mercoledì 27 dicembre 2017




(Un libro splendido, riccamente illustrato, costa solo 15 €.)

Natale e S. Stefano 2017.

E cosi un altro Natale è passato!  Tra cinque giorni ci sarà la convenzionale “fine dell’anno” e anch’io scenderò nella scala del tempo toccando un traguardo, credo mai raggiunto dai miei avi paterni: 80 anni! E’ una sensazione strana: da una parte mi preparo  ad uscire di scena,  mettendo ordine nella memoria e nei pochi oggetti che ho salvato per le mie figlie e nipoti (si tratta esclusivamente di  “beni” immateriali, come poesie, racconti, immagini e un po’ di musica, sia su carta, pellicola e CD ed anche su una potente USB da 1 TB), e, dall’altra parte,  a provare ancora nuove  “parti” della Commedia Umana, nella quale mi sento tutt’ora immerso. Godo dell’amore della mia famiglia che, in modo naturale, tiene lontana da me la “solitudine” il peggiore veleno della senilità. Naturalmente non dimentico parenti, amici e amiche, lontani nello spazio, ma vicini grazie ai potenti mezzi elettronici dei quali faccio uso quotidiano.

Ieri eravamo in undici al gran pranzo casalingo nella mia casa! Quattro nipoti, due figlie e mariti, un amico e la mia sposa! Si sono intrecciate molte storie e mi sono sentito pienamente a mio agio. Non credo che il menù sia stato inferiore a quello dei più rinomati chef, e ci siamo scambiati deliziosi doni, tutti assai graditi! Io, ad esempio, ho avuto quattro libri bellissimi più calzini, slip e creme “rigeneranti”. Ma il regalo più bello è stata la “condivisone” ed anche l’unitarietà della  “visione del mondo”, nel quale vorremmo si affermassero i valori della fraternità, della equità, della cultura, della tolleranza e dell’amore.  

giovedì 21 dicembre 2017

 Il 1° Presidente della Repubblica Cecoslovacca, T.G.Masaryk (7/3/1850 - 14/9/1937)
 Il 2° Presidente, Eduard Benes.

Svoboda, Bocek, Liska e il pres. Benes.
Il 3° presidente Klement Gottwald (23/11/1896 - 14/3/1953)
 Stalin, (21/12/1879 - 5/3/1953)

XI raduno nazionale a Praga (1948) della gioventù dei Sokol.


PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 63.

Cecoslovacchia: la questione è anche nostra[1]

         Da Praga giungono drammatiche le notizie sul “processo” e sulla dura condanna dei sei onesti e coraggiosi intellettuali, membri del movimento “Charta 77” che lotta per l’avvio di un nuovo corso di democrazia socialista in Cecoslovacchia. Le notizie, il battage televisivo e giornalistico, durano breve tempo: la crisi politica italiana, le preoccupazioni che sarà un inverno duro per i lavoratori e gli strati sociali più poveri, nuove forme di violenza individuale e collettiva, ben presto riprendono il sopravvento e lo schok emotivo delle condanne di Praga viene riassorbito.
         Da undici anni, in fondo, viviamo il periodo di “normalizzazione”; ci siamo abituati così al sopruso e all’ingiustizia e quando non ci colpiscono personalmente non sappiamo nemmeno riconoscerli. Eppure non siamo di fronte ad un fatto di cronaca qualsiasi, ad una violenza in una parte anonima del mondo. Là dove il capitalismo e l’imperialismo seminano sfruttamento, alienazione, fame e morte. Siamo di fronte ad un dramma nostro, che riguarda il futuro del movimento operaio, i fondamenti dell’ideale socialista e la loro applicazione. L’esperienza della Cecoslovacchia nel 1968, la sua invasione e occupazione da parte delle truppe dei cinque paesi del Patto di Varsavia è infatti un avvenimento che resta  fondamentale nella storia del movimento operaio e della evoluzione democratica dei paesi socialisti e, come tale ha già offerto occasione di dibattiti, studi, convegni, polemiche.
         Anche noi vorremmo dare, dalle modeste pagine di questo “giornalino” ciclostilato in poche centinaia di copie dentro una fabbrica, un nostro contributo e lo avviamo pubblicando queste prime, semplici riflessioni che toccano anche problemi minuti, di cui abbiamo informazioni attendibili ed anche una diretta conoscenza. I cechi sono un popolo fiero. Soggetti ad essere dominati da grandi potenze hanno maturato la loro filosofia nella “non violenza”, come il loro eroe, “il buon soldato Svejk”, e lo spirito mordace per mettere in ridicolo i propri oppressori, i burocrati, i capi, proprio attenendosi scrupolosamente al rispetto delle leggi e dei regolamenti. Hanno imparato a nuotare ed a sopravvivere nel regime, a tenerlo in scacco. Non a caso la produttività del lavoro è bassissima, la partecipazione alle iniziative del partito comunista scarsa mentre si ostentano mode ed atteggiamenti dell’occidente e si traffica illegalmente di tutto. Dilaga anche, nelle generazioni più anziane, il pessimismo e ciò si osserva in quell’aria che impregna tutto il paese, un’aria di decadenza e di mestizia.
         La “primavera di Praga” è finita, ma verranno e fioriranno altre primavere e noi dobbiamo non attenderle passivamente, ma favorirne il corso richiedendo in primo luogo ai nostri partiti e sindacati, impegni più continui e pressanti, sia di conoscenza che di analisi politica, assumendo posizioni nazionali ed internazioni più nette e trasparenti.
         Ci scriveva un amico, nel 1968, parlando degli anni dello stalinismo: “…del tempo del culto personale potrei scriverti molto, mi limito all’essenziale. In quel tempo lì c’era lo slogan chi non va insieme a noi va contro di noi, oggi si dice invece: chi non va contro di noi viene con noi. Nella vita pratica succedeva che un gran numero di uomini qualificati erano rimpiazzati da altri meno abili, che però si davano più da fare per l’Idolo, ma questo finiva spesso in un infarto…credimi che quel tempo ha portato a molti uomini delusioni e sofferenze ed ha distrutto in loro molti valori morali e materiali…ma non voglio soltanto vedere il male. Ti ho già detto nella mia ultima lettera che questo sistema è senz’altro migliore di quello capitalistico. Mi ricordo bene il tempo di prima della guerra e posso confrontare tutto ciò che viene fatto per il progresso, lo sviluppo e la contentezza di tutto il nostro popolo”.
         Se queste frammentarie impressioni non sono solo lo sfogo di un singolo, e noi sappiamo che non lo sono e che tali avvenimenti sono iscritti ormai nella memoria e nella coscienza del popolo cecoslovacco, viene da chiedersi come in ciò non si ravvisi l’enorme potenziale di ottimismo, di positività, di liberazione dell’uomo che offre il socialismo. Per questo diciamo che la questione è soprattutto nostra, dei lavoratori, dei costruttori di una società nuova da inventare con la lotta e la fantasia e che sia basata sul pluralismo  ideale, sul consenso, sulla piena libertà individuale e collettiva degli uomini e delle donne.
         E’ ancora presto per dirlo, ne dovremo parlare tra noi, compagni, anche negli organismi dirigenti la Fnle-Cgil, ma senz’altro si impongono alcune iniziative che facciano più chiarezza sulle realtà che oggi si vivono nei paesi dell’Est e che affrontino in modo serio, lo stato delle minoranze e del dissenso, la questione dei rapporti con l’Urss e le difficoltà economiche che interessano i lavoratori. E dobbiamo essere noi, in primo luogo, a promuovere questo dibattito, senza falsi pudori, né veli e coperture che non servono più alla coscienza di un movimento che lotta per la liberazione dell’umanità dai peggiori mali morali e materiali imposti dalla ferrea legge dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Chi vuole farsi portatore di valori più nobili ed alti, chi vuole trasformare il mondo, deve anche partire da se stesso, deve interrogare la propria coscienza. Siamo veramente maturi e pronti a farlo? Io credo di si! E’ anche questa una occasione per dimostrarlo.



