martedì 20 giugno 2017

PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.

CAP. XIV


22. La presenza in fabbrica del Pci apre prospettive di avanzata unitaria per lo sviluppo produttivo e per una maggiore tensione morale e ideale tra i lavoratori (1977)

         “Non ci sono sforzi, per quanto grandi, che la classe operaia ed i lavoratori non siano capaci di compiere, se essi servono a realizzare un grande obiettivo di sviluppo e di rinnovamento della Nazione. E proprio questo è il momento, sia degli sforzi, sia della lotta stringente e decisa per grandi obiettivi di trasformazione, per grandi mète sociali, politiche e ideali. E perciò questo è anche il momento in cui deve balzare in primo piano la partecipazione democratica, l’intervento continuo dei lavoratori e dei cittadini e soprattutto la funzione che ha un Partito come il nostro nell’orientamento e nella lotta delle grandi masse. Quale altra formazione politica potrebbe fare le nostre veci nell’assolvere questa funzione?”

         Così il compagno Enrico Berlinguer si esprimeva nella sua relazione al Comitato centrale del Pci il 18 ottobre 1976 indicando obiettivi immediati ed altri traguardi sociali e politici che devono essere al centro della lotta delle masse, alla cui guida devono porsi la classe operaia, i suoi partiti storici e, primo fra questi, il Partito comunista.
         E ancora, analizzando con grande efficacia i guasti prodotti da una lenta corrosione delle coscienze, ne individuava le cause “a forme di un individualismo esasperato, alla rincorsa al guadagno facile, alto e immediato, della ricerca del poco lavoro, del poco studio, del poco rischio, alla fuga dalle responsabilità e dall’impegno, all’assillo di pervenire a uno stato sociale di successo e di prestigio, prescindendo dai meriti e dagli sforzi, alla mitizzazione dei consumi individuali”.
         Ebbene, se da una analisi generale ci riportiamo alle situazioni reali, ad esempio a quelle della nostra Fabbrica, l’Enel-Larderello, non possiamo fare a meno di riconoscere che molte tra le cause dei guasti sono presenti, così come è presente un potenziale sano che tende al rinnovamento, alla trasformazione e della Fabbrica e della Società.
         Affrontando i temi delle lacerazioni interne e dei motivi di malessere dobbiamo innanzitutto rilevare il problema degli sprechi: sotto il profilo dell’utilizzazione del personale e sotto quello della produttività degli impianti. Il personale, all’Enel-Larderello, non è troppo: è male impiegato e male distribuito. Ci sono chiaramente decine di posti inutili, che andrebbero aboliti e reparti operativi dove gli operai scarseggiano. Certo, mentre non è giusto alimentare all’esterno il continuo miraggio di “un posto all’Enel”, e quindi si impone il reale controllo dei concorsi esterni di assunzione, pensiamo non sia giusto scaricare semplicisticamente le inefficienze della classe dirigente e la mancanza i quella volontà politica nuova, che tanti danni ha causato al Paese, sui lavoratori.
         Non possiamo nasconderci, tuttavia, di essere in presenza di allarmanti fenomeni di assenteismo e si nota una mancanza di rigore, di moralità, nel modo di vivere la giornata di lavoro. Il tempo effettivamente lavorato è diminuito, con il silenzio di tutti. Oltre ai motivi di fondo, già richiamati, della “corrosione delle coscienze”, ciò si deve al fatto della deresponsabilizzazione che c’è a tutti i livelli direttivi dell’Enel, e sulla omertà dei Capi, i primi veri assenteisti e corruttori.
         Le responsabilità della dirigenza Enel, si manifestano maggiormente esaminando gli impianti: grandi centrali non hanno prodotto più del 50% della loro capacità. Il trasporto di vapore da lunghe distanze causa notevoli perdite di energia. Studi seri e applicazioni pratiche non vengono condotte per lo sfruttamento di grandi quantità di fluido contenenti cloruri, gas o acqua. L’aggiornamento tecnologico è pressoché inesistente; tutti i reparti risentono di una evidente dequalificazione ai vertici. Intanto non si acquistano nuove turbine e si va avanti solo a promesse. Il danno economico causato da una gestione di questo tipo è stato enorme e la collettività ne paga le conseguenze.  Se nel nostro Paese esistesse un minimo di moralità i responsabili ne avrebbero da tempo dovuto rendere conto. Dunque è l’ora che tutti ci facciamo carico di questa situazione. Le Organizzazioni sindacali in primo luogo dovrebbero scendere in campo richiedendo impegni di programmi e di investimenti ben precisi, controllabili e credibili. Su questa linea impostare la lotta dei lavoratori elettrici e delle popolazioni, altrimenti c’è il rischio che la “vertenza comprensoriale” e la grande mole di lavoro portata avanti unitariamente in questi ultimi mesi sui problemi della geotermia, rimanga pura accademia e, come tante altre volte è accaduto in passato, risulti vincente la linea gattopardesca di chi su un rele sviluppo delle capacità produttive nell’energia geotermica non ha mai creduto.
L’altro tema sul quale occorre dedicare la nostra attenzione riguarda gli sfruttamenti plurimi dell’energia geotermica. Sembra che l’Enel sia finalmente disponibile a cedere alla regioni, e quindi, agli Enti locali, (Comprensori, Comunità Montane, Comuni) i “soffioni” non utilizzabili per la produzione elettrica. Questa disponibilità va concretamente verificata e se reale passare a progetti finalizzati nel campo agricolo, chimico, industriale, civile, capaci di dar vita ad Imprese che non solo darebbero ricchezza nel senso della produzione, ma garantirebbero in parte quell’espansione e diversificazione dell’occupazione che il settore elettrico non può assicurare in rapporto ai costi/ricavi della produzione.
A tutti i nuovi posti di lavoro che si creeranno si dovrà accedere mediante concorsi pubblici e democratici, evitando gli sprechi sociali e dando a ciascuno la possibilità di realizzarsi attraverso l’utilizzazione delle capacità intellettuali e professionali. Certo, i problemi degli sbocchi occupazionali legati alla professionalità e al livello degli studi non si risolveranno completamente. E’ comunque il momento per affermare che non potrà essere l’Enel il traguardo finale per tutti coloro che attendono di inserirsi nell’attività lavorativa. Anzi occorrerà fin da ora prevedere le linee di sviluppo dei nostri Comprensori a medio termine, quando cioè saranno entrati in funzione i grandi impianti termonucleari. Se è vero che l’energia geotermica non è sfruttata pienamente per produrre energia elettrica occorrerà puntare decisamente a produzioni diversificate, non solo capaci di produrre maggior valore, ma che siano capaci di consentire notevoli ampliamenti nell’occupazione coinvolgendo le masse femminili, oggi totalmente emarginate dai processi produttivi.
Dopo aver sconfitto la politica dello smantellamento di Larderello (e della Società Chimica, della Salina di Stato, dell’Idrill) e dopo aver adeguatamente sostituito e reintegrato gli organici rapidamente diminuiti a seguito delle note ed ingiuste leggi sui pensionamenti, dobbiamo riconoscere che non è seguito uno sviluppo produttivo adeguato, che, specialmente nel settore dell’energia elettrica era possibile compiere in tempi brevi, dando in tal modo un reale contributo alle drammatiche carenze energetiche del Paese e della regione Toscana. Non possiamo nascondere che una mancata ripresa di incremento produttivo, che abbracci sia la ricerca sia lo sfruttamento delle forze geotermiche, bloccherà ulteriori assorbimenti di manodopera e addirittura metterà in discussione i livelli occupazionali adesso raggiunti.
E’ pertanto sul tema dello sviluppo delle attività produttive, degli investimenti, dei programmi di ricerca condotti con l’unità di tutti gli Organismi preposti, che devono essere concentrati i nostri sforzi e la nostra attenzione. Sia a livello di Fabbrica che di territorio, per quanto concerne le Organizzazioni sindacali, sia per altri organismi elettivi, siamo in presenza di condizioni nuove rispetto al passato che ci possono facilitare la lotta per la ripresa produttiva, come testimonia la volontà unitaria emersa intono ai temi della Conferenza di produzione Enel-Larderello e alle successive iniziative portate avanti anche dai partiti politici del Comprensorio: Dc, Pci, Psi, Psdi, Pri. Questa unità è un fatto estremamente positivo, ma va rafforzata, estesa e concretizzata soprattutto con la partecipazione diretta dei comunisti alla vita della Fabbrica.
E’ stato frequentemente rilevato che spesso il comunista non svolge attività politica dentro la “sua fabbrica”, come se questo terreno non fosse di sua competenza. E’ stato anche rilevato che i quadri comunisti presenti in fabbrica sono disponibili in buon numero, ma che nel Cud, nel sindacato, nelle Assemblee generali dei lavoratori, la loro presenza è molto limitata. E’ questo un elemento importante da approfondire perché proprio per i compiti urgenti e nuovi che siamo chiamati ad assolvere, come ricordava il compagno Berlinguer, e per realizzare l’unità politica dei lavoratori, è invece determinante avere a livello di fabbrica una organizzazione forte ed efficiente del Pci. Occorre dunque riconsiderare la funzione del Partito e privilegiarlo dentro la Fabbrica, ricostