sabato 28 febbraio 2015





PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

Nota finale.

Nel riproporre sul blog le principali pubblicazioni, per avere io stesso un “promemoria”,  più che per farne pubblicità, dato che esse sono praticamente tutte esaurite, ho omesso molti altri scritti, apparsi su giornali e riviste:

Saggi editi                                                                 n.  76
Articoli vari su giornali e riviste                              n. 337


Le illustrazioni a questo post si riferiscono al Catalogo degli autori della Associazione Toscana di Storia Usi e Costumi Locali, ed alla realizzazione del Calendario dei Luoghi della Fede nel territorio del Comune di Castelnuovo di Val di Cecina,  ai quali ho collaborato, entrambi editi nell’anno 2000.


PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XXI)

2014,  ottobre. Esce il 5° libriccino di 45 poesie, presso la Grafitalia di Sandro Gherardini, in 348 copie, numerate, “Grazie alla vita”, brossura ril. cop.na a colori, pp. 80, opera non in commercio, riservata agli amici e amiche di Carlo, prenotata in anticipo via web e rapidamente esaurita! Ripropongo la “premessa”:


Quando un principe sta per parlare, si deve tacere. Così scrive Franz-Xavers Kappus da Berlino nel giugno 1929, dando alle stampe  le ormai famosissime dieci “Lettere a un giovane poeta”, che R. M.  Rilke gli aveva scritto tra il 1903 ed il 1908. Dunque, perché questo nuovo libriccino? Avrei dovuto tacere. Ma, proprio prendendo spunto dalle lettere, e dall’idea di Rilke sulla poesia, mi sono ancor più spinto, nell’esplorazione della mia anima e della sua memoria profonda, proseguendo nella scrittura e nella creazione poetica, andando, come dice il Poeta, di stupore in stupore: “…le opere d’arte sono di una solitudine infinita; solo l’amore può afferrarle e custodirle. Lavorare con calma e umiltà. Attendere con pazienza l’ora della nascita, di un nuovo chiarore. L’arte esige tanto dai suoi semplici fedeli quanto dai creatori. Il tempo, per lei, non è una misura. Un anno non conta: dieci anni non sono niente. Essere artisti non vuol dir contare, vuol dire crescere, come l’albero che non sollecita la sua linfa, che resiste fiducioso ai grandi venti della primavera, senza temere che l’estate non possa venire. L’estate viene.  Ma non viene che per quelli che sanno attendere, tanto tranquilli e aperti come se avessero l’eternità davanti a loro”. Lo imparo tutti i giorni a prezzo di sofferenze che benedico. La pazienza è tutto. E’ stato proprio Rilke a farmi incontrare con Jacobsen, Tove, Waldemar,  Schönberg e i suoi Gurrelieder, e con il Cantico dei Cantici. Dalla meraviglia di questi incontri e dalla pazienza dell’attesa, sono nate le liriche del poemetto “Agnes e Martin” e quelle raccolte nei quaderni “Canto ciò che si perde” ed “Ultimi palpiti”, dai quali ho tratto i testi riuniti in questo libriccino. 

venerdì 27 febbraio 2015




PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI.

(XX)


2014, aprile. In occasione della celebrazione del 70° anniversario della Liberazione del Comune di Castelnuovo di Val di Cecina dal nazifascismo, ad opera dei soldati americani della V Armata,  è uscito, con una pregnante introduzione del Sindaco e mio amico, dott. Alberto Ferrini, il breve saggio storico “Ora son fiore, ombra, albero, vento…Partigiani sardi nelle Colline Metallifere Toscane: Alfredo Gallistru, Francesco Piredda, Vittorio Vargiu”, stampato impeccabilmente dalla Grafitalia, di Sandro Gherardini, br. ril. pp. 104, tiratura 700 copie, non in commercio ma distribuite gratuitamente ai presenti alle celebrazioni ed in parte dall’autore. Un’opera accurata e molto richiesta, anche in un ambito più ampio, in particolare in Sardegna.



PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XIX)

2012, esce per i tipi della Grafitalia di Sandro Gherardini  il mio terzo volumetto di poesie e prose, “Viandante nella memoria”, br. rilegato, cop.na a colori, pp. 80, contenente 29 prose e 37 poesie, opera non in commercio di 200 copie, ma riservata agli amici ed amiche e subito esaurita. Riporto la “premessa”:


 
Ho conservato le testimonianze dei grandi poeti italiani del ‘900, di come hanno scoperto di possedere “il dono” della poesia e di come l’abbiano amata per tutta la vita. Non ho mai provato invidia verso di loro, l’ho accolti tutti dentro me, con struggente tenerezza. Talune volte gli ho confidato le mie ansie e le mie gioie. Altre mi sono fatto contaminare, in un colloquio ininterrotto. Nel mio taccuino segreto mi sono domandato spesso se i miei impulsi e le relative tracce d’inchiostro sulla carta fossero “poesia”, musica della parola che usciva da un’anima “vestita di luce”, come avrebbe detto Seifert. Ormai vecchio li amo più che mai, dato che non chiedono nulla, ma sono soltanto uno specchio magico, sorgente di speranzose attese. Ciò è straordinario ed anche inquietante, se si vuole. Nel libro che stai leggendo ci scorre il torrente di “meravigliamenti”, trepidazioni e amarezze del “camminare” nel mondo reale ed in quello della creatività. E’ un’edizione riservata ai soli amici ed alle sole amiche che, il più delle volte, mi hanno accompagnato e mi accompagnano in questo cammino. Ma non sarà il canto del cigno. Lo spero. Ho in mente alcuni progetti che mi incoraggiano a scrivere, se non altro per contribuire a dare risposte alla domanda posta da illustri storici: “2060, con quali fonti si farà la storia del nostro presente?” Cioè, dove attingeranno nel 2060 gli studiosi le loro fonti e con quali strumenti? Oggi i documenti cartacei sono spesso sostituiti da documenti digitali e dalla comunicazione in rete: cosa rimarrà allora dell’immensa mole di dati che si depositano dentro e fra i computer? Con quali criteri si potrà operare una selezione? Cosa intendiamo conservare per i posteri, in quanto “memorabile” e cosa lasciamo loro inconsapevolmente? Tutti temi di un Convegno di studi che si è tenuto recentemente a Torino, come mi ha gentilmente segnalato Loretta Veri dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, nel quale è conservata la mia modesta autobiografia (1938-1963), forse anch’essa, tra cinquanta o duecento anni, memorabile? Insieme alle tante altre storie di gente semplice della mia Comunità che ho raccolto?” In questo libro il lettore troverà dunque, oltre ad alcuni testi più antichi, gli ultimi scritti di un poeta, con la speranza che essi ridestino emozioni accese da non dimenticati bagliori di ideali lontani. Niente di più.” 

PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XVIII)


2010, aprile. Ho lasciato trascorrere il secondo anniversario della mia “creatura elettronica”, il blog LA VITA LARGA. Recentemente ho mostrato due post e l’incipit ad un amico poeta venuto a trovarmi.  Non credo alle premonizioni, ma voglio resuscitare quanto scrissi quel 12 giugno 2007: “Ciao. Inizio questa nuova avventura nel mondo anaffettivo della comunicazione virtuale. Mi vengono in mente, adesso, soltanto le parole di Goethe nel Faust: "Vuoi tu volare e temi le vertigini?". Proprio così. Ma ormai volo, volo e ho le vertigini!” Da due mesi, novello Icaro, ero precipitato sulla dura terra infrangendo, nella caduta, un sogno. Ma la scia luminosa della cometa Swan era ancora visibile nel cielo nero, sentivo che il suo riflesso, benché freddo e sempre più lontano, non mi avrebbe abbandonato. In quel riflesso confuso percepivo  l’ansia di rincorrere l’ineffabile della bellezza, che, come fa, assorbe tutti gli altri sentimenti. Volevo vivere in “larghezza”, anziché in altezza, per vedere se ancora sapevo creare versi, come nella mia giovinezza, ch’era un tornare all’innocenza perduta ed al meravigliarsi della vita. Il volo fu lento, grave. E le vertigini non mancarono. Ma adesso volo sicuro ben sopra le nubi, vedo in basso l’affannarsi degli uomini e benché il mio cuore sia incline alla pietà, comprendo che nessuno potrà consolarli. Dio chiama chi vuole lui, e così l’amore! Apro il “Cantico dei Cantici”:

Sei bella, amica mia, colomba mia,
se muovi gli occhi, rinnovi la luce.

Ridono le tue guance  sotto i riccioli,
e il collo trascolora tra le perle.
Tesseremo per te dei fili d’oro
con bisbigli d’argento.

Sei bella, amica mia, colomba mia,
se muovi gli occhi, rinnovi la luce.

Sei bello, amico mio, diletto mio;
al nostro letto di trifogli teneri
son padiglione i rami dei ginepri,
fa da fondale i cedri.


Questa è la premessa al volumetto “La vita larga. Zibaldone poetico di un blogger ai margini (2007-2009)”, un misto di 44 brevi prose e 61 poesie, stampato da Sandro Gherardini  in 250 copie numerate riservate agli amici ed amiche dell’autore, tutte esaurite. Pagine 112, br. rilegato, cop. a colori.


PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XVII)

2009, febbraio. Mi decido a dare alle stampa un fascicolo di “proverbi licenziosi”, tra le migliaia di proverbi raccolti in decenni di ricerche, sia  su testi editi, sia dalla viva voce del popolo: “Di passere e d’altri uccelli…Proverbi licenziosi ed altri motti spiritosi della cultura orale nelle Colline Metallifere Toscane  e in Maremma, tra i fiumi Cecina e Fiora, in Toscana, con l’aggiunta di alcune espressioni proverbiali italiane e straniere”. Il fascicolo, spillato, di 32 pagine è stato stampato dalla Grafitalia di Sandro Gherardini in 300 copie numerate per gli amici dell’autore, rapidamente esaurite. In questi seguenti  sei anni ho intensificato la ricerca, raggiungendo, ad oggi, oltre settemila voci proverbiali ed aforismi, ma il lavoro è praticamente infinito! Lo lascerò manoscritto! Vorrei chiamarlo “Meglio è di risa che di pianti scrivere,ché rider soprattutto è cosa umana”. Si tratta di proverbi licenziosi ed altri motti spiritosi della cultura orale nelle Colline Metallifere, in Maremma e in Toscana, con l’aggiunta di aforismi ed espressioni proverbiali moraleggianti, latine, italiane e straniere. Di questa grande ricerca riporto la Premessa:

                Che cosa è un proverbio? Pro-verbo, ossia verbo, parola…posso rispondere così: è un detto breve e arguto, di origine e diffusione popolare, che esprime per lo più in modo
figurato e allusivo, verità, concetti, regole, consigli o convinzioni comunemente accettate, dal remoto passato ai tempi moderni, tanto che tutti i popoli ne sono ricchi, trasfondendovi in larga parte i fondamenti delle loro usanze e legami sociali, timori, speranze e sentimenti. Tuttavia i proverbi non sono dei dogmi ed ognuno ha piena libertà di contestarli, di modificarli, di crearne dei nuovi giocando sul gioco delle parole, la rima, le assonanze, il ritmo, cioè dando più valore, molte volte, al significante che non al significato
               
Lo studio dei proverbi si chiama paremiologia che vorrebbe significare, pressappoco, “che sta sul sentiero, fuori della strada normale”.

                Hanno proverbi gli esquimesi e gli abitanti delle isole Figi, i tagiki ed i bantù, e nuovi proverbi, o modi proverbiali nascono nelle grandi aree metropolitane del mondo intero. Per fortuna la nostra regione, la Toscana, è una delle aree del mondo più ricca di proverbi che abbracciano ogni contesto della vita dell’uomo fino a far accogliere i suoi proverbi, condivisi e parlati,  in tutto il Paese. In essi sono sintetizzate le leggi morali, civili, religiose e politiche che si estendono a tutti i casi della vita, della quale, nutriti dall’esperienza,  esaltano i beni e censurano i difetti e i vizi, con quella saggezza che s’è tramandata di generazione in generazione, fino ad invadere con abbondanza la globalizzazione informatica, dopo essere stata la regione che, nell’Ottocento, con la sua lingua aveva dato unità di linguaggio all’Italia intera. In Toscana il proverbio era sulla bocca di tutti e una delle sue caratteristiche è un realismo crudo, legato al quotidiano, che non risparmia neanche la sfera del sacro e del sublime, né, tantomento della sfera sessuale e dell’eros.
               
                Il proverbio era strettamente legato, nella massima parte, alla civiltà agricola; sparita la mezzadria e rivoluzionata dalle macchine l’agricoltura, le sue metafore sono in larga parte diventate incomprensibili. I giovani, che non sanno più cosa sia la fermentazione del vino o la differenze tra un gallo, una gallina e un cappone, non li capiscono, anche se, però, è proprio una cosa che sta morendo a incuriosire di più. In particolare la brevità e musicalità dei proverbi, la loro ricchezza espressiva, ben si rapportano con il modo di comunicare attraverso l’etere e il web.   

                Chi volesse sbizzarrirsi nel far raccolta di proverbi a tema e regionali, oggi troverebbe sul web, credo, decine di migliaia di proverbi di tutto il mondo, magari non esattamente ritmati e talvolta approssimati, tuttavia io n’ho fatto un uso limitatissimo, qualche volta più per le comparazioni che per aggiungere novità.

                Se sarà facile spiegare il contenuto della mia ricerca sui proverbi, arduo è descrivere l’immensa scienza della letteratura delle sentenze, poiché essa è il  patrimonio e il frutto della vita e dell’osservazione di tutti i popoli. I libri più antichi, dagli ammaestramenti del re egizio Amenemhet (circa 2000  a.C.) ai Veda indiani, dall’ I-King al Talmud, alla Bibbia e al Corano, ricordano che i proverbi sono nati con l’Uomo. Aristotele affermava che i proverbi sono “frammenti dell’antica filosofia conservatisi tra molte rovine, grazie alla loro brevità e musicalità” e Cervantes fa dire a Don Chisciotte: “…mi pare, Sancho, che non ci siano proverbi che non siano veritieri, perché tutte le sentenze derivano dall’esperienza, madre di tutte le scienze…” ed anch’io ho messo come incipit alla raccolta due motti latini: Horas non numero nisi serenas (non indico ore se non serene) e Omnia munda mundis (tutto è puro per quelli che sono puri).

                Per quanto riguarda i nomi del sesso utilizzati nei proverbi, si deve vedere l’indagine sociolinguistica di Valentina Fanelli, dottore di ricerca linguistica, e la relativa bibliografia sul web. Un altro studio importante su “le parole del sesso” si deve a Vito Tartamella, autore del libro “Parolacce, BUR, Milano, 2006, primo studio italiano di psicolinguistica sul turpiloquio. Tartamella è caporedattore della rivista scientifica Focus e docente del Corso di giornalismo scientifico al master di giornalismo dell’Università IULM di Milano. Il lessico erotico italiano comprende circa 3160 parole dalle quali però sono esclusi molti termini sulla morale sessuale, e quelli strettamente dialettali. Se si potessero aggiungere tali termini si potrebbero totalizzare 4000 parole, che costituiscono un patrimonio comune a tutti ed è parte integrante del nostro repertorio linguistico, nel quale “cazzo” figura come la parolaccia più pronunciata dell’italiano parlato.

