mercoledì 5 febbraio 2014

Il silenzio.

L’amico Renzo Brucalassi, pubblicando alcune delle sue rare cartoline illustrate e fotografie con immagini antiche dell’Industria Boracifera, di Larderello e dei nostri antichi paesi, m’ha spronato a cercare nel mio Canzoniere alcuni testi, un po’ dimenticati, ispirati ad eventi o ricordi dei quarant’anni trascorsi ininterrottamente, tra scuola e lavoro, a Larderello. Dapprima all’Ufficio Geologico, poi alla Divisione Impianti e Manutenzioni, per approdare definitivamente, nel 1968, all’Ufficio Programmazione del Servizio Perforazioni (le famose “sonde”), dove son rimasto per ventitre anni, fino al1991, anno del pensionamento. Si può dire che Larderello, le sue Fabbriche, le sue attività industriali, la sua vita sociale, artistica, sentimentale, siano state uno dei miei più grandi amori. Vi arrivai coi pantaloni corti, ne uscii Uomo. Ho conservato molte memorie, ho cercato libri, immagini, documenti, giornali. Ho pubblicato, nel 1998, un saggio storico: “Fabbrica Amica.  Sindacato e lotta politica Larderello (1944-1956)”, edito da Gian Piero Migliorini, Volterra, pagine  367, con 16 ill.ni in nero fuori testo, ed altri saggi sulla rivista “Rassegna Volterrana”, mentre ho praticamente ultimato, nel 2006, un nuovo lavoro storico: “Passioni, Speranze, Illusioni. Antologia di scritti politici e sindacali (1964-1985)”,  che dorme in un cassetto il sonno dei vinti, data la penuria di risorse economiche per tentare l’impresa editoriale, ed anche il diffuso disinteresse che contrassegna attualmente  l’attività culturale. In più son venuti a mancarmi da poco due dei più importanti riferimenti “storici”, due grandi amici e compagni, Carlo Chiavistrelli e Mauro Tanzini, coi quali mi confrontavo ed ai quali attingevo! Per “quelli che amano Larderello”, e sono tanti, vicini e lontani, pubblico una poesia inedita:

Il silenzio (Alla Fornace)

( a Larderello, fabbrica amica)

Da questo antico muro cadente occhieggia
l’esile papavero, mesto ricordo di bandiere
ammainate, la pendula acacia riposa dopo
aver donato alla languida notte l’inebriante
profumo,

nello stagno le rane ubriacate di sole
inesauste cantano alla vita e c’è soltanto
questo vociare a rompere il perfetto silenzio,
e là, di fronte a me, dov’è adagiato il mio amore,
un fioco brusio accompagna il pigro
risveglio.

La vedo supina e discinta, i capelli arruffati,
le cosce spalancate, cambiata nel tempo
veloce, ma riconosco il suo viso, i seni
possenti, vene e arterie, slarghi e peluria,
                                               la bella dormiente.

Ma dove sono i suoi innumerevoli amanti?
gli uomini azzurri? dove il suono della calandra?
il trambusto del coccodrillo? l’affaccendarsi
nel Cover all’imbocco del ponte?

e il va e vieni in Piazza Leopolda
tra i Nuovi Uffici e la Sorveglianza?
e su, su per la strada rossa del Poggione,
tra la Raffineria e l’Infustazione?

Vuoto il nostro nido d’amore,
dove abbiamo sognato la felicità del giorno nuovo,
oh! quante ore di amplessi con la storia,
innocenza tradita, memoria svanita,
là, ora c’è una gran pace, là tutto tace!


E’ il silenzio più doloroso.




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