuati da Francesco de Larderel e dai suoi discendenti (Federigo, Florestano, Piero Ginori Conti), sviluppo che ha caratterizzato per quasi due secoli la storia, fino ad oggi.


Carlo Groppi.

giovedì 8 dicembre 2016




DISPONIBILITA’ LIBRI VECCHI DI CARLO GROPPI
AL 8/12/2016.

1) PROVERBI LICENZIOSI LOC.E TOSCANI (n° 1200) (2009) n°  25 copie, prix.  1 €/copia
2) LA VITA LARGA, Zibaldone poetico e prose  (2010)   n° 1 copia, prix. 10€     
3) VIANDANTE NELLA MEMORIA, poesie e prose (2012) n° 3 copie, prix 10€/copia
4) RESISTENZA - SARDI  (2014) n° 4 copie/gratis.             
5) GRAZIE ALLA VITA, Poesie  (2014)  n° 3 copie/prix. 5€/copia
6) NOTTE CHE SGORGHI E TI DILATI, poesie (2016) n°  12 copie/prix. 5€/copia                                         

Ai costi dovranno essere aggiunte le spese postali, se necessarie. Ordini a: karl38cg@gmail.com


Poesia a Pomarance.



Ieri sera, 7 dicembre, ho presentato, all’Università della III^ Età di Pomarance, per la prima volta nella mia vita, un libriccino di poesie: “Notte che sgorghi e ti dilati”, l’ultimo di sei pubblicati tra il 2007 e il 2016, Eravamo in pochi, ma per me è stato un sollievo e mi ha aiutato a vincere la timidezza. Le persone erano attente e alla fine mi sono state rivolte interessanti domande: perché  scrivo versi liberi, senza ritmo e senza rima? Quanto si impiega a comporre una poesia? Come nasce l’ispirazione? Cos’è la poesia? Quali le differenze tra esistenzialismo, ermetismo, poetismo…Domande  alle quali ho cercato di rispondere.  Avevo con me dieci libriccini che mi sono stati tutti richiesti! In più erano tra i presenti almeno altre tre persone che il libriccino l’avevano comprato in precedenza! Cifre grosse per in libretto di poesie! Grazie cari amici, Lorita, Maurizio, Angela, Girolamo, Piero, Domenico e tutti gli altri presenti, per la piacevole serata (e grazie per le due bottiglie di vino che mi avete regalato che berremo in famiglia, alla vostra salute!) Con l’occasione rendo nota la disponibilità dei miei lavori letterari mentre altri quattro (La Cometa Swan (Poesie), El poeta canta por todos (Poesie in lingua spagnola con testo a fronte), L’arcobaleno suona ancora (Dramma teatrale), e Antologia lirica di Dina Ferri,(Poesia, bibliografia, biografia ed un Dramma liberamente ispirato alla poetessa), sono da tempo esauriti.

mercoledì 7 dicembre 2016





NATALE SI AVVICINA!


Ieri a cercar libri nell’unica (credo) libreria di usati, nuovi e caffetteria “CARTA&ZUCCHERO” gestita con amore dalle sorelle Belli in via di Camollia 92-94 a Siena, info@cartazucchero.it  www.cartazucchero.it non ho resistito a farmi i primi (e forse unici)n regali di Natale!
1) Il programma del Teatro alla Scala, maggio-giugno 1963: L’Anello del Nibelungo, di  Richard Wagner, in un prologo e tre giornate: L’oro del Reno 9,11,14 maggio; La Walchiria 15,17, 19 maggio; Siegfried 22, 24,30 maggio; Il crepuscolo degli Dei 28,31 maggio e 2 giugno!Undici ore di musica! Bellissimo catalogo in quattro lingue ricco di illustrazioni.  Dato che Wagner era stato amante della bisnonna di un mio carissimo amico, che mi aveva introdotto alla vicenda d’amore e di passione musicale che dette vita al Tristan und Isolde,questo catalogo arricchisce grandemente le mie conoscenze del Maestro.
2) Poesie d’amore,ed. Mondadori 1956, strenna per le lettrici del periodico femminile “GRAZIA”.  Una antologia lirica con 16 tavole a colori fuori testo, pp. 342, rilegato da Saffo ad Alfonso Gatto. Una miniera d’oro, che mi farà compagnia per quasi tutti i giorni del 2017!

3) Vera sorpresa! Novità assoluta! Per me che da quasi mezzo secolo curo una raccolta personale e inedita di “proverbi licenziosi” giunta a quasi 8000 proverbi, aforismi, motti, ecc. sul tema. “Proverbi Toscani” 7500 Esperienze di vita”, autore  uno studioso e ricercatore vivente, Giancarlo Vannuccini,  nato a Montepulciano (SI). Lo ringrazio anticipatamente per questo DONO!

lunedì 5 dicembre 2016

REFERENDUM  ISTITUZIONALE, 4 dicembre 2016.

