martedì 28 luglio 2015











Relax ed "impegno".

Domenica sera, meglio dire notte, bella notte, tra amici, amiche e vecchi compagni a Suvereto (LI) per presentare il libro uscito nel 2014 "Norma", scritto da Antonella Cocolli, Nadia Pagni e Anna Rita Tiezzi. Nonostante che il libro si presenti da solo, e che di presentazioni ne siano già state fatte 15 (io solo 3!) un pubblico NUMEROSO con molti giovani, ha seguito con interesse (ed anche commozione) la vicenda di Norma, medaglia d'oro al valor militare, uccisa dai nazifascisti a Massa Marittima il 23 giugno 1944, poche ore prima dell'arrivo dei soldati americani della V Armata. Ho avuto anche la gioia di incontrare Silvano Salvi e Nello Nardi...in più di conoscere l'appassionato giovane presidente dell'ANPI di Suvereto, Dario Tafi...

Lunedì, relax alla Centro Ippico della Fattoria di Tegoni, a due passi da Castelnuovo! Tra cavalli, ninfee, e grandi silenziosi boschi.

Ed oggi ad incontrare a Siena la nostra amata figlia!  

domenica 26 luglio 2015



Norma Parenti a Suvereto.

26 luglio 2015, Suvereto, Festa dell’Unità, ore 2130.

Buonasera a tutti!
Non sono un “presentatore” professionista, e nemmeno uno storico, dato che, in realtà, mi sono occupato di “microstorie”, più o meno legate al mio villaggio natale, Castelnuovo di Val di Cecina, e, a voler essere larghi, ai luoghi più importanti della mia vita, abbastanza lunga, dato che sono nato nel fatidico anno delle tristemente note “leggi razziali” di Mussolini, cioè il 1938.

Di Suvereto non conosco praticamente niente della sua storia se non i riferimenti, per il periodo fascismo-resistenza, ai lavori di Sorresina, Tartagli, Cavicchi, Arrigoni e ai saggi del mio amico, precocemente scomparso, Ivano Tognarini. Alle loro opere ho attinto per molti episodi pubblicati nel 2003 nel libro La piccola banda di Ariano, citando Monte Coronato nella zona di Monte Calvi, ove sorgeva il campo partigiano, e il podere il Caglio, di Monte Bamboli, avamposto partigiano distrutto dai tedeschi.
Ma, a Suvereto, è nata Roma Camerini, moglie di Estewan Parenti e madre di Norma Parenti (la protagonista del libro che sarà presentato stasera), ed a Suvereto la famiglia visse dalla data del matrimonio, 1904, fino alla definitiva emigrazione a Massa Marittima nel 1917. Credo che sarebbe assai interessante delineare alcuni tratti di questa famiglia a Suvereto, rimasta ancora oggi assai oscura.

In realtà sono stato invitato a presentare un libro che, a mio avviso, non ha bisogno di presentazioni! Il libro “NORMA PARENTI, Testimonianze e memorie” pensato e coordinato da tre donne massetane: Antonella Cocolli, Nadia Pagni e Anna Rita Tiezzi. Volume di 264 pagine con 36 testimonianze (15 donne e 21 uomini) raccolte in più di un intenso anno di lavoro per ben 23 ore di registrazione orale da quella specie eccezionale di uomini e donne, purtroppo in via di estinzione, che ci offre la “memoria” popolare del Novecento, il secolo crudele della storia moderna. D’ora in poi  questi umili ma umanissimi e sapienti testimoni non ci saranno più, e solo i pochi archivi dei quali per nostra fortuna e lungimiranza non è priva la Toscana, metteranno a disposizione del popolo i diari, le lettere, le immagini ed i suoni,  anche se, tuttavia,  senza i “protagonisti”, le voci narranti. In questo libro, dunque, non c’è solo Norma, non c’è solo il ricordo, ma, bensì, ci sono le persone in carne ed ossa che, a distanza di 70 anni non hanno dimenticato né l’attività instancabile della Norma medaglia d’Oro al Valor Militare, né l’epoca precedente in cui ella visse la sua breve intensa vicenda umana.

