domenica 30 luglio 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 26


42. Geotermia, piano energetico e nuovo modello di sviluppo. Problemi dell’Enel-Larderello[1]

         I problemi dell’energia hanno assunto negli ultimi anni un ruolo preminente, non solo nella strategia sindacale, ma anche nelle discussioni tra i cittadini. Rifornimenti di petrolio, di uranio, tariffe, ubicazione degli impianti, inquinamento, geotermia: sono vocaboli venuti d’uso comune, con significati politici precisi, sui quali la gente non solo discute in termini tecnici, ma collega alla strategia di un nuovo modello di sviluppo dando vita a sempre più estesi movimenti di lotta.
         E’ infatti chiaramente intuibile il rapporto che c’è tra ripresa economica e sviluppo del paese, con la necessità di disporre di quantità sempre crescenti di energia, in particolare di energia elettrica. Produrre energia elettrica costa. Dobbiamo oggi importare quasi completamente i combustibili (petrolio, uranio) con notevole incidenza passiva sulla bilancia dei pagamenti.
         L’Italia è povera di altre fonti (carbone, acqua) anche se non tutto è stato fatto per reperirle e sfruttarle razionalmente. Anche i gas naturali e le risorse geotermiche, difficilmente, nella pratica, potranno divenire in futuro fonti energetiche alternative a quelle tradizionali, specialmente a quella nucleare. Tuttavia ciò non giustifica una politica produttiva suicida verso le fonti nazionali.
         In questi anni recenti la crisi energetica e anche grandi avvenimenti politici, come l’avanzata comunista del 15 giugno 1975 nelle elezioni amministrative nazionali, hanno portato chiarimenti sulle scelte di fondo compiute dall’Enel (con l’avallo del Governo) e sul perché si sia privilegiato fuor di misura il consumo di petrolio. Sono pagine nere della nostra storia moderna che testimoniano l’incapacità della classe borghese non solo ad affrontare le grandi questioni nazionali, ma a gestire lo Stato, le gradi Aziende, le politiche economiche. Quando ci domandiamo perché, ad esempio, l’energia geotermica è stata e continua ad essere emarginata, irrisa, sottovalutata, dobbiamo cercare la risposta, nella mancanza di volontà politica e nell’asservimento ad interessi stranieri.
         Certo, questo non è tutto. C’è una serie di responsabilità che interessano livelli decisionali più bassi, dove regna il caos organizzativo e dove spesso le cariche direttive sono coperte da incompetenti che le utilizzano soltanto per fini di potere (e stipendio)  personali. Talvolta sembra quasi che si persegua sadicamente l’obiettivo dello sfacelo nazionale!
I mali della geotermia appartengono a queste due categorie. In più ci sono anche altre responsabilità, di noi tutti, perché non crediamo pienamente in un futuro geotermico. Non ci crediamo fino in fondo.
Sviluppata con successo la lotta per le assunzioni all’Enel-Larderello, le forze sociali e politiche si sono arenate sulle secche di una notevole elaborazione di documenti, convegni, conferenze, riunioni, non andando al di là di una critica verbale che invece andava tradotta in un ampio e incisivo momento di lotta e di aperta denuncia politica.
Innanzitutto c’è un problema di struttura organizzativa. E’ noto che ad occuparsi della geotermia sono tre strutture diverse, di vario livello e che, mancando un serio coordinamento, danno origine a sprechi e conflitti di competenza. Inoltre le strutture sono talvolta sottodimensionate perché, come sappiamo, nell’ambito compartimentale dell’Enel la linea vincente  è stata quella del gruppo di potere proveniente dall’ ex Valdarno e dalle Società Elettriche Finanziarie (come la “Centrale”), poi da uomini sostenuti dai partiti politici favorevoli all’uso indiscriminato del petrolio. Per la verità non si è fatto molto per rafforzare le posizioni dei dirigenti di Larderello. E’ vero: c’erano tra loro grosse carogne, ma non si dovevano confondere posizioni personali con il problema di fondo, politico. L’alleanza tra movimento sindacale e politico, quadri tecnici e direttivi della ex Larderello avrebbe, in ultima analisi,  favorito il raggiungimento di una posizione di maggior peso nell’ambito organizzativo dell’Enel, con indubbi vantaggi per lo sviluppo della geotermia.
Non possiamo perdere altro tempo. Occorre una struttura adeguata a livello nazionale, con funzioni di coordinamento, tra settori inseriti e non nel Compartimento, in modo da ottenere la più grande autonomia funzionale nella maggior sintesi unitaria. C’é poi il problema degli sprechi. Sotto il profilo dell’utilizzazione del personale e sotto quello della produttività degli impianti. Il personale non è troppo: è male impiegato e male distribuito. Ci sono chiaramente decine di posti di lavoro inutili, che andrebbero aboliti, e reparti operativi dove il personale scarseggia, come nel campo del servizio all’utenza. Ci sono i lavori in appalto che aumentano, anche se molti di essi sarebbe più vantaggioso farli in proprio, e lavori che attualmente facciamo in proprio e che andrebbero appaltati. Ci sono carenze nella preparazione del personale. Ci sono estesi fenomeni di assenteismo e si nota una mancanza di rigore, di moralità, nel modo con il quale si vive la giornata di lavoro. Il tempo effettivamente lavorativo è diminuito con il silenzio di tutti.
Apparentemente, oltre i guasti derivanti da una deresponsabilizzazione a tutti i livelli, si potrebbero ricercare le cause nel malessere che la dissoluzione del modello di società borghese fa filtrare  dappertutto, anche tra la classe operaia.
Per quanto riguarda gli impianti, la situazione è ancora più grave. Grandi centrali non hanno prodotto più del 50% della loro capacità. Il trasporto di vapore da lunghe distanze caUsa notevoli perdite di energia. Studi seri e applicazioni pratiche non vengono condotte per lo sfruttamento di fluidi contenenti cloruri, gas o acqua. L’aggiornamento tecnologico è pressoché inesistente, tutti i reparti risentono di una evidente dequalificazione ai vertici. Non si acquistano nuove turbine e si va avanti solo a promesse. Il danno economico caUsato da una gestione di questo tipo è stato enorme e la collettività ne paga le conseguenze.  Se nel nostro Paese esistesse un minimo di moralità i responsabili ne avrebbero da tempo dovuto rendere conto. Dunque è l’ora che tutti ci facciamo carico di questa situazione.
Le Organizzazioni sindacali in primo luogo dovrebbero scendere in campo richiedendo impegni di programmi e di investimenti ben precisi, controllabili e credibili. Su questa linea impostare la lotta dei lavoratori elettrici e delle popolazioni, altrimenti c’è il rischio che anche la “vertenza comprensoriale” recentemente aperta, rimanga pura accademia.
C’è bisogno di chiarezza. Ad esempio: cosa fa l’Enel nella nuova area geotermica[2] di Travale-Radicondoli? Una centrale? Come? Quando? Cosa fa del Sesta 1 (dopo sette od otto anni dall’esplosione “studia” il fluido!)? Cosa nella zona di Lago? e in quella di San Martino? del Molinetto? Perché non si cominciano a demolire le “cattedrali” (se, come si dice, non potranno più produrre a pieno carico), utilizzando i gruppi dove ce n’é più bisogno? Perché non si fanno sondaggi veramente profondi? Quando si accenderà la prima lampadina con il fluido...dell’Alfina? Sono questi solo pochi interrogativi ai quali comunque andrebbe data una risposta precisa. Inoltre, su un piano più generale, resta insoluto il problema di uno sfruttamento diversificato e razionale del vapore, nei settori chimico e agricolo. Si dice che Enel ed Eni siano acerrimi nemici. Non a caso si stanno muovendo guerra per i Permessi di ricerca. Ma non è assurdo che due Enti di Stato, anziché collaborare stiano a litigare in un momento di crisi come questo?
Ed anche verso gli Enti Locali: basta con le promesse generiche e gli accordi sulle questioni marginali. Se l’Enel vuol veramente cedere il vapore che non utilizza nelle centrali, ebbene lo faccia subito! Si potrebbe passare alla realizzazione di serre per fiori ed ortaggi, impiegare nuova manodopera, anche femminile, diversificare il tessuto produttivo e dare un contributo in uno dei settori (agricoltura) più importanti della Zona e del Paese, realizzando una vasto e razionale piano.
Ma anche gli Enti Locali è bene che escano dal vago. Devono formulare precise e motivate richieste, in collaborazione con le strutture pubbliche della Ricerca presenti in Toscana, in modo non solo da avere maggiore credibilità, ma di mettere in piedi, nella vertenza, insieme alle Organizzazioni sindacali, un vasto schieramento di lotta.
Dall’allargamento produttivo della geotermia (non considero in questa sede le possibilità di Eni, Salina, Smith...), potranno derivare nuovi posti di lavoro per i giovani. A questi posti di lavoro si dovrà accedere mediante concorsi pubblici e democratici, evitando gli sprechi sociali e dando a ciascuno la possibilità di realizzarsi attraverso l’utilizzazione piena delle capacità intellettuali e professionali. Certamente, i problemi degli sbocchi occupazionali legati alla professionalità e al livello di studio, non si risolveranno completamente. E’ venuta comunque l’ora di dire chiaramente che non può essere solo l’Enel il traguardo finale. Occorrerà uno sforzo per diversificare, per trasformare l’Istituto tecnico industriale di Pomarance, per riformare tutta la scuola secondaria in modo da renderla all’altezza delle necessità future nell’industria, nei servizi, in agricoltura, nell’artigianato.
Spero di aprire, su questo argomento, la discussione tra tutti gli abitanti della Valdicecina sensibili ai problemi di fondo della nostra Zona.