   
  
 Nel Comune di Castelnuovo di Val di Cecina i partiti politici negli ultimi anni  sono praticamente scomparsi. Ne restano credo solo due che hanno una costante attività: il PD e PRC. Il PD conta una ventina di iscritti, del PRC non ho informazioni, tuttavia credo che il numero dei suoi iscritti sia di poche decine di unità. I due partiti hanno dato vita ad una lista civica PD-PRC-Indipendenti di sinistra, che nelle ultime elezioni comunali ha visto perdere un gran numero di voti (rispetto alle elezioni  precedenti), a favore di una lista civica di centro-destra.  Durante il 2016 il PD ha mantenuto una sua visibilità, sia con l’affissione giornaliera del quotidiano  l’Unità, sia con manifesti  e comunicati affissi nella seconda bacheca, su temi locali. Anche le riunioni politiche dei pochi iscritti si sono tenute abbastanza regolarmente nella sede del Circolo, alla Casa del Popolo, in Piazza Settembre ed a Sasso Pisano. La campagna di propaganda per votare SI è stata condotta con toni pacati, e, in particolare, con assemblee pubbliche a Sasso Pisano, Larderello e Pomarance, cercando di entrare nel merito tecnico delle problematiche. E così hanno fatto anche i responsabili del Circolo di Rifondazione comunista schierati per il NO. Il NO ha prevalso a Castelnuovo di Val di Cecina per 7 voti. Ma ha prevalso! Come in quasi tutto il resto d’Italia, salvo tre regioni: Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Toscana dove il SI è stato maggioritario. Personalmente ho condiviso l’azione riformatrice di Matteo Renzi e ammirato il suo sforzo immane ed anche il pathos delle sue argomentazioni politiche. Non si era abituati ad ascoltare un  intervento così emotivamente sincero e lucido, ammettendo la sconfitta, del PD e sua personale, a poco meno di due ore dall’inizio dello spoglio delle schede, che già nei primi exit-pol registravano con precisione un divario incolmabile tra il NO al 60% ed il SI al 40%. Niente scuse, niente invettive, niente scenari futuri di disastri per l’Italia: tutto rimarrà come è ora! Ed al 60% degli italiani sta bene così!  Per me, che sono vecchio, non ci saranno altre opportunità, mi dispiace, ma sono sopravvissuto a ben altre tragedie, essendo nato proprio nell’anno delle Leggi Razziali di Benito Mussolini, poi la guerra, e gli anni delle violenze e delle discriminazioni politiche…infine l’ultimo ventennio con il crepuscolo dei partiti, la corruzione, il secessionismo, l’affievolirsi dell’identità nazionale, le ruberie e il malgoverno. Tuttavia mi consola e mi dà un po’ di speranza il mio partito democratico (PD), che spero in un prossimo Congresso ritrovi la sua unità interna, prosegua nel rinnovamento, e stringa sempre più saldamente l’azione politica non verso la sua parte, ma verso il popolo dell’Italia, la nostra amata Patria. Soffia un vento triste, in Europa e nel Mondo, si costruiscono muri, si avvelena il pianeta,  si distruggono risorse alimentari e/o si manipolano, mentre immense moltitudini soffrono la fame, le epidemie, le malattie, dalle quali immense masse di persone cercano di fuggire,  si scatenano guerre, per fanatismo, sete di potere, accaparramento delle risorse energetiche o posizioni geografiche considerate “strategiche”. Spero che il 40% che il SI ha ottenuto, quasi tutto per merito del PD, oltre che, naturalmente dei suoi alleati di governo e degli italiani che vivono all’estero, si trasformi in un CONSENSO POLITICO che faccia argine e diga al populismo, al revanscismo, al razzismo, e ai seminatori di discordia e di odio tra le persone.  Il 60% del NO è un voto frazionato e presto ognuna delle sue componenti si dovrà riappropiare della sua vera identità: la sinistra del PD, l’ANPI, l’ARCI, la CGIL, Sinistra Ecologia e Libertà,  PRC, i Tavoli della Pace e le miriadi di Organizzazioni di volontariato laico e religioso, che costituiscono la parte migliore d’Italia, in un progetto storico  di pace e di integrazione con gli altri Stati , di cultura e opportunità di lavoro per uomini e donne e perché no? di benessere materiale  e spirituale, di felicità. Anche a Castelnuovo il PD ha rialzato la testa…

mercoledì 30 novembre 2016


Una rosa e il buco nel muro.