Ha solo un desiderio, questo libro, di essere acquistato, letto, serbato, per i nostri figli e nipoti. Costa soltanto 14 €. Molto meno dei reclamizzati best-seller spazzatura, che vengono scritti su commissione, da scrittori e scrittrici professioniste, nella maggior parte non utilizzando più di 400 parole! Una miseria, uno squallore.

Questo libro è un invito a non dimenticare. Noi gente del popolo pecchiamo di timidezza di subalternità, eppure sarà grazie alle nostre testimonianze, scritte, orali, artistiche, ed ai piccoli oggetti che ci sono appartenuti, che gli storici tra due o trecento anni, potranno scrivere la Storia, con la lettera maiuscola, delle loro Patrie e dei loro Popoli, e non solo delle elites, dei principi e dei re, dei generali e dei presidenti, o dei miliardari capitalisti.

Dunque, se questo libro, che ci fa vedere, da molte angolazioni, la vicenda di Norma Parenti, non fosse stato scritto, credo che anche le nostre Comunità Locali, che alla sua figura son legate, Volterra, Suvereto, Monterotondo, Agordo, Massa Marittima, sarebbero immensamente più povere e con una identità più facilmente preda dei  mutamenti sociali e della smemoratezza. Ci aiuteranno a contrastare tali fenomeni le ultime cinquanta pagine, le impropriamente dette APPENDICI, cioè la riproduzione dei documenti fondamentali, l’analisi di grafologia, la bibliografia, le 28 fotografie, quasi tutte inedite dell’album di famiglia di Norma Parenti e perché no? anche i brevi ma corposi curriculum delle tre autrici.

Dobbiamo perciò essere grati ad Antonella, Nadia e Rita ed ai tanti altri che alla ricerca hanno contribuito, e che da essa non trarranno tesori né beni materiali, di averci fatto questo dono che rimarrà come una pietra miliare per chiunque vorrà interessarsi a Norma Parenti.

Come alcuni di voi sapranno, la vicenda di Norma Parenti, man mano che trascorrevano gli anni, s’era fatta più sbiadita, frutto si di formali onori, ma povera di veri studi biografici e, tra l’altro, i medesimi, assai imprecisi se non fuorvianti. A Massa Marittima Norma era una icona, sospesa in una specie di limbo tra la rappresentazione del rituale celebrativo comunista della Resistenza e il disinteresse della Chiesa, alla quale, d’altra parte, Norma avrebbe dovuto appartenere; ed anche i testimoni e le persone che pure l’avevano conosciuta, non ne parlavano volentieri.
Del resto, non dimenticando la sua giovane età, Norma era già, come si sussurrava a Massa, una nuova Giovanna d’Arco, una santa che non solo sfidava la morte per affermare i valori più alti dell’uomo, quasi una novella Antigone, ma anche per andare, spirito e carne oltre il tempo, affidandosi alla storia, e all’amore, come magistralmente Antonella, Nadia e Rita ci hanno dimostrato con la loro opera.

Bisogna arrivare alla fine degli anni ’90 del secolo scorso per l’avvio di ricerche storiche e testimonianze più accurate su Norma. Da queste ricerche partirono alcuni progetti, quasi tutti realizzati: opuscolo per le scuole, canzone, teatro, cinema…conferenze, ed anche una raccolta di testimonianze e memorie, QUI, LONTANO, uscita nel 2012 a cura di Nadia Pagni, che avrebbe meritato una più marcata valorizzazione stante l’accuratezza, la freschezza e l’ampiezza del materiale raccolto in area massetana. Finalmente, ecco il libro che le autrici vi illustreranno stasera. Un’opera davvero fondamentale.

Come affermano le autrici, sembra che in questo libro manchi solo l’ultimo importante chiarimento: chi fu e per quale motivo, l’esecutore? E chi  il mandante della sua condanna a morte? L’esecutore materiale, probabilmente un tedesco, è impossibile da identificare. Il mandante, come fu ipotizzato, fu Giovanni Nardulli, capo della GNR di Massa Marittima, nato ad Orbetello, sparito dalla città il 9 giugno 1944, riapparso ad Asti, accusato di 11 delitti in Maremma, processato e condannato a morte dopo la Liberazione nell’autunno 1945 con sentenza eseguita a mezzo fucilazione?

Ebbene, non potendo presentare due libri in una volta, mi limiterò a dire che nel maggio di quest’anno Nadia Pagni ha pubblicato la parte conclusiva dell’opera “Norma”, nel volume “Elvezio e Norma”, nel primo capitolo “Novità su Norma”, fornendo una ipotesi molto plausibile a questo secondo interrogativo. Adesso il cerchio sembra definitivamente chiuso.

Con l’augurio che questi libri possano entrare in ogni famiglia, circolo, scuola, biblioteca…che siano letti, studiati e diffusi, come nuova sorgente storica, limpida e pura alla quale abbeverarsi, Vi ringrazio per l’attenzione.


Carlo Groppi



Ultimo ricordo d’Israele.

Fresco e delizioso! L’ultimo sorso di Easy Port – Pomegranate wine – RIMON vinery…

che ho comprato a Gerusalemme! Di questo “vino” non posso far altro che confermare quanto s’è detto: “…This easy port style wine is purely made from pomegranates located in Kerem Ben Zima Upper Galilee. The wine was aged in French oak barrels during the Galilees summer sun months which gave depth, softness and harmony to the wine, delicate sweet fruity aromas with coffee and spice background flavors taken from the barrels, Best served chilled. www.rimonwinery.com

giovedì 23 luglio 2015

IRIS CHELI (1924-2015).

In ritardo ho notato l'annuncio della morte di Iris. Abitava a Montecerboli e poiché fino a due-tre anni fa passavo alcune volte alla settimana proprio davanti alla sua casa per recarmi a Volterra, la vedevo, d'estate e d'inverno, con la sua vestaglia celeste, sulla soglia oppure sul marciapiede nella seggiolina, e questa vista mi rallegrava riportandomi indietro nel tempo, di quando abitava in Posserella ed io, insieme alla nonna, vi andavamo a "opre", cioè la nonna cuciva, rattoppava, accorciava o allargava abiti da lavoro di tutta quella famiglia, vi rimanevamo a desinare e alla sera  ritornavamo a casa, naturalmente a piedi, con una sportina piena di frutta, o di verdura, una dozzina d'uova e un panetto di pane, e qualche volta con un coniglio o un pollo! Credo che gli anni siano stati quelli tra il 1949 e il 1953. Giorni indimenticabili che cercai di fissare in una poesia "Iris", appunto che ripropongo:

Iris

Già il vederla viva mi rallegra
spazzare la soglia della casa,
macchia d’azzurro nel meriggio
greve e lieve la saluto perché
è misura della mia lunga vita,
lei giovane sposa ed io bambino
giocare tra il ciuffo dei bambù
mentre ridendo correvamo al desco
di Guglielma. La nonna posava
il suo rammendo e Nello e Piero
venivano dal pozzo
con l’acqua fresca e il vino.

Il giorno lungo un anno
allor pareva, né paura, né male
né rancore ci stringeva il cuore.

E dolore d’amore io non sapeva!

Lungo la strada che cipria
pareva, s’andava scalzi
per godere il sole intrecciando
ghirlande di viole.

Oh! dolce passato che sei vivo
ancora e speranza  concedi
al mio domani, ad incontrare
la nuova Aurora!





la nuova Aurora!  

domenica 19 luglio 2015

Festa Nazionale dell’Unità, Livorno 1969.

