lunedì 17 febbraio 2014



Campo ai Bizzi, 16 febbraio 2014.

Parte (IV).

2.Vergognati di piangere...


...La mattina del 23 gennaio 1944, ancora convalescente rientravo nella formazione al Frassine dalla quale ero stato lontano per oltre un mese per aver contratto la febbre tifoide. Fu così diagnosticata dal dr. Zeppini, medico condotto a Monterotondo Marittimo, chiamato in tutta segretezza dal comandante Chirici. I postumi di questa malattia mi furono riconosciuti nel 1947 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione medica per il riconoscimento delle qualifiche di partigiano combattente. Non feci alcuna pressione affinchè mi fosse assegnata una pensione di invalidità di guerra. Sul documento rilasciatomi dalla Commissione sta scritto "Invalido di guerra". Il mio rientro fu accolto con una straordinaria manifestazione di simpatia da parte dei vecchi compagni. Il capitano Chirici mi presentò i nuovi arrivati, essi erano: tenente Vittorio Ceccherini (pisano), sottotenente Alfredo Gallistru (sardo), Vinicio Modesti (volterrano), dottor Giorgio Stoppa (livornese), Giorgio Vecchioni (gerfalchino) e "Gino". Quest'ultimo, un empolese di nome Desiderio Cugini, mi dissero che era stato inviato dal centro con funzioni di Commissario politico. Stoppa, che era il medico della formazione, riconosciute le mie ancora precarie condizioni di salute, propose di farmi alloggiare nel capanno più comodo, si fa per dire, occupato dalla sezione comando. Nella formazione trovai otto stranieri: i russi Alexander, Andrey, Ivan e Nikolay; l'inglese Marck e gli slavi Lacika, Mirko e Nikola; tutti erano prigionieri di guerra, fuggiti dai campi di prigionia. Mirko era un partigiano iugoslavo, catturato con sua madre nel corso di un rastrellamento da parte di truppe italiane. La madre di Mirko era una comandante partigiana; dopo un processo sommario venne fucilata alla presenza del figlio. Mirko era molto fiero di aver avuto una madre così eroica. Ricordo con commozione un particolare: ci raccontò che quando venne portato ad assistere alla fucilazione di sua madre fu colto da un pianto convulso. Ella, rivolta al figlio gli disse: Vergognati a piangere davanti a questi assassini!
      Al Frassine ogni giorno arrivavano nuovi individui, inviati dai CLN. Pertanto si rese necessario approntare nuovi insediamenti. Un gruppo di dieci partigiani, al comando di Otello Gattoli, si trasferì al podere Campo al Bizzi, con l'incarico di fare il pane e di provvedere al reperimento delle vettovaglie necessarie al nostro fabbisogno. Questo gruppo aveva anche un cavallo di nome “Sauro” e un cane di nome "Mondiale". A questi due magnifici animali accudivano i partigiani Fulvio Guarguaglini e Giuseppe Fidanzi. Un altro gruppo di dieci partigiani, al comando di Mario Guido Giovannetti si trasferì nel bosco sul versante di Campetroso, per approntare alcuni capanni, dove appena pronti, si sarebbe dovuto insediare il grosso della formazione. La sera venivano alloggiati al podere Poggio Rocchino, fintanto non fosse stato pronto il nuovo accampamento. Nell'accampamento dov'era installato il Comando, la nostra attività, soprattutto quella di noi giovani, consisteva nel prendere conoscenza delle poche armi disponibili, inoltre una parte del tempo si passava ad ascoltare l'indottrinamento, effettuato quotidianamente, dal commissario politico. A detto indottrinamento dava molta importanza il dottor Giorgio Stoppa. "Gino" e Stoppa ci parlavano continuamente del comunismo, dell'Unione Sovietica e della grande statura politica di Stalin. Sovente ci ripetevano:...bisogna distruggere il comune nemico nazifascista, è l'impegno che abbiamo assunto in nome del compagno Stalin. A tutti coloro che si distingueranno in questa lotta, a guerra finita, gli assicuriamo che verranno portati a Mosca e fatti sfilare sulla Piazza Rossa alla presenza del grande, invincibile ed amato compagno Stalin! L'entusiasmo di noi giovani saliva al settimo cielo. Nel corso di queste lezioni Stoppa, che era sempre il più esaltato, usava un linguaggio molto efficace nell'inculcare la ideologia comunista, certamente io credo che ciò sia dipeso anche dal suo maggior bagaglio culturale. Il comportamento del comandante Chirici fu sempre di una correttezza straordinaria, tanto che non contrastò mai l'operato di proselitismo comunista messo in atto da "Gino" e Stoppa".
                                                            (continua)

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