E’ fiorita questa rosa ed accanto ha ancora dischiuso un bocciolo, ma non ci lasceremo ingannare, perché l’inverno è alle porte e maggio è lontano! Da ieri la temperatura è scesa di oltre 10 °C (la notte son -4°C e il giorno + 3-4°C). I vecchi dicono a me che sono vecchio, “Bimbo, l’inverno è sempre venuto!” Forse non lo dicono solo meteorologicamente, ma soltanto all’inverno della loro vita. Per me ho tirato fuori dal cassetto la sciarpa e la berretta di lana, credo che dei guanti non ce ne sia bisogno. Uscirò di nuovo anche dopo cena per partecipare ad una seduta teoretica di fotografia, mentre ieri sera sono stato fin oltre alle 23 ad una assemblea per costituire un “Comitato di Accoglienza Solidale” verso profughi o migranti nel mio paesello  che avverte il peso della crisi etica (nonostante la mirabile presenza e parola di Papa Francesco) e si schiera per opporsi a tale accoglienza, vaticinando muri, se non peggio. Mi hanno scaldato molte parole da labbra e cuori giovanili, forse una minoranza, come spesso accade nella storia. Dietro a questa rosa si potrà notare un buco nel muro, lì ho dato accoglienza a due lucertoline, adesso già in letargo, ma che spero di rivedere a primavera. Sono due amiche e avranno figliolanza. Certo sono assai diverse da me, ma la convivenza è stata possibile. Il buco c’era già, piccolo, ma io l’ho allargato. Ora è il momento di allargare i nostri cuori. Sarà una metafora?



COMITATO DI ACCOGLIENZA SOLIDALE A CASTELNUOVO DI VAL DI CECINA.


Quando non esistevano i “vaccini” immunizzanti,  l’immunizzazione avveniva, molte volte, dopo aver contratto una malattia. Castelnuovo di Val di Cecina, un Comune noto per la sua “accoglienza” che, senza andar troppo lontani, agli etruschi, romani, longobardi…si è scoperto  da pochi anni essersi trasformato in un Comune il cui Sindaco ha proclamato “l’accoglienza zero” ai profughi e migranti in fuga dalla fame e dalla povertà, dalla guerra, dalla schiavitù. Tale virus pernicioso ha per fortuna sviluppato nell’organismo sociale un ANTIVIRUS che porterà alla guarigione! Non dimentichiamo di essere in Toscana, regione civilissima, nella quale proprio oggi 30 novembre, si festeggia l’abolizione della pena di morte e l’uso della tortura. Il primo Stato al mondo ad abolire legalmente la pena di morte fu il Granducato di Toscana il 30 novembre 1786 con l'emanazione del nuovo codice penale toscano (Riforma criminale toscana o Leopoldina, preparata dal giurista Pompeo Neri alcuni anni prima) firmato dal granduca Pietro Leopoldo (divenuto poi Leopoldo II del Sacro Romano Impero), influenzato dalle idee di pensatori come Cesare Beccaria; tale giornata è festa regionale in Toscana. Seguirono il Granducato di Toscana la Repubblica Romana di ispirazione mazziniana (che tuttavia ebbe breve esistenza) nel 1849, San Marino (1865) e altri. L'Italia l'abolì, tranne che per crimini di guerra e regicidio, nel 1889, per poi reinserirla con il Codice Rocco del 1930 con il regime fascista, e abolirla definitivamente nel 1948. Il Regno Unito l'abolì negli anni sessanta del Novecento, mentre la Francia nel 1981. E proprio oggi, 30 novembre, furono bruciati sulle pubbliche piazze dei comuni toscani gli strumenti di tortura e di morte esistenti nelle prigioni. Dunque, la “malattia” ha prodotto un resistente vaccino, un mixer di efficaci anticorpi, che all’accoglienza ZERO oppone resistenza con “ACCOGLIENZA SOLIDALE”. E ieri sera, data importante, da ricordare, un folto gruppo di persone, ha costituito nel Comune il COMITATO DI ACCOGLIENZA SOLIDALE, che proclama  nelle sue finalità: “Costituiamo il Comitato Volontario “Comitato di Accoglienza Solidale” perché riteniamo inaccettabile l’atteggiamento apertamente ostile manifestato inizialmente dall’Amministrazione Comunale di Castelnuovo di Val di Cecina nei confronti dei profughi e perché, al contrario, riteniamo indispensabile un’azione umanitaria di ascolto e integrazione nei confronti dei profughi e di eventuali soggetti in difficoltà”. Il Comitato sostiene che: “Il modo migliore per affrontare e risolvere i problemi delle persone e dei gruppi, come già nel passato, è la via del DIALOGO. I profughi hanno diritto, come tutti, al rispetto della dignità della propria persona. L’atteggiamento da tenere nei confronti dei profughi è quello della disponibilità e dell’accoglienza. I rapporti tra persone e culture devono essere basati sulla reciprocità e sulla solidarietà. L’atteggiamento verso il profugo non deve essere di tolleranza, ma deve avere come prospettiva il reciproco arricchimento”. Tutti i cittadini che condividono le finalità del Comitato possono farne parte sottoscrivendo la propria adesione e informandosi dal presidente, Roberta Vichi, o dai membri del direttivo: Katia Taddei, Fabrizia Doloverti, Mauro Bianciardi, Monia Neri, Beat Weibel, Rodolfo Marconcini. 