[1] Intervento di gc alla Camera del lavoro di Pomarance, ottobre 1976. A partire dal 21 aprile 1976, con il n. 0, iniziano le pubblicazioni mensili di “Informazioni Fidae-Cgil Larderello” ed in mancanza di indicazioni tutti gli scritti di gc ssno stati pubblicati sul “giornalino”.
[2] Area geotermica: ampio territorio in cui sono localizzate numerose manifestazioni termali connesse con il calore interno della terra e tali da presentare prospettive di sfruttamento per fini diversi.

giovedì 27 luglio 2017


Montecastelli Pisano, "La buca delle Fate" tomba etrusca di epoca villanoviana ca. 900-750 B.C.



Interno della "tomba"


Antiquarium di Sasso Pisano, epoca etrusco-romana.




L'iscrizione in tre lettere etrusche sta a significare l'appartenenza, non ben chiarita se di Volterra o Populonia..


Populonia, Golgo di Baratti. Forni fusori etruschi.

La necropoli di Tarquinia

THE ETERNAL ETRUSCANS.


In the small town of Castelnuovo Val di Cecina you will find the remains of Etruscan civilization: a large chamber tomb dating to the 7th century. B.C. Of the Villanova era and one of the largest thermal centers of the Etruscan-Roman age. The nearby town of Volterra contains the most evocative elements of Etruscan civilization: the Guarnacci Museum, the Wall, the Door to the Arch, the necropolis and the rocky tombs. We are here, in the center of the Metallifers Hills, the treasure of the Etruscans.

mercoledì 26 luglio 2017





Spinola, Stucchi Prinetti, Vargiu, Piredda. I 4 della piccola banda di Ariano.


Maria Luigia Guaita (Pisa, 1912 – Firenze, 2007).

Nel mese di maggio dell’anno 2003 uscì la seconda  e definitiva edizione della mia ricerca “La piccola banda di Ariano. Storie di guerra e di Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane (1940-1945)”.  Un volume di 450 pagine con molte illustrazioni e con vaste note in caratteri piccoli, per non ampliarne la mole.  Il volume non era in commercio ma esclusivamente riservato ai patrocinatori della ricerca che era iniziata  prima dell’anno 1964 e si era conclusa nell’anno 2001. Delle 1800 copie me ne sono rimaste solamente tre copie per i miei familiari. Dal 2003 ad oggi (2017), anche sulla spinta di questa immane ricerca, molte altre opere di autori diversi, si sono aggiunte sul tema della Resistenza, della guerra, delle biografie e delle immagini di quei tempo, opere altrettanto importanti per la storia locale, si che una ristampa della “Piccola banda di Ariano” è improponibile, senza un lavoro di totale revisione del testo, lavoro che dovrebbe essere frutto non di un solo ricercatore ma di un gruppo di ricercatori. Scrivo queste cose per rispondere alle continue richieste che mi vengono indirizzate, con l’invito alla ristampa!