Rientravo a casa a metà mattino, sotto il sole bollente di questo luglio investito dalla “bolla” di calore africano,  e nei pressi del palazzo di Leopoldo Birelli, sul Corso principale di Castelnuovo, ho notato in sosta un furgoncino scoperto con seduto al posto di guida un uomo robusto che mi fissava. Anch’io ho iniziato ad osservarlo, ma per me rimaneva uno sconosciuto. Giunto alla sua altezza l’uomo s’è sporto dal finestrino dicendo: “Ma tuo sei Carlo!” “Si, sono Carlo Groppi, ma tu chi sei?” “Non mi riconosci? è vero sono molto cambiato, ora sono troppo grasso, ma io t’ho riconosciuto subito, sono l’Antoni della Leccia!” “Ah! l’Antoni…”, “Si, l’Antoni del podere La Proda, Renzo,  un compagno, s’era insieme a Livorno nel 1969 alla Festa Nazionale dell’Unità e si mangiò All’Antico Moro!”
Immediatamente nella mia dimenticanza s’è aperto un largo squarcio e la luce vivissima della memoria m’ha riportato indietro in quel tempo magico, ricco di impegno politico, sociale, poetico, di amicizie ed anche di gastronomia…: “Caro Antoni, ora mi ricordo tutto, quanta acqua si prese in quella sfilata dietro allo striscione della Federazione del PCI di Pisa che attraversava il Lungomare e si dirigeva verso l’Ardenza!” “Proprio una giornataccia, molli come pesci, e a un certo momento tu dicesti – Ora vi porto a mangiare in un ristorante che conosco, credo il migliore di Livorno, l’Antico Moro” “Si, abbandonammo il corteo e andammo all’Antico Moro, almeno per asciugarci…” “Ma la sera all’Ardenza, quando parlò D’Alema io ci tornai e mi ricordo sempre quello che disse e che poi non gli ho più perdonato, allora voleva scacciare gli americani da Livorno e dal Tombolo e affondare le loro navi; poi gli ha fornito gli aeroporti per andare a bombardare le città della ex Jugoslavia…” “Sento che sei rimasto sempre un tipo battagliero…” “Si, pendo dalla sinistra e questi ex democristiani travestiti nel Partito Democratico non mi garbano punto…” “Invece io sono ancora un iscritto al PD e sostengo il sogno di cambiare l’Italia, di purificarla dalle ruberie e dai privilegi, di stare in una Europa pacifica e socialmente più solidale, tra le Nazioni e al nostro interno, specialmente guardando al futuro dei giovani, e al mondo che cambia…caro Antoni, non sai che gioia mi hai dato stamattina…ti vorrei offrire l’ultimo mio libriccino sulla Resistenza, sui sardi nella Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane, ma adesso non ce l’ho” “Mi faresti un gran regalo, lascialo al mio fratello Mario, quello che fa il volontario al 118 e lui me lo porterà alla Proda. La nostra mamma son più di tre anni che sta malissimo e io, che abito a Piombino, vengo due o tre volte al mese a trovarla…” “Si, lo farò avere a Renzo…hai un indirizzo di posta elettronica?” “No, non m’intendo di queste cose” “Vabbé, ci troveremo alla Leccia, qualche volta…” “Si, speriamo, che piacere mi hai dato anche a me!”. Dopo l’incontro ho cercato nel mio “Canzoniere” i pochi versi che allora scrissi, proprio sull’Antico Moro e sulla Festa  del giornale del Partito Comunista Italiano, l’Unità ed ora, a distanza di 46 anni, li voglio dedicare a Renzo Antoni, piombinese della Leccia:

All’Antico Moro [i]

Il miglior pesce di Livorno
in un giorno di pioggia e libeccio
con le rosse bandiere
e l’amore a prima vista
ragazza comunista
dalla veste leggera
che s’asciugava al tepore
di noi e di un vecchio
braciere.







[i] Festa Nazionale dell’Unità a Livorno, settembre 1969. Un grande acquazzone si abbattè sulla sfilata popolare. Ci riparammo “All’Antico Moro”, zuppi d’acqua che s’asciugò rapidamente al calore di quella piccola trattoria e del contatto umano. 

sabato 18 luglio 2015

CALDO AFRICANO

18 luglio, un borgo immerso nei boschi, altitudine 570 metri sul mare, circondato da monti verdissimi di 846, 852, 1008, 1059, metri sul livello del mare, investito da una ondata di "caldo africano". Si avvertono i primi malesseri animaleschi e umani: addirittura i sindaci delle territorio si incatenano, e non si sa bene se lo facciano per  gli effetti dell'alta temperatura oppure per protesta contro questa imprevista "migrazione" (oltre ai "migranti" veri e propri). 



venerdì 17 luglio 2015

Con 34°C in casa, ma cosa viene in mente?