[1] In “Ifcl”, n. 10, ottobre 1979.

mercoledì 20 dicembre 2017







Montecastelli Pisano.

Nell'attesa che il piccolo Borgo, un tempo Comunità fiorente e popolosa, successivamente decaduto per emigrazione e spopolamento, torni a crescere grazie al progetto di un musicista e imprenditore tedesco che lo sta trasformando in un resort di alto livello culturale, cosi' due giorni fa, alle 19 della sera, m'è apparso freddo e desolato.

martedì 19 dicembre 2017



OGGI E' SAN DARIO!

Oggi è San Dario!  Il “santo” del mio nonno paterno, che si chiamava Dario! Ora che sono vecchio, mi addoloro di saper così poco di lui. Credo che accada ai giovani non avere la pazienza di ascoltare i racconti di genitori e nonni, come se il futuro e la vita non avessero mai fine e di tempo ne avessimo tanto. Invece,  purtroppo, il tempo manca.  Era nato nel 1879 da Natale e Rosa  Donati, due persone religiosissime. Aveva alcuni fratelli e sorelle, dei quali ho conosciuto solo il “Socio” cioè Zeffiro, e nominare Maria, forse anche Stanislao, forse anche Pietro…Fu soldato, poi lavorante nella grande bottega dei calzolai del paese natio, e si sposò nel 1905 con Enélida Benucci, dalla quale l’anno dopo, ebbe il primo figlio Gino.La miseria era tanta e Dario emigrò negli Stati Uniti, in Pennsylvania, distretto di Pittsburg,  nelle miniere di carbone, come manovale. Dopo alcuni anni, povero come era partito (perché derubato dai banditi della “mano nera” al momento dell’imbarco), trovò ad attenderlo Gino  grandicello e la sua sposa. L’anno dopo, nel 1915 gli nacque mio padre, Renzo, il secondo e ultimo figlio. Mia nonna infatti ebbe un parto difficilissimo (parto doppio, con uso del forcipe, tanto che il mio babbo rimase  per tutta la vita con il “collo torto”, un male e un bene perché gli evito il servizio militare e la guerra). Il nonno, fenomenale musicista, fu preso come operaio alla Società Boracifera del principe Piero Ginori Conti, e si distinse per zelo e virtuosismo musicale. L’economia della famiglia migliorò quando anche Gino e poi Renzo, furono assunti al lavoro a Larderello.  Dopo una tarda e misera pensione si rimise a fare il calzolaio, andando a opre  tra i mezzadri della Fattoria di Fosini. Morì, non si sa bene per quale malattia, nel luglio 1948. Aveva in tasca la tessera del Partito Socialista Italiano. Purtroppo non ricordo praticamente niente di lui, date le mie vicissitudini che mi portarono ad abitare insieme solo un anni prima della sua morte, se non il “banchetto” da calzolaio, il suo strumento musicale, il suo buon appetito, la sua miopia ed anche le bonarie minacce di usare per i miei malestri  la striscia di cuoio (il famoso “pedale”), che teneva appesa al banchetto per impeciare i correggioli. Credo che non l’abbia mai usata! La nonna, invece, è vissuta 90 anni e mi ha allevato. Pregava sempre per  il “suo Dario”, ma gli diceva alla fine della preghiera: “Aspettami, ma non aver furia, perché devo pensare a Renzo ed a Carlo, e quaggiù ci sto bene! Ho la tv, la lavatrice  e la stufa “maialina”…”. Credo che adesso si siano ritrovati.

domenica 17 dicembre 2017

I fratelli Mann.

PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 62.

La montagna incantata[1]

Thomas Mann (Lubecca, 1875 – Zurigo, 1955) concluse il suo più grande romanzo, “La montagna incantata” (Der Zauberberg) nel 1924, dopo dodici anni di lavoro, fermento narrativo e indagine saggistica, che in questa ambiziosa opera confluiscono.
         Diagramma dei complicati incontri di uomini sui quali incombe la morte, il romanzo intende rappresentare il disastro dei valori borghesi, riproponendo, al contempo, la continuità dello “spirito tedesco” nella Storia. Il significato psicologico è un incitamento alla speranza e a non soggiacere all’annichilimento dell’idea della morte.
         La trama è apparentemente molto semplice: Hans Castorp, recatosi a trovare il cugino Joachim, ammalato di tubercolosi nel sanatorio di Davos, in Svizzera, finisce per restarvi non i ventuno giorni che si era proposto, ma sette anni, ammaliato da quel piccolo mondo che è in sé un universo simbolico, ma completo. Il giovane ingegnere amburghese “pupillo della vita”, s’innamora di una pensionante, Madame Claudia Cauchat e passa il suo tempo in discussioni con l’italiano Settembrini, rappresentante della tradizione illuministica, e col violento gesuita Naphta, dogmatico negatore dell’umanesimo progressista, più tardi suicida. Entrambi si contendono l’anima dell’ingenuo borghese. Uscito dal sanatorio per andare in guerra, di Hans non avremo più notizia. Il suo ultimo destino è infatti incerto mentre si avvia verso la trincea.
         La “montagna magica” rappresenta un tempio di iniziazione, “una sede della pericolosa ricerca del mistero della vita e Hans Castorp, il viandante in cerca di cultura abbraccia volontaristicamente la malattia e la morte perché già il primo incontro con esse gli promette una comprensione straordinaria, un avventuroso progresso. Il Gral, la suprema verità a cui tende, e che egli intuisce nel suo sogno quasi mortale prima di essere trascinato dalla sua altezza nella catastrofe europea, è l’idea dell’uomo, la concezione di umanità futura, passata attraverso la più profonda conoscenza della malattia e della morte. In quanto all’intenzione e al fine dell’opera l’autore stesso ebbe a dire: ‘l’interesse alla morte e alla malattia, ai fenomeni patologici, alla decadenza, non è che una variata espressione dell’interesse alla vita, all’uomo, come dimostra la facoltà umanistica di medicina; chi si interessa ai fatti organici, alla vita, si interessa in particolare alla morte…’”.
         L’orizzonte interno del romanzo non solo è vasto, ma si direbbe, sconfinato: anatomia, fisiologia, patologia, farmacologia, botanica, radiologia, musica, psicologia, biologia, meteorologia, occultismo, filosofia, tecnologia, politica…L’uomo non ha misteri per Mann, egli lo spia con precisione realistica nei gesti, nell’espressione di uno sguardo, nell’intenzioni palesi o mascherate e nei particolari anormali del fisico e della mente. E nel capitolo in cui si legge la stupenda descrizione della tormenta di neve e del sogno di Castorp intorpidito dal gelo, la simbolica visione di un mondo ideale, sereno, armonioso e di un’umanità concorde e rispettosa del prossimo, gli spalanca gli orizzonti della mente e gli fa intendere il valore della morte e il mistero della sapienza e dell’amore.
         Comprende che la morte è una grande potenza, che ad essa dobbiamo, si, restare fedeli, ma senza dimenticare che la fedeltà alla morte e al passato è tetra voluttà e misantropia. Alla morte si oppone l’amore, al passato l’avvenire. Le riflessioni di Hans Castorp si condensano quindi nelle parole, punto più alto del romanzo, “per rispetto alla bontà e all’amore l’uomo ha l’obbligo di non concedere alla morte il dominio sui propri pensieri”.
         Questo romanzo multiforme e complesso, romanzo del tempo e del suo fluire, è anche un esauriente ritratto della civiltà occidentale a cavallo tra i secoli XIX e XX e nella sua incantata fusione di prosa e poesia, di vastità scientifica e di raffinata arte, il libro forse più grandioso  che sia stato scritto nel Novecento.



[1] In “Ifcl”, n. 10, ottobre 1979.

mercoledì 13 dicembre 2017





PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 61.

Un convegno a Siena, una rosa ed una radiolina accesa.