Rileggendo il libro mi rendo conto, dopo quasi venti anni, delle novità che tale lavoro conteneva: storie minori e poco note della Resistenza; biografie dei partigiani uccisi dai nazifascisti; pubblicazione di un “diario” partigiano scritto durante il succedersi degli avvenimenti; biografie dei Comandanti partigiani; storie di tre donne combattenti; una cronologia accurata delle stragi nazifasciste; la vicenda del Campo di Concentramento per ebrei allestito dalla RSI a Roccatederighi; le vicende “tipo”, attraverso le biografie, di quattro internati militari italiani in Germania; alcune biografie di “gente comune” che rischiò la propria vita per la liberazione dell’Italia dal fascismo. Infine molti interrogativi, vicende, spazio per “le altre morti”, e un ragguardevole apparato di note capitolo per capitolo, indici esaurienti delle fonti edite ed inedite, dei nomi di persona,  e una accurata bibliografia. Mi soffermo sull’inserimento nel libro delle vicende di tre donne: Norma Parenti, Lina Tozzi e Maria Luigia Guaita.

Incontrai Maria Luigia Guaita a Firenze, presso la stamperia Il Bisonte, nel quartiere S. Niccolò, nel 1998. Avevo letto il suo volumetto “La guerra finisce la guerra continua”  pubblicato  nei Quaderni del Ponte-La Nuova Italia  nel 1957, l’anno della prima edizione. In esso c’era un capitolo dal titolo “Le Cornate”. Si tratta delle montagne che fronteggiano il mio paese, Castelnuovo di Val di Cecina,  sulle quali operarono tre Brigate partigiane, la Spartaco Lavagnini, la XXIII Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia” e, in misura minore, la III Brigata Garibaldi Camicia Rossa. Mi dette il dattiloscritto di questo capitolo, non avendo copie del libro che mi sono procurato molto più tardi (per fortuna) con  una dedica e autografo di Maria Luigia, in più una sua fotografia che, mi disse, la ritraeva in una posa molto “battagliera”. E Maria Luigia, nata a Pisa l’11 agosto 1912, e al tempo della nostra chiacchierata  aveva circa 86 anni, che non dimostrava, lo era davvero. Riteneva che ciò fosse dovuto all’amore per il lavoro (dirigeva una prestigiosa stamperia d’arte con Centro Culturale e Scuola Internazionale di specializzazione per la grafica, poi trasformatasi in una Fondazione da lei diretta). Non aveva dimenticato le sue lotte per la cultura e la libertà, né i tempi eroici della sua attività partigiana, collaboratrice del “Mondo”, aderente a Giustizia e Libertà e poi al Partito d’Azione, amica di Parri  e di Pertini e dei più prestigiosi intellettuali fiorentini. Parri la definì “una delle staffette più brave, ardite, estrose e generose, della resistenza fiorentina.”

Sono orgoglioso di averla conosciuta, di avere alcune opere del “Bisonte” e di averla inserita nel volume “La piccola banda di Ariano”. Alla sua morte nel 2007, il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici la ricordò  affermando che “con lei scompare una delle personalità più rappresentative  della nostra città”. Una donna della Resistenza.
Resteranno memorabili  le parole di Maria Luigia Guaita, per l’amara percezione della fine prematura del Partito d’Azione e per il progressivo appannamento dei valori e delle speranze che animarono uomini e donne della Resistenza: “…se devo necessariamente adoperare le parole che esprimono i concetti di libertà e di giustizia, ho un attimo di esitazione. Giustizia e Libertà mi ha cantato troppo nel cuore, per tutti gli anni della lotta clandestina.  Allora mi sforzavo soltanto di essere disciplinata, ma sempre con un sottile struggimento di non fare abbastanza, anche per le perdite dolorose di tanti compagni, i migliori; e ognuno di loro si portava via una parte di me. Venne la Liberazione: affascinata da questa parola sperai nell’affermarsi delle forze socialiste. Poi le giornate di Roma, il Congresso al Teatro Italia. Ricordo Ragghianti, che tratteneva Parri per la giacchetta, il volto duro e caparbio di Carlo, quello tagliente e tirato di Pippo, la dialettica di La Malfa: il crollo del Partito d’Azione. Pensavo che il sacrificio di tanti compagni (e così di nuovo mi bruciava nel cuore  il dolore per la loro morte) sarebbe stato sufficiente a disciplinare le forze, attutire gli screzi, frenare le ambizioni”. Come è noto questo non avvenne e il PdA si sciolse nel 1947.

Ed oggi?  Non abbiamo imparato niente dalla storia.

martedì 25 luglio 2017



In aprile ho pubblicato La farfalla", con l'immagine delle sue verdi ali.  In luglio ecco il giallo delle stoppie, poi a novembre ci sarà il colore della terra, bruno; spero infine veder la magia bianca della neve!

La farfalla.

Da quattro lati guarda la mia casa:
a sud il crinale con le seghettate cime degli abeti,
luogo che mi riporta agli anni
della breve e sognante giovinezza;

a nord la torre fumante di bianco vapore
che indica la direzione del vento,
 a sua intensità ed anche l’alta o la bassa pressione
foriera di un cielo sereno o di pioggia imminente;

ad ovest, il più soleggiato, dov’erano un tempo
i campi di grano e la grande quercia antica,
ci sono quattro palazzi e una via
con due panchine, dove giocano
i bambini, stanno le comari a frascheggiare,
e cicaleggiano immigrate albanesi e marocchine.