lunedì 28 novembre 2016





1979. Un convegno a Siena, una rosa ed una radiolina accesa.


                I maggiori responsabili della crisi energetica italiana si sono riuniti il 27 e 28 giugno all’Hotel Garden di Siena in un Convegno organizzato dall’Enel. Due giornate intense di meditazione alla faticosa ricerca di salvare l’Italia da quello che viene paventato come il più grande “disastro” dei tempi moderni nei paesi capitalistici avanzati: la mancanza di energia elettrica e di petrolio. L’Enel ha voluto dimostrare, conti alla mano, che non ci sono alternative al petrolio al di fuori delle centrali nucleari. Si, ci sarà uno sforzo nell’utilizzo  di tutte le altre fonti energetiche nazionali (idroelettriche, geotermiche, eoliche, rifiuti, solare, maree…), ci dovranno essere i risparmi, le doppie tariffe, i razionamenti, ma questo, nel suo insieme, darà un apporto molto limitato e comunque inferiore all’incremento della domanda. Quindi o crisi o, sostanzialmente, ancora petrolio ed uranio.
            Da un’ottica tecnocratica e neocapitalistica poco c’è da ribattere alle cifre e alle considerazioni fornite dagli esperti dei problemi energetici, tanto più se esaminati in riferimento a una singola nazione come l’Italia, oppure alla sola Europa occidentale.
            Esse partono dal presupposto dell’immutabilità dei rapporti politici mondiali e quindi dal fatto che un miliardo di uomini realizzi un “alto” livello di vita sfruttando i rimanenti quattro-cinque miliardi della popolazione della Terra. Non a caso i consumi pro capite di energia sono negli Usa 300 volte superiori a quelli dei cinesi…Ma serve davvero a migliorare la qualità della vita umana accrescere continuamente la produzione ed il consumo di energia? Per quello che sappiamo sembra di no. Solo una piccola parte dei problemi, o forse nessuno, è fuori dall’essere umano, dei sentimenti, dei rapporti sociali, familiari, di gruppo o di più estese comunità e il cuore fondamentale delle questioni è di natura politica.
            Dobbiamo cominciare a riflettere ed a chiederci se la crisi energetica, fatta balenare sinistramente come un flagello che colpisce i lavoratori e le masse degli sfruttati, non sia in realtà l’unico grande mezzo che si offre ai popoli per trasformare, in senso democratico, ugualitario, non consumistico e non antagonistico, la vita sulla Terra costruendo quella società a misura dell’uomo che ci appare, altrimenti, sempre più irraggiungibile.

***
            In un mattino di luglio, stranamente fresco e trasparente per questa stagione, mi sono recato a Villa Caggio, un ex padiglione dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra, come membro della Commissione d’esami per il “Corso professionale di avicoltura”, frequentato da un gruppo di internati. Mi accompagnavano i sospetti ed i pregiudizi che una persona “normale” ha di solito verso i “diversi”, in particolare verso gli ammalati di mente, o, come si dice, i matti.
            Ero teso, preoccupato, ansioso di verificare le mie idee politiche sulla istituzione manicomiale, sulla necessità o meno del suo smantellamento, sull’assoluta necessità di ridare dignità di “uomini” a tante creature offese e abbandonate. E parlando con loro, ascoltando le loro storie, visitando le camerette pulite ed intime, scherzando e ridendo per qualche battuta arguta, visitando il cortile adibito all’allevamento dei polli – “qui ci mettevano noi a prendere l’aria, ora ci sono le galline!” – di fronte alla bontà dei loro sentimenti pensavo a quanto male è capace di fare l’uomo ai propri simili. Le privazioni, l’istituzione totalizzante del manicomio, avevano fatto enormi danni, ma non irreparabili se queste persone si aprivano con tanta fiducia, tanto calore, a degli estranei, forse intuendo l’ansia dentro di noi. Era per loro un giorno di festa, questo d’esami tanto atteso, e il “diploma” che chiedevano era una piccola grande rivincita sulla loro esclusione. Certo non tutti i loro problemi sono risolti e gli operatori sociali che li hanno così amorevolmente seguiti dovranno ancora guidarli in un primo timido tentativo di autosufficienza economica basata sull’allevamento dei tacchini ed altri animali da cortile; guai a lasciarli soli! Guai a tradire così ingenue speranze!
            E quando sono partito per rientrare nella mia vita di problemi, di lotte, di inganni e, talvolta, di solitudine, violenze, superficialità, mi hanno regalato una rosa…una rosa per ognuno di noi…una rosa cresciuta da loro, così vicini alla verità, senza usare né una goccia di quel petrolio, né un watt di quella energia, per il cui dominio “l’umanità sana” sembra pronta a scatenare la sua follia nel mondo intero.