         I maggiori responsabili della crisi energetica italiana si sono riuniti il 27 e 28 giugno 1979 all’Hotel Garden di Siena in un Convegno organizzato dall’Enel. Due giornate intense di meditazione alla faticosa ricerca di salvare l’Italia da quello che viene paventato come il più grande “disastro” dei tempi moderni nei paesi capitalistici avanzati: la mancanza di energia elettrica e di petrolio. L’Enel ha voluto dimostrare, conti alla mano, che non ci sono alternative al petrolio al di fuori delle centrali nucleari. Si, ci sarà uno sforzo nell’utilizzo  di tutte le altre fonti energetiche nazionali (idroelettriche, geotermiche, eoliche, rifiuti, solare, maree…), ci dovranno essere i risparmi, le doppie tariffe, i razionamenti, ma questo, nel suo insieme, darà un apporto molto limitato e comunque inferiore all’incremento della domanda. Quindi o crisi o, sostanzialmente, ancora petrolio ed uranio.
         Da un’ottica tecnocratica e neocapitalistica poco c’è da ribattere alle cifre e alle considerazioni fornite dagli esperti dei problemi energetici, tanto più se esaminati in riferimento a una singola nazione come l’Italia, oppure alla sola Europa occidentale.
         Esse partono dal presupposto dell’immutabilità dei rapporti politici mondiali e quindi dal fatto che un miliardo di uomini realizzi un “alto” livello di vita sfruttando i rimanenti quattro-cinque miliardi della popolazione della Terra. Non a caso i consumi pro capite di energia sono negli USA 300 volte superiori a quelli dei cinesi…Ma serve davvero a migliorare la qualità della vita umana accrescere continuamente la produzione ed il consumo di energia? Per quello che sappiamo sembra di no. Solo una piccola parte dei problemi, o forse nessuno, è fuori dall’essere umano, dei sentimenti, dei rapporti sociali, familiari, di gruppo o di più estese comunità e il cuore fondamentale delle questioni è di natura politica.
         Dobbiamo cominciare a riflettere ed a chiederci se la crisi energetica, fatta balenare sinistramente come un flagello che colpisce i lavoratori e le masse degli sfruttati, non sia in realtà l’unico grande mezzo che si offre ai popoli per trasformare, in senso democratico, ugualitario, non consumistico e non antagonistico, la vita sulla Terra costruendo quella società a misura dell’uomo che ci appare, altrimenti, sempre più irraggiungibile.

***

         In un mattino di luglio, stranamente fresco e trasparente per questa stagione, mi sono recato a Villa Caggio, un ex padiglione dell’Ospedale Psichiatrico di Volterra, come membro della Commissione d’esami per il “Corso professionale di avicoltura”, frequentato da un gruppo di internati. Mi accompagnavano i sospetti ed i pregiudizi che una persona “normale” ha di solito verso i “diversi”, in particolare verso gli ammalati di mente, o, come si dice, i matti.
         Ero teso, preoccupato, ansioso di verificare le mie idee politiche sulla istituzione manicomiale, sulla necessità o meno del suo smantellamento, sull’assoluta necessità di ridare dignità di “uomini” a tante creature offese e abbandonate. E parlando con loro, ascoltando le loro storie, visitando le camerette pulite ed intime, scherzando e ridendo per qualche battuta arguta, visitando il cortile adibito all’allevamento dei polli – “qui ci mettevano noi a prendere l’aria, ora ci sono le galline!” – di fronte alla bontà dei loro sentimenti pensavo a quanto male è capace di fare l’uomo ai propri simili. Le privazioni, l’istituzione totalizzante del manicomio, avevano fatto enormi danni, ma non irreparabili se queste persone si aprivano con tanta fiducia, tanto calore, a degli estranei, forse intuendo l’ansia dentro di noi. Era per loro un giorno di festa, questo d’esami tanto atteso, e il “diploma” che chiedevano era una piccola grande rivincita sulla loro esclusione. Certo non tutti i loro problemi sono risolti e gli operatori sociali che li hanno così amorevolmente seguiti dovranno ancora guidarli in un primo timido tentativo di autosufficienza economica basata sull’allevamento dei tacchini ed altri animali da cortile; guai a lasciarli soli! Guai a tradire così ingenue speranze!
         E quando sono partito per rientrare nella mia vita di problemi, di lotte, di inganni e, talvolta, di solitudine, violenze, superficialità, mi hanno regalato una rosa…una rosa per ognuno di noi…una rosa cresciuta da loro, così vicini alla verità, senza usare né una goccia di quel petrolio, né un watt di quella energia, per il cui dominio “l’umanità sana” sembra pronta a scatenare la sua follia nel mondo intero.

***

         Una settimana in campeggio, il sogno di un breve riposo e anche di un arricchimento della vita sociale vivendo in modo libero e aperti al contatto e alla conoscenza degli altri. Ma, immancabilmente, la delusione di constatare che non bastano le strutture per cambiare in così poco tempo i modelli di comportamento delle famiglie che riproducono quelli chiusi che si riscontrano oggi nelle grandi metropoli e anche nelle nostre zone, dove si sono avute trasformazioni profonde e negative e dove i contatti umani e sociali si vanno progressivamente immiserendo di pari passo all’aumento del benessere materiale.
         Una giovane coppia con una bambina, immancabilmente in ascolto della radio o della televisione, sempre, in pineta, sul mare, nella veranda, mi ha riportato alla mente un brano di Konrad Lorenz, il famoso etologo e premio Nobel per la medicina: “…il dilagante bisogno di rumore, che sembra paradossale se si considera la nevrastenia degli uomini d’oggi, si spiega solamente col bisogno di soffocare qualcosa. Durante una passeggiata nel bosco mia moglie ed io fummo un giorno sorpresi dal rapido avvicinarsi degli strilli di una radiolina che un solitario ciclista di circa sedici anni portava con se sul portapacchi. Mia moglie osservò: “Questo ragazzo ha paura di sentire cantare gli uccelli!” Penso che egli temesse soltanto il pericolo di potere, per un attimo, incontrare se stesso”.
         E per quale motivo persone anche di notevoli pretese intellettuali preferirebbero le stupidissime trasmissioni semi-pubblicitarie della televisione (specialmente emittenti private) o di Radio Montecarlo, alla propria compagnia? Certamente perché questo li aiuta ad evitare la riflessione.

