domenica 30 marzo 2014

CAMPO AI BIZZI (V).

Campo ai Bizzi, 16 febbraio 1944. Zona del Frassine, Comune di Massa Marittima, oggi di Monterotondo Marittimo.

            Si tratta di un avvenimento che vide protagonisti soltanto italiani: da una parte i partigiani della III Brigata Garibaldi, Banda Camicia Rossa, al comando di Mario Chirici e Alfredo Gallistru, dall’altra i fascisti delle Brigate Nere della RSI, al comando di ufficiali italiani, in una vasta azione di annientamento delle bande di giovani partigiani che ormai si stavano ingrossando e organizzandosi in vere e proprie formazioni militari in molte aree della Maremma. A dirigere tali operazione di repressione c’erano il Capo della Provincia di Grosseto, Alceo Ercolani, che ritroveremo tra poco parlando del Campo di Concentramento di Roccatederighi, il capitano De Anna, insieme a Barberini e Maestrini, rispettivamente comandante e vicecomandante della 98^ Legione della GNR e dal capitano Giovanni Nardulli, coadiuvati da un centinaio di “camicie nere” quasi tutte della provincia grossetana, ma alcune provenienti da quelle di Siena e di Pisa ed anche dall’Alta Val di Cecina. E sarà proprio per i “successi”, cioè l’uccisione di 11 partigiani a Istia d’Ombrone e 14 partigiani a Scalvaia, più altri in Maremma,  che il Segretario Generale del Partito Fascista Repubblicano, Alessandro Pavolini, invierà un messaggio ad Ercolani, nel quale plaude “…con ammirazione ai legionari fascisti che, in nome della patria e dell’idea, si battono per conseguire l’epurazione degli elementi avversari alla gloriosa marcia per la grandezza dell’Italia fascista repubblicana” (pensate che la sconfitta del nazifascismo, è ormai irreversibile!)  Intorno al Frassine, nelle colline che gli fanno corona, su una delle quali era il podere Campo ai Bizzi, si erano installate da poco le squadre del maggiore Chirici con 65 di partigiani. Campo ai Bizzi, nel Comune di Monterotondo Marittimo, era il podere dove una apposita squadra di 6 partigiani faceva il pane. Esso fu completamente circondato dai fascisti, armati fino ai denti, che aprirono il fuoco contro porte e finestre, alla cieca, anche con un mortaio.  I partigiani, sorpresi nel sonno, risposero al fuoco fino a che non finirono le munizioni. Allora uscirono sull’aia, con le mani alzate, ma anziché essere fatti prigionieri, come avrebbero voluto le leggi di guerra, furono tutti uccisi, salvo uno, Canzio Leoncini di Massa Marittima,  che gettandosi nella macchia fu soltanto ferito. Dopo morti i loro corpi furono straziati a colpi di pugnale e abbandonati sul terreno. Tra loro c’era un volterrano, Silvano Benedici e con lui Pio Fidanzi di Massa Marittima, Otello Gattoli di Massa Marittima, Salvatore Mancuso di Catania e Remo Meoni di Montale (PT). Il podere fu dato alle fiamme e nella stalla bruciò vivo anche il cavallo Sauro. Nell’operazione di rastrellamento, che comprese anche il podere Uccelliera, furono fatti prigionieri 16 partigiani e 2 mezzadri che, condotti a Massa Marittima furono esibiti alla popolazione come “trofei di caccia”, insultati e picchiati, e da Massa a Grosseto e successivamente al carcere delle Murate di Firenze.


                                                                                              (continua)



Nessun commento:

Posta un commento