                I primi proverbi l’ho appresi bambino dalle mie nonne,  e mi hanno sempre affascinato. All’inizio degli anni ‘70 del secolo scorso ho iniziato a trascriverli, partendo proprio da quelli locali. Successivamente mi sono dedicato a raccogliere quelli sulla pastorizia, confluiti in un libriccino dal titolo  “Fiorin di cacio, facciamo finta di chiamare il micio…”,  pubblicato nel 1999 con la collaborazione di Claudia Vallini, e, per la parte grafica di Fabrizia Doloverti e Liliana Grazzini. Su questa spinta, nel 2006 è uscito il libriccino di Claudia “Fior di grano…profumo di pane”, con illustrazioni di Margherita Cianchi. Parallelamente a queste trascrizioni e ricerche mi sono immerso in un segmento  specializzato appuntando diligentemente tutti i proverbi, modi proverbiali, arguzie, motti, locuzioni, detti, relativi all’immaginario della sfera dell’eros, che via via mi capitavano sotto gli occhi: dall’innamoramento all’amore, al matrimonio, alla voluttà, agli eccessi, al tradimento ed alla fiducia, alla fisicità del corpo umano, alla trivialità dell’invettiva, così come ci erano stati tramandati, molte volte soltanto oralmente, nel territorio  delle Colline Metallifere, in Maremma e in Toscana, con l’aggiunta di aforismi ed espressioni proverbiali moraleggianti, greche, latine, italiane e straniere.
               
                Tra essi ho inserito molti proverbi più leggermente allusivi, qualche indovinello, stornello e filastrocca, rispetti e dispetti, tra quelli che mi sono parsi nostrali e originali, lasciando, in tal modo, aperto un ulteriore spazio di ricerca in questo meraviglioso settore della cultura popolare, pubblicando nel 2009, in una edizione privata tirata in 350 copie, un fascicolo contenente 1200 proverbi licenziosi.
               
                Dopo tale pubblicazione (esaurita sul nascere), molte persone mi hanno segnalato nuovi proverbi, frasi proverbiali, aforismi, modi di dire, stornelli, indovinelli, canzoni, da poter aggiungere, e testi da consultare.  Inoltre, man mano che procedevo nella raccolta, mi sono avvalso, oltre delle fonti orali, di innumerevoli scritti di autori antichi e moderni italiani e toscani, scegliendo, con la mia personale sensibilità, tra i modi proverbiali, motti, detti sentenziosi, aforismi e indovinelli, iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici, escludendo, quasi del tutto, le “battute” e i “motti” delle gazzette e pubblicazioni degli ultimi  decenni, fino a raggiungere il cospicuo numero di settemilacentosettantadue (7172).

Ritengo tuttavia che la raccolta di questa rinnovata opera abbia soltanto aperto una finestra sul grande universo de “li vulgari proverbi”, del quale il lettore potrà facilmente intuire la vastità, in particolare per i proverbi regionali, da me poco trascritti, e per un più attento confronto tra quelli dei paesi europei di cultura neolatina e germanica ed i nostri, provenienti da un’area assai più limitata, dalla quale siamo usciti raramente per raccogliere soprattutto proverbi e aforismi greci, latini, italiani, greci, francesi, inglesi, tedeschi, sardi, lombardi, napoletani, veneti e spagnoli, a tema “licenziosità” e virtù morali.

Rinunciando momentaneamente ad  ogni commento, sia per le difficoltà oggettive che per i tempi lunghi che ciò avrebbe richiesto,  ed anche perché nella maggior parte dei casi m’è sembrato evidente il significato, manifesto o allusivo, considerando inoltre che la raccolta (se sarà pubblicata) è destinata a semplici lettori e non a specialisti, ho omesso l’indice delle fonti, scritte e orali, e la bibliografia, quest’ultima davvero imponente, specialmente per gli aforismi. In questo caso basterà citare che la bibliografia stesa da Federico Roncoroni per il suo manuale “Il libro degli aforismi” pubblicato negli Oscar Mondadori nell’ottobre 1989, contiene 39 segnalazioni, di autori dal sec. XVII al XX. Mi sono tuttavia reso conto che in moltissimi casi, specialmente per i proverbi e modi di dire dei secoli XVI – XVIII e antecedenti, il loro significato ci resta oggi molto oscuro e del tutto fuori dal contesto sociale nel quale s’erano formati. Alcuni, tuttavia, li ho riportati, soprattutto attingendo a vocabolari o rimari toscani, per le dovute comparazioni tra due modelli antropologici non lontanissimi: uno che si avviava al declino, l’altro all’alba, quello preindustriale della mezzadria e quello della rivoluzione scientifica, delle macchine e della comunicazione digitale.
In Italia, l’interesse a raccogliere proverbi, sia da testi scritti, sia dalla viva voce del popolo, ed a trascriverli o inserirli in opere erudite, scientifiche e letterarie, è antichissimo, risalendo ai grandi scrittori greci e latini (le cui sentenze, con oltre diecimila citazioni, sono state pubblicate da Rizzoli nel 1991), e, a partire dal secolo XIII, da autori  italici.

Il  più antico testo misogino in volgare compare anonimo tra il 1152 ed il 1160 “Proverbia amalidicuntur super natura feminarum”,  cioè agli albori della nostra letteratura; mentre altri appariranno in Toscana ed in Piemonte nel primo trecento, essenzialmente a carattere moraleggiante e allegorico e Dante Alighieri ne farà largo uso all’interno della Divina Commedia in versi memorabili. Un frequente uso si troverà  in altri capolavori della letteratura italiana a  partire dal Decamerone di Boccaccio e dal Canzoniere del Petrarca, per giungere al Manzoni ed al Verga.
               
                Tra tutti deve essere ricordato però Angelo Poliziano che raccolse, negli anni 1477-1479, i motti, gli aneddoti e le facezie del suo tempo, che furono stampati a Firenze nel 1548 da Lodovico Domenichi, poligrafo, sotto il titolo, di autore anonimo: “Facetie et motti arguti di alcuni eccellentissimi ingegni et nobilissimi signori”.  I 413 detti e proverbi furono successivamente estrapolati da Albert Wesselski, e pubblicati a Jena nel 1929 con il titolo di: “Angelo Polizianos Tagebuch”. Il Wesselski dimostrò con sicurezza che essi erano opera dello stesso autore delle Stanze e dell’Orfeo. Qualcuno espresse delle perplessità, ma oggi gli storici della letteratura italiana concordano nel ritenere valide le conclusioni a cui giunse il Wesselski. Dopo l’edizione di Jena del 1929, i Detti piacevoli non sono stati più pubblicati, né in Italia né altrove. Infine, fu stampata la prima edizione italiana moderna dei Detti dagli Editori del Grifo di Montepulciano, con il titolo I detti piacevoli, nell’anno 1985 a cura di Mariano Fresta, dalla quale abbiamo ricavato 50 proverbi e facezie.

Ci è piaciuto riportare inoltre, in una lingua toscana più controllata, estrapolandole dai così detti “scritti letterari”, alcune facezie di Leonardo da Vinci più allusivamente vicine al nostro tema della “licenziosità”, in ciò rendendo un  “picciolo honore” al sommo genio toscano.               

Ad Antonio Corazzano si devono infine, nel secolo XV, le opere “De proverbiorum origine” e “Proverbi et facezie”, quest’ultima ad esplicito carattere licenzioso.
               