Intanto un proverbio:

Chi è fedele conosce il lato superficiale dell’amore;
è l’infedele a conoscerne le tragedie.

Ricordo la teoria di un noto regista teatrale impegnato in drammi messi in scena dentro luoghi di reclusione per gravi delitti, il quale affermava con forza che vedono più chiaramente loro, i reclusi, guardando noi dal buco della serratura, che non il genere umano esterno, il dramma e la complessità del Mondo. Li  per lì, ne rimasi molto turbato.

Adesso sfoglio i bellissimi depliant turistici elaborati e diffusi a Volterra sugli eventi culturali  di questa torrida estate. Solo curiosità estetica, perché non andrò da nessuna parte. Ma mi hanno colpito molto alcune affermazioni programmatiche in Volterra Teatro. Percorsi d’arte in luoghi vicini ali’infinito. La città sospesa: “…la città sospesa è una città colta nell’atto di interrompersi, di ritirarsi dalla scena della vita quotidiana, spezzare la linearità dei camminamenti e cambiare postura, guadagnare un passo circolare, smarrito, pensoso, lento, per osservare le nervature della propria andatura e sottrarle alla mortificazione del fine, dell’efficientismo contemporaneo”.

“La città sospesa è una città laboratorio in cui si lavora a rifare l’uomo, una città in cui gli spettatori, sotto la guida di grandi maestri, sperimentano in prima persona il gesto del sospendersi dal frastuono della contingenza, l’arte del togliersi dalla scena della vita ordinaria per collocarsi in una scena altra, ancora da inventare”.

Poco da aggiungere a tali perentorie e alte enunciazioni, se non l’amarezza che mi dà ogni volta che mi imbatto nella parola <contingenza”,  la battaglia perduta dai lavoratori, che avrà portato incentivi e premi  a piccoli gruppi di persone poste ai vertici della scala sociale, ma che ha di fatto immiserito milioni di altri lavoratori e pensionati, senza la spada e lo scudo di Re Artù a difenderli dalla competizione capitalistica e imperialista.

Comunque l’ultima pagina di “copertina” di Volterra Teatro, la Città sospesa, quella che dice NO alla chiusura di Smith Bits di Saline di Volterra,ed al licenziamento di 193 lavoratori da parte di una multinazionale, mi sembra davvero una lampante contraddizione col plaudire alla fine dell’efficientismo e al togliersi di mezzo dalla vita ordinaria…


Quando ero giovane, manovale prima, impiegato successivamente, per quarant’anni tra scuola e lavoro in una grande fabbrica italiana, consideravo Amica questa fabbrica, e amici e compagni i duemila lavoratori, uomini e donne, anzi avevo l’idea che essa appartenesse a noi, anche a quelli di basso salario, e che per il Suo bene e per il Nostro bene dovessimo sempre migliorarci e fare il nostro dovere “ordinario”, giorno dopo giorno per anni e, quando possibile, contare un po’ di più e lottare perché la Fabbrica fosse efficiente e competitiva e non avesse sprechi in modo tale da poter offrire ai giovani del nostro territorio una possibilità di futuro. Naturalmente molti di noi pensavano anche che avesse ragione Karl Marx e che alla fin fine un Mondo senza Socialismo, solidarietà, internazionalismo e pace non fosse possibile…ma su questo punto convengo di essermi momentaneamente sbagliato.





sabato 4 luglio 2015

Giove e Venere.

Matrimonio celeste.

Giove

Alla fine della primavera, proprio come si conviene
alla nostra età, ci siamo sposati, mia dolce colomba,
in segreto, com’è segreto l’amore che ci avvince,
perché avevamo paura non del disonore, ma della
arroganza degli uomini a stabilire eterne leggi,
dal centro alla periferia, erga omnes, senza comprendere
le insondabili profondità dell’anima, i misteriosi moti
del cuore, e l’attrazione fatale della carne in
                                   sommovimento.           

 Venere

Ora siamo uniti, finché morte non ci separi,
e nessuno al mondo ci potrà dividere. E quando arriveremo
alle Porte Sante del Paradiso, avanzeremo lieti offrendo
il nostro amore intrecciato coi fiori di campo e l’incenso
votivo bruciato alla Vergine del Carmine, portando
baci ardenti e carezze audaci bagnati da lacrime
                                   salate, asciugate da labbra vogliose.