         Le forme lussuose di vita, che sono il risultato del terribile circolo vizioso instauratosi tra aumento della produzione e “crescita dei bisogni”, premiando il consumatore con il miglioramento del suo tenore di vita, e così condizionandolo perché continui a competere con il suo prossimo in una gara che alla fine diverrà fatale, sono una tra le cause che minacciano di annientare l’umanità. L’americano medio ha subito uno schok tremendo ascoltando il discorso di Carter sull’energia. Non sono le penurie future, in senso materiale, ad allarmarlo perché il Presidente ha ribadito il predominio dell’economia e della potenza militare USA, all’interno e nel mondo, ma il concetto timidamente introdotto che l’uomo deve valere per quello che è, non per quello che ha. E su quali fondamenti potrà durare allora la società capitalistica che al Moloch del denaro, del potere, della competizione, della devastazione dello spazio vitale naturale, dell’estinguersi dei sentimenti e della tradizione, dei mass-media, ha costruito la propria identità politica e culturale? Quale futuro senza una politica di austerità per cambiare la nostra vita?

lunedì 11 dicembre 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 60.

Per lo sviluppo della geotermia[1]

         Alla ripresa dell’attività sindacale, dopo la pausa delle ferie e dopo i lavori del Comitato direttivo Fnle-Cgil di Larderello tenutosi il 28 agosto 1979, voglio brevemente riassumere i principali problemi che saranno all’attenzione dei lavoratori dei Comprensori geotermici e delle forze sindacali e sociali nei prossimi mesi.
         E’ senz’altro pregiudiziale per la soluzione dell’intreccio di questioni riguardanti non solo direttamente i lavoratori geotermici, ma l’ulteriore sviluppo territoriale di vaste aree dell’Italia Centro-Meridionale, che vada avanti e si realizzi una nuova politica energetica basata sul completo e razionale sfruttamento delle energie rinnovabili e di quelle geotermiche.
         I programmi dell’Enel, dell’Eni, del Cnr e degli Enti Locali sulla geotermia testimoniano un approccio nuovo, per volontà politica e operatività, che va rapidamente verificato e, se possibile, stimolato, per superare incertezze, tempi morti e le ancora palesi resistenze che, con diverse motivazioni, si incontrano a livello scientifico  e manageriale. Le relazioni del Presidente dell’Enel, ing. Corbellini, e quella del prof. Luigi Paris, illustrate nel Convegno Nazionale di Siena del 28 e 29 giugno 1979, rappresentano il punto più alto e positivo raggiunto dall’Enel per una nuova politica geotermica per il prossimo decennio. Occorre adesso tradurre in pratica questa nuova linea politico-industriale.
         Noi pensiamo che la “geotermia unita”, nel senso di avere in comune, a qualsiasi livello decisionale, una figura di coordinatore responsabile, sia una soluzione valida e rispondente agli interessi locali e nazionali. Non ci innamoriamo però  delle formule e nemmeno delle nostre idee. Lottiamo e vogliamo lo sviluppo e su un programma reale di sviluppo siamo disponibili a trovare un accordo. Ribadiamo pertanto il principio  che non tanto le formule organizzative sono utili allo sviluppo ulteriore della geotermia, quanto gli impegni concreti, verificabili, le volontà politiche, lo sforzo pieno e qualificato nella ricerca e nella produzione, per lo sfruttamento completo del potenziale installato e la realizzazione del Piano decennale. Noi pensiamo altresì che questa fase di progresso che si apre per la geotermia non possa essere diretta dagli stessi uomini che pochi anni or sono avevano avviato la sua emarginazione. Non è certo per caso che in sedici anni di nazionalizzazione non si sia verificato l’aumento di un solo Kwh geotermico mentre ciò era possibile con l’entrata in produzione della nuova centrale Radicondoli 2.
         Rinnoviamo pertanto un pressante invito alla Direzione Generale dell’Enel per presentare ai sindacati il piano operativo definitivo, in modo da poter superare una pericolosa stasi presente in ogni ambiente che si occupa di geotermia, non perdendo altro tempo prezioso e mettendo immediatamente all’opera le tante energie di volontà, serietà e intelligenza che, a tutti i livelli, sono presenti a Larderello, a Pisa e nelle altre sedi geotermiche.
         Allo sviluppo nazionale della ricerca e della produzione geotermica è legato lo sviluppo dell’occupazione e delle aree territoriali. Larderello e le aree geotermiche produttive rappresentano ancora non solo gli esempi storici e le aggregazioni di uomini e mezzi più rilevanti, ma costituiscono campi di ulteriore esplorazione e sperimentazione per lo sviluppo generale integrato delle risorse endogene. Recenti ritrovamenti  di vapore, le temperature registrate di circa 400 °C. in rocce secche, segnali positivi dall’alimentazione artificiale dei vecchi bacini, riscaldamento di ambienti civili e serre, ci schiudono un futuro promettente. Certo, tutto ciò deve essere sostenuto da una “rinascita” di volontà e di interessi che abbracci non solo le Direzioni Aziendali, ma tutti i lavoratori.
         Il posto di lavoro che, quasi ritualmente e con residui di discriminazioni protettive, oggi si apre ai giovani delle nostre zone, la sostanziale democrazia che c’è sul Reparto, il buon trattamento economico e normativo (anche se rimangono aperte giustificate vertenze settoriali) ribadito dal recente rinnovo contrattuale, non devono portare al lassismo, alla ricerca e mantenimento del privilegio, quale esso sia, e alla sottovalutazione del problema che lo sviluppo è legato non solo alla disponibilità di risorse materiali, ma alla produttività del lavoro ed alla sua sempre migliore qualità.
         Noi appoggiamo e richiediamo uno sviluppo scientifico-tecnologico all’interno dei nostri impianti, in particolare mi riferisco alle problematiche aperte con l’introduzione delle “sale termiche” e dei “telecomandi” nelle centrali geotermoelettriche e all’ammodernamento dei macchinari, nonché a più radicali azioni di ristrutturazione e decentramento. Vediamo in futuro un ruolo ed un livello professionale sempre più elevati per i lavoratori ed anche minori rischi, fatica, nocività, con un più marcato recupero di partecipazione alla vita sociale. Tuttavia abbiamo presenti problemi più generali che riguardano i territori e l’occupazione complessiva che non potrà diminuire senza innescare reazioni negative a catena che ci riporterebbero alla degradazione socio-economica degli anni ’60. Per questo occorre avere chiaro il quadro generale della geotermia, l’armonico insieme che deve legare la produzione con la manutenzione e queste con la ricerca e la perforazione e le altre attività di uso plurimo nei settori non elettrici.
         In ultimo, ma non perché rivesta meno importanza, vorrei accennare proprio allo sviluppo plurimo della geotermia, intesa nella sua espressione più comune di “calore”.  Anacronistiche sembrano le preclusioni ancora poste dall’Enel sull’utilizzo di risorse non sfruttabili per fini elettrici (come, ad esempio, il pozzo Travale 21) ed i ritardi di una legislazione che data ormai mezzo secolo, ma non sono da tacere ritardi operativi, di coordinamento e di programmazione di altri Enti e soggetti.  In ciò influisce probabilmente la sostanziale mancanza di disoccupazione, la disaggregazione territoriale, gli sbocchi più facili e redditizi del lavoro, quali elementi che frenano il decollo di queste attività. Tuttavia la stasi del “Progetto Amiata” o le difficoltà di una piccola Cooperativa di giovani (“Ortofiore”), testimoniano una mancanza di volontà politica, di credibilità generalizzata che a lungo termine pagheremo tutti.
         La preannunciata “giornata di lotta”, con occupazione di terre, sull’Amiata, prevista per il prossimo settembre, non dovrà rimanere un fatto isolato ed episodico. Non è questo un campanello d’allarme per quel fenomeno dilagante nella nostra società, che è l’apatia, il distacco di larghe masse dalla politica e dalle Istituzioni, fenomeni ai quali diciamo tutti, ormai da molto tempo, di voler e saper rispondere, mentre tacciamo e coltiviamo i nostri piccoli orticelli di potere e di rappresentanza?