                Per quanto più strettamente legato alla mia ricerca, mi limito a citare: il biblico Salomone, figliolo di David, re d’Israele, al quale si attribuiscono molti proverbi del libro omonimo dell’Antico Testamento, che si fa risalire tra l’VIII ed il IV secolo a. C.; il greco Esiodo, il divino Marco Valerio Marziale, il poeta Virgilio e i due grandi del ‘500 toscano, Cinthio de li Fabrizi e Antonio Vignali. Cinthio pubblicò a Venezia, fuori dal potere del Papa, la sua celebra “Cazzaria”, opera considerata blasfema e posta all’Indice, solo recentemente ristampata. Antonio Vignali (Siena 1500 – Milano 1559), detto l’Arsiccio Intronato, umanista, già membro dell’Accademia senese degli Intronati (cioè da quella fucina di umanisti erotico-comici che componevano l’Accademia senese),  bandito dalla città per motivi politici, scrisse ai suoi compatrioti una “Lettera in broverbi”, composta da 365 proverbi e modi proverbiali dei quali ne ho trascritti ben 52.  Riguardo “al parlar libero”, cioè affrontando in letteratura i temi dell’erotismo più sfrenato e immaginifico, ho attinto, per quanto possibile, alle opere di Pietro Aretino, specialmente ai Sonetti lussuriosi e d al Ragionamento.
Tra i maggiori scrittori cinquecenteschi dell’osceno  devo fare un piccolo riferimento a Nicolò Franco ed alla sua raccolta di novanta sonetti “Priapea”, per la quale l’autore verrà inquisito e impiccato per aver pubblicato un sonetto diffamatorio contro il papa Paolo IV.
                Tra la metà del ‘500 e gli albori del ‘600 Francesco Perdonati riunì, in vari volumi manoscritti, una vasta messe di proverbi, molti dei quali furono successivamente riprodotti nella terza edizione della Crusca nel secolo XVIII.  Non si possono inoltre tacere alcune espressioni proverbiali inserite da Lorenzo Lippi nel suo poema “Malmantile racquistato”, gli aforismi morali di La Rochefoucauld, Chamfort e Montaigne (“Essais, 1589-1592”  nella traduzione di Roberto Bonchio, 2012), ed i deliziosi detti di Bertoldo, i proverbi di Adriano Politi inseriti nel “Dittionario Toscano, del ‘600, quelli di Carlo Tommaso Strozzi, Sebastiano Paoli da Lucca e le raccolte di Michele Pavanello, del veronese Orlando, Angelo Monosini e di Francesco Lama. Nel secolo seguente i proverbi conoscono un periodo di splendore grazie alle riscoperte di molti ricercatori che contribuirono al loro inserimento nelle prime edizioni del Vocabolario della Crusca,  tra cui citiamo quelli toscani dell’abate Luigi Fiacchi (1754-1825) che ritrovò la dichiarazione de’ proverbi di Gio. Maria Cecchi (1518-1587, celebre scrittore di commedie del secolo XVI), creduta perduta dai compilatori della quarta impressione del Vocabolario della Crusca, e la fece stampare a Firenze nel 1820; del Tommaseo e del Giusti che ad essi dedicarono molti anni di studio e di ricerca, e da moltissimi loro discepoli:  Antonio Gotti, Gino Capponi, Augusto Alfani, Eugenio Restelli, Arrigo Pecchioli, Niccola Castagna, Idelfonso Nieri ed ai contemporanei dell’Accademia senese degli Intronati: Bacci, Iacometti, Lombardi e Mazzoni, nonché, per rimanere in terra di Siena, a “nonna Zoe”, originaria di Belforte, che raccolse circa duemilacinquecento proverbi generici, ad Evaldo Serpi di Montalcinello ed a Marino Ferrini che nel 1938 iniziò a raccogliere proverbi, soprattutto toscani, pubblicandone alcune migliaia nel 1998, suddivisi per 573 argomenti. Molti proverbi, detti, stornelli, filastrocche, indovinelli e modi proverbiali l’ho poi estratti dai ventisette volumetti della collana Mezzoscudo, della LEF (Libreria Editrice Fiorentina), , tra quelli che ho trovato nella mia libreria, scelti e curati da Guglielmo Amerighi, un pioniere nel campo delle tradizioni popolari toscane, dai proverbi e modi di dire di Pisa di Riccardo Mazzanti, 1998

                Non posso inoltre dimenticare il mio caro amico “Tista”, Giovanni Batistini, e il suo originale lavoro “Folklore Volterrano”, fonte di sapienza popolare per me tra i più amati; né recenti letture inaspettate, come i “proverbios” di Antonio Machado, il Lunario dei giorni d’amore a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi, 1998 e le lettere ad un amico lontano di Cristina Campo. Relativamente agli stranieri accenno soltanto ad alcune opere fondamentali tra le quali: la rivista di paremiologia “Proverbium”, edita fin dal 1965, dalla Societé de Littérature Finnoise, Helsinki; “Sprichtworter-Bibliographie”, di Otto E. Moll, Frankfurt am Main, Klosterman, 1957;  “The Proverb and Index to the Proverb”, Copenaghen, Rosenkilde&Bagger, 1962; “Dictionnaire des proverbes, sentences et maximes” di M. Maloux, Larusse, Paris, 1960; al “Dictionnaire des proverbes du monde” riuniti, classificati e presentati dallo scrittore Elian-J Finbert, pubblicato a Parigi da Robert Laffont nel 1965 nel quale, tuttavia, i proverbi italiani son tratti quasi al completo  da raccolte pubblicate in Italia tra il 1820 e il 1934, e perciò per lo più a tema moraleggiante e non licenzioso, praticamente tutti apparsi in raccolte più recenti da me consultate, mentre si è rivelato utile per numerosi proverbi da me inseriti, provenienti da aree extra europee; ed infine, “Proverbes et dictions francais”, di J. Pineaux,, Presses universitaries de France, Paris, 1967.
               
                Col solo scopo di indicare una insolita via nell’immenso universo dell’eros, ho inserito quindici aforismi ricavati dall’Antologia Palatina, nella summa che ce n’ha offerta Filippo Maria Pontani  (1913-1983), tra gli oltre quattromila epigrammi greci che vanno dall’età arcaica al X secolo d. C. Dall’avvincente lettura delle opere di Plutarco (Cheronea, Beozia 45 ca. – 125): Vite parallele, Sull’amore e Precetti coniugali,  e da una più attenta rilettura delle diecimila citazioni delle sentenze latine e greche, dall’antichità al rinascimento, a cura di Renzo Tosi e Italo Sordi, pubblicate da Rizzoli nel 1991,  ho tratto alcune centinaia di aforismi, detti, epitaffi, proverbi e frammenti poetici, sia per l’attinenza al tema di questa raccolta ed per attestarne le arcaiche radici, nonché per la musicalità della parola e la suggestione ch’essa genera ancora nell’uomo contemporaneo.
               
                A questo immenso patrimonio hanno inoltre contribuito ricercatori dialettali e locali d’ogni contrada italiana e nell’era di internet si possono trovare sul web centinaia di migliaia di voci proverbiali, modi di dire, detti proverbiali, insieme a stornelli, indovinelli, filastrocche, aforismi, locuzioni, epiteti, esclamazioni, sia in italiano che in napoletano, veneziano, piemontese, siciliano, sardo, friulano ecc. ecc.  Tra questi ricordo tuttavia quattro personaggi importanti: Baffo, Tempio, Porta e Belli e di quest’ultimo riporto in appendice tre famosissimi sonetti.
               
                Ai proverbi e detti proverbiali veri e propri, ho aggiunto una “appendice”, ossia una miscellanea di  pensieri che più di altri mi sono piaciuti nel corso delle mie faticose giornate sui testi antichi e moderni di importanti biblioteche, tra le quali, oltre a quella casalinga, la più importante è stata quella Comunale degli Intronati di Siena. Ma, trattandosi di una “appendice” si potrà, volendo,  ignorare del tutto completamente.

                A chi volesse effettuare confronti e verifiche, nonché approfondimenti, segnalo: il Vocabolario dell’uso toscano, compilato da Pietro Fanfani nel 1863;  il Dizionarietto morale di Niccolò Tommaseo del 1867, nel quale l’autore, uno degli italiani più eruditi del secolo XIX con alle spalle 233 volumi e 162 opuscoli pubblicati, grazie alla bravura nell’arte dell’aforisma, spesso vi raggiunge il suo culmine, nonché il canonico Giovanni Spano, di Cagliari (1803-1878), una figura poliedrica di erudito e collezionista, poi Senatore del Regno, che pubblicò nel 1871 una grande raccolta di poco meno di tremila proverbi e modi di dire sardeschi comparati con le antiche lingue, ebraica ed araba comprese, al quale ho attinto abbondantemente. Non si possono tacere, inoltre: le raccolte di proverbi compilate dal lucchese Idelfonso Nieri nella seconda metà del secolo XX, l’interessante opera di G. Pitrè, voce Proverbi, della Bibliografia delle Tradizioni Popolari d’Italia, Torino-Palermo, 1894, vol. V, pp. 177-257 e 464-475, ristampa CDL, Cosenza, 1965, gli aforismi di Marie Von Ebner – Eschenbach della fine dell’800, nonché i volumi “Dizionario Letterario del Lessico Amoroso: Metafore, Eufemismi, Trivialismi”, Utet, Torino, 2000 e il grande Dizionario dei proverbi, a cura di Valter Boggione e Lorenzo Massobrio, Utet, 2004 che riporta oltre trentamila proverbi; i lemmi specifici del Grande Dizionario della Lingua Italiana, Utet, Torino, 1961-2004; il Diccionario de Refranes di Luis Junceda, i 5000 proverbi e motti latini raccolti da L. De Mauri, Hoepli, 1926 e 1990, i volumetti curati da Guglielmo Amerighi nella collezione “Mezzo Scudo” della Libreria Editrice Fiorentina, ed infine Il Grande Dizionario dei proverbi italiani in Cd-rom di Paola Guazzotti e Maria Federica Oddera, Zanichelli, 2006, che contiene 11.000 proverbi con esclusione di quelli dialettali, dai i quali ho tratto spunti e traduzioni tra quelli raccolti da Claudio Urbani, dai campani, laziali, lombardi e siciliani. Per gli aforismi moderni e contemporanei rimando, oltre a “Il libro degli aforismi” citato, ai testi, almeno una dozzina, usciti tra il 1993 ed il 1994 nella collana “Tascabili Economici Newton di: R. Gervaso, G.K. Gibran, A. Karr, E. Pound, H. Hesse, F. W. Nietzsche, K. Kraus, O. Wilde…ed a quelli più recenti in “Il grande libro degli aforismi” a cura di Olimpia Baldini ed “Il grande libro dell’amore” di Ginevra Belli per l’editore Barbera ed il prezioso  lavoro di Carlo Lapucci “Proverbi e motti fiorentini” pubblicato nel 1993, una vera e propria miniera di saggezza per il mio lavoro. Infine, un ringraziamento speciale lo devo alla mia compaesana Wilma Banchi, per la quantità di proverbi, stornelli e aforismi che mi ha trascritto con precisione, al caro amico Mauro Lisi che m’ha fatto dono di un suo antico quadernetto dal quale ho ricavato ben 81 proverbi molto originali ed a Asia Olinda Castellini, poetessa di Serrazzano, dalla quale raccolsi nell’estate 1998 le ultime spiritose confidenze.

Non rientrava nel mio scopo eseguire un lavoro scientificamente impostato, ma soltanto appagare l’antico desiderio di mettere nero su bianco una parte di quel patrimonio, considerato, non a torto, “la scienza dei poveri”, così volgare, tenero e corposo che ci accompagna nella vita quotidiana, quanto più è nascosto nella cultura ufficiale e scolastica, onde salvaguardarne il bagaglio di sapienza, di ironia, e di saggezza che esso racchiude. Apparirà al lettore moderno, anacronistico e superato il preconcetto, se non disprezzo, del maschio verso la femmina, ispiratore della maggior parte dei proverbi da me riportati, frutto di una cultura millenaria non ancora del tutto rinnovatasi, che trasforma la donna in mero oggetto di piacere e di utilità domestica; una creatura inferiore di cui non fidarsi mai; tuttavia non potevo operarne l’oscuramento. Al contrario, la visione in negativo del ruolo femminile consentirà di apprezzarne il progresso sulla strada della piena emancipazione e parificazione sessuale, quando la tragica fase in cui viviamo, per brevità definita impropriamente del “femminicidio”, che non intendo amplificare in nessun modo,  tantomeno con la stampa di questo lavoro, sarà conclusa,

Con le parole del “maestro”, l’incantevole Rabelais, mi accomiato :

Lettori  amici, voi che m’accostate,
liberatevi d’ogni passione,
e, leggendo, non vi scandalizzate:
qui non si trova male né infezione.
E’ pur vero che poca perfezione
apprenderete, se non sia per ridere:
altra cosa non può il mio cuore esprimere
vedendo il lutto che da voi promana:
meglio è di risa che di pianti scrivere,
ché rider soprattutto è cosa umana.


Si, ridere è cosa saggia e salutare! come recita un antico proverbio: “Chi ride leva un chiodo alla bara!”, ossia vive più a lungo e meglio di chi non lo faccia. Infine, per correzioni e proposte di ulteriori aggiunte, sarò contento di riceve e mail all’indirizzo: karl38cg@gmail.com e in anticipo ringrazio chi lo farà.


PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XVI)


2008, luglio.  Esce il mio secondo volumetto di poesie, dieci, tradotte in lingua spagnola da una gentile amica, Susana, con il testo a fronte in lingua italiana, stampato dalla Grafitalia di Sandro Gherardini in 350 copie di pp.  52, ril., copertine a colori, El poeta canta por todos,  una edizione impareggiabile e, adesso, introvabile. Me ne sono rimaste soltanto due copie!

Il poeta canta per tutti

Alla fine dell’autunno del 2007, una gentile amica mi ha donato un libro, frutto di una sua importante ricerca scientifico-giuridica: “Los Presupuestos Generales del Estado en las relaciones entre el Gobierno y las Cortes Generales”. Ma l’immensa sorpresa è stata quella di trovare a pagina sette, come incipit, la strofa finale della poesia  “La canzone del vento” che avevo pubblicato nel libricino “La cometa Swan”! Gradita sorpresa. Questo nuovo volumetto nasce dalla nostra collaborazione. Dieci poesie tradotte, anzi, interpretate magistralmente da Susana. Esse si affiancano idealmente ai cinque testi pubblicati sul web, “Poesie&Stelle”, con musica e animazione a cura di Annalisa. Come si potrà notare tento nuove strade, cerco nuovi mezzi espressivi per i miei tardi accordi. Cerco anche di non sprecare la preziosa carta riducendo la pagina del testo a 36 cm/q. Ne ho preparate duecento copie, per le persone che “…non riescono a diventare interamente mature. Impossibilità che gli deriva dalla tendenza, viva nei fanciulli morta nei grandi, a meravigliarsi. Il poeta scrive perché si meraviglia delle cose che vede”.    


El poeta canta por todos

A finales del otoño de 2007, una atenta amiga me dio un libro, fruto de su destacada investigación científico-jurídica: “Los Presupuestos Generales del Estado en las relaciones entre el Gobierno y las Cortes Generales”. Pero la inmensa sorpresa fue la de encontrar en la página siete, como íncipit, la estrofa final de la poesía “La canción del viento” que había publicado en el librito “La cometa Swan”! Grata sorpresa. Este nuevo pequeño volumen nace de nuestra colaboración. Diez poesías traducidas, mejor dicho, interpretadas magistralmente por Susana. Ellas se acompañan idealmente de los cinco textos publicados en la web, “Poesias&Estrellas”, con música y animación a cargo de Annalisa. Como se podrá observar procuro nuevos caminos, busco nuevos medios expresivos para mis acordes tardíos. Trato también de no malgastar el valioso papel reduciendo la página del texto a 36 cm/c. He preparado doscientas copias, para las personas que “…no se arriesgan a madurar completamente. Imposibilidad que deriva de la tendencia, viva en los muchachos muerta en los mayores, a maravillarse. El poeta escribe porque se maravilla de las cosas que ve”.




PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XV)


2008, gennaio. Esce sulla rivista annuale edita dall’Accademia dei Sepolti di Volterra, “Rassegna Volterrana”, Anno LXXXIV, 2007, pp. 81 a 156, con una ampia bibliografia di riferimento:  “In questi fummacchi risiede un grandissimo tesoro…. Dalla scoperta dell’acido borico nei lagoni toscani alle soglie del Terzo Millennio. Cronologia 1702-2004”. Questo lavoro, unitamente alla sintesi storica pubblicata nel 2006, costituisce uno dei più interessanti e precisi testi di riferimento per la storia della geotermia in Toscana.  




PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XIV)

2007, il 3 settembre di quest’anno, mio settantunesimo, affronto finalmente il problema di iniziare a pubblicare le mie poesie, raccolte in una specie di “canzoniere”, a partire dall’anno 1952. Lo faccio con il libricino “La cometa Swan”, antologia di  29 liriche, sulla suggestione dell’apparizione nel nostro cielo di una luminosissima cometa, che mi portò non solo a scrutare dentro me stesso, ma ad alzare lo sguardo alla profondità del firmamento. L’edizione di 64 pagine, rilegata con sopr.ta a colori e illustrazioni in bn ft., fu tirata nel formato e nello stile delle mitiche edizioni di Vanni Scheiwiller, dalla Grafitalia di Sandro Gherardini in 350 copie  numerate. L’intera tiratura si esaurì rapidamente.


Ho introdotto frequentemente nelle  poesie di questi ultimi anni il tema della morte, come estremo limite della “orribil sorte” umana. E più volte, ossessivamente, ho scritto di stare “sul confine della vita”, ma senza aver fatto completamente i conti con quella lunga età sospesa tra l’ansia e la paura, un cammino arido, lacerante per la solitudine che lo contrassegna, devastante per le malattie, la decadenza fisica e creativa: la stagione della “senilità”. E nel crepuscolo sempre più denso di ombre, m’è apparsa, prima fioca poi sempre più vivida, una luce: ma portata da quale tedòforo? Lucifero o l’Arcangelo? Questa luce è stato un “Sichverlieben”, un misto di realtà e finzione che ha ridestato prepotentemente i sopiti sensi ed ha riacceso i motori di un sogno ininterrotto, un viaggio fantastico verso la felicità. Nella fuga siderale dal mondo mi sono stati compagni gli eroi dell’infanzia, Gordon, Zarro, Ming e Dale e quelli più ambigui della maturità, Faust, Gretchen, Mefistofele (“Hilf, Teufel, mir die Zeit der Angst verkurzen! Was muss geschehen, mag gleich geschehn!”), Adrian Leverkuhn, Terry-Calvero di Limelight e per ultimi Nathan Jozefover e la sua serva Shifra Zirel. Fino a che la inattesa cometa di “Swan ” non ha attraversato il cielo. Ad essa ho finalmente rivolto il mio sommesso canto.


PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XIII)



2006, luglio. Esce sulla rivista annuale edita dall’Accademia dei Sepolti di Volterra, Rassegna Volterrana”, Anno LXXXIII, 2006, pp. 167 a 204, con 24 ill.ni b.n.: “Larderello, geotermia, dagli Etruschi al 2004 sintesi storica di una originale industria italiana: dalle prime utilizzazioni termali, all’estrazione dell’allume, dello zolfo  e del vetriolo in età medievale, alla scoperta dell’acido borico nelle acque dei lagoni, allo sviluppo delle attività chimiche fino alle applicazioni del vapore endogeno per produzione di energia elettrica. Le nuove frontiere della geotermia nel Terzo millennio. 


PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XII)

2005, aprile. Nel XX anniversario della morte di mio padre, Renzo,  stampo in una edizione non commerciale  di mia esclusiva proprietà, “Stella d’argento. Un’orchestrina jazz a Castelnuovo 1944-1945”, brossura spillata di 24 pagine con fotografie originali bn., e le biografie degli iniziali fondatori del complesso musicale durante le fasi della Liberazione e per alcuni anni successivi: Alfio Benincasa, Alberto Ciampi, Emio Frasconi, Alfio Fulceri, Renzo Groppi, Avio Morelli, Ciro Panichi.  Adesso essi son tutti morti, ma il ricordo è ancora vivissimo. Nel 2006 l’Associazione Musicale “Giuseppe Verdi” di Castelnuovo di Val di cecina,  a cura del suo Direttore Artistico prof.sa Stella Cappellini, realizzerà un CD musicale dal titolo di “Stella d’argento”, contenente alcuni brani del repertorio dell’orchestrina jazz, ristampando al contempo l’opuscolo dell’anno precedente. Questo materiale credo sia ancora disponibile presso l’Associazione Musicale “Giuseppe Verdi”.


giovedì 26 febbraio 2015





PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(XI)


2004, In questo anno escono tre brevi saggi ed un testo teatrale, due dei quali tratti parzialmente dalla seconda edizione della piccola banda di Ariano, dell’anno precedente: “Dalla Maremma ad Auschwitz”, che racconta la tragica vicenda degli ebrei internati nel Campo di concentramento di Roccatederighi (GR) ed “Un Angelo a Massa Marittima… Norma Parenti”, che narra, per la prima volta in modo nuovo, la biografia di una delle più fulgide figure della Resistenza Italiana, Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria. Li accompagnano due testi inediti, il primo “L’arcobaleno suona ancora” è una sceneggiatura teatrale e affronta, attraverso le vicende delle donne ugonotte, imprigionate nella Torre di Costanza ad Aigues-Mortes, in Provenza, nel XVIII secolo, il problema della tolleranza, della dignità dell’uomo e della libertà di coscienza. Tra loro c’è Marie Durand, imprigionata per oltre 30 anni nella Torre, alla quale si deve l’iscrizione incisa sella vera del pozzo interno alla prigione la parola “RESISTER”; il secondo saggio appare nella rivista annuale edita dall’Accademia dei Sepolti di Volterra, Rassegna Volterrana”, Anno LXXX-LXXXI, 2003-2004, da pagina 51 a 77, con 12 ill.ni in bn.: “Castel del Sasso in Val di Cornia: duemila anni di santità”, alla luce degli eventi religiosi di quella piccola Comunità, compresa l’apparizione della Madonna nella selva lecciatina, nel 1487, il cui processo, avviato nello stesso anno davanti alla curia  vescovile di Volterra, non si è ancora concluso. Tutti questi lavori sono ormai introvabili.



PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(X)

2001, aprile, esce in prima edizione di 1000 copie, il saggio “La piccola banda di Ariano. Storie di guerra e di Resistenza”,sempre sotto il patrocinio de IL CHIASSINO, br. ril. pp. 272, 32 tav. b.n., con un consistente apparato di note, indice delle fonti,  indici dei nomi di persona. Il volume incontra un notevole interesse e la tiratura si esaurisce rapidamente. A seguito di tanto “successo” l’autore mette mano ad una seconda edizione che uscirà due anni più tardi (2003, maggio), ampliata, in 800 copie, anch’esse esaurite. Si tratta, nella seconda edizione, di un’opera completamente rinnovata ed ampliata, che costituisce uno dei miei più riusciti tentativi nella ricostruzione  storica: “La piccola banda di Ariano. Storie di guerra e di Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane (1940-1945)”, br. ril. pp. 432, con  48 tav. n.t. in b.n.. Le note si trovano alla fine di ogni capitolo e sono  assai dense;  gli indici finali riguardano le fonti edite ed inedite; la bibliografia e l’indice dei nomi di persona che compaiono nel testo. Seguono i ringraziamenti  e le note conclusive. Nonostante l’accuratezza della ricerca, protrattasi  per quasi 40 anni, l’uscita di quest’opera invitò molte persone ad offrire notizie e materiali inediti, nonché alcune piccole correzioni. Tuttavia non ho più affrontato l’impresa di una terza edizione, ma ho diluito il tema in altri più brevi saggi, su aspetti rilevanti: il Campo di internamento per gli ebrei a Roccatederighi; Norma Parenti; i sardi nella Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane; Stella d’argento. Ho altresì collaborato a studi sul tema con ricercatori e scrittori importanti.

Per la sua pregnante analisi riproduco la prefazione dell’amico Francesco Gherardini, uomo di vasta cultura e scienza, uno dei maggiori protagonisti della storia culturale, sociale e politica dell’Alta Val di Cecina, in Toscana  nell’ultimo mezzo secolo:

«...non fa scienza,/sanza lo ritenere, avere inteso» (Dante, Divina Commedia, Paradiso, canto V., vv. 41-42). In questi versi magistrali si condensa l'importanza che riveste la memoria per la vita dell'uomo. Recenti studi psicologici hanno fissato il declino delle funzioni cognitive negli individui oltre i quarant'anni a causa dell'invecchiamento delle cellule nervose; con tecniche particolari la medicina riesce in qualche modo a ripristinare la trasmissione della conduzione nervosa e ad aumentare l'acuità e la lucidità mentale; ma col passare degli anni i disturbi della memoria aumentano inesorabilmente. La mente umana dovrebbe tenersi sempre in allenamento, dovrebbe fare continuamente esercizio per mantenere la concentrazione e ripristinare questa facoltà. L'assunto qui sopra, se vale per i singoli soggetti umani, a maggior ragione vale per la società civile. Dopo cinquant'anni da un evento, tutto comincia ad annebbiarsi, a diluirsi, a perdere di peso e importanza, a svanire confondendo le tinte e le emozioni in una melassa spesso indistinta e stucchevole. Occorre fare continuamente operazioni di recupero e di salvataggio, chiarire e distinguere, precisare perché se a livello individuale la memoria cede a causa dell'invecchiamento cerebrale, quella della società è volutamente minata da chi ha interesse a farlo, molto spesso per motivi ideologici.
      Dice bene Yosef Yerushami Zakhov, Storia ebraica e memoria ebraica, Torino, 1981: «...il problema è montare la guardia contro gli agenti dell'oblio, contro coloro che fanno a brandelli i documenti, contro gli assassini della memoria». Occorre fare esercizio, mantenere viva la memoria collettiva: in questa impresa ci aiuta la storiografia anche se in eterno conflitto con se stessa. La storiografia (con tanti storici diversamente orientati, ma inflessibilmente determinati a rispettare la massima fondamentale: Non dire il falso, non tacere niente del vero), può essere uno strumento efficace per salvare il passato affinché davvero la historia sia magistra vitae.             
      La ricerca della verità richiede onestà ed anche equilibrio, soprattutto se si sta decisamente da una parte politica; essa si svolge a molti e diversi livelli, a differente profondità, ma ogni ricercatore lotta contro gli agenti dell'oblio, contribuisce a preservare il ricordo, a sviluppare e a interiorizzare la lezione che ci viene dalla vita. Fatti distinti dalle opinioni d'accordo: ma lo storico non può esimersi dal misurarsi con essi, dal dare la sua valutazione senza infingimenti ed ipocrisie, con la necessaria nettezza. Dinanzi ai sei milioni di morti ebrei della Shoah "siamo prigionieri dell'indicibile e dell'impensabile", ha scritto il filosofo Adriano Prosperi, Corriere della Sera, 28 gennaio 2001, pag. 13,: dell'impensabile nel senso che il pensiero è incapace di immaginare un numero così spaventoso di morti, la ferocia del singolo aguzzino e lo strazio delle povere vittime moltiplicato a livelli esponenziali. Impensabile per il fatto che la Ragione non ce la fa proprio a seguire una scia di sangue così spaventosa: ma il Giudizio resta e deve essere espresso, deve suonare di condanna, deve essere costantemente rinnovato e riammesso alla memoria.
      Carlo Groppi guidato da una grande passione documentaria, curioso di biografie, in questo tempo in cui la nostra stessa Regione ha avvertito il bisogno di varare una legge [L. RT 59/1999], intesa a salvare la memoria storica, ha portato alla luce (o riportato, ma solo per qualcuno) fatti quasi del tutto sconosciuti, domande senza risposta e personalità affascinanti, ha reso omaggio al loro coraggio e al loro antifascismo; in qualche modo ha fatto sì che da ora in poi fossero pienamente ricordate e onorate. Ha inserito le storie e i personaggi, La piccola banda di Ariano (Spinola, Stucchi Prinetti, Piredda, Vargiu) e la Guardia armata di Gerfalco (Baldi, Barlettai, Dino e Ido Salusti), in un territorio che non è un'entità astratta, ma piuttosto il luogo vivo che ci ha determinato e ci condiziona ancora. Carlo rievoca momenti di una società così diversa e tanto distante da non tornare più, con le campagne abitate capillarmente dai contadini, con i partigiani espressione di quella terra e di quella società agricolo-patriarcale, con un fortissimo senso della giustizia e dell'onore, con l'idea radicata del bene comune e la voglia di lottare per un futuro migliore per i figli. Esprime malinconia per la perdita di un patrimonio incommensurabile di vita e di cultura insieme con un sentimento per così dire di invidia verso chi ha avuto la fortuna di vivere storie non banali. E rapporti sociali come quelli fra padroni (Spinola, Stucchi Prinetti) e contadini (Piredda, Vargiu) sublimati dalla comune esperienza della lotta partigiana, in un certo senso simbolo di "vie nuove". Affascinante tra le altre la figura del marchese Gianluca Spinola, "moralmente impegnato a non restare passivo e, come estremo sacrificio, a dare la sua giovane vita per salvare l'onore della Patria". Un nobile conservatore, certo non un pacifista, spinto a diventare partigiano per esigenza morale di fronte alla violazione di basilari principi etici cristiani; una figura problematica che ci spinge a chiederci quanto sia possibile distinguere tra adesione al fascismo e avversione al nazismo e a domandarci fino a qual punto si possono servire sistemi così immorali. Di lui la gente ha parlato con rispetto; la sua presenza tra le file della Resistenza certamente serviva a dimostrare che non tutti i partigiani erano comunisti e forse anche ad esaltare le capacità militari degli Italiani, in grado di compiere azioni importanti e di tenere in scacco soverchianti forze nazifasciste. La sua cattura e la morte conseguente furono forse un modo per testimoniare l'esistenza di un altro mondo conservatore, distinto da fascismo e dittatura, impregnato di valori non effimeri, ricco di tolleranza e di rispetto.
      Un approfondimento sarebbe opportuno per il personaggio Giorgio Stoppa, detto "Paolo"; il comandante partigiano, una figura mitizzata un tempo ed ora ricondotta sotto una lente di osservazione più accurata e critica. Paolo, il capo e le morti discusse: che fine fece il carabiniere colpevole dell'errore di Montalcinello? E perché tacere gli episodi terribili e controversi dell'uccisione di Pietro Palmerini e Lorenzo Badii? Alle orecchie di chi vuol sentire Carlo Groppi fa riaffiorare sommessamente queste storie senza dolcezza, tragiche e sotto molti aspetti epiche, anche se il refrain è secco e non ci sono albagie di protagonismo: «si fece quello che si doveva fare». Fare storia vuol dire ricostruire e ripensare sempre in un processo che non si conclude presto: Carlo ricostruisce fedelmente gli episodi, aggiungendovi di suo l'afflato umano, la "simpatia" per le persone e per i luoghi; che è quella di un cittadino di Castelnuovo, il paese dove fino a pochi anni fa tutti ci si conosceva anche troppo bene, dove si poteva anche essere faziosi, schierati decisamente da una parte, ma dove ripugnava la violenza politica, esercitata per fortuna in rarissime occasioni al passaggio della guerra; un paese dove invece si ricordava assai più volentieri la cura e l'amore impiegati per ricomporre le salme dei minatori trucidati da pochi tedeschi e molti militi fascisti e di cui volutamente quasi tutti hanno taciuto l'esistenza per cinquant'anni.                Le pagine di Carlo sono curate, le interviste rigorose, quasi delicate reliquie di un mondo che ci ha lasciato; le ricostruzioni sono fedeli, con l'intenzione di vedere i fatti da una certa distanza, di ricercare il massimo di obiettività. Si avverte la tensione per il rinnovamento politico e morale, fuori dall'ingessatura di ideologie paralizzanti, insieme con la voglia di capire, di dare a ciascuno il suo: un'operazione non facile, più agevole da farsi col senno di poi, fuori dal contesto di una guerra civile, come in gran parte fu davvero,  che non lasciava spazio ai comportamenti cavallereschi. In lui c'è grande attenzione agli affetti e alle storie familiari, ad un mondo che supera la divisione in classi, come entro la piccola banda di Ariano.
     Con quest'opera si recupera uno spezzone di storia locale importante, Carlo Groppi ci rende più consapevoli e più avvertiti, ci offre un'aria più limpida in cui respirare e da cui ripartire. 

mercoledì 25 febbraio 2015


PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(IX)


2000, marzo. Esce il volume 2° della Cronologia storica di Castelnuovo, “Sopra le tombe vecchie è passato l’aratro. La Comunità di Castelnuovo dall’inizio del XIV secolo alla morte di Michele Marullo (1500)” per IL CHIASSINO, pp. 272, ril.,. 16 ill.ni b.n. f,t,, con un ampio apparato di note, indici e bibliografia. Edizione riservata ai soci ed ai patrocinatori della ricerca, stampata in 1000 copie ed attualmente esaurita. 1301-1500: duecento anni intensi, appassionanti, dai quali abbiamo cercato di far emergere i tratti più significativi delle vicende della Comunità, in una stretta connessione con quelle più ampie del territorio volterrano, senese e fiorentino. In particolare il nostro lavoro evidenzia alcuni aspetti originali, conosciuti finora soltanto in un gruppo ristretto di studiosi, quali, ad esempio, la storia delle attività minerarie legate allo sfruttamento dei lagoni, zolfinaie e lumaie ed i relativi regolamenti per le gare di appalto; il commento agli statuti di Silano, Montecastelli e Castelnuovo ed infine una rilettura dell'impresa di Lorenzo de' Medici contro Volterra, nel fatidico anno 1472 che vide il paesello del Sasso assurgere a simbolo internazionale della politica monopolistica di Lorenzo. E', in questo caso, la grande storia che per una volta ci sfiora, ma una storia di guerra, distruzioni, dittatura. E la tragica morte dell'umanista, poeta e soldato Michele Marullo, nelle acque torbide e tumultuose del fiume Cecina in piena, ne costituirà la metafora più evidente.


La stesura del testo di questo volume è avvenuta per la maggior parte contemporaneamente a quella di "Né latino né tedesco né lombardo né francesco. La comunità di Castelnuovo dalle origini alla fine del XIII secolo" (1996) e "Dare qualcosa in cambio di niente. Storie di congreghe compagnie e confraternite di Misericordia" (1997) e soltanto dall'estate 1997 ho intrapreso ricerche integrative per il periodo 1301-1500. Rimando pertanto alle note che accompagnano i due volumi citati per sottolineare ancora una volta l'enorme debito contratto con le numerosissime persone che mi hanno aiutato mettendomi a disposizione tesi di laurea, giornali e riviste, saggi, manoscritti, schede di restauro ed immagini. A loro si devono aggiungere, in particolare: Silvia Bianchi, Carlo Giuggiola, Giovanna Manganelli, Sandra Monti, Giulia Moretti, per le fondamentali tesi di laurea su argomenti centrali al periodo storico trattato; Claudia Vallini, per le informazioni sugli avvenimenti riguardanti il versante occidentale della Comunità ed i centri di Lustignano e Serrazzano e per le puntuali correzioni al testo; don Angelo Saltarelli per avermi messo a disposizione i suoi studi editi ed inediti sulla storia di Radicondoli; Silvia Trovato e Margherita Ducci per la traduzione degli Statuti e le notizie sull'Archivio storico comunale di Castelnuovo di Val di Cecina; don Mario Bocci per l'autorizzazione al ricorrente saccheggio dei suoi brillanti saggi storici; Elisa Battaglini, Sindaco di Castelnuovo, per la disponibilità a scrivere la prefazione e per il convinto sostegno alla mia ricerca storica; Ingrid Wurzer e Katia Taddei per la traduzione dell'introduzione in lingua tedesca ed inglese; Alba Costantini,  Sergio Pierattini e Lorenzo Ghilli per la disponibilità a far riprodurre le immagini delle loro raccolte di cartoline illustrate d'epoca; Jader Spinelli, Piero Pistoia e gli amici della redazione delle riviste "La Comunità di Pomarance" ed "Il Sillabario", riviste che costituiscono un consolidato punto di riferimento culturale per tutta l'Alta Val di Cecina, per non avermi mai fatto mancare il loro caloroso incoraggiamento e, infine, mia figlia Barbara per l'attenta lettura e scrupolosa correzione del testo. Ringrazio inoltre, per il contributo morale, economico e logistico a sostegno dell'iniziativa che ha assicurato continuità al lavoro di ricostruzione della memoria storica della Comunità di Castelnuovo: l'Associazione Toscana di storia, usi e costumi locali, l'Amministrazione comunale di Castelnuovo di Val di Cecina, la Fondazione della Cassa di Risparmio di Volterra, l'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, il Comune di Pomarance, il Consorzio Turistico Volterra Valdicecina Valdera, l'Associazione culturale "Il Chiassino" e lo stampatore Sandro Gherardini, GRAFITALIA, Peccioli.