Giove

E la notte e i giorni  sempre troppo brevi in uno solo
stringemmo. Si fusero i corpi mai sazi di godere,
mentre una gialla luna di carta s’alzava ad oriente
e Cassiopea ci brillava davanti agli occhi appannati
                                   da gemiti piacere.
 Forse è tutto un sogno, forse non è vita, questa
che mi sale dentro e mi prosciuga la saliva in gola,
forse siamo creature erranti, magiche essenze
di un desiderio, che fluttuano a destare l’amore
                                   celato in ogni muta pietra.

Venere

Forse i nostri occhi non sono occhi
bensì specchi del desiderio, occhi di un cielo
surreale, che nasconde il tesoro della vita
e della morte, se i nostri occhi non si guardano,
i tuoi occhi che non sono occhi,
bensì specchi del mio desiderio.


Ed ecco la "congiunzione"!


Congiunzione di Venere e Giove.


In senso tecnico è espressione propria dell’astronomia e dell’astrologia, che indica il momento in cui i due astri presentano la stessa ascensione retta. Il significato equivoco, tuttavia, si ricollega piuttosto ai mitologici amori tra il padre degli Dei e la dea della Bellezza. Dice messer Bandello in una sua novella: “…la buona Pasqua, a cui non pareva ben fatto che Ferrante solo se ne stesse, andò a trovarlo, ed entrata seco in ragionamenti, non molto stettero che fecero la congiunzione di Venere e Giove”. Spesso, scrutando il cielo nella ancora giovane notte, ed ammirando lo splendore di Venere e il moto di Giove, il grande astro luminoso, immaginai questo “congiungimento”, non solo l’ascensione retta, ma, addirittura, la sovrapposizione sulle loro ellittiche (oltre non è possibile),  cosa che, come mi fu spiegato da una amica astronoma, avverrà  tra più di cento anni. Perciò misi l’animo in pace. Avevo a quel tempo in gestazione il libriccino di poesie La cometa Swan e fantasticavo ad occhi aperti sugli avvenimenti, non soltanto del nostro sistema solare, ma dell’Infinito e dei suoi misteri. E, com’è noto, la poesia è anch’essa un grande mistero, la cui velocità è addirittura superiore a quella della luce, raggiungendo la profondità dell’anima ed  avvicinandosi a Dio.

mercoledì 1 luglio 2015

Anne Frank.

Nell'eccesso di semplificazione, per voler tradurre la complessità del materiale relativo alla bibliografia del Diario e degli altri scritti di Anne Frank, compreso il materiale del libro dei ricordi di Miep Gies, la donna che aiutò la famiglia Frank nella clandestinità, fino alla prima edizione italiana da Einaudi nel 1954, non ho parlato dell'ottava persona, il signor Pfeffer, che fu ospitata dell'alloggio segreto e che, deportata dai nazisti, non sopravvisse.
 Mi faccio perdonare pubblicando alcune immagini di recenti edizioni e filmati su Anne Frank.






Grecia nel cuore [i]

Muri bianchi di calce, ragnatele di pietra
sui monti selvaggi, monasteri appesi all’azzurro,
tra cielo e terra dove l’uom s’eterna
nelle forme del marmo rosato;
il passato negli occhi
di una donna bellissima a Epidauro,
isole e fiori, aranci di Tirinto, mare,
strano dei Mani il paese,
e rosse ciliegie che adornano
dei Dori i volti biondi e forti,
le tombe dei morti re e le maschere
d’oro tra storia e memoria
rivivono e si disfanno nell’incontro
d’amore sognato,
sole, falce, martello, speranza, ricordo,
dolore,
            Grecia nel cuore
desiderio placato nella tiepida sera
che porta stelle nuove nel cielo turchese
e s’apre al futuro.




[i]  Dal 29 giugno al 29 luglio 1982, dopo una prima gita personale nel 1969, ritorno in Grecia con la famiglia. Il viaggio sarà ispiratore di molte liriche dedicate a questo affascinante paese.