[1] L’articolo si basa su un saggio dts. inedito di gc. (1979) dal titolo “Appunti documentativi delle attività connesse allo sfruttamento dell’energia geotermica”, pp. 46.

domenica 10 dicembre 2017







Il torrente Pavone, che scorre nella stretta valle ai piedi del Borgo, è stato il mitico luogo della mia giovinezza, e laggiù son sempre ritornato, come a voler ritrovare il mio tempo perduto. Le sue acque limpide e fresche, le sue aridità, le vetrici e i rosolacci, le bisce, anguille e lasche, e le piccole anse sabbiose, mi hanno in ogni attirato in ogni stagione, come se proprio su quelle rocce, nei mulinelli delle correntine, nel tremor dei salici, potessi ritrovare ispirazione e rivivere ricordi. Faccio qualche fotografia, e cerco nel Canzoniere vecchie poesie, che ancora riescono a intenerirmi.  


Il Pavone

Limpide acque lambivano le foglie
come l’amore gli occhi di una donna,
ma l’estate ha prosciugato
la sorgente e pure i rospi
hanno scavato tane
per potersi salvar
con prole e moglie.

Fontaine Vacluse, un’altra cosa;
nei perenni e spumeggianti gorghi
Laura sciogliea le belle forme
nella stagione dei sogni
e dell’amore, ma
- com’è strana la vita,
bizzarra la sorte -
mai vestì il velo da sposa
ruzzando col suo Francesco
sul morbido letto
fino alla morte.

Ed io e te, felici, sul greto
asciutto, ci accarezziamo
senza paura, a lungo,
e poi ceniamo

con birra e prosciutto!

sabato 9 dicembre 2017

Il bacio, 1898.Peter Behrens (1868-1940).
 Rainer Maria Rlke (1875-1926).
 Otto Julius Bierbaum (1865-1910) mit seiner Gattin Gemma, 1905.
Die Bruder Heinrich (1871-1950), stehend, und Thomas Mann (1875-1955), sitzen, um 1900.