Al di là, verso il monte, 
ed oltre quello il mare, un cippo
al piede d’un fico dottato,
ci ricorda quattro partigiani fucilati
dai nazisti, ma più mi opprime una
finestra buia, dove due cari amici
trovarono la morte per non sapersi amare;  

ad est, il lato a me più caro,
quello, per capirci, dove ammirare Cassiopea
e il profondo cielo stellato, il sorger  misterioso
della luna e, talvolta, il dolce color d’oriental
zaffiro che nel mattino sereno d’inverno
brilla sulle innevate vette del Casentino.

Affacciati al balcone ho mostrato
a una giovane amica, la grande farfalla
fuggita dal cielo, con le ali aperte,
verdi di grani, in questa stagione di boschi
ancora spogli, ma saranno poi gialle
e dopo brune, infine bianche di neve e brina;
essa scandisce il tempo mio che il cuore
non affanna, e solo il ricordo infiamma.

Stupita di questo segno arcano
che non gode da una via di città serrata,
ma che non può condividerlo,
troppo lontana,timidamente m’ha sussurrato:

sei fortunato amico mio e chi t’ama.

domenica 23 luglio 2017


PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 25.


40. Ai compagni attivisti[1]

         L’attuale fase storica in Italia vede sul tappeto i grandi problemi di fondo della società, tra i quali si evidenzia quello dell’unità organica dei lavoratori e delle Organizzazioni sindacali. E’ pertanto necessario compiere un serio sforzo per estendere la presenza sindacale in tutti i posti di lavoro, per elevare la coscienza politica dei lavoratori, e in particolare dei delegati di reparto che dovranno diventare sempre più la vera struttura sindacale unitaria dentro la Fabbrica.
         Siamo consapevoli della volontà unitaria della Cgil e della Fidae e pertanto un rafforzamento del nostro sindacato può accelerare, in un momento nel quale si profilano serie difficoltà all’interno della categoria, questo processo. Abbiamo conseguito negli anni 1973 e 1974, come Fidae di Larderello, grandi successi reclutando 235 nuovi iscritti e passando, nel reclutamento, al secondo posto in Toscana, preceduti solo da Firenze. Complessivamente in Toscana abbiamo incrementato di 635 iscritti la forza della Fidae che rafforza così la sua maggioranza (55%) rispetto alla Flaei (38%) e alla Uilsp (6%).
         In tutte le province, tranne Pisa, siamo il sindacato maggioritario segno che intorno alle nostre proposte unitarie, alla nostra intraprendenza organizzativa, alla nostra coerenza nelle lotte, si allarga sempre di più il consenso dei lavoratori e, in particolar modo, dei giovani. Da questa forza ci derivano notevoli responsabilità alle quali potremo far fronte solo con un impegno maggiore da parte di tutti gli iscritti, ma soprattutto degli attivisti e con un ulteriore allargamento della base organizzata. Dopo i successi riportati notiamo un rallentamento nell’azione di reclutamento, azione che deve essere, come sempre, condotta alla luce del sole, senza demagogie e false promesse, rispettosa delle idee dei lavoratori ed estremamente corretta nei confronti delle altre Organizzazioni sindacali. In questo spirito vi invitiamo a riesaminare attentamente sui posti di lavoro l’impegno organizzativo per fare compiere un nuovo balzo in avanti alla Fidae-Cgil, nell’interesse generale di tutto il movimento.


 41. Noterelle sui problemi della geotermia (settembre 1975)[2]
  
1)    Per il concatenarsi di numerosi recenti avvenimenti, il principale dei quali resta la maggiore difficoltà per il nostro Paese di disporre di prodotti energetici d’importazione a basso costo, si è risvegliato un generale interesse per le fonti nazionali di energia, e in particolare per quella d’origine geotermica, fonte che da sempre ha rappresentato per l’Italia un primato mondiale.
2)    Questo generale interesse ha coinvolto sia il mondo scientifico, sia quello politico, sia l’opinione pubblica e gli organi di informazione hanno dato molto spazio alla questione energetica (Il Popolo, Il Corriere della Sera, Il Messaggero, L’Unità, L’Europeo, La Nazione, Il Sole 24 Ore, Il Telegrafo, Paese Sera...).
3)    Generalmente la stampa non ha risparmiato critiche al Governo ed all’Enel. In primo luogo per la subordinazione della politica energetica italiana alle multinazionali del petrolio, in secondo luogo per non aver sviluppato le risorse nazionali (acqua, gas, geotermia). A detta dei commentatori l’Enel ha gestito la geotermia in modo burocratico ed apatico, causando dequalificazione a livello scientifico e perdendo il primato che la società “Larderello” aveva conquistato su scala mondiale (Produzione: 1971 2,664 Mdi/kw/anno; 1972 2,582; 1973 2,480, 1974 2,502).
4)    Attraverso una struttura organizzativa inadeguata, causa permanente di conflittualità interne, l’Enel ha cercato di emarginare la geotermia, relegandola a fenomeno quasi folkloristico, del tutto trascurabile e di limitate potenzialità produttive, comunque una risorsa non suscettibile di contribuire al superamento del gap energetico.
5)    La stesura del “Piano energetico nazionale” ha trovato l’Enel impreparato a formulare validi e credibili programmi a medio e lungo termine. Per il breve termine, purtroppo, non c’è più nulla da fare. Nel settore geotermico assistiamo ad un perdurante vuoto di idee e iniziative concrete.
6)    Il fatto nuovo è la possibilità che l’Enel perda il monopolio nel settore della geotermia. Infatti nella bozza di “Piano energetico” vengono attribuiti compiti importanti all’Eni.
7)    Vi sono molte ragioni per ritenere che la forma mista Enel-Eni, joint-venture, così  come tratteggiato dal “Piano” sia causa di ulteriori conflitti, di sprechi e di ritardi operativi perdurando l’attuale quadro politico alla direzione del Paese.
8)    Può l’Enel affrontare seriamente, con successo, la ricerca, la coltivazione e lo sfruttamento su scala nazionale delle risorse geotermiche, assolvendo il ruolo di operatore unico che anche il “Piano energetico”, ambiguamente, introduce? Pensiamo di si, se si realizzeranno le seguenti condizioni:
a)     struttura unitaria che sia preposta alla geotermia nell’ambito Enel. Potere decisionale e sufficienti investimenti. Adeguamento degli organici per i settori della ricerca, perforazione, manutenzione, produzione. Rinnovamento dei macchinari elettrici. Acquisto di nuovi gruppi generatori. Potenziamento parco sonde e parco logistico.La struttura di Larderello, unificata, dovrebbe costituire il nucleo principale dell’organismo geotermico nazionale.
b)    elaborazione di un ampio programma di ricerca delle forze geotermiche sul territorio nazionale che preveda la collaborazione del Cnr, delle Università, dell’Eni e delle Regioni.
c)     elaborazione di un programma di sfruttamento che contempli:

-         le possibilità di produzione di energia elettrica dal vapore surriscaldato;
-         le possibilità di produzione di energia elettrica da miscele vapore-acqua;
-         le possibilità di produzione di energia elettrica da acqua calda.