***
            Una settimana in campeggio, il sogno di un breve riposo e anche di un arricchimento della vita sociale vivendo in modo libero e aperti al contatto e alla conoscenza degli altri. Ma, immancabilmente, la delusione di constatare che non bastano le strutture per cambiare in così poco tempo i modelli di comportamento delle famiglie che riproducono quelli chiusi che si riscontrano oggi nelle grandi metropoli e anche nelle nostre zone, dove si sono avute trasformazioni profonde e negative e dove i contatti umani e sociali si vanno progressivamente immiserendo di pari passo all’aumento del benessere materiale.
            Una giovane coppia con una bambina, immancabilmente in ascolto della radio o della televisione, sempre, in pineta, sul mare, nella veranda, mi ha riportato alla mente un brano di Konrad Lorenz, il famoso etologo e premio Nobel per la medicina: “…il dilagante bisogno di rumore, che sembra paradossale se si considera la nevrastenia degli uomini d’oggi, si spiega solamente col bisogno di soffocare qualcosa. Durante una passeggiata nel bosco mia moglie ed io fummo un giorno sorpresi dal rapido avvicinarsi degli strilli di una radiolina che un solitario ciclista di circa sedici anni portava con se sul portapacchi. Mia moglie osservò: “Questo ragazzo ha paura di sentire cantare gli uccelli!” Penso che egli temesse soltanto il pericolo di potere, per un attimo, incontrare se stesso”.
            E per quale motivo persone anche di notevoli pretese intellettuali preferirebbero le stupidissime trasmissioni semi-pubblicitarie della televisione (specialmente emittenti private) o di Radio Montecarlo, alla propria compagnia? Certamente perché questo li aiuta ad evitare la riflessione.

            Le forme lussuose di vita, che sono il risultato del terribile circolo vizioso istauratosi tra aumento della produzione e “crescita dei bisogni”, premiando il consumatore con il miglioramento del suo tenore di vita, e così condizionandolo perché continui a competere con il suo prossimo in una gara che alla fine diverrà fatale, sono una tra le cause che minacciano di annientare l’umanità. L’americano medio ha subito uno schok tremendo ascoltando il discorso di Carter sull’energia. Non sono le penurie future, in senso materiale, ad allarmarlo perché il Presidente ha ribadito il predominio dell’economia e della potenza militare Usa, all’interno e nel mondo, ma il concetto timidamente introdotto che l’uomo deve valere per quello che è, non per quello che ha. E su quali fondamenti potrà durare allora la società capitalistica che al Moloch del denaro, del potere, della competizione, della devastazione dello spazio vitale naturale, dell’estinguersi dei sentimenti e della tradizione, dei mass-media, ha costruito la propria identità politica e culturale? Quale futuro senza una politica di austerità per cambiare la nostra vita?

domenica 27 novembre 2016

EX OSPEDALE PSICHIATRICO DI VOLTERRA.