T.D-B. è sempre nel mio cuore. Ed è emozionante che a distanza di 48 anni riaffiorino immagini sorprendenti per un giovane non scolarizzato che amava la poesia.  Munchen um 1900. Kunft und Literatur der Jahre 1895-1905, nel numero speciale della rivista  zurighese ”DU” Juli 1969, inviatomi dalla cara amica. Poeti e artisti dell’Art Nouveau, della quale, attraverso le opere di Alphonse Mucha,  divenni e son rimasto, un ammiratore!




PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 59.

Giorni decisivi

         Di fronte alle elezioni politiche del 3 e 4 giugno ed a quelle del 10 giugno 1979 per la costituzione del primo Parlamento tra i paesi della Comunità Europea, il movimento sindacale italiano ha assunto una posizione unitaria che afferma in modo ufficiale una netta autonomia tra le forze sociali e stabilisce precise regole di comportamento per tutti noi, alle quali ci dobbiamo uniformare.
         Tuttavia il sindacato, in questa crisi ambigua e dannosa per il Paese, non è andato in vacanza. Ha condotto grandi lotte democratiche i cui momenti salienti sono stati lo sciopero dell’industria e dell’agricoltura dell’8 maggio e quello del pubblico impiego del 15 maggio. Oltre 8 milioni sono stati i lavoratori interessati ed è impensabile come, ancora una volta, siano stati esonerati i lavoratori dell’energia.
         Mai come in queste lotte i motivi contrattuali si sono intrecciati con le grandi questioni politiche: investimenti produttivi, occupazione, programmazione, mobilità, costo del lavoro, Mezzogiorno. Secondo la linea dell’Eur, su questi problemi e su quelli altrettanto urgenti della lotta al terrorismo, della scuola, delle pensioni (tanto per citare i prioritari), il sindacato chiede un confronto serrato con il Governo e con le forze politiche per superare impegni generici, resistenze ed avviare un profondo cambiamento nella vita del nostro Paese, qualunque possano essere i risultati elettorali.
         Tuttavia, pur non privilegiando nessuna formula di governo, ma misurandoci con i fatti concreti, noi sappiamo che tutti i governi non sono uguali. E’ in atto (lo viviamo tutti i giorni e la chiusura dei padroni sui contratti – Carli in testa – ce ne offre la prova), un duro scontro tra le forze progressiste e del cambiamento e quelle della conservazione e del privilegio.
         Battere queste forze, riavviare un processo di unità e solidarietà nazionale tra le componenti fondamentali della società italiana, ricomporre una partecipazione piena e leale dei partiti democratici nel Governo, vuol dire mettere da parte quei piccoli giochi di potere, quelle visioni ristrette del particolare, quegli interessi di gruppo o di partito, steccati e preclusioni irrazionali, che sono tra le principali cause della crisi e della decadenza italiana.
         Non completamente estranea ai temi sopra accennati è la “questione energetica”. Anzi essa travalica i confini delle singole nazioni per essere questione del nostro pianeta. C’è un nesso logico tra potere, democrazia ed energia e ad esso si lega la possibilità di sviluppo e di progresso dei popoli.
         La situazione italiana è drammatica. La mancanza di programmazione, le inefficienze della Direzione Enel, l’asservimento ai petrolieri, le incertezze sul nucleare, hanno caUsato danni e ritardi  incalcolabili. Si parla del buio, di riprivatizzazione  dell’Enel, di mega-piani atomici: ma si trascura il vero elemento  di fondo, di dare al Governo del Paese e di ogni Ente efficienza operativa e volontà politica ponendo fine alle lottizzazioni interne,  alle subordinazioni internazionali, e avendo ben chiari i principi degli interessi fondamentali della gente, attraverso una rigorosa programmazione dei bisogni e delle risorse.
         Per quanto ci riguarda, come geotermia, mi pare di avvertire un malessere profondo. Perdura la stasi operativa dell’Enel che si avvale di una  sostanziale tregua da noi concessa. Lo stesso piano quinquennale non è più rispondente alla realtà e niente si vede, di concreto, che faccia intendere un cambiamento, una volontà nuova in questo settore. Il cavillare su “centrali dentro” o “centrali fuori” il “Centro Nazionale Geotermico” (Cng), sui baricentri e sulle strutture, sta diventando un elemento frenante, secondario, rispetto ai problemi di fondo. Io credo che oggi sia indispensabile uscire da queste secche e portare un duro attacco all’Enel, al Governo ed agli altri operatori interessati alla geotermia, anche con iniziative che coinvolgano l’opinione pubblica italiana. Produrre più energia geotermica, a partire dalle zone tradizionali, dare respiro nazionale ed internazionale alle ricerche, sviluppare le Officine di Larderello come capacità di interventi per il Cng e per altre Unità Enel, anche attraverso una radicale trasformazione, per garantire e allargare i livelli occupazionali, potenziare e rinnovare le tecnologie di perforazione e le capacità operative delle stesse sul piano nazionale; definire i problemi delle tecnologie per gli impianti di produzione. E, per quanto non riguarda propriamente l’Enel, avviare lo sfruttamento diversificato e completo della geotermia, recuperando gli anni perduti: sono i problemi principali. Così, forse, si salvaguardano gli interessi attuali delle nostre zone e si costruisce un futuro ancora più ricco di speranze per lo sviluppo delle aree geotermiche.
         Come appare evidente stanno di fronte a tutti noi ed all’insieme del movimento, giorni decisivi. E’ in atto uno scontro durissimo che investe tutte le componenti della vita sociale e, nel nostro piccolo, anche noi siamo chiamati in campo, ognuno di noi. Ecco perché non è il momento di “ritirarsi nel privato”, ma di fare uno sforzo ulteriore di partecipazione, organizzazione, entusiasmo.
         Il sindacato è un grande strumento di democrazia, discepolo e maestro dei lavoratori. Occorre però vivificarlo giorno per giorno con l’impegno capillare di ogni lavoratore e ogni compagno. Io credo che dobbiamo essere soddisfatti  del lavoro di questi ultimi anni. Successi importanti sono talvolta offuscati da problemi ed errori di poco conto, ma anche a questi dobbiamo saper guardare. Nella continuità dell’azione sindacale chiaramente impostata, nella capacità di confronto interno ed esterno, nella tolleranza e nella voglia di ricercare sempre un contatto umano, deve risiedere la nostra forza. Cercheremo tutti insieme  di allargare queste prerogative ed anche di allargare  l’area del consenso e della fiducia alla Fnle-Cgil  all’interno della nostra Fabbrica e del territorio.
         Modesti e pazienti, con spirito unitario, mettiamoci al lavoro. Sviluppo della geotermia, rinnovo del contratto, organizzazione della Fabbrica sono tra gli impegni principali ed in essi daremo anche la misura della nostra crescita.
         Io spero che la tradizione di serietà, democraticità, presenza nel movimento complessivo della zona non verranno meno.