Questo programma dovrebbe essere attuato in collaborazione con il Cnr, i Centri di ricerca universitari ed il Settore elettromeccanico a proprietà pubblico-privata.

d)    elaborazione di programmi per la messa a punto di tecnologie avanzate nella creazione di campi geotermici
 artificiali, in collaborazione con gli esistenti Istituti pubblici, italiani e stranieri.
Programmazione dello sfruttamento a fini non elettrici dei fluidi geotermici da attuarsi con apposite convenzioni tra l’Enel, Regioni interessate e le Aziende pubbliche (Eni), operanti quest’ultime nel settore chimico.
e)     democraticizzazione dell’Ente, suo decentramento e ruolo partecipativo delle Organizzazioni sindacali alle scelte strategiche. Controllo attento del Parlamento sull’Enel e sull’Eni.
f)      rilancio della politica geotermica a partire dalla formazione di nuovi quadri tecnico-scientifici all’interno delle Università; dall’elevazione professionale del livello dei lavoratori; dalla riconsiderazione dei ruoli fondamentali della ricerca e delle tecnologie avanzate; da rapporti di collaborazione internazionale volti a porre di nuovo in campo mondiale la preminenza del peso dell’esperienza italiana in tutti i settori dello sfruttamento delle risorse geotermiche per consentire nuovi sbocchi di mercato ad importanti Aziende nazionali.
9)    Le Organizzazioni sindacali, le forze politiche e sociali della “Regioni Boracifera”, hanno una ricca tradizione di lotte e di impegno per conseguire lo sviluppo delle “forze endogene”, sviluppo non visto circoscritto ai Comprensori toscani, ma considerato quale componente di notevole importanza per l’economia nazionale.
10)           Un filo rosso lega le lotte per la nazionalizzazione della ex “Larderello SpA” a quelle per la democraticizzazione dell’Enel, per una piena valorizzazione delle risorse geotermiche e per l’incremento occupazionale.
11)           Al pari di altri comparti industriali ed agricoli e delle riforme sociali, il problema del mancato sviluppo della geotermia deve collegarsi a precise scelte politiche, di come cioè è stata governata l’Italia negli ultimi trenta anni.
12)           Uranio, geotermia, lignite, gas, sole, maree, vento, centri di ricerca, sviluppo della ricerca scientifica pura: sono stati sacrificati ai monopoli del petrolio, alle collusioni politico-economiche delle società multinazionali, alla dipendenza dai paesi capitalistici dominanti (Usa).
13)           L’Enel, l’altro grande imputato, oltre al Governo, non è stato che l’emanazione diretta di queste scelte politiche, l’esecutore di un piano suicida che ha portato l’Italia verso la più grave crisi energetica della sua storia. Ci sarebbe inoltre da valutare quanto abbiano pesato l’inefficienza tecnica, l’impreparazione, la corsa alle poltrone ben remunerate: caratteristiche di una classe dirigente pasciuta nei pascoli del sottogoverno democristiano.
14)           Oggi, in un quadro politico profondamente mutato, di fronte alla gravità della crisi economica e non solo economica, anche i margini delle scelte dei gruppi dominanti si sono ristretti. E’ possibile incidere su questi gruppi, cambiare i rapporti politici, gli indirizzi economici e produttivi sotto l’azione congiunta ed unitaria di un ampio schieramento di forze sindacali, sociali, politiche.
15)           E’ pertanto indispensabile che la Fidae-Cgil e soprattutto le strutture orizzontali della Cgil, si impegnino a fondo ricercando il più ampio momento unitario, per imporre alla controparte di Governo e dell’Enel un piano energetico che preveda il totale e razionale sfruttamento delle risorse geotermiche.
16)           Senza poter affrontare un discorso tecnico vorrei ricordare che oggi lo sfruttamento del calore terrestre non è più un problema locale, di Larderello, ma un problema internazionale. Tale importanza nello sfruttamento del calore non soltanto è rapportabile a quanto già realizzato in alcuni Paesi, ma dalle immense potenzialità energetiche delle risorse geotermiche per molteplici settori di applicazione (produzione di energia elettrica, serricoltura, calore per processi industriali e civili).
17)           Non è casuale che negli Usa le grandi compagnie petrolifere  abbiano messo le mani sopra le più promettenti aree geotermiche del paese prevedendo, specialmente dopo l’anno 2000, l’energia geotermica alternativa a quella nucleare. Infatti in questi ultimi anni la tecnologia e la ricerca di queste fonti hanno compiuto un notevole progresso. Non ci si limita più a ricercare il “vapore che c’è”, come siamo da sempre abituati a fare a Larderello, ma si stanno mettendo a punto progetti nuovi che artificialmente creano campi di vapore.
18)           Non è più pensabile che un solo Ente gestisca l’immenso e vario potenziale geotermico italiano. Occorrono rapporti nuovi di collaborazione tra gli Enti di Stato (Enel, Eni, Cnen, Iri) e tra questi e la ricerca applicata (Cnr) che deve avere i capitali necessari per portare a termine progetti finalizzati e con la ricerca pura (Università), nonché con le Aziende elettromeccaniche e metalmeccaniche per la messa a punto di idonee attrezzature e macchinari (Tosi, Ansaldo, Nuova Pignone, Asgen...).
19)           Gli effetti positivi per l’economia del Paese non sarebbero certamente trascurabili. Ma altri benefici non trascurabili deriverebbero al nostro Paese da un ruolo guida a livello globale nella esportazione di idee e tecnologie avanzate nel campo geotermico, considerando che ad oggi circa cinquanta nazioni si stanno attivamente interessando alla ricerca geotermica.
20)           In questo quadro è impensabile ottenere risultati positivi senza la più vasta unità, a tutti i livelli, e la mobilitazione dei lavoratori e dell’opinione pubblica, a partire dallo sciopero regionale proclamato per il 19 settembre.
21)           A mio avviso c’è stata, fino ad oggi, una sottovalutazione dei problemi dell’energia e, in particolare, dell’energia geotermica, anche da parte del nostro sindacato.
22)           Abbiamo considerato la geotermia coi vecchi parametri tecnico-scientifici, i vecchi schemi empirici dei praticoni. Se l’esplosione del soffione “Travale 22”, e le note problematiche che ne sono seguite, non ci avessero dato una mano, forse tutto sarebbe rimasto inalterato, circoscritto a problematiche esclusivamente territoriali, non certo teoriche, della “Regioni Boracifera”. L’episodio del “Travale 22” è stato emblematico per far comprendere come si sia affrontato, con l’Enel, lo sfruttamento delle forze endogene.
23)           Come Organizzazioni sindacali abbiamo elaborato documenti unitari ancora validi, e intendiamo ottenere un confronto diretto con il Governo per discutere la collocazione della geotermia nell’ambito del “Piano energetico nazionale”. Deve essere chiaro che non esistono due o tre geotermie: quella di Larderello, quella nazionale, quella internazionale, ma c’è una sola geotermia. Abbiamo anche affermato che la geotermia  non può essere soltanto patrimonio esclusivo dell’Enel, ma un bene pubblico di tutta la collettività
24)           Crediamo che le Regioni e gli Enti Locali, le Comunità Montane, le forze sociali, abbiano un ruolo, non solo di stimolo per la verifica dei programmi dell’Enel, ma di gestione delle risorse geotermiche suscettibili di sfruttamento per fini diversificati da quello elettrico, essenzialmente per una agricoltura altamente specializzata.
25)           Democraticizzazione dell’Enel vuol dire no alle passerelle regionali del suo Presidente e si ad un rapporto di pratica collaborazione con gli Enti Locali. Sappiamo bene quali e quante resistenze, politiche e burocratiche, si frappongono da parte dell’Enel a questo rapporto. Ma a nostro avviso esistono anche ritardi da parte degli Enti Locali (Regioni) non giustificabili.  Anche in questo caso c’è stata una sottovalutazione del problema che occorrerà superare.
26)           C’è una politica Comprensoriale dell’Enel che deve subire radicali cambiamenti. Intanto, in una  zona così potenzialmente ricca di risorse energetiche, quale quella a cavallo delle Province di Pisa, Grosseto e Siena (Sesta-Montalcinello-Travale) si può constatare l’inefficienza e lo sperpero organizzato di una immensa ricchezza capace di dare occupazione, infrastrutture,  sviluppo ad una vasta comunità. La lentezza, a passo di tartaruga, nelle perforazioni, il boicottaggio al soffione “Travale 22”, lo spreco di acque in ebollizione,  la chiusura di sondaggi con grandi portate di gas, l’abbandono delle ricerche delle fonti geotermiche e delle possibili soluzioni di sfruttamento, contrassegnano le scelte dell’Enel in quest’area. Le scelte in tutto il “Comprensorio Boracifero” poiché proprio in occasione dell’incontro con la Direzione Enel del Compartimento di Firenze ci è stato confermato che ancora non sono stati ordinati i nuovi gruppi generatori, da tanti anni occorrenti ed a noi sempre promessi. Richiediamo pertanto interventi precisi, che possiamo genericamente indicare in:

a)     sfruttamento completo di tutto il vapore disponibile per la produzione di energia elettrica, predisponendo l’acquisto di turbine della generazione più avanzata, anche mobili;
b)    sfruttamento completo del vapore non idoneo per la produzione di energia elettrica attraverso una convenzione con gli Enti Locali (Regioni) per usi agricoli;
c)     sfruttamento delle acque calde disponibili per produzione agricola, riscaldamento civile dei paesi ed usi termali con convenzioni tra l’Enel e gli Enti Locali interessati;
d)    programma finalizzato per la ricerca delle forze geotermiche applicando: tecnologie nuove, sondaggi profondi, fratturazione strati compatti, alimentazione rocce secche-calde;
e)     studio per costruzione gruppi generatori in modo da sfruttare fluidi  bassa entalpia[3], freon, turbine gravimetriche;
f)      potenziamento degli organici con concorsi di assunzione previsti nell’ambito delle Comunità Montane 17 e 18 ed il Comune di Chiusdino, da effettuare senza preselezione;
g)     qualificazione del personale da attuare attraverso appositi corsi teorico-pratici;
h)    abolizione degli appalti per i lavori relativi alla grande manutenzione e costruzione nuovi impianti per i quali si ravvisi un’infrazione alla legge n. 1369 e siano compatibili con l’esecuzione diretta.

Nell’ambito nazionale è evidente che si dovrà realizzare, almeno per l’Enel, una struttura  unitaria nel settore geotermico: ricerca-coltivazione-produzione. E tale organismo assumerà un ruolo strategico pregiudiziale, anche ai fini riassunti in questo documento.





[1] Lettera dts. di gc agli “attivisti” della Fidae-Cgil dell’Enel di Larderello.
[2] Appunti e riflessioni dts. di gc per gli Organi direttivi della Fidae-Cgil di Larderello.
[3] Fluidi a bassa entalpia: vapori ed acque con temperature tra i 50 ed i 130 °C.

giovedì 20 luglio 2017









ARTE A CASTELNUOVO
15 luglio – 15 agosto 2017.