Oggi, con 18 amici del Gruppo Fotografico di Castelnuovo di Val di Cecina, sono andato a visitare il Museo e le strutture ancora esistenti dell'ex "manicomio" di Volterra. A suo tempo uno dei più grandi d'Italia con quasi 5000 ricoverati. Un vero e proprio grande centro abitato, autosufficiente o quasi, che tra ricoverati, infermieri ed altre unità lavorative,  annoverava oltre 8500 persone. E' stata una esperienza bellissima e sono stato contento di sapere che nella civilissima Toscana, anche il trattamento della "follia" o "del disagio mentale", oppure l'accoglienza di tantissimi "sani", ma vittime della miseria, è stato dignitoso, senza mai far ricorso a terapie violente, ma utilizzando l'unica capace di dare notevoli risultati di miglioramento o guarigione, "l'ergoterapia", cioè il LAVORO! in tutte le sue forme. Sia all'interno della grande struttura, fatta di grandi padiglioni salubri, alternati ad altrettanti e maggiori spazi a verde ed a bosco, e sia nelle "colonie", cioè la vasta rete poderale dove si allevavano bovini, tacchini e polli, maiali e si coltivavano orti. Anche l'arte aveva il suo spazio: disegno e poesia, musica e teatro, ma oggi quello che appare il reperto più emozionante è un graffito alto circa 2 metri e lungo 40 realizzato con il gancio della cintola dei pantaloni dal "matto" Nannetti. E' una storia, una riflessione sulla vita, un sogno...della quale restano adesso poche tracce perché essendo esterno è stato danneggiato dagli agenti atmosferici e dalle muffe, ma, soprattutto, dalla mano vandalica delle persone "sane". Per fortuna c'è chi ha provveduto a microfilmarlo e poi a tradurlo ed infine a farne un duplicato, che ha trovato il suo spazio in un Museo...di Losanna (Svizzera)!  Adesso, circa 4 metri sono esposti nel piccolo, ma interessante "museo" a Volterra. Parlando con una delle nostre guide mi è tornato a mente un giorno, o più giorni, dell'anno 1979 quando partecipai, come membro di una Commissione di esami scolastici, ad esaminare gruppi di "matti" addetti alle lavorazioni agricole nei poderi disseminati sulle pendici volterrane, per dargli il diploma della scuola elementare. Ci scrissi un breve articoletto su un periodico sindacale della CGIL che riproduco, a distanza di 37 anni! Ma non decrepito...
(1^parte)

lunedì 21 novembre 2016



POESIA

Il giorno 7 dicembre 2016, ore 15,30, presenterò  il mio ultimo libriccino di poesie “Notte che sgorghi e ti dilati”, in una seduta del Corso Annuale  di “lezioni” dell’Università della Terza Età di Pomarance.  Sono ormai 19 anni che partecipo  e mi sono fatto molti amici e amiche “anziani” di età (come lo sono anch’io!), ma giovani nella mente ed anche ottimisti! Mi trovo bene tra loro, e mi da’ piacere la gentilezza nei miei riguardi, che, tra l’altro, un “docente” non sono e perciò le mie “lezioni” sono più o meno storie di persone e fatti locali, alcuni anche  divertenti. Come si vede, a prescindere dal risultato al Referendum del 4 dicembre, nel quale VOTERO’ SI CONVINTO, la vita e gli impegni continuano…
Certo, parlare di un libro e più estesamente di poesia, non sarà una cosa tanto semplice. Già la definizione di poesia presenta problemi. In più in un libriccino di poesie non c’è una trama, né un ordine di lettura, perché possiamo rifarci dall’ultima pagina, come da quella del mezzo o dalla prima,  possiamo anche lasciare intonso il volumetto, per mesi od anni, per poi “riscoprirlo” e, magari, leggerlo avidamente e cavarci qualcosa che fa bene alla nostra anima! Chi lo sa? Non ultimo elemento critico c’è il fatto che chi l’ha scritto sia un modesto autore, e le sue opere circolino in un territorio ristretto, distribuite a mano,  per lo più in copie singole (salvo  tre o quattro “tifosi” che ne hanno prese  ben 10 copie!) Tuttavia il fatto che i miei 8 lavori letterari, le cui copertine si possono vedere nell’illustrazione qui allegata, siano tutti ESAURITI e che le loro tirature abbiano oscillato tra le 300 e le 800 copie, mi da’ molta gioia! Ieri ho incontrato uno  scrittore vero, storico e giallista e uomo di lettere e di cultura che mi ha detto di avere un amico critico letterario che organizza reading di poesie ecc. ecc. e quindi lui poteva presentarmi. Io mi sono schernito e lui, m’ha detto “Ma Carlo, non fare il modesto…”, ma a questo punto l’ho interrotto dicendogli “No, non hai capito, non sono modesto, sono immodesto…” “Credevo ti  interessasse…”  “Ti ringrazio ma io mi sento “oltre”, al di là…” “Oltre…?” “Si, vedi, è un po’ come se ai tempi del Leopradii lo avessero invitato ad un concorso di poesie o a un reading letterario a Montelupone!) “Dove? Ah! ho capito…ti faccio i miei auguri…”. Dunque affido un valore alto ai miei versi ed a loro affido la mia anima e memoria attraverso il tempo. Forse mi sbaglierò, forse…

I versi (Vittorio Sereni, 1965).
Lines.

A few still get written.
You’re thinking about them, meanwhile
telling lies to the anxious faces wishing you
all the best on New Year’s Eve.
A few get written just as negatives
Inside a black space of years
like paying offa naggins debt
that’s been due for years.
No, there’s no fuyn it in anymore.
You wrote (they’re laughing) for art, only art.
Not me, not that, that’s the last thing I wanted.
Each line is a load strugge off
to make space for the next. There are always
extra loads to take, and no single line
ever soffice

if you yourself can’t even remember it tomorrow. 
AVVENIMENTI LOCALI (III).