venerdì 8 dicembre 2017

Mina - Bésame mucho (1967)

Tania Libertad (CESARIA EVORA ) - Historia De Un Amor






PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 57.

Ballata del “Sasso 22”

Un sondaggio davvero importante,
messo nella zona delle Porrine,
aveva sollevato le speranze
che si fosse all’inizio e non alla fine.

La geotermia a Larderello non è morta,
tutti i nemici metteremo al passo,
con un foro profondo sarà risorta
e questo foro lo faremo al Sasso.

Scorre la Possera sotto il ponte,
fumano ancora i soffioni:
-allegri ragazzi! la paga
ci assicurano i nuovi padroni!-

Uno sforzo supremo, europeo,
vede impegnata l’alta dirigenza,
con uno spirito nuovo, euclideo,
che intreccia praticume e scienza.

L’otto di marzo questa grande impresa
inizia trepidante il suo cammino:
di circa due miliardi sarà la spesa
se ci assistono la tecnica e il destino.

Scorre la Possera sotto il ponte,
fumano ancora i soffioni:
- allegri, ragazzi! La paga
ci assicurano i nuovi padroni! -

 La Cgil aveva denunciato
i ritardi, i doppioni e la confusione
di un reparto burocratizzato
dove manca l’organizzazione.

Cambiar, cambiar, sempre cambiare,
purché tutto alla fine resti uguale,
cambiare tutto per non cambiar niente
ripete il novello dirigente.

Scorre la Possera sotto il ponte,
fumano ancora i soffioni:
- allegri, ragazzi! La paga
ci assicurano i nuovi padroni! -
                          
A Latera viene giù l’impianto,
a Bagnore invece è tutto un pianto,
avanzamenti più non se ne fanno:
ogni nuovo sondaggio è un nuovo danno.

Anche al Sasso le cose vanno male
tanti dottori sono al capezzale:
questo pozzo così reclamizzato
per troppo tempo è stato trascurato.

Da cinque mesi ormai non si fa un metro,
né per parte, né avanti, né indietro,
non si apre più la strada lo scalpello
nel pozzo fatto a forma di succhiello.

Un miliardo in più se n’è già andato,
-         addio Sasso mio tanto amato!
E alla fine i partners europei
non saranno davver così babbei.

Scorre la Possera sotto il ponte,
fumano ancora i soffioni:
- allegri, ragazzi! La paga
ci assicurano i nuovi padroni! –

Chi pagherà le spese
di questa razza mediocre e padrona
legata al potere borghese,
al denaro, all’intrallazzo, alla poltrona?


Come sempre pagheranno gli operai,
gli utenti, gli oscuri cittadini:
pagherà “pantalone”
le spese del mancato soffione!

Ma ora l’acqua non scorre più in giù,
anche i soffioni non soffiano più:
la paga insicura è in prospettiva
in una attività non produttiva.

Davvero ora occorre cambiare,
la classe operaia può e deve governare,
uniamoci tutti e diamo uno scossone
a questo traballante carrozzone!



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 58.

Primavera 1979[1]

Ancora nebbie nelle valli
e freddi venti che spogliano
anzitempo l’albicocco fiorito
in questa primavera che tarda,
ancora vesti pesanti
e sguardi di fanciulle malinconici
ai vetri appannati
                              di pioggia.
Sono giorni di timide speranze
sofferte lungamente nel buio
questi che viviamo trepidando
con l’ansia antica
che accende il futuro
di fantastiche armonie,
è la vita nuova
che ci stringe in una morsa
dolce e possente
di legami, parole, ricordi,
che credevamo irreali,
a scuotere il torpore
dalle membra impigrite.
E’ questa nostra lotta
                                meravigliosa
questi compagni
mai così tanto amati
che ci svelano l’essenza
della stagione dai grandi cieli azzurri
che con ansia spiamo
sulle tenere foglie
                          dei platani.



[1] Il 3 e 4 giugno 1979 si svolgeranno le elezioni politiche anticipate, seguite, il 10 giugno, da quelle per il primo Parlamento europeo. Infine il 17 e 18 si terranno le elezioni amministrative in Sardegna. Avvenimenti di eccezionale rilevanza ai quali i militanti di “sinistra” guardano con ansia e speranza.