Abbiamo a Castelnuovo di Val di Cecina, tra le tante cose belle, un complesso edilizio di grande suggestione, del quale una parte importante si affaccia sulla via principale, Via della Repubblica (facciata e prospettiva del giardino sullo sfondo degli alberi secolari del Serrappuccio), ed un’altra parte, più nascosta, alla quale si accede dal “Vicolo del Serrappuccio”,  che offre la visione di una prospettiva insolita sia del bosco che del  sapiente recupero urbanistico del complesso edilizio e del centro paesano. Si tratta di uno dei palazzi più notevoli dell’Ottocento e risulta posseduto da un ramo della famiglia Birelli, della quale Leopoldo, fu per decenni Sindaco del Comune. Le iniziali L-B, si possono osservare ancora sul ferro battuto del cancello di ingresso al giardino.  Ho passato molti anni della mia vita in queste case e boschi, anzi sono nato in una casupola del Serrappuccio e vi sono tornato ad abitare negli anni ’50, fino al 1964. Ero un inquilino di Lorenzo Dell’Agnello, allora proprietario, mio collega di lavoro e amico. Nonostante la differenza di ceto la famiglia Dell’Agnello è sempre stata in amicizia con la nostra.  Ho lavorato all’Ufficio Geologico della Larderello con Lorenzo e poi  a stretto contatto nel Settore Minerario. Ho avuto un simpatico rapporto con lui, e può sembrare strano per quei tempi di forti contrapposizioni politico-ideologiche, in quanto io ero un giovane comunista e lui uno dei pochi iscritti al Partito Liberale Italiano! Era un uomo buono, simpatico, ricco di storie e aneddoti, e insieme abbiamo fatto tante risate.
Adesso, dopo la sua morte, il complesso edilizio è passato alla figlia, Rosalia, che amava tanto. Rosalia è laureata e pittrice. Suo marito, Claudio Bruni, laureato in lettere, è un noto pittore che ha partecipato fin dagli anni ’90 a numerose personali e importanti mostre collettive. Hanno sempre vissuto a Castelnuovo. In Via della Repubblica al n. 53 si apre uno dei grandi “fondi” del palazzo, nel quale, ormai da anni, i due artisti espongono le loro opere più recenti, insieme ad alcune del passato. Il grande salone è stato recentemente ampliato e presenta un magnifico colpo d’occhio!  Le opere si potranno ammirare dal 15 luglio al 15 agosto 2017. Esse si inseriscono in un vasto ambiente sapientemente e sobriamente arredato, entro magnifiche cornici che mettono  ancor più in risalto la luminosità dei colori e la bellezza dei dipinti di grande formato.
Quelle di Claudio sono opere figurative e astratte, dipinte su tela con tecniche  tradizionali (olii) e tecniche miste (smalti, tempere, acrilici…); si tratta  per lo più di opere nuove e inedite che abbracciano gli ultimi due anni (2016-2017); quelle di Rosalia appartengono in parte all’ultimo periodo creativo ed in parte ripropongono un confronto con quelle del passato. In questo caso le opere, su carta, con motivi floreali, marini e di paesaggio, son dipinte con pastelli o olio, e i colori chiari risaltano deliziosamente sui fondi neri.

I due artisti sono principalmente persone riservate e gentili, ed offrono ogni anno, ai paesani ed ai turisti e amanti dell’arte, la gioia di poter ammirare i loro lavori in un ambiente inconsueto ed unico. In più non assillino gli ospiti con quotazioni e proposte di vendita, ma desiderano condividere con i visitatori le loro emozioni.  E’un’occasione da non perdere!

mercoledì 19 luglio 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 24.


38. Incontro con la Direzione Enel del Compartimento di Firenze (15 gennaio 1975)

         La partecipazione al recente convegno sindacale sulla geotermia da parte dei vertici dell’Enel deve essere salutato come un fatto positivo. Ci attendiamo adesso, oltre i pronunciamenti, un grosso sforzo per il Settore Geotermico che coinvolga in prima persona l’Ente stesso e i propri Organismi: Co.Fi, Dsr, Crg, Geomineraria, Smi, ma che, al contempo, allarghi la collaborazione organica ad altri Istituti e Centri di ricerca (Università per la ricerca pura, Cnr per quella applicata) dando vita al “Centro Operativo ricerca e sfruttamento” come richiesto da tempo da parte delle Organizzazioni sindacali.
         Certo, allo stato attuale, non vediamo come sia possibile, date le strutture disponibili, affrontare in modo più incisivo e nuovo la ricerca geotermica su scala nazionale e la coltivazione nelle zone tradizionali.
         E’ mancata una valida politica delle assunzioni, una adeguata preparazione del personale, che, insieme alla carenza di attrezzature ed a difficoltà di rifornimento di materiali, fanno dubitare sulla realizzazione dei programmi operativi a noi presentati.
         Noi crediamo che non siano sufficienti le lettere natalizie del prof. Angelini, con quello di positivo, ma anche folcloristico che contengono, per affermare che finalmente l’Enel ha una “politica geotermica”. Se oggi si pensa ad un sistema alternativo per riscaldare Roma, noi diciamo che sono anni che nella “Regioni Boracifera” abbiamo avanzato proposte di impiego plurimo dei vapori endogeni e delle acque calde, onde poter dare notevoli contributi economici ed occupazionali alla intera Valdicecina ed alle Colline Metallifere Toscane.
         Oggi è forse finito il tempo delle denunce sulle cose che potevano essere fatte e non lo sono state. La crisi energetica ha messo al nudo un tipo di conduzione Enel profondamente errata e non rispondente alle esigenze del Paese. Sarà difficile uscirne fuori senza un ricambio degli uomini che gestiscono l’Ente ed un rinnovamento delle linee politiche generali, sul piano economico, tecnico e morale.
         La geotermia, relegata per tanti anni all’ultimo posto tra le fonti energetiche, vive il suo momento magico. L’occasione non deve andare perduta per incapacità, reticenze o per quel tipo di mentalità, assai diffusa, sempre contraria alle sperimentazioni, alle innovazioni, al futuro, per custodire una “poltrona” o un interesse ristretto.
         Le oo.ss., come hanno dimostrato in questi anni, saranno sempre disponibili a dare il loro apporto per andare avanti, in una visione globale e nell’intresse della collettività. Saranno anche disponibili, credo, a dare fiducia ai “quadri tecnici” che operano in geotermia, ma sicuramente non per quel cambiamento che vuole lasciare tutto uguale. In tal caso le responsabilità sarebbero veramente non solo assurde, ma ingiustificabili.

39. L’unità sindacale[1]

          Brevemente voglio esprimere il mio punto di vista sulla relazione presentata unitariamente a questa Assemblea, riferendomi in particolare ai modi di realizzazione dell’unità sindacale. La relazione è un valido contributo non solo al dibattito, ma alla crescita dei rapporti unitari in una sempre maggiore chiarezza e la condivido pienamente valutando l’impegno profuso per uscire dalle secche di rigide contrapposizioni ideologiche.
         Tuttavia, mi sembra di avvertire, nella relazione e nell’intervento dell’amico Lando Cellai[2], una preclusione di fondo al progetto unitario: cioè la paura di una egemonia politica, partitica, sul sindacato. Credo che nessun sindacato unitario potrebbe vivere in presenza di tale condizione, e mi pare che dal 1969 ad oggi molta strada sia stata percorsa per stabilire rapporti di corretta collaborazione tra sindacato e partiti politici, Enti Locali, Governo. Il sindacato elabora e porta avanti sempre più autonome linee di politica sociale ed economica. Certo, non tutte le condizioni ottimali si sono verificate. Permangono ancora all’interno di alcune Organizzazioni sindacali divisioni in correnti, talvolta c’è acquiescenza alle linee governative, talvolta si avvertono influenze di varie forze politiche. Per come si sono formate le Organizzazioni sindacali in Italia, per la storia stessa degli ultimi trent’anni, queste condizioni negative non spariranno ad un colpo di bacchetta magica. Il sindacato è fatto da uomini, i suoi quadri dirigenti si son formati spesso fuori dalle sue strutture, e non è pensabile ad un totale sdoppiamento tra impegno sindacale ed impegno politico. Ma è sul campo dell’azione, che il ruolo del sindacato deve essere autonomo e collocarsi esclusivamente a difesa degli interessi della classe lavoratrice, comprendendo in questo termine tutti i ceti produttivi del nostro Paese.
         Non possiamo attendere che tutte le condizioni favorevoli all’unità siano realizzate al momento della partenza. Non partiremmo mai. Le condizioni si realizzeranno solo nel comune impegno unitario, lungo il cammino, in un confronto aperto, rispettoso delle diversità di ideologia e di impostazioni strategiche. Per questo è opportuno accelerare la costruzione di strumenti di democrazia di base, i Cud i Cdz, e dare loro funzionalità ed autonomia.
         Non credo si possa porre oggi, subito, il problema di considerare come unico rappresentante del sindacato il Cud per quanto riguarda la Fabbrica ed il Cdz per quanto riguarda il territorio, ma è certo che dovremmo porci, nei prossimi mesi l’obiettivo di una graduale eliminazione delle strutture storiche delle Organizzazioni sindacali (Confederazioni, Patto federativo, Camere del Lavoro ecc.), dando spazio a nuove strutture elettive con la partecipazione di tutti i lavoratori, iscritti o non iscritti al sindacato.
         L’unità della classe operaia sta troppo a cuore ai lavoratori, è un progetto troppo importante perché si possa ancora rimandare nel tempo la sua realizzazione. I lavoratori hanno sperimentato sulla loro pelle cosa vuol dire essere divisi per interessi di ristretti gruppi dirigenti, tenacemente abbarbicati sugli opposti steccati.
         Non possiamo negare che c’è nel Paese un confronto di posizioni sul tema dell’unità. Lo abbiamo visto ai lavori dei Consigli Generali Cgil-Cisl-Uil in svolgimento. Ci sono anche nemici giurati dell’unità sindacale (che non vogliono, a nessuna condizione), come ci sono coloro che vogliono l’unità, ma soltanto a parole. Infine ci sono anche lavoratori e dirigenti onesti che pur volendo l’unità non la ritengono attuabile a breve termine, che chiedono maggiori garanzia di democrazia ecc. ecc. Ebbene, con questi lavoratori, con questi dirigenti noi dobbiamo discutere apertamente, collaborare, costruire pazientemente giorno per giorno l'unità, senza lanciare scomuniche.
         Forse dovremo tutti spogliarci da preconcetti ideologici per dare ulteriore slancio al cammino unitario che ritengo irreversibile (e qualora così non fosse gravi danni deriverebbero ai lavoratori ed alla nostra democrazia) e imparare a stimare “gli altri”, non perché la pensano come noi, ma per le idee diverse di cui sono portatori.
         L’estensione e l’autonomia degli Organismi elettivi dal basso (Cud, Cdz) è il cammino obbligato per misurare, al di là delle parole, la volontà unitaria di tutti noi. Per questo dobbiamo parlare chiaro ai lavoratori, pena pericolosi disorientamenti, anche se ciò potrà suonare con una certa durezza verso talune posizioni pretestuosamente antiunitarie, ma non dobbiamo dimenticare, e i fatti di Milano e di Firenze[3] ce ne danno tragica conferma, che procedere sulla strada dell’unità significa anche tagliare al fascismo e al terrorismo l’erba di cui si nutrono.



















[1] Intervento di gc all’assemblea dei Cd delle oo.ss Fidae-Flaei-Uilsp di Larderello e dei delegati di reparto con la Federazione Cgil-Cisl-Uil territoriale dell’Alta Valdicecina, svoltasi  a Pomarance il 18 aprile 1975.
[2] Lando Cellai (Lucca,      - Volterra      ), valido tecnico alle dipendenze della “Larderello SpA” e poi dell’Enel, dirigente sindacale della Flaei-Cisl, è stato da sempre, fino alla sua prematura morte, uno dei miei migliori e più cari amici.
[3] Il 16 marzo viene ucciso a Milano, dai neofascisti di Avanguardia Nazionale, il diciottenne Claudio Varalli. Seguono dure proteste e scontri con la polizia e Giannino Zibecchi, insegnante di educazione fisica, sarà travolto ed ucciso da una jeep. Il 18 marzo, durante le manifestazioni di protesta che si svolgono in tutta Italia, è ucciso a Firenze Rodolfo Boschi, di 22 anni, iscritto al Pci.