Ieri, domenica, ore 17, a Belforte nella Casa della memoria “L’Aquilante”, dopo un lungo periodo  di inattività,  incontro degli amici del PIL (Piccoli Incontri Letterari), la cui attività ha oltrepassato i 10 anni!

Eravamo soltanto in 5 e chi per una ragione, chi per l’altra non è venuto.  Al di là degli aspetti preoccupanti per la riduzione de “pilisti”, abbiamo fatto molte scoperte e molte risate!  Certo, il territorio del Comune di Radicondoli, con i suoi 932 abitanti, non può dar molto di più ed anche ieri sera, sui cinque, in tre  eravamo “esterni”. Per me, che vengo da più lontano di tutti, è bello anche il viaggio, parte del quale  adesso si svolge nella notte.  La solitudine che incombe in questo tratto di quasi 30 chilometri,  la luna, o la pioggia, o i temporali, le ombre dei  grandi boschi misteriosi, i fuggitivi animali selvatici che al mio passaggio spariscono rapidamente nella macchia: daini, lepri, cinghiali, ricci, volpi, ma non i lupi, come sembra che in branchi stiano ripopolando i boschi delle Colline Metallfere: certo, vederne qualcuno sarebbe bellissimo! Mentre ascolto le mie canzoni preferite, ho modo anche di “ripensare”alle cose dette e al clima amichevole che ho respirato. Mi fa bene all’anima e soffrirei  tantissimo se anche questa porta rimanesse chiusa. Grazie alla voglia ancora salda di Rosella e Daniela…ci rivedremo il 15 gennaio 2017! Auguri a tutti i pilisti di un Buon 2017, molto molto creativo!



AVVENIMENTI LOCALI (II).


Sabato 19 novembre ore 16,30 Teatro dei Coraggiosi a Pomarance. Incontro promosso dai Comitati per il SI di Pomarance e Castelnuovo di Val di Cecina in occasione del prossimo referendum del 4 dicembre in Italia sulla “Riforma Costituzionale”. Un incontro molto interessante per il valore dei relatori, in primis, ma non per ragioni affettive, ma per conoscenza profonda della materia costituzionale, non solo dell’Italia, di mia figlia Tania. E chi volesse più informazioni può aprire il suo curriculum. Gli interventi dei relatori sono stati integrati  da tre interventi del pubblico, molto pertinenti e che sono stati approfonditi esaurientemente da Tania. Mi ha dato molta gioia ritrovare e salutare  alcuni amicissimi, coi quali ho condiviso anni di impegno politico e sindacale, amici che hanno arricchito la mia vita e che non dimentico mai: Giovanni Balatri “Nasetta”;  Angiolino Rossi “Scalabrino”; Loriano Fidanzi; Graziano Pacini; Lido Costagli;  Marcello Cerri; Carlo Becorpi…il Fedeli  “Cacchio”, Maurizio Maggi, ed anche il Sindaco Loris Martignoni, che tanto bene opera in quel comune e altri che ora mi sfuggono. Buona la partecipazione di più di sessanta persone, molto attente e partecipi. Che sia di buon auspicio? Non lo so, non vorrei essere ingannato dal vivere in Toscana, in questa regione  conosciuta e amata in TUTTO IL MONDO, civilissima e non dimentica del suo inimitabile passato di arte, letteratura, scienza, Fede e  umanità.  Nutro però speranza  che il SI prevalga, non perché contenga la VERITA’STORICA del divenire, in questo caso di una Nazione,  che solo a Dio appartiene, ma per nutrire l’attesa di un nuovo ciclo virtuoso, proprio nel rispetto dei fondamenti intoccabili della nostra Costituzione, che non sono assolutamente sfiorati dalle necessarie manutenzioni da apportare alla parte seconda. Infine, anche se sono vecchio, quindi più immerso nel passato che nel futuro che tante volte mi spaventa, è al “sonno della ragione” che mi oppongo, perché con le parole di Goya non vorrei che, questo sonno e ripiegamento  negativi, generassero MOSTRI.




AVVENIMENTI LOCALI (I).

Tra sabato  e domenica (19 e 20 novembre 2106) ho partecipato a tre “avvenimenti locali” degni di nota. Il primo, sabato mattina a Castelnuovo di Val di Cecina, riunione straordinaria del Consiglio Comunale per il conferimento agli 83 minatori di Niccioleta (Massa Marittima) della CITTADINANZA ONORARIA. Riconoscimento tardivo, ma sempre importante per conservare alla storia il ricordo del drammatico eccidio compiuto dalle SS naziste e dalle “camicie nere” italiane della RSI di Mussolini, fra il 13 ed il 14 giugno 1944.

Ai primi 6 minatori uccisi la sera del 13 a Niccioleta, si aggiunsero oltre 150 minatori imprigionati e trasportati  nella notte, per un gran tratto dei 25 Km. a piedi e poi,  negli ultimi sei-sette km., a mezzo camion, nel salone del cinema  “Tirreno” di Castelnuovo. Il giorno seguente, dopo una spietata selezione, alla quale contribuirono anche fascisti di Niccioleta,  i minatori furono suddivisi in tre gruppi: il primo, di 77 per essere uccisi; il secondo di 21 per essere deportati nei Lager della Germania e il terzo, di una cinquantina, i più anziani, da rimandare a Niccioleta come esempio ed ammonimento a non molestare le armate tedesche in ritirata.  La sera del 14 giugno i 77 minatori furono mitragliati e assassinati con una pallottola nella testa nei pressi della Centrale elettrica di Castelnuovo, in un vallino profondo ribollente dei vapori geotermici. Si tratta, nell’ambito della “guerra ai civili” programmata da Hitler, del più grande eccidio di lavoratori in Italia. Nonostante ciò la memoria della strage è rimasta per decenni confinata alla memoria locale, fino ad un risveglio, negli anni più recenti, grazie a studiosi dell’Università di Pisa ed alla nostra cara professoressa Katia Taddei, che ha speso ogni energia  per oltre due decenni a ricostruire in ogni dettaglio la genesi e lo svolgimento della strage. Si deve anche aggiungere che l’eccidio poteva avere dimensioni anche maggiori, se non fossero fuggiti altri cinquanta prigionieri della Niccioleta e tre dal Mastio di Volterra. Tuttavia ai 77 minatori si devono sommare i quattro partigiani della “piccola banda di Ariano” fucilati a mezzogiorno del 14 giugno poco discosto dal luogo dell’uccisione dei minatori, dagli stessi assassini.  La cerimonia è stata semplice e solenne allo stesso tempo e momenti di vera commozione si sono avuti quando il Sindaco Alberto Ferrini a letto la lista interminabile di nomi e cognomi delle settantasette vittime. Ho visto molti parenti e familiari, venuti da Massa Marittima ed altri paesi del grossetano, piangere. Il Sindaco ha preannunciato che nel prossimo futuro anche agli altri 10 partigiani fucilati sul suolo della Comunità di Castelnuovo, sarà concessa la Cittadinanza Onoraria. Presenti molte rappresentanze dei Comuni vicini, Monterotondo Marittimo e Pomarance, oltre che, naturalmente a quella di Massa Marittima, città medaglia d’argento della Resistenza, con la presenza e l’intervento del suo Sindaco, Marcello Giuntini.  Hanno preso la parola, il presidente dell’ANPI di Pisa e quello di Massa Marittima. Tra le bandiere dell’ANPI, spiccavano i ragazzi della II e III media di Castelnuovo con i loro insegnanti. Una lapide è stata apposta al muro esterno dell’ex cinema, il luogo dove furono rinchiusi, fino alla sera del 14  giugno i minatori.  In un dibattito successivo alla Cerimonia Ufficiale, Katia ha intervistato gli unici due minatori, allora appena ventenni, deportati in Germania: Fabio Scali e Mario Fatarella, dei tre ancora viventi. Mancava Fabio Terrosi, impossibilitato a partecipare. Sono stati momenti emozionanti ascoltare dalla viva voce il ricordo di quelle ore drammatiche, insieme al calvario personale che li vide inviati ai lavori forzati nel Reich tedesco fino alla fine della guerra mondiale. Come sappiamo il popolo di Castelnuovo, sfidando l’orrore, la paura e la presenza dei tedeschi in ritirata, si riversò intorno al “vallino della morte”, ricomponendo i cadaveri sfigurati dal calore geotermico, trasportandoli per il riconoscimento sul mattonato antistante le cappelle del cimitero prima di dargli sepoltura all’esterno, dietro l’abside della cappella, in attesa dell’esumazione e del trasporto, chi ai luoghi di nascita e molti al cimitero di Massa Marittima. Né si devono dimenticare coloro che accudirono per anni i luoghi “”sacri” dove il delitto fu consumato, il luogo dove fu eretto un cippo marmoreo, e il “vallino della morte”.  Questi uomini erano operai delle sonde di Larderello, coordinati dal partigiano combattente, già operaio alle miniere di Niccioleta, Mauro Tanzini, e i loro nomi sono Renzo Groppi, Astenio Di Sacco, Angiolino Rossi, Niccolo Marconcini.  L’unico neo di questo giorno memorabile, in parte causato dal brutto tempo, è stata la scarsissima presenza di “castelnuovini”! Un vero peccato.