giovedì 30 novembre 2017

PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 55.

73. Il movimento sindacale di fronte alla fase nuova per lo sviluppo della geotermia (1978)

         Il 1978 è stato un anno molto importante per la geotermia. L’Enel ha reso pubblico per la prima volta un programma quinquennale ed ha formulato proposte per una ristrutturazione organizzativa. Il Governo ha elaborato un Disegno di Legge; l’Eni-Agip ha iniziato la prima trivellazione geotermica nell’area campana ed altrettanto, l’Enel, ha iniziato quella a Latera (Viterbo); gli Enti Locali (Regioni-Comunità Montana) stanno finalmente dando continuità ai progetti di sfruttamento completo delle forze endogene, in particolare per quanto riguarda l’Amiata, la Zona di Radicondoli e la Valdicecina.
         Anche sul piano scientifico, in Italia e all’estero, non è diminuito l’interesse  per questo settore energetico e ciò si è tradotto in symposi, collaborazione e scambio di esperti, investimenti nella ricerca.
         Possiamo essere soddisfatti per queste interessanti prospettive, che potrebbero significare, per i nostri Comprensori geotermici, ulteriore sviluppo produttivo e diversificato, e occupazione. Abbiamo dedicato la maggior parte del nostro lavoro al raggiungimento di questi obiettivi, chiamando i lavoratori e le popolazioni alla lotta per impedire l’emarginazione industriale e il rapido declino della produzione geotermica, con un’azione unitaria che, al di là di alcune velenose polemiche molto marginali al complesso delle iniziative, ha visto un costante impegno e un corretto rapporto tra i Sindacati di Larderello.
         Certo, non tutto è risolto e molte delle positive aperture possono restare nel “libro dei sogni” se non muteranno, nella Direzione del Paese e degli enti, uomini, metodi, volontà. Non tutto è da buttare, ma molto da rinnovare, trasformare, potenziare. Ne abbiamo un esempio lampante all’Enel a tutti i suoi livelli di Direzione, dove si sono perpetuati sistemi di lottizzazione politica, si sono fatte scelte a favore dei petrolieri,  si è ostacolato un cambiamento democratico che rendesse questo ente veramente al servizio di tutto il nostro Paese.
         Per queste cose, io credo, non c’è ancora accordo sulla proposta organizzativa dell’Enel, perché si teme che la vecchia logica del “dividi et impera” agisca negativamente sulla geotermia e sui Comprensori produttivi. Ecco perché il nuovo che viene avanti non ci spaventa se ha segno positivo, se non è l’ennesima manovra trasformistica dei gruppi di potere e di Direzione.
         Anche per quanto riguarda il futuro della geotermia sono presenti dunque preoccupazioni e speranze. Ma su una cosa è da riflettere: per le sue caratteristiche essa è un’energia del domani, legata allo sviluppo della tecnologia e della ricerca, a un rapporto nuovo tra scienza e applicazioni pratiche. E’ quindi determinante più che all’aspetto organizzativo interno dei vari Enti (Enel, Eni, Cnr,...) ad essa preposti, guardare ai programmi, alle collaborazioni, agli investimenti, all’ampliamento quantitativo e qualitativo della ricerca ed al suo ruolo trainante nello sviluppo.
         Molti problemi sono aperti all’interno della Zona e della Fabbrica. Alcuni legati strettamente alle questioni generali sopra ricordate, altri a ritardi ed incapacità, caos organizzativo, presenti a livello dei gruppi dirigenti aziendali e compartimentali. Tuttavia è bene ripetere che l’occupazione non è diminuita nel 1978, ma che sono possibili, per alcuni reparti operativi, nuove assunzioni. Qualcosa si muove per il “progetto turbogas” a Sesta, sono in costruzione le nuove centrali che incrementeranno di circa 70 Mw la potenza geotermica, ci sono iniziative degli Enti Locali per le serre (Radicondoli e Bulera) che dovrebbero concretizzarsi come unità produttive entro 4-5 anni. Non perdere altro tempo su queste questioni è indispensabile, e su di esse tutto il movimento sindacale deve esercitare una costante e forte pressione di lotta e d’iniziativa politica.
         Altrettanto indispensabile sarà, sul tema della professionalità contenuto nelle ipotesi per il rinnovo del contratto di lavoro, dare alla Fabbrica, in tutti i suoi comparti, una organizzazione efficiente, capace di sfruttare le capacità lavorative di tutti i dipendenti, per accrescere la produttività ed anche per restituire ad ogni persona il gusto al lavoro, con l’esaltazione di valori oggi trascurati, ma che devono essere al centro della società nuova che vogliamo costruire.
         Talvolta, presi dallo scoraggiamento di fronte a problemi che marciscono, al piccolo favoritismo che tarda a morire, all’apatia di gruppi di lavoratori per le lotte su questioni non corporative, a difficoltà nel mantenere un rapporto unitario nel pluralismo delle concezioni sindacali, soprattutto ai ritardi ed alle pastoie che contraddistinguono il ruolo del Cud  (Consiglio Unitario dei Delegati), siamo portati ad avere visioni negative e catastrofiche, su tutto e su tutti, e ciò, oltre a non essere giusto, non fa altro che alimentare all’infinito il pessimismo e anche l’idea qualunquistica che è bene lasciar perdere tutto, tanto le cose cammineranno da sole...

         I risultati complessivi acquisiti dal movimento dimostrano il contrario. Oggi si aprono più avanzati orizzonti per la geotermia. Riprendere con entusiasmo e continuità l’iniziativa è il compito  che aspetta i lavoratori, le loro Organizzazioni sindacali e politiche, tutti quanti vogliono che progresso-sviluppo economico-democrazia, mettano sempre più profonde radici nel nostro paese e quanti, anche nella Zona, non accettando fatalisticamente l’ipotesi della “morte di Larderello”, sono impegnati da sempre nella difesa e nello sviluppo di risorse oggi economicamente valide e con un promettente futuro.

mercoledì 29 novembre 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 54.


Carbonifero o permiano?




Una notizia davvero sconvolgente
ha fatto il giro di tutto il Continente:
un antico terren di Larderello
sarebbe un altro e non quello.

Carbonifero o permiano?
Questo è il caso strano
che ogni sicurezza ha scardinato
e grandi angosce ha generato.

Chi crederà più alla propria amata?
E chi alla beccaccia ch’é arrivata?
E chi alla crisi superata?
E alla geotermia decollata?

Se ogni fondamento viene meno
della nostra credenza saggia e antica,
in che cosa mai più noi crederemo
che ci ripaghi la cotidian fatica?

Ora in America mandiamo
una bella carota di permiano,
e aspettiamo con impazienza
una favorevole sentenza.

Ragazzi non ci ridete
voi, che scienza non avete,
questa è una grande questione
che tien desta la pubblica opinione:
cosa conta infatti che nell’ugello
si lascin tubi a fragello
e che dalla mattina alla sera
si crei con ferro una miniera,
che il poco vapore trovato
sia immanentemente sciupato,
e sempre il foro si faccia deviato?
Cosa importa se la centrale
sfrutta i soffioni tardi e male,
e se, questa è bellina,
si faccia la stessa pappina
-lassù nell’alta direzione
che noi ci manda in perdizione-
in una corsa lesta e duratura
alla testa della nuova struttura?

Il bambino, il pensionato,
la donnetta giù al mercato,
il colono in mezzo al prato,
la beghina sul sacrato,
alla sbarra l’operaio
il maial nel letamaio,
ogni cosa vivente che Dio comanda
rivolge una stessa, trepida, domanda:

sarà carbonifero o permiano
questo terreno strano
che si trova forando a Larderello
e ieri era questo, ma può esser quello?
O geotermici dalla mente seria
dateci una risposta veritiera,
o geotermici dalla mente pura
dateci una risposta imperitura,
e sempre grazie a voi sarà detto
e il vostro nome da tutti benedetto,
ogni vostro peccato sarà tolto
per il vapor che non è stato molto:

importante è non sciupar l’appetito,
dormir bene,
fare l’amor, giocare e poi,
quel che viene viene.



martedì 28 novembre 2017





Memorie lontane.


Sabato sera, 17 dicembre 2010, in pizzeria, seduto tra due carissimi amici, Maurizio e Annalisa, mi sono dilungato a raccontare alcuni episodi significativi della mia vita. Tutto è cominciato dalla discussione intorno al tema  “cercare o essere cercato”, con riferimento all’azione o alla passività di fronte ad ogni evento, amore compreso. Le mie storie sono già collaudate come gradevoli e raccontate tante altre volte, in diversi contesti. La prima riguarda un’amicizia con una bellissima donna. Quando essa ebbe inizio io avevo 24 anni e lei 41. Era la madre di due figlie e due figli. Fu del tutto casuale, credo, o forse no, dato che era nata lo stesso anno della mia mamma! Avevo risposto ad una inserzione pubblicitaria su una rivista filatelica di una ragazzina di Zurigo, che voleva scambiare con “amici italiani”, francobolli e cartoline illustrate. Dopo pochi giorni ricevetti una lettera: mi rispondeva la sua mamma dicendomi che la figlia aveva già ricevuto più di trecento lettere e che quindi non poteva corrispondere con tutti. Tuttavia, poiché la mia lettera l’aveva particolarmente interessata, mi chiedeva se era possibile sostituirsi alla figlia, se fossi stato d’accordo! Non trovando nulla da eccepire alla sua proposta le dissi di si! Cominciò così una corrispondenza la quale, lasciando in disparte il movente iniziale, scambio di francobolli e cartoline, abbracciò rapidamente una sorprendente gamma di temi: dalla politica all’arte, ai viaggi, alla fotografia, alla musica e ad altri aspetti delle nostre vite, molto più personali e familiari.  A parte l’età anagrafica, le differenze tra noi erano socialmente profonde, quasi incolmabili, ma ci univano molte passioni e ormai ultranovantenne mi ha scritto il più bel commento alla mia poesia. Ci siamo anche incontrati, qualche volta, e abbiamo continuato questo rapporto, scrivendoci lettere dolcissime e godendo dei ricordi condivisi, fino alla sua morte avvenuta  nel 2015. Ero stato dunque un “prescelto”. Un’altra bella amicizia si avviò con il ritrovamento, in un rotolo di carta assorbente che usavamo all’Ufficio Geologico di Larderello per sfumare i colori delle mappe geologiche, di un messaggio di una ragazzina boema, alla quale risposi.  La ragazzina era ancora una bambina, ma in successione fecero la loro comparsa il nonno, e alla sua morte il marito di una figlia…fino a coinvolgermi così strettamente in quel nucleo familiare, in un rapporto di amicizia che non si è ancora spento. Anche questa famigliola di ebrei sopravvissuta in parte alla Shoah, mi aveva scelto tra i “gentili”, come fratello! E nell’amore? Si dice: l’uomo è cacciatore! Eppure quand’ero nell’età fiorita, stranamente, non cercavo niente! La prima ragazzina che mi divenne amica, trovò in me, suo coetaneo timido di dieci anni, un rifugio ai dispetti dei monelli del Borgo, aggressivi maschilisti in erba! La mia casa fu rifugio e teatro di giochi innocenti e piccoli doni. Lei abitava in una cittadina del sud della Francia, se ne andò presto. Ma, esattamente dieci anni dopo, tutto ricominciò. Una domenica di luglio, pomeriggio al Bar di Bruna, giocando a carte ai quadrigliati, ecco un ragazzo venire al tavolo dove giocavo: “Carlo, ti vogliono” “Chi?” “E’ una ragazza forestiera, parla italiano” “Ma cerca proprio me?” “Si, ha detto il tuo nome e dove abitavi quando eri bambino” “E’ bionda?” (ricordavo infatti il colore dei suoi lunghi capelli) “Non ci ho fatto caso”. Un altro prese il mio posto al gioco e le andai incontro all’ingresso del Bar. C’era una ragazza molto scollacciata, dalla carnagione scura e dai capelli neri. Mi avvicinai a lei incerto. Lei mi venne incontro più sicura. “Carlo! Non ti ricordi di me? Sono Aurora!” Anche se in quel momento la mia icona poetica fu infranta, fui gentile con lei. Ci abbracciammo e ci baciammo, tra gli sguardi stupiti dei curiosi che frescheggiavano sotto ai tigli. Pensate, dopo dieci anni era venuta a ricercarmi! Non mi potevo difendere: mentre io ero un giovane inesperto e timido, lei conosceva la vita e l’arte dell’amore. Ma non era il mio “tipo”, aveva anche due lievi baffetti sopra il labbro, e non l’ho più cercata. Quando penso a lei la vedo ancora bellissima e bionda sciogliere i suoi capelli d’oro al balchetto sopra la casa di Ornella, in Borgo. “Ma, Carlo, come è interessante la tua vita!” Raccontacene ancora…” Si, un’altra storia. In un giorno di questa torrida estate parlavo con il mio amico M. nel Piazzone, naturalmente ricordi, di scuola, di lavoro, di nipoti, di donne. Lui era un po’ triste, perché molte ragazze carine che conoscevamo, praticamente nostre coetanee, erano o diventate brutte oppure erano già morte, e le giovani di oggigiorno “non ci guardano più, noi non ci guarda più nessuno, siamo vecchi”, mi diceva sconsolato! Allora mi ritornò in mente la prima volta che andammo al mare, quattro amici, a Follonica. Mentre i tre si davano da fare per “rimorchiare” qualche ragazza, io me ne stavo tranquillo sulla spiaggia a prendere il sole o nell’acqua a nuotare, oppure a giocare con chi capitava davanti alla casupole di Senzuno, non avevo albagie né volevo irretirmi dietro alle ragazze. Anche se allora ero bello, non credo che qualcuna mi avesse notato o si interessasse a me. Dopo qualche giorno i miei amici, rossi come gamberi, esauriti e insoddisfatti, ritornarono al paesello. Io rimasi con M. Una mattina qualcuno passò sulla spiaggia cercando persone per andare a fare una gita in barca fino a Calaviolina e Punta Ala. Mi segnai pagando la piccola quota. Anche M. si segnò. Così nel pomeriggio salpammo con un rudimentale natante a motore, stracarico di giovani e ragazze. Niente di particolare se non le solite chiacchiere dei giorni di Ferragosto. A terra in quelle acque cristalline ci divertimmo, poi salimmo alla Villa Balbo e giù esplorammo i capanni di legno che facevano da riparo alle barche dei pescatori. Ci scattammo anche qualche fotografia perché una ragazza aveva l’apparecchio. Era una ragazza molto carina, poco più grande di me,  e aveva con se una sorella più piccola. Quando a sera rientrammo,  nel salutarci, la ragazza mi invitò al Gatto Grigio a ballare! Ci andai e ne nacque una storia. Diciamo, finalmente una vera e propria storia d’amore! Insieme a M. venne l’ora del ritorno a casa, mentre la mia bella restava ancora due settimane  al mare. Ma, non potendo resistere, presi le ferie che mi rimanevano e ritornai a Follonica. Fu questo inatteso ritorno a far divampare la passione. Poiché abitava  nel Nord, non ci siamo più rivisti, dopo. All’inizio ci fu un seguito di lettere, fotografie, cartoline e…promesse. Soltanto in seguito, dopo molti anni, ho saputo casualmente che ella era diventata una eccezionale ballerina!  Quando mi fidanzai con la donna della mia vita, distrussi  tutti i ricordi. Pensare che invece M. aveva serbato due o tre fotografie che a distanza  di oltre cinquant’anni mi ha regalato! Così ho potuto vedere che essa era esistita davvero e non un sogno della mia fantasia romantica. Anche questa volta fui un “cercato”. Grazie alla vita che mi ha dato tanto. 

lunedì 27 novembre 2017




PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 53.

71. I ”3 i”[1]

          Parlando alcuni giorni fa con un nostro conoscente, che ricopre un’elevata carica all’interno dell’Enel, e del quale, per ovvi motivi non facciamo il nome, ci è stato fatto osservare, come un rimprovero, che a partire dagli anni ’70 c’era stato un decadimento del ruolo sindacale in fabbrica e che, praticamente, anche noi, per “ignoranza, incapacità e immoralità”,  siamo una delle principali cause della difficile situazione interna ed esterna all’attività geotermica.

         Siamo, per ignoranza ed incapacità, i responsabili della disorganizzazione esistente al Minerario e all’Elettrico, avendo a suo tempo respinto le illuminate proposte della Direzione; di riflesso ci può essere attribuita la responsabilità della stasi tecnica e scientifica esistente nelle Perforazioni; l’emarginazione della Ricerca eseguita dalla Geomineraria; l’incremento degli Appalti commissionati a ditte e compagnie di servizio e, forse, anche la proliferazione dei “gobbi” o l’assenteismo di alcuni lavoratori.

         Per incapacità, sempre secondo il nostro “conoscente”, siamo responsabili di aver creduto nella geotermia, quando non ci credeva più nessuno e “lor signori” l’avevano messa in liquidazione. I più furbi avevano tagliato la corda per altri lidi, gli altri si appagavano di un residuo di potere, sempre notevole, facendo le vesti di “ufficiali liquidatori”. Negli uffici gli impiegati più anziani si domandavano se avrebbero preso la pensione a Larderello, c’erano rimaste quattro sonde, mille unità lavorative, nessun nuovo acquisto di turbine o miglioria agli impianti esistenti. La “pentola del Brasioli” bolliva molto rapidamente e la geotermia si avviava a diventare un problema storico, una sorta di “Accademia” per consulenze internazionali in paesi esotici, compiute però da Organismi sorti a margine delle attività di Larderello e che, forse, ne dovevano gestire la fine.

         Ecco, proprio nel 1972, nel marzo, poteva capitare di assistere ad avvenimenti strani, eccezionali e irripetibili: alla testa dei lavoratori di Larderello in lotta per l’occupazione e lo sviluppo della geotermia, nei cortei, nelle assemblee tenute in tutti i paesi della Zona, marciavano i Dirigenti locali e compartimentali dell’Enel, inalberando cartelli con su scritto “Travale vi smentisce!”, “Vogliamo lavoro!”, frasi chiaramente rivolte ai sindacalisti!

         E così i Dirigenti Enel si facevano promotori nell’organizzare Convegni sulla geotermia e nel portare all’attenzione dei politici, delle Regioni e delle forze sociali, questa energia, fino a farla diventare problema nazionale inserito in un piano, provvisto di finanziamenti e anche di una nuova Legge!

         Loro, i Dirigenti, volevano comprare rapidamente le nuove turbine, le nuove sonde per trivellar profondo, volevano costruire sale termiche, ammodernare le officine, ripristinare gli organici ma, c’eravamo noi del sindacato a frapporre ostacoli, a mettere i bastoni fra le ruote, a fare il pesce in barile, cosicché anche i ritardi che oggi si registrano possono essere addebitati tranquillamente a noi sindacalisti, per manifesta incapacità.

         Sulla nostra manifesta ignoranza, infine, non conviene dilungarci. Basta leggere i documenti che in questi anni, con la collaborazione di tecnici e lavoratori, abbiamo elaborato. Ma la cosa ben più grave è quella di non aver tenuto per noi le assurde critiche mosse ai Dirigenti, così che, persone ben più in alto e più ignoranti e incompetenti di noi ne sono venute a conoscenza adottando provvedimenti punitivi  immediati consistenti...nel concedere a costoro un “passaggio di categoria”!

         Siamo poi “immorali” e su ciò i compagni e i lavoratori dovranno assolutamente concordare con coi. Immorali per aver preteso uomini onesti, preparati tecnicamente, di vocazione democratica, a dirigere l’Enel e la geotermia. Immorali per aver osato criticare la casta eletta (ma ben pagata) che si sacrifica diuturnamente per tutti noi, che a ben guardare non ce lo meritiamo. Immorali, per aver preteso una nuova moralità: fine degli sprechi, fine delle regalie, degli intrallazzi nella gestione del personale, e anche per stare nel sindacato, ignoranti e incapaci, però onesti.

         Dunque le nostre colpe sono grandi e certamente non pretendiamo benevolenza da chi abbiamo duramente criticato. Tuttavia respingiamo le strumentalizzazioni di chi vuole addossarci ogni responsabilità per tutto quello che di negativo è avvenuto in questi anni a Larderello, comprese le malattie da stress, le inappetenze e le cattive digestioni di qualche Dirigente (che talvolta abbiamo cercato di valorizzare). Tuttavia, segnati come siamo, con marchio a fuoco, dai “3 i” per una fedeltà agli interessi della Zona e dei lavoratori, i titoli di ignoranti, incompetenti ed immorali non può toglierceli nessuno, ce li siamo meritati. E ben ci stà!



[1] Si riferisce alle iniziali di tre aggettivi, espressione di un Dirigente dell’Enel-Larderello, a proposito dei responsabili della Fnle-Cgil di Larderello: “ignoranti, immorali, incapaci”.

domenica 26 novembre 2017




Dal PCI al PD a Castelnuovo V.C. (PI). 

            Sono nato nel settembre del 1938, l’anno delle “Leggi Razziali” di Benito Mussolini! Se Mussolini non entrava in guerra al fianco di Hitler, avrei fatto, probabilmente, una bella carriera politica, salendo tutti gli scalini della gerarchia, a partire da “figlio della lupa”. Altro che “figlio della Lupa!”, nella primavera del 1943 i miei genitori si separarono legalmente (senza violenza alcuna), ed io che avevo quattro anni e mezzo  e mia sorella soltanto due, seguimmo  nostra madre,  mezzadra, in un podere molto lontano da ogni luogo  abitato e in questa solitudine ci accorgemmo appena della guerra, della caduta del fascismo,  e della Liberazione, se non per sentir dire, dalla nostra nonna, che l’unico figlio maschio, Gualfredo,  non dava più notizie  ed era disperso sulle montagne del Balcani. Infatti  anche dopo la fine della guerra, di lui non si è saputo più niente.  Quando nel 1947 mi ricongiunsi con la famiglia di mio padre, diventai subito “comunista” com’erano quasi tutti i monelli del Borgo e come erano mio nonno e mio padre.  Non mi andò bene nemmeno questa scelta…infatti  negli anni seguenti, quando c’era da trovare un lavoro, non era facile trovarlo per i comunisti, o presunti tali! Adesso, con i miei ottanta anni, posso  però affermare che indipendentemente dalle idee politiche, se avevi voglia di lavorare, eri intelligente e onesto, il lavoro lo trovavi e riuscivi anche a crescere nella scala sociale! Così è avvenuto per me! A Castelnuovo il Comune è stato amministrato dai social-comunisti dal 1945 al 2009, e la Sezione del PCI, articolata in “cellule” maschili e femminili, con la sua Casa del Popolo, la Festa dell’Unità, e con lo zampino in tutte le articolazioni sociali del Comune, era il brodo culturale nel quale mi sentivo come un pesce nell’acqua. Eravamo in tanti/e.  Nel 1990 mi ripresentai candidato a Sindaco del Comune sotto il simbolo del PCI.  Dei 12 candidati, 4 erano indipendenti. Ma qualcosa era cambiato. Vinsi per qualche decina di voti sulla Lista Civica del “Pentapartito” raccolto intorno alla DC. Tuttavia il PCI di Castelnuovo, la Sezione “Luigi Longo”, era ancora forte come appare dal rapporto del Centro Elaborazione Dati del PCI di Pisa: gli iscritti al PCI del Comune, nell’anno 1990, erano i seguenti:

Sasso Pisano - Leccia             103
Montecastelli Pisano                42
Castelnuovo V.C.                   254

Ma l’anno seguente (1991)  gli iscritti erano calati drasticamente:

Sasso Pisano – Leccia              95
Montecastelli Pisano                37
Castelnuovo V.C.                     55


Anche il dato globale della Provincia di Pisa passava dai 20.017 iscritti del 1990 ai 4.847 del 1991!  Credo che da quel tracollo non ci siamo più ripresi   Personalmente ho seguito tutti i cambiamenti di “nome” della maggioranza del vecchio PCI:  Ulivo, DS, PDS, PD (tenendomi fedele alla letera D = Democratici), lontano dalla diaspora e dagli estremismi. Quando Matteo Renzi operò la “rottamazione” interna, ci rimasi male, perché mi sentivo allora in grado di poter dare ancora un po’ di “sapienza” al mio partito, ma tuttavia la ritenni una scelta coraggiosa, una ventata reale di rinnovamento. E successivamente il ritrovarmi insieme a cattolici, socialisti, comunisti, cislini, insieme ad amici della UIL e della CISL, mi fece capire il senso più compiuto della parola “democrazia”. Ma adesso? I dati dell’ultimo recente Congresso del PD Comunale parlano chiaro e mi angosciano:  A Montecastelli Pisano e Leccia non abbiamo più un iscritto; a Sasso Pisano  una decina, e nel Capoluogo 26 o 27 con una età media intorno ai 68 anni!  Non parliamo poi di “egemonia culturale”, dato che non esistono più L’Unità, Rinascita, Il Calendario del Popolo, Critica Marxista, Il Contemporaneo, Cinema Nuovo, Vie Nuove… Da due legislature la lista civica di sinistra della quale il PD fa parte, è minoritaria nell’amministrazione del Comune, guidato da una lista civica di Centro, e al momento non vedo come si potrà affrontare le nuove elezioni del 2019, nel caso si volesse puntare alla riconquista del Comune. Semmai ciò fosse veramente un fatto importante. 





PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI
CAP. 52

Piazza Leopolda

Su questa piazza
non volano i colombi,
fanciulli non ci sono
negli estivi meriggi
intenti
ai dolci giochi,
i baci degli amanti
sospirati,
le fuggitive occhiate,
le carezze sui corpi indifesi
in altre vie, su altre piazze
li ritroverai,
qui mani non si allacciano
a sera
tra il verde di fronde invitanti.

E’ una piazza
dove i bambini
son diventati all’improvviso
uomini
e le speranze son svanite
in lunghi giorni
di prigioniere attese.
Una piazza perfetta,
armoniosa, chiusa dalle rosse
officine
e dal fiume,
con l’immenso cielo
aperto oltre le colline
sul nostro desiderio.

Oggi mi sembrano stranieri
i passi,
gli sguardi dei compagni
che distratti,
sui vecchi muri indugiano
con la luce del tramonto
che accende
di bagliori scarlatti
i mattoni della vecchia caserma
e del torrino.
C’erano un tempo gerani alle ringhiere
botteghe, bugigattoli
pieni di sorriso,
vino,
fanciulle sconosciute e furtive
per incontri inattesi
nelle sere violacee d’estate,
c’erano i morti
e le antiche preghiere
che le donne cantavano
in latino.

Il tempo mio migliore
qui è trascorso.
Qui ho imparato
altri uomini ad amare,
ho sofferto in silenzio,
ho lottato contro insidie sottili
che stringono il cuore d’angoscia,
la noia dei giorni monotoni,
le vellutate voci
che al gorgo mortale conducono,
l’indifferenza,
le piccole viltà
che ignari custodiamo.
Ho perduto e poi vinto tante volte
questa battaglia antica
sempre nuova
che muta volto
e rinnova parvenze,
questa prova che non ha,
per tanti, più ritorno.

Su questa piazza
uomini azzurri
hanno marciato un giorno,
parole di lotta hanno vibrato
nell’aria calda e immota
della sera,
negli occhi dei compagni una luce
s’é accesa di speranza.
Ragazzo in mezzo a loro
anch’io gioivo
di questo desiderio,
di quest’ansia
per un mondo
senza paure, chiaro,
sonoro
come un canto d’amore
che risveglia
passioni, nell’anima ferita.

Poi dall’alto son calati i giorni
innumerevoli e grigi,
giorni d’angoscia
e di muto dolore,
oscuri, freddi, senza
più sorrisi,
e con stupore ci siamo
ritrovati soli.

Oggi non più
su questa piazza antica
passano i vinti.
Non più la paura
sulle pallide facce,
sguardi sfuggenti, mani
insicure, serrate nelle tasche.
Siamo popolo ancora
che unito
affronta il futuro
e la vita.

Loro forse non sanno.
Non sanno quanto costi
questa parola facile,
questa vita più vuota
d’inganni,
questa quieta sera che promette
un’alba di rosee luci
sulla valle.
Non sanno degli affanni
nostri
per questo passato
che abbiamo dentro
e che ancor si rinnova,
il desiderio vano, il ricordo,
per questa prova
che ancora ci tormenta

e ci consuma.

venerdì 24 novembre 2017






59. L’Enel e la coltivazionedel bacino geotermico[1] di Travale-Radicondoli (1978) (Siamo costretti a non poter pubblicare tabelle e diagrammi).

 1) Dai primi tentativi di sfruttamento all’Enel

Anche se ci sono pervenute poche notizie si ha ragione di ritenere  che le manifestazioni termali dell’area di Travale-Radicondoli fossero già conosciute nell’antichità da etruschi e romani, e dal latino “lacunae” deriva il moderno nome di “lagoni[2]” che compare nel medioevo, nome che, con l’aggiunta di “boraciferi”, è giunto fino a noi.
Dal 1400 furono estratte nelle vicinanze di due lagoni presso Travale, delle concrezioni boriche note come “vetriolo turchino o di Cipri[3]”, come testimonia Vannuccio Biringucci nella sua famosa opera “Pirotecnia”; ma, comunque, lo sfruttamento industriale si rivelò limitato causa la scarsa concentrazione di boro nelle acque di quei lagoni. Fu la scoperta dell’acido borico, avvenuta nel 1777 per merito del chimico tedesco Uberto Francesco Hoefer (direttore delle Spezierie del Granducato di Toscana), a destare nuovo interesse per queste manifestazioni geotermiche: infatti due anni dopo, nel 1779, il grande naturalista ed anatomico senese, Paolo Mascagni, estese le ricerche dell’acido borico anche ai lagoni del travalese. Sempre il Mascagni, nel medesimo anno, propose un metodo per l’estrazione industriale del “sal sedativo” (ossia dell’acido borico) disciolto nelle acque dei lagoni. La realizzazione dell’impianto progettato dal Mascagni fu tentata nel volterrano dal 1815 al 1818 con risultati deludenti.
Dopo la messa a punto da parte di Francesco Larderel del processo industriale per la produzione dell’acido borico, fu costituita nel 1860 la “Società Travalese” per lo sfruttamento dei lagoni. Furono eseguite delle perforazioni ed ottenuti così dei discreti soffioni per cui furono costruite della caldaie di evaporazione; ma, nonostante ciò, la produzione si mantenne molto limitata e la manodopera occupata non supero mai le poche unità. La fabbrica passò successivamente ai signori Coppi e Toscanelli e gli eredi la gestirono fino al 1916, anno in cui venne rilevata dalla “Società Boracifera” di Larderello, che con tale acquisto ultimò la sua impresa monopolistica, venendo quindi in possesso di tutti i lagoni e soffioni noti e suscettibili di sfruttamento industriale.
Anche a Travale venne esplorato il sottosuolo con nuove perforazioni che spingendosi fino al “serbatoio carbonatico[4]” (peraltro quasi affiorante in superficie) ottennero dei soddisfacenti risultati, tanto che la Società progettò l’installazione di un turbo-alternatore da poche centinaia di HP. Successivamente questo progetto fu sospeso per il perdurare della prima guerra mondiale: infatti in quegli anni, per l’urgente bisogno di energia elettrica, fu intensificata la ricerca nelle aree già note, dove si potevano ottenere con maggior successo, dei soffioni più potenti.
Nel 1942 erano produttivi, nella zona di Travale, tre piccoli sondaggi che erogavano complessivamente circa 25 tn/h di vapore e 70 tn/h di acqua. Le temperature dei fluidi però non erano elevate (125-150°C) e con il passar del tempo la quantità di acqua tendeva ad aumentare progressivamente, tanto che il vapore erogato si trasformò in una miscela di acqua e vapore.
Nel 1949 la “Larderello SpA” perforò nel “campo geotermico” di Travale un pozzo profondo 362 metri che risultò produttivo con 38 tn/h di vapore e 30 tn/h di acqua. Tale successo spinse la Società ad intensificare notevolmente la ricerca di vapore, ma l’area esplorata risultava ancora circoscritta ad una piccola zona intorno alle antiche manifestazioni naturali.
Dal 1949 al 1955 furono perforati 17 pozzi (per un totale di metri 3720), di cui 9 si rivelarono produttivi con circa 154 tn/h di vapore alla pressione media di 3,2 atmosfere e con una erogazione intermittente di notevoli quantità di acque calde.
Questi positivi risultati portarono all’installazione, nel 1951, di un piccolo gruppo generatore a scarico libero[5] da 3,5 Mw. Questo gruppo ha sempre funzionato, sia pure in certi periodi a regime ridotto per la mancanza di vapore e con un consumo specifico molto alto, fino al 1961. La mancanza di  vapore, insieme all’abbassamento della temperatura e della pressione del fluido ed il progressivo aumento dell’acqua trascinata (60-70 tn/h), furono le cause della sospensione dell’esercizio del gruppo.
Gli alti vertici della “Larderello SpA” decisero la fermata della Centrale di Travale affrontando il problema nell’ottica delle ristrette conoscenze geotettoniche relative alla parte esplorata del bacino geotermico di Travale e non tenendo invece conto della tettonica[6] di area vasta, assai più complessa.
Per chiarezza riportiamo le deduzioni conclusive che furono formulate, sul campo geotermico di Travale, dai tecnici della “Larderello SpA”:
a)                         Nella zona ad W, SW e S, immediatamente a ridosso dei sondaggi, affiorano (con circa 2 Km/q di superficie), i calcari mesozoici della “serie toscana”. Queste rocce immergono verso NE la zona dei sondaggi, costituendo così il bacino geotermico. Analisi isotopiche[7] permettono di affermare che l’acqua piovana alimenta il sistema idrico del campo infiltrandosi nel sottosuolo attraverso i calcari permeabili, in quantità maggiore del deflusso operato dai sondaggi.
b)                        Con l’estrazione del vapore attraverso i sondaggi aumenta la circolazione delle acque nei calcari portando così ad una maggiore dissoluzione dei carbonati e solfati con notevole incremento delle incrostazioni nelle tubazioni dei pozzi.
c)                         La consistente circolazione di acque “vadose”[8] porta, invadendo le modeste depressioni appena formate a seguito della fuoriuscita del vapore, al raffreddamento ed allo spegnimento di tutto il campo.
d)                        Il fenomeno termico, sia come temperature, sia come pressioni, appare in ordine di grandezza notevolmente inferiore a quello di Larderello.

Furono quindi formulate alcune ipotesi per il ripristino del campo:
        
1)    Pompare all’esterno masse enormi di acqua, anche con la costruzione di una galleria sotterranea fino al fiume Cecina;
2)    Chiudere i pozzi rilevando i dati della pressione e temperatura;
3)    Utilizzare i fluidi a bassa entalpia con nuove tecniche di sfruttamento.

Era ovvio che per il momento nessuna delle tre ipotesi sarebbe stata realizzata. La caUsa di fondo dell’abbandono fu, praticamente, l’imminente nazionalizzazione. Infatti la “Larderello SpA” non intendeva più investire nuovi capitali in ricerche, dai risultati incerti, e comunque non immediatamente produttivi in termini di recupero economico.
         Il 12 giugno 1962 è sancita infine la conclusione dell’esperienza produttiva del “campo geotermico di Travale”.
         Queste motivazioni tecniche e scientifiche, formulate dalla “Larderello SpA”, ben si confacevano alla “non volontà” (riporteremo questa parola tante volte) dell’Enel, subentrato successivamente, di operare scelte coraggiose per la ricerca di fonti integrative al petrolio. Questo assenteismo porterà ad un ritardo non ancora colmato di oltre dieci anni, che ha provocato immensi sprechi produttivi ed ha favorito, nel contempo, la disgregazione economica e sociale di una vasta zona che, potenzialmente ricca, ha visto compiersi in questi anni una emigrazione di massa mai verificatasi prima in tali proporzioni.

         2. Nove anni perduti

Nonostante il continuo impegno e la denuncia delle forze politiche e sociali, per lunghi anni il bacino di Travale fu abbandonato, ne è testimonianza non solo la mancata formulazione di un programma di ricerca, ma la disdetta di alcuni “permessi di ricerca” già in precedenza ottenuti.
Nel 1969 i pozzi ancora in esercizio erogavano circa 23 tn/h di vapore a 2,5 ata e 125 °C, con una quantità di acqua di circa 50 tn/h fuoriuscente in gran parte dal pozzo n. 21. In quest’anno furono ripuliti dalle incrostazioni cinque pozzi e fu riottenuta una produzione di circa 80 tn/h di vapore ad una pressione bassissima. Anche la portata dell’acqua ritornò al valore di circa 120 tn/h.
Il 16 gennaio 1970 si svolse presso la Direzione Studi e Ricerche dell’Enel (Dsr) di Roma, una importante riunione alla quale parteciparono il Compartimento Enel di Firenze, la Dsr, il Cnr. Fu esaminato lo stato della collaborazione, nel settore geotermico, tra l’Enel, il Cnr e l’Istituto Internazionale di Ricerche Geotermiche (IIRG, con sede a Pisa), sorto in questi anni come emanazione del Cnr stesso. In questa riunione fu inoltre affrontato il problema dei programmi di ricerca energetica ed alla fine fu concordato che la zona geotermica a nord-nord est di Travale non era di “interesse per il Compartimento di Firenze”. Questa decisione fu presa dall’Enel nonostante che fossero stati ripuliti i cinque pozzi di Travale ed eseguiti alcuni lavori di ricerca, tra cui una prospezione geoelettrica[9], nuove misure chimiche e fisiche dei fluidi e, soprattutto, ultimati dieci pozzetti geotermici, che rilevarono una notevole anomalia termica appunto nella zona a N-NE del vecchio campo di Travale.
Alle iniziative delle Direzioni locali e dei tecnici, in parte sensibili alle pressioni esercitate dalle forze sociali e politiche, si contrapponeva nuovamente la negativa visione dell’Enel sull’energia geotermica.
Il Simposio sull’energia geotermica organizzato dalle Nazioni Unite nel settembre-ottobre 1970 a Pisa e Larderello, mise allo scoperto i limiti dell’iniziativa italiana, tanto che Felice Ippolito, affermò in un saggio: “…fu altresì chiaro a Pisa che la tecnologia geotermica degli Usa stava diventando la più avanzata, mentre quella italiana era ormai la più arretrata e non solo in termini quantitativi, ma perché il campo di Larderello era stato trattato da anni come unico al mondo, quale specie di un singolare mostro del quale soltanto i suoi unici custodi potevano parlare”.
Nel dicembre dello stesso anno, alcuni ricercatori pubblicarono un interessante “rapporto” sulle possibilità produttive del vecchio campo di Travale. In tale “rapporto”, sulla base dei dati disponibili, si riteneva utile esplorare con una perforazione “allo scopo di eliminare ogni dubbio sulla produttività dell’intera area”, la nuova zona di anomalia termica individuata a 2-3 Km. dal vecchio campo e che non sembrava preclUsa alla produzione di vapore.
Probabilmente questi ricercatori, alcuni dei quali dipendenti Enel, erano a conoscenza della mancata volontà politica dei massimi vertici dell’Ente elettrico ed erano quindi consapevoli di presentare una situazione che, essendo suscettibile di insuccesso, poteva ritorcersi contro di loro. Da questa condizione di dipendenza nascono “certi silenzi ed ambiguità”, contenuti nel “rapporto”. Nell’Enel non si credeva assolutamente alla geotermia e i nove anni di gestione assenteista lo stanno a dimostrare.
Questa situazione è sufficientemente denunciata e riassunta in un documento del sindacato Fidae-Cgil di Larderello, pubblicato nel 1973, in cui si affermava: “…nel 1962 venne definitivamente abbandonato il bacino di Travale, ove era in funzione una piccola centrale geotermoelettrica, per condizioni sfavorevoli delle componenti termodinamiche del fluido e perché si riteneva questo bacino circoscritto all’area delle attuali manifestazioni naturali e pertanto sufficientemente esplorate per ricavarne la certezza di un impossibile sviluppo a fini produttivi. Veniva quindi disdetto il Permesso di ricerca “Rancia-Montalcinello”, che copriva la zona. Per chiudere definitivamente l’argomento iniziava in collaborazione con il Cnr di Pisa uno studio dei risultati delle precedenti perforazioni che, con l’ulteriore apporto dei risultati di prospezioni geoelettriche, metteva però in evidenza l’esistenza di una zona interessante nella direttrice nord, verso Radicondoli e Montalcinello. Anche per mettere a tacere le insistenti voci critiche delle Amministrazioni Comunali, delle Organizzazioni sindacali, dei partiti politici e di “qualche tecnico dissidente”, veniva eseguito il sondaggio “Travale 22”, quello che, nella mente degli scettici, doveva definitivamente chiudere il discorso sulla zona, del resto abbandonata a se stessa da circa dieci anni…”.

3) Il “soffione della speranza”

Con il “Travale 22”, esploso il 7 gennaio 1972, si aprì veramente un capitolo nuovo nella geotermia e, soprattutto, rinacquero le speranze per la zona di Radicondoli-Montieri-Chiusdino, e la fiducia della speranza nell’energia del sottosuolo. Il “Travale 22” venne subito battezzato il “Soffione della speranza” e sui cartelli di una manifestazione organizzata dal Pci  con una marcia da Castelnuovo a Larderello (fu la prima volta che le bandiere rosse entravano nel grandioso cinema teatro aduso ai fasti ed agli spettacoli della “Larderello SpA” e dell’Enel), si poteva leggere una significativa frase rivolta alle gerarchie dell’Enel: “Travale vi smentisce!” Ma gli ostacoli, le difficoltà, le non volontà, non erano stati definitivamente battuti. Gli avversari della geotermia, dentro e fuori l’Enel, continuavano a dirigere, a determinare le scelte produttive e politiche della nazione. Gli effetti li vedremo analizzando il periodo 1972-1977.
L’esplosione del grande soffione (il più potente mai esploso nel mondo con oltre 300 tn/h di vapore) non solo richiamò migliaia di curiosi nella sperduta vallata a sud di Montalcinello (SI), ma accese una vivace disputa tra i vari Enti operanti nella ricerca geotermica, ognuno dei quali rivendicava il maggior merito della scoperta. Anche la Direzione del Compartimento Enel di Firenze fu investita in pieno dall’inatteso successo e, a parte certe malignità messe in giro in quei giorni della primavera 1972 (“vedrete che porterà acqua”, “è troppo vicino al vecchio campo, si sgonfierà”), sembrò non comprendere pienamente l’importanza di tale ritrovamento. Quindi, nonostante il “Travale 22” l’Enel continuò anche nella nuova area la vecchia politica deleteria del “vivere alla giornata”, con esasperata lentezza, senza un programma a medio e lungo termine, forse cullando la segreta illusione che il tempo avrebbe alla fine dimostrato che, in fondo, anche il “Travale 22” altro non era se non un passeggero fenomeno, un accumulo di vapore che si sarebbe rapidamente sgonfiato. Gli effetti delle pericolose implicazioni di questa linea politica si dovevano registrare poco dopo, come vedremo.
A tale proposito è significativo riportare parte di un articolo pubblicato sulla rivista regionale della Fidae-Cgil nel gennaio 1974 in cui si analizza sinteticamente la situazione, denunciando limiti e pericoli per la parte produttiva messa in esercizio: “…nel gennaio del 1972 la notizia del ritrovamento di un potentissimo soffione nel campo geotermico di Travale-Radicondoli, il più forte del mondo, apparve sulla stampa internazionale. Si mosse anche la televisione ed alcuni dirigenti dell’Enel tennero una conferenza stampa, ognuno rivendicando le ragioni di quel successo, anche se è noto che fino al momento dell’esplosione nessuno ci credeva, anzi si affermava che questo sondaggio doveva chiudere per sempre il discorso su Travale, abbandonato allo sfacelo da quasi dieci anni, per arrivare fino alla fatidica dichiarazione “questo foro non ci voleva!”
Dalla Valdicecina, zona depressa per mancanza di investimenti specialmente da parte delle aziende di Stato e a partecipazione statale, per un pauroso spopolamento delle campagne, per infrastrutture in una condizione disastrosa (viabilità), insieme alla soddisfazione di chi aveva sempre creduto possibile il ritrovamento di grandi quantità di vapore e aveva impostato su questo obiettivo forti battaglie, si levò la speranza che dietro questo grande successo l’Enel si ponesse seriamente il problema, di fronte ad una crisi energetica che si andava aggravando di giorno in giorno, della ricerca e dello sfruttamento di questo nuovo bacino geotermico nell’area di Radicondoli-Travale.
Ma ancora una volta questa speranza doveva essere delusa: le forze coperte e scoperte che perseguono l’emarginazione dell’energia geotermoelettrica erano entrate in azione. Si sarebbe dovuto subito intraprendere un programma di ricerca che prevedesse, oltre al rilevamento geologico di superficie, diverse prospezioni geofisiche e un sufficiente numero di sondaggi profondi per il reperimento di altro fluido, mentre, inoltre, si sarebbe dovuto avviare il rapido sfruttamento di quello già reperito. Invece si è andati avanti “alla carlona”, programmando un sondaggio alla volta, quasi a caso, con il risultato che dopo due anni erano stati perforati solo altri due sondaggi, purtroppo improduttivi. Nella zona fu dislocato un solo impianto di perforazione. I ritardi nel programmare i nuovi sondaggi hanno causato tempi morti tra la fine di un pozzo e l’inizio del successivo. Basti pensare che sono stati perduti 15 mesi di lavoro su un totale di 24 (il 60% del tempo disponibile) con un costo valutabile a circa 300 milioni di lire.
Inoltre lo sfruttamento del vapore reperito avveniva in modo avventuroso; infatti si dirottava a Travale un gruppo da 15 Mw progettato per un’altra centrale. Questo gruppo, dopo l’effettuazione di migliaia di ore di lavoro straordinario per la sua messa a punto, e grazie all’impegno profuso dai lavoratori di Larderello, entrava in servizio nell’agosto del 1973. Ma subito si manifestarono grosse carenze tecniche, anche per conflitti di competenza, nella progettazione delle tubazioni di adduzione del vapore, in quanto non resistevano alle sollecitazioni della grande massa del fluido endogeno trasportato. C’è poi da considerare che l’ubicazione della centrale su terreno instabile desta oggi grave preoccupazione. Infatti, sembra addirittura che il basamento su cui poggia la turbina sia fratturato e c’é il rischio di veder andare tutto in rovina, con le conseguenze che ognuno può immaginare.
Queste responsabilità discendono dall’annoso abbandono dell’Enel nei confronti dell’energia geotermica ed è sintomatico registrare l’impressionante dequalificazione tecnica, specialmente dei livelli direttivi. Basti pensare che a Larderello, su un organico di 1250 dipendenti esistono solo 4 ingegneri. Si lavora soltanto per il “mantenimento”. Si riducono gli impianti di perforazione, si favorisce la diminuzione del personale non rimpiazzando adeguatamente e tempestivamente i dipendenti che per effetto delle note leggi stanno andando in pensione, non si apportano migliorie alle centrali, né alle importanti officine di manutenzione.

4) Nonostante la crisi energetica ancora degli anni perduti

         Mentre nazioni con risorse energetiche superiori a quelle dell’Italia investono grosse cifre nella ricerca e nello sfruttamento delle “forze endogene”, l’Enel si ostina a distruggere quelle stesse risorse che la natura ci ha così generosamente messo a disposizione e dalle quali è possibile produrre energia pulita a costi competitivi.
         Le perforazione nel “nuovo campo di Travale”, in 56 mesi (dal 15 ottobre 1972 al 1 giugno 1977) sono state soltanto 13, di cui 8 produttive, mentre le altre 5 sono risultate negative, anche per incidenti tecnici durante la perforazione. I metri perforati sono stati circa 15.000, con una profondità media dei pozzi di circa 1150 metri.
         Da questi dati appare subito evidente l’esiguo numero delle perforazioni, in quanto nel suddetto periodo potevano essere eseguiti almeno 30 pozzi in tutto il “campo” e non soltanto attorno al “Travale 22”. Bisogna inoltre ricordare che degli 8 sondaggi produttivi 2 vanno a “pescare” nelle immediate vicinanze del “Travale 22” e i rimanenti sono comunque compresi entro un raggio di 1.200 metri. In definitiva, dopo sei anni dal “Travale 22”, non è ancora conosciuta né la presunta potenzialità produttiva del bacino geotermico, né la sua estensione geografica; inoltre non è stato ancora misurato e valutato tutto il vapore reperito.
         La mancanza di questi dati ci fa ben capire quale sia la volontà dell’Enel: essi sono indispensabili alla progettazione di impianti per la produzione di energia elettrica, che altrimenti potrebbero essere costruiti con gravi difetti tecnici, e l’Enel non si è preoccupato né dei dati né, tantomeno, dei progetti.
I rilievi per determinare le caratteristiche del pozzo “Travale 22” furono eseguiti nel settembre 1972 e dettero i seguenti risultati: pressione massima di chiusura = 54 ata; portata massima del fluido = 370 tn/h.; temperatura del fluido alla boccapozzo = 250 °C; rapporto gas/vapore[10] = 11%. Dalla fine di agosto 1973, con il vapore proveniente dal pozzo, si è iniziato a produrre energia elettrica alimentando un gruppo da 15 Mw a contropressione, da 11 ata, 190 tn/h. Date le caratteristiche di questa turbina, destinata ad altra centrale, si è dovuto “laminare[11]” il vapore, facendolo confluire solo in parte al gruppo utilizzatore. Nel primo anno di funzionamento si è verificato un decremento energetico naturale del pozzo e si è notato che la curva del decremento si sta sensibilmente riducendo.
Nell’ottobre 1974 l’Enel preparò un piano per l’utilizzazione del “Travale 22” nel quale si dimostrava la convenienza tecnica ed economica a costruire una nuova centrale a condensazione[12] che allora si prevedeva di far entrare in funzione all’inizio del 1978. Era prevista la trasformazione da unità a scarico libero ad unità di condensazione, di potenza maggiore (25 Mw), che avrebbe consentito un miglior sfruttamento del “Travale 22” e del “Radicondoli 4”.
Si affermava chiaramente che il costo dell’energia geotermoelettrica, a parte di ogni altra considerazione politica, era decisamente inferiore a quella termoelettrica di circa 10 lire per Kwh prodotto e che questa differenza, anziché diminuire, sarebbe aumentata in futuro dati i costi sempre più alti dell’olio combustibile. Ma probabilmente, e lo sta a dimostrare la vicenda dei gruppi da 15 Mw e 8,5 Mw, tante volte promessi e mai ordinati o ordinati solo in parte, e con estremo ritardo, i dirigenti dell’Enel continuavano a pensarla in ben altro modo.

La politica geotermoelettrica dell’Enel si è caratterizzata, in questi anni, per:

-         la non tempestiva e razionale utilizzazione dei grandi ritrovamenti di vapore del “nuovo campo di Travale” e di quello di Monterotondo Marittimo;
-         il rallentamento della ricerca geotermica;
-         l’abbandono, fin dal lontano 1969, della ricerca operativa nell’area del Monte Amiata;
-         l’aver installato quasi esclusivamente centrali a “scarico libero”, che hanno, come è noto, un consumo molto più elevato di quelle a “condensa” e producono effetti inquinanti assai importanti.


5) Il “soffione della speranza” ha rischiato di morire

Nel luglio 1975 avvenne un fatto assai importante che determinò la mobilitazione dei lavoratori, delle popolazioni della “Regioni Boracifera”, delle Amministrazioni locali, Provinciali e della Regione Toscana, e ebbe una grande eco anche a livello di opinione pubblica regionale e nazionale a seguito di numerosi articoli apparsi sulla stampa: un “volantino” redatto dalle Organizzazioni sindacali di Larderello denunciava la grave compromissione del pozzo “Travale 22” a seguito di errori tecnici compiuti dall’Enel nell’utilizzazione del sondaggio e dava ragione alla profetica denuncia pubblicata l’anno precedente sul periodico regionale della Fidae-Cgil.
         La notizia colpiva in primo luogo la coscienza della gente: perché il “Soffione della speranza” rischiava di morire? Chi era l’assassino?
         Ovviamente non c’era un responsabile diretto, le responsabilità erano molteplici, ma soprattutto individuabili in una mentalità arretrata, ostile alla geotermia, nell’immobilismo antico che guidava la politica dell’Enel, nella dequalificazione scientifica dei livelli più alti, impegnati da sempre nella conquista del potere e delle poltrone, oltre, naturalmente, in cause tecniche oggettive e in parte imprevedibili.
         La polemica che ne seguì fu salutare e da quel momento la Direzione del Compartimento Enel di Firenze seppe che non le erano più concessi margini dilatori sulla geotermia. Il pozzo “Travale 22” era ormai un “sorvegliato speciale”, nessuno avrebbe potuto impunemente permettersi di ucciderlo. Furono quindi adottate complesse e costose misure per il ripristino del soffione e dopo alcuni insuccessi iniziali dovuti a troppa faciloneria, furono perforati due nuovi pozzi a profilo deviato (“Travale 23/D”, “Radicondoli 8”) che andavano a “pescare” vapore nella stessa “frattura” del “Travale 22”. In poco meno di un anno il sondaggio fu completamente ripristinato.
          
I dati della successiva tabella sono, naturalmente, abbastanza approssimativi ed inoltre suscettibili di continue variazioni poiché le portate del fluido non ancora stabilizzate. Manca inoltre una conferma ufficiale dell’Enel, anche a seguito di una più accurata e sistematica, misurazione.

6) Gli altri soffioni

         L’Enel, nel nuovo “campo di Travale”, come già ricordato, dal 15 ottobre 1972 al 1 giugno 1977, ha realizzato soltanto 13 sondaggi, di cui solo 8 sono risultati produttivi. I pozzi “Travale 22”, “Radicondoli 8”, “Travale 23/D”, possono essere considerati, per i motivi sopra detti, come un unico pozzo in quanto alimentati dalla medesima “frattura”. Il pozzo “Radicondoli 4” eroga invece una grande quantità di gas (CO2) e viene utilizzato, dal marzo 1976, separatamente, con un piccolo gruppo  da 3 Mw a scarico libero. Il “Radicondoli 9” è distante dal “Travale 22” di circa 300 metri e quindi ancora nelle immediate vicinanze della zona altamente produttiva. Assai più interessanti risultano essere i pozzi “Radicondoli 5” e “Radicondoli 6” sui quali ci soffermeremo. Il pozzo “Radicondoli 5” è ubicato a nord del “vecchio campo di Travale”, in una zona intermedia tra lo stesso e il “Travale 22” (a 700 metri da quest’ultimo).
Il sondaggio esplose alla profondità di 950 metri il 19 gennaio 1976 con una notevole portata di acqua e vapore. Si pensò che anche questo pozzo avesse le caratteristiche negative dei vecchi “Travale 21” e “Travale 20”, eroganti contemporaneamente vapore e grandi quantità di acqua, e praticamente mai utilizzati. Dopo otto giorni dall’esplosione il pozzo aveva perso la maggior parte dell’acqua trascinata, passando da una portata di 30 tn/h a 0,1 tn/h. Anche le caratteristiche fisiche del pozzo risultarono successivamente assai diverse da quelle degli altri pozzi inutilizzati: infatti la portata era di 98 tn/h. di miscela acqua-vapore a 225 °C di temperatura, con una quantità di gas pari all’8%. Per valutare le analogie con gli altri pozzi del “vecchio campo” fu studiata la composizione chimica delle acque e le analisi dettero risultanze diverse.
Il pozzo “Radicondoli 6”, ubicato a 1250 metri ad W del pozzo “Travale 22”, è esploso il 4 febbraio 1977 con una portata di 150 tn/h., una pressione di 5 ata e una temperatura di circa 140 °C. L’esplosione di questo pozzo non ha modificato le caratteristiche di quelli esplosi in precedenza, tranne un lieve iniziale abbassamento di pressione del vicino “Radicondoli 5”. Una nota della Fidae-Cgil di Larderello, immediatamente successiva al ritrovamento, affermava: “…anche se non è possibile in questo momento formulare un giudizio più approfondito, rileviamo che il nuovo successo conferma quanto sostenuto nelle rivendicazioni delle Organizzazioni sindacali e delle altre forze politiche ed Enti locali, cioè un potenziale energetico di grandi prospettive per lo sviluppo di questi Comprensori, che però si ritarda a ricercare e mettere in produzione. Si tratta ora di rimboccarsi le maniche per recuperare il tempo perduto e sarà questo il modo nel quale l’Enel potrà dimostrare che i suoi ripetuti discorsi sullo sviluppo della geotermia non sono soltanto aria fritta”.
Il sondaggio realizzato immediatamente a NE del “vecchio campo di Travale”, sull’horst[13] del basamento filladico-quarzitico[14], e denominato “Radicondoli 7” è esploso il 1 giugno 1977, alla profondità di circa 800 metri. La pressione di chiusura è di 22 ata. In produzione, alla pressione di 2,5 ata, fuoriescono 110 mc/h di acqua a 118 °C ed alcune decine di tn/h di fluido saturo.

7) Le centrali geotermoelettriche

La mancanza dei dati riguardanti la reale potenzialità produttiva dei soffioni ritrovati nel “nuovo campo di Travale”, come già ricordato, lascia in sospeso il dimensionamento della nuova centrale a condensazione da costruire, con sistema modulare[15], nel Comune di Radicondoli, in Località “La Canonica”.
Tuttavia questa misura, pur importante, non è da ritenersi decisiva. E’ da pensare infatti che nuove grandi quantità di vapore saranno reperite man mano che le ricerche e le perforazioni si estenderanno alle aree limitrofe e a quelle intermedie tra i campi geotermici della tradizionale zona boracifera, cioè ad una superficie di oltre 400 Km/q. Pertanto è indispensabile avviare prontamente i lavori di costruzione di questa prima centrale a condensazione, calcolandola in modo tale da permettere lo sfruttamento di tutto il fluido disponibile nelle sue prossimità.
E’ chiaro che una centrale di questo tipo avrà un rendimento assai maggiore di quella a contropressione in funzione attualmente. Infatti oggi occorrono circa 14 Kg/h. di vapore per produrre 1 Kwh di energia elettrica, mentre nel caso di centrale a condensazione il consumo specifico è di circa 8 Kg/h per 1 Kwh.
Una sommaria analisi dei costi di installazione porta il valore unitario per Kw. di potenza installata a lire 230.000, cioè molto al di sotto di tutti gli altri costi per produzione di energia elettrica. Il costo del Kwh prodotto con l’energia geotermica (ricerca+esercizio), escludendo quello di distribuzione, è di circa 11 lire, un costo largamente competitivo. Queste cifre danno la dimensione del breve periodo di ammortamento e recupero dei capitali investiti per la costruzione di una centrale modulare di media potenza quale quella che dovrebbe inizialmente sorgere in questa zona, valutando che la producibilità annua, secondo una stima Enel, è attualmente di oltre 400 milioni di Kwh.
L’investimento di nuovi capitali per l’ammodernamento e in alcuni casi per la ricostruzione, deve essere uno dei principali obiettivi da raggiungere. Non esistono dubbi che l’Enel abbia lasciato deperire anche gli impianti per la produzione di energia elettrica, infatti la tabella che pubblichiamo dimostra non solo la situazione di stallo, ma il mancato progresso tecnologico. E’ infatti da notare che, per le centrali della zona boracifera di Larderello, ad un aumento della potenza installata corrisponde una sensibile riduzione della “potenza netta disponibile”, con un consumo medio estremamente alto (10,7 contro gli 8 Kgh/Kwh ottimali).
Va notato inoltre che nel 1975 erano in funzione 11 gruppi a scarico libero, con un consumo medio (spreco) di 20 Kgh/Kwh. Da queste brevi considerazioni s’intuisce l’esigenza di costringere l’Enel ad operare una corretta ristrutturazione delle centrali in esercizio ed alla sostituzione dei gruppi a scarico atmosferico, perché altrimenti non solo non saranno impiegate nuove maestranze locali, ma verrà messo in discussione il posto di lavoro in quelle attualmente presidiate.
Se di fronte al fabbisogno energetico crescente si continuerà a “buttare al vento” la metà del vapore ritrovato e non si aumenterà la “potenza installata”, il settore geotermoelettrico continuerà inesorabilmente a regredire sempre più rapidamente.
Altro effetto positivo della sostituzione delle centrali a scarico libero si avrebbe sulle condizioni dell’ambiente di lavoro e sui processi inquinanti dell’ambiente esterno. Infatti la centrale “Travale 22” ha il primato, se così si può definire, del disagio termico per effetto combinato della temperatura elevata e della scarsa umidità relativa. Questa situazione ambientale, al limite della sopportabilità umana, è anche favorita dalla struttura metallica e dal rivestimento in lamiera ondulata della centrale stessa.
L’esperienza ci ha inoltre dimostrato che l’allargamento delle aree produttive e quindi la necessità di dover provvedere al trasporto del vapore verso gli impianti utilizzatori (centrali) da sempra maggiori distanze, comporta una perdita di potenza causa il degrado delle componenti termodinamiche dei fluidi geotermici. Questo ulteriore importante elemento, fino ad oggi non pienamente valutato, sconsiglia la costruzione di grandi centrali tipo “Centrale Larderello 2”, “Centrale Larderello 3” e di quella di Castelnuovo V.C., oggi in parte inutilizzate. Infatti le centrali 2 e 3 di Larderello hanno diminuito la produzione del 33% dal 1965 al 1976 e nello stesso arco di tempo hanno prodotto al 57% della loro potenzialità.
I ritardi dell’Enel nella geotermia ostacolano la definizione di programmi precisi  e innestandosi su precarie situazioni socio-economiche di area, consentono richieste non puntualmente rapportabili a reali situazioni tecniche. Occorre quindi, in primo luogo, superare questi ritardi, avere programmi a medio termine sia per quanto attiene le ricerche, sia per l’utilizzazione del fluido reperito. Allo stato attuale, considerando le differenti pressioni dei pozzi e quindi il diverso grado di utilizzabilità in apposite turbine, è ipotizzabile una centrale di 60-63 Mw di potenza, a condensazione autonoma, dalla quale dovrebbero essere telecomandati in futuro i successivi impianti ubicati nell’area Travale-Radicondoli e nelle zone più periferiche dell’area senese-grossetana.

8) Alcune considerazioni socio-economiche

Esaminando alcuni dati demografici relativi agli anni 1951-1971 ed a quelli dell’aprile 1977 pubblicati a margine dello studio Cgil sui comprensori, si può constatare il grave impoverimento subito da questa zona. Infatti la popolazione residente nel Comune di Radicondoli era nel 1951 di 3227 abitanti, nel 1971 di 1320 e nel 1977 di 1314 abitanti, con una diminuzione del 59%. Nel Comune di Montieri gli abitanti scendono da 4664 a 2574 (- 46%). Questa tendenza, e in alcuni casi in tali proporzioni, è simile ad altri Comprensori montani e collinari ed anche ai Comuni della Valdicecina a seguito della crisi dell’agricoltura e della mancanza di infrastrutture, settori terziari, industrie.
Ma nei Comuni con una base produttiva più sviluppata (Volterra, Pomarance, Castelnuovo V.C.) il decremento è più limitato. Con 10 ab/Kmq il comprensorio di Radicondoli è decisamente il meno popolato fra tutti quelli geotermici. Inoltre, nell’ambito della popolazione residente, l’indice di vecchiaia è passato dal 14,9% del 1961 al 21,5% del 1971, significando ciò che con l’emigrazione forzosa della popolazione  è stato negativamente alterato anche l’equilibrio demografico.
Non si è verificata alcuna riconversione: la fuga dalla terra con il crollo della mezzadria si è tradotta in un movimento migratorio verso le aree più sviluppate dell’hinterland senese. Infatti a Radicondoli, nel 1951, la popolazione occupata risultava così suddivisa: 81% agricoltura, 9,5% industria, 9,5% varie. Nel 1971, mentre gli occupati nell’agricoltura risultavano quasi dimezzati (48%), l’incremento dell’industria era solo dell’8,6%. A Montieri si aveva addirittura decremento, sia negli occupati in agricoltura (- 20,1%), sia nell’industria (- 9,2%).
Negli altri Comuni, pur in presenza di una grave crisi, si verificano invece incrementi nell’occupazione industriale. Sarebbe comunque molto interessante svolgere una analisi approfondita su altri parametri socio-economici di questi comuni che forse farebbero risaltare meglio il grado di impoverimento e di degradazione raggiunto (rapporto popolazione occupata/attiva sul totale dei residenti, indice di presenza di ultra sessantenni, indice di natalità, reditto pro-capite), non solo in confronto al loro recente passato, ma in confronto ad altri vicini dell’area geotermica. Per cui la zona dell’Alta Val d’Elsa e Cecina, inutilizzando le proprie risorse, subisce l’attrazione dei due poli di sviluppo ad essa limitrofi: Larderello (nel pisano) e Colle di Val d’Elsa-Poggibonsi (nella bassa Val d’Elsa senese). Ciò determina una lacerazione nel tessuto socio-economico che ghettizzando una parte della popolazione, influisce negativamente sulle tensioni sociali.
Possiamo di sfuggita rilevare che la suddivisione del territorio toscano nei 22 comprensori, mantiene nella zona interessata dalla geotermia la frammentazione tuttora esistente. Infatti i comuni geotermici sono divisi nei comprensori n. 15 (Pomarance-Castelnuovo V.C), n. 13 (Radicondoli), n. 17 (Chiusdino), n. 16 Montieri-Monterotondo Marittimo). Ciò non favorisce certamente un coordinamento politico amministrativo quale è invece necessario determinare anche mediante forme “consortili”.

9) Nuove ricerche geotermiche


         I programmi già predisposti dall’Enel per il 1977-1978 prevedono la perforazione di 5 sondaggi per un totale di circa 11.000 metri. Tra i sondaggi previsti c’è il pozzo “Radicondoli 11” a inclinazione deviata verso il “Radicondoli 1” che, come abbiamo detto, non risultò produttivo caUsa un rifrano delle pareti del pozzo. E’ programmato anche un sondaggio nella zona di Anqua che si presenta assai interessante e potrà fornire notizie utili sulla zona intermedia Travale- Castelnuovo V.C. Da ricordare che in questa zona intermedia sono già stati perforati alcuni sondaggi, di cui uno, il pozzo “Sesta 1” esploso nel 1969 con una notevole portata di gas (CO2 = 210 tn/h), con una pressione di 4,80 ata, alla temperatura di 80 °C, è rimasto fino ad oggi completamente inutilizzato e solo da poco tempo sono in corso analisi ed esperimenti. Anche il pozzo “Elci 1”, perforato nel 1961 in una zona intermedia tra Anqua e Travale, pur non risultando produttivo, rivelò una notevole termalità con 129 °C alla profondità di 1100 metri.
         Non è più pensabile che l’Enel impieghi in quest’area, così vasta e promettente, soltanto un impianto di perforazione. E’ pertanto necessario che si estenda l’area indiziata e si impieghino costantemente due o tre sonde atte a raggiungere anche profondità considerevoli onde arrivare a stabilire a tempi brevi il dimensionamento del campo geotermico.
E’ altresì necessario che il Ministero dell’Industria sblocchi l’autorizzazione per i nuovi “Permessi di Ricerca” richiesti dall’Enel, nel più breve tempo possibile. Il grave ritardo accumulato dall’Enel nel richiedere tali permessi non può giustificarne uno ancora maggiore ed altrettanto assurdo.
Allo stato attuale le aree dove si possono eseguire perforazioni sono limitate alle “concessioni perpetue”[16] “Travale”, “Monte Gabbro” (comprendenti le aree del vecchio campo di Travale e quella intorno al “Travale 22”), al Permesso di Ricerca “Montalcinello”, che scadrà nel 1978, al Permesso di Ricerca “Anqua-Solaio” (scaduto nel novembre 1976 ed in corso di rinnovamento), mentre a N, E, S-E, si trovano le grandi aree dei Permessi di Ricerca ancora in sospeso: “Radicondoli”, “Castelletto” “Bagnaia”, “Monticano”, “Torniella”, sulle quali dovrebbero estendersi le ricerche geotermiche per avere un quadro globale delle risorse.


10) Vecchio campo di Travale

         Il vecchio campo di Travale, pur essendo ormai da diversi anni abbandonato, eroga consistenti quantità di acque calde e vapore. I vecchi pozzi di Travale rappresentano una cospicua sorgente di energia che rimane a disperdersi, determinando uno spreco considerevole, tanto che oggi, più che nel passato, la situazione economica del Paese è decisamente peggiorata. Questi fluidi geotermici possono essere sfruttati, oltre che per la produzione di energia elettrica con apposite turbine, in “usi diversificati”, agricoli e industriali.
         Nel più breve tempo possibile dovrà essere formulato un programma al quale saranno particolarmente interessati l’Ente Regione, l’Enel con le sue strutture (Compartimento di Firenze, Dsr/Crg), il Cnr, le Università ed altri soggetti pubblici, partendo da un coordinamento che eviti dispersioni e faccia compiere un reale passo in avanti a questo settore.
         A tale proposito non sarà nemmeno da respingere la compartecipazione alle scelte produttive, nell’uso diversificato della geotermia e sempre all’interno delle linee di programmazione regionale, e quindi con il controllo dell’Ente pubblico, dell’iniziativa privata, la quale potrebbe apportare capitali e iniziativa imprenditoriale.

11) Le acque termali

“L’uso alternativo non elettrico” dei fluidi geotermici non riguarda soltanto le acque fuoriuscenti dai pozzi, ma anche quelle delle sorgenti termali calde.
         Numerose sono in Provincia di Siena e di Grosseto le sorgenti termali calde, alcune delle quali ben note e sfruttate per le loro caratteristiche terapeutiche, altre, e sono la maggioranza, abbandonate o inutilizzate.
         Alcune di queste sorgenti per la loro temperatura e portata, possono trovare un adeguato impiego in quelli che sono gli usi alternativi della geotermia, come, ad esempio, quelle di San Casciano dei Bagni, di cui è titolare della Concessione l’Ente Locale.
         Accanto a questi settori non elettrici, occorre rilanciare e potenziare il termalismo terapeutico tenendo conto della “Riforma sanitaria” e della richiesta sempre più diffUsa da parte dei lavoratori, di una medicina preventiva e riabilitativa, disinquinante dell’organismo.
Con il passaggio delle competenze sulle acque termali alle Regioni, questo settore può finalmente svilupparsi. L’Enel, inoltre, ha concesso alla Regione Toscana l’utilizzo delle acque calde fuoriuscenti da quattro pozzi, permettendo così all’Ente pubblico un primo intervento sperimentale che ci auguriamo proficuo, nonostante i cattivi presupposti. L’utilizzo pieno e razionale delle acque calde potrebbe consentire sbocchi occupazionali diretti nei settori agricolo-industriale.



12) Rocce calde secche

Le nuove concezioni e le nuove tecnologie che interessano la ricerca e lo sfruttamento del calore terrestre stanno passando dalla fase teorica alla fase pratica. Modelli analogici di produzione sono stati studiati per zone a vulcanesimo attivo e per zone con gradiente geotermico normale, come la Valle Padana. Non sarà del tutto improbabile riconsiderare in questa ottica nuova zone già abbandonate perché prive di fludi geotermici, pur essendo le rocce del sottosuolo a temperatura elevata. In queste aree si potranno creare artificialmente dei campi geotermici con una microfratturazione[17] delle rocce calde secche, con la conseguente immissione di acqua ad alta pressione.

         13) La creazione di un movimento unitario

         Una delle cause del mancato sviluppo dell’area geotermica in questione è da imputare anche alla marginalità della medesima rispetto alle tradizionali zone di sfruttamento della “Regione Boracifera”. Inoltre hanno pesato altre questioni logistiche, il cattivo stato delle strade di collegamento, la divisione tra tre diverse Province.
         Nel tempo certe linee di tendenza si sono accentuate e mentre nei comuni della Valdicecina e della Valdicornia si è sempre mirato alla industrializzazione, lo sviluppo dell’area senese-montierina è rimasto legato all’agricoltura ed alle poche miniere, anch’esse emarginate e semiabbandonate (se non in procinto di essere chiuse definitivamente) e non ai processi industriali relativi all’utilizzo delle forze endogene.
         Ciò ha impedito, per lunghi anni, la mancanza di una coscienza diffusa a livello politico sull’importanza della geotermia e quindi non si è verificata una sufficiente mobilitazione e pressione popolare su queste questioni in una prospettiva di sviluppo per l’economia dell’intera zona. Vale la pena ricordare che nella “piattaforma di zona per la Val d’Elsa” elaborata nel 1972, c’è solo un accenno ai problemi dell’Enel ed alla utilizzazione della “sorgente termale delle Galleraie”. Oggi le cose sono cambiate. Si riconosce il valore del potenziale economico della geotermia che è stata posta al centro della vertenza zonale delle Comunità della Val d’Elsa, della Valdicorniai, della Valdicecina e della Val di Merse. Anche le forze politiche a livello provinciale e regionale e gli Enti Locali, stanno compiendo un grosso sforzo conoscitivo, che dovrà a tempi brevi tradursi in progetti concreti nell’uso elettrico e diversificato della geotermia.        Il problema è quindi politico. Non limitato alle scelte dei tre comuni interessati e si potrà risolvere non con prese di posizione velleitarie, ma con la costruzione di un’ampia unità d’intenti tra tutte le forze dei Comprensori prima ricordati, in accordo con le linee regionali e provinciali, delle Organizzazioni sindacali e nel confronto con gli enti Locali e le forze politiche.
         La mancanza di un “centro direzionale” sul territorio, ha dunque senz’altro limitato le possibilità del decollo geotermico. Ma sarebbe oggi ingiusto e perdente porre al centro di rivendicazioni per lo sviluppo della geotermia e la rinascita delle aree senesi-montierine l’obiettivo di isolamento autarchico da Larderello, dividendo nuovamente il movimento.
         L’uso corretto delle attrezzature, del personale e delle disponibilità di forze endogene che si vanno reperendo nelle aree circostanti a quella originaria, va concepita e realizzata in un quadro unitario. Ammettere che possano esistere contraddizioni in tale ipotesi, al di là di ogni pur spiegabile tentativo di giustificazione, significherebbe contribuire a determinare per la geotermia, a partire dalla zona di origine, un avvenire denso di preoccupazioni, perché la frammentazione non è mai uno stimolo alla crescita e divide il movimento operaio rispetto all’unicità della vertenza energetica.
         L’unitarietà del movimento attorno alla impostazione di un programma d’iniziativa e di lotta capace di spingere in avanti i problemi che debbono realizzare l’espansione della ricerca e l’immediatezza dell’utilizzazione dei vapori reperiti, non può prescindere da una riflessione sulla gestione delle apparecchiature e del personale addetto.
         I criteri da porre a base del movimento, appaiono quelli tesi a realizzare:

- una organizzazione e gestione degli impianti esistenti e di quelli da costruire che sia la più funzionale per accelerare i tempi della ricerca e dell’utilizzazione del vapore reperito, nonché per assicurare la massima efficienza ed economicità nell’uso e nel mantenimento degli impianti medesimi;
         - una gestione del personale razionale alle esigenze di sviluppo della geotermia, che, evitando frustrazioni delle legittime aspettative di carriera e di trattamento in generale, sia tale da armonizzarsi con le esigenze sopra richiamate;
         - tutto ciò nel quadro di una ricerca coordinata, che veda impegnati oltre ai tecnici Enel, quelli del Cnr, delle Università e degli Enti pubblici di ricerca, ricerca che sia in grado di far predisporre programmi di uso plurimo dei vapori reperiti, confrontandosi con i programmi di sviluppo che l’Ente Regione sta predisponendo e recuperando ad essa il ruolo di necessario punto di raccodo e direzione politica che gli deriva dall’essere espressione della collettività. Occorre quindi garantire il massimo vantaggio economico-sociale, senza contraddire, ma anzi esaltando, l’adozione di criteri di massima economicità realizzabili soltanto a condizione di superare le visioni settorialistiche fino ad oggi portate avanti dall’Enel, per ognuna delle zone interessate dai ritrovamenti di vapore.

         Nel mentre è opportuno potenziare al massimo le attività di esercizio e di manutenzione, sia nella parte elettrica che in quella di perforazione, con personale locale, è attualmente improponibile decentrare le grandi officine di manutenzione dotate di mezzi complessi, gli Uffici ed altri Reparti di ricerca, che devono essere funzionalmente dimensionati.
         Occorre dunque superare posizioni di divisione e contrapposizione tra zona e zona, partendo in primo luogo da una linea sindacale unitaria coordinata a livello regionale, che trovi puntuale corrispondenza nella elaborazione e nel movimento a livello di base e si inserisca nella piattaforma che la Federazione regionale Cgil-Cisl-Uil della Toscana sta portando avanti nella “vertenza energia”.
         Se il concetto più volte espresso: “geotermia bene pubblico” e “fonte di vita” è ancora valido, dobbiamo rivendicare la più ampia conoscenza delle linee programmatiche, degli investimenti, delle realizzazioni, sia nelle ricerche che nell’esercizio di questa risorsa, e, inoltre, concretizzare le possibilità d’intervento diretto delle Regioni con la loro partecipazione, sia nell’Enel, nell’Eni, nell’Università e nel Cnr, il quale ultimo dovrà finalmente chiarire lo stato delle ricerche sul prototipo di turbina utilizzante miscele di acqua-vapore, promesso fin dal 1974, e sui risultati ottenuti con il “primo osservatorio geotermico del mondo” installato proprio in un fabbricato del “vecchio campo di Travale”, e consentire la liberazione delle energie democratiche presenti in tutti i settori della ricerca e fino ad oggi  spesso limitate e sacrificate dalle scelte manageriali e politiche compiute dall’Enel e dagli altri centri del potere politico ed economico.
         L’Enel ha inoltre grandi responsabilità, nell’ambito di un sostanziale accentramento della geotermia per usi elettrici, ostacolando iniziative per l’uso diversificato delle forze endogene come testimoniato dal negativo e perdurante atteggiamento protrattosi per tanti anni verso gli Enti Locali ai quali solo da pochi mesi sono stati ceduti alcuni pozzi non utilizzabili per la produzione di energia elettrica (e difficilmente utilizzabili per altri usi!), ma in modo tale che la manovra sembra fatta apposta per liberarsi di alcuni problemi di inquinamento.
         Il recente accordo tra l’Enel e il Demanio Forestale per la concessione dei terreni di proprietà dell’Ente è un nuovo atto negativo, una tipica manovra di sottogoverno, che testimonia la mancanza di chiarezza dell’Enel ad instaurare un rapporto serio e corretto con le Regioni e le Comunità interessate per uno sviluppo agricolo e, come nelle nostre zone, per una integrale utilizzazione della risorsa geotermica.
         A questo proposito deve essere ribadito che, anche per quanto riguarda l’Enel, occorre realizzare una unificazione degli apparati che al suo interno si occupano di geotermia a partire dai due grandi Gruppi operanti a Larderello e ipotizzare la costituzione di una Direzione Nazionale sempre che ciò sia coerente alla esigenza di quel mutamento radicale che oggi è necessario attuare nella gestione delle grandi aziende pubbliche e private italiane.

14) Convegno di Chianciano: “Geotermia e Regioni”

         Queste brevi note erano pronte in forma di bozza, immediatamente prima del Convegno di Chianciano “Geotermia e Regioni” organizzato dal 14 al 16 aprile 1977, da Toscana, Lazio e Campania, al quale, oltre che agli scienziati di chiara fama, giuristi, dirigenti dell’Enel e dell’Eni, tecnici, sindacalisti e uomini politici, ha partecipato il Ministro dell’Industria on. Carlo Donat Cattin accompagnato da alti funzionari del dipartimento dell’energia e delle fonti rinnovabili del suo ministero.
         E’ qui impossibile tenere conto delle nuove stimolanti aperture, tecniche, programmatiche, giuridiche che in questo Convegno sono emerse a proposito della geotermia e, in particolare, delle risorse a “bassa entalpia” (acque calde, salamoie calde e vapori non economicamente sfruttabili per produzione di energia elettrica). E’ stato definitivamente riconosciuto il “ruolo tipicamente regionale” dell’energia geotermica, poiché intimamnte legata al territorio, non trasportabile e di molteplici usi, e si è evidenziata la necessità di una programmazione regionale che tenga conto della disponibilità di queste risorse ed indichi chiaramente i progetti di utilizzazione e di investimento economico.
         Mentre il ruolo operativo rimane ai grandi Enti pubblici, le Regioni dovranno offrire appoggio alla fase di ricerca che dovrà essere condotta, tenendo conto degli usi plurimi, da Enel, Eni, Cnr, Università attraverso uno stretto coordinamento ed un controllo da parte del “piano” e del Parlamento. E’ comunque il momento di dire con precisione cosa si può e si vuole fare delle risorse già disponibili ed a tale proposito la creazione di un “Comitato Geotermico Nazionale” promosso dalle tre Regioni fa bene sperare.
         Si dovrà procedere inoltre ad una veloce definizione della nuova legge per lo sfruttamento  della geotermia con l’intendimento di dare non solo precisi compiti alle autonomie regionali (specialmente per i fluidi a bassa entalpia),  ma da poter indicare nello spirito della Costituzione e del ruolo democratico della Regioni, che pone questo organismo come una saldatura tra il potere centrale e gli interessi locali, modalità e tempi di investimenti e quindi anche modalità dei nuovi rapporti tra gli Enti e gli Organismi preposti alla ricerca, oggi operanti con strutture e stanziamenti ridicoli.
         L’intervento del Ministro segue grandi lotte soprattutto in Toscana e nelle nostre zone, sui temi dell’energia e della geotermia. Esso è anche la testimonianza del cambiamento politico in atto nel Paese, cambiamento che se attuato a tempi brevi potrà finalmente avviare una politica nuova, non di lottizzazione, negli Enti Pubblici e quindi potrà dare concretezza a scelte che oggi, nonostante alcune cose positive, si proiettano ancora nel mondo delle speranze, mentre vasti territori e comunità hanno estremo bisogno di certezze.
         Sgombrato il campo dalle illusioni e dalle strumentalizzazioni che si erano in parte create intorno alla geotermia, (fonte alternativa alla scelta nucleare, salvezza ecologica, energia socialista), è emerso con chiarezza  il grande ruolo scientifico, economico, sociale di questa proposta, quindi la necessità di arrivare quanto prima ad un nuovo programma nazionale che consenta di creare Aziende Regionali per lo sfruttamento dei fluidi a bassa entalpia.
         Il confronto di Chianciano, tra gli Enti, i tecnici ed i politici, l’intreccio reale tra scienza e politica, che ne è scaturito, è dunque insieme punto di arrivo e di partenza. Punto di arrivo di un periodo storico di sottovalutazione della geotermia, di impegni settoriali, di mortificazione dei tecnici e dei ricercatori di questo settore, di mortificazione in nome di interessi e scelte di altra natura, in genere effettuato sulla loro pelle e le loro teste.
         Punto di partenza di una superata conflittualità tra Enel ed Eni, da un riconosciuto ruolo delle Regioni e da una volontà di coivolgimento esteso per l’Università, il Cnr, e quanti altri operano in campi affini, compresa una nuova legiferazione ed un più attento impegno di coordinamento da parte degli Organi di Governo.
         In ciò il Convegno ha avuto grande valore positivo. E’ indubbio tuttavia che solo se si arriverà alla diretta democraticizzazione del Paese, quindi delle Aziende, se si arriverà, come ha detto Felice Ippolito nella sua relazione introduttiva, a un cambiamento di fondo del modello sociale, della vita degli uomini, si potranno veramente realizzare quelle istanze di fine degli sprechi, di totale sfruttamento delle risorse geotermiche, legate allo sviluppo civile, economico, culturale delle aree geografiche decentrate che dovrebbero essere, in ultima analisi, la base stessa della società partecipata in tutti i suoi aspetti[18].





























[1] Bacino geotermico: serbatoio sotterraneo di limitata estensione dove sono presenti in varia misura fluidi ad alta temperatura; questi sono estraibili, a mezzo di perforazioni della roccia impermeabile che costituisce la copertura, e utilizzabili per la produzione di energia elettrica  ed altri usi civili ed industriali.
[2] Lagoni: piccolo bacino dal quale fuoriesce vapore saturo che mette in ebollizione l’acqua piovana, il fango e la stessa acqua di condensa che lì si raccoglie. Erano frequenti prima dello sfruttamento intensivo a mezzo di perforazioni nell’area in esame.
[3] Vetriolo turchino o di “Cipri”: una delle tante definizioni fantasiose per indicare i derivati dell’acido borico o delle altre sostanze presenti nelle acque dei lagoni e sfruttate fin dall’antichità per l’industria tessile e della ceramica.
[4] Serbatoio carbonatico: strati sepolti in profondità di calcari fratturati e quindi permeabili, in cui circolano i fluidi geotermici.
[5] Impianto a scarico libero: impianto di produzione energetica in cui il vapore entra direttamente nella turbina e si scarica all’atmosfera.
[6] Tettonica: è la parte della scienza della terra che studia le deformazioni subite dalle rocce, ricostruisce l’assetto spaziale e l’insieme delle fratture causate dai movimenti del mantello terrestre.
[7] Analisi isotopica: misurazione delle quantità di elementi di varie sostanze con il metodo del decadimento radioattivo.
[8] Acqua che scorre attraverso le rocce permeabili, al di sopra della superficie della falda freatica.
[9] Prospezione geoelettrica: metodo di prospezione geofisica basato sulla resistività (inverso della conducibilità) delle rocce. Dall’interpretazione delle curve di resistività, ottenute sperimentalmente in campagna, si può risalire alla giacitura delle rocce in profondità. Serve soprattutto a valutare preventivamente la profondità della roccia serbatoio (calcari mesozoici).
[10] Rapporto gas/vapore: indica la quantità di gas (soprattutto CO2) presente percentualmente nel fluido geotermico.
[11] Laminare: operazione tecnica con la quale si sfrutta parzialmente il vapore adattandolo alle caratteristiche dell’impianto utilizzatore.
[12] Centrale a condensazione: impianto di produzione energetica nel quale vengono aspirati i gas in condensabili purificando il vapore. E’ così possibile sfruttare le sostanza contenute nel vapore e provvedere al raffreddamento di tutti i macchinari con l’acqua della condensa.
[13] Horst: zolla, generalmente allungata, di terreni sopraelevati rispetto ai circostanti da faglie parallele disposte a gradinata. Le faglie sono rotture di una massa rocciosa accompagnate da uno spostamento relativo dei blocchi separati.
[14] Basamento filladico-quarzitico: unità sottostante alle rocce appartenenti alla “serie toscana” ed alla “serie ligure”, costituito da rocce metamorfiche quali le filladi e da noduli o lenti di quarzo.
[15] Sistema modulare: progetto costruttivo che consente l’adattamento dell’impianto (centrale) alle disponibilità del fluido.
[16] Concessioni perpetue: aree di coltivazione dei fluidi geotermici, concesse in uso perpetuo, in base alla Legge mineraria del 1927, prima alla “Larderello SpA” e poi all’Enel. Hanno tutte una piccola estensione e si trovano intorno alle prime aree industriali ottocentesche.
[17] Microfratturazione: tecnologia che mira, attraverso la microrottura delle rocce, a creare bacini geotermici artificiali nelle zone ove, pur con un gradiente geotermico elevato, è assente la circolazione delle acque, per la compattezza della roccia.
[18]  Questo articolo, di ampie dimensioni, fu più volte rielaborato negli anni 1976-1978 ed apparve, distintamente, in tre o quattro pubblicazioni, di cui una per uso interno alla Fnle-Cgil di Larderello, una per gli organi locali e regionali del Pci, ed infine sulle due pubblicazioni già richiamate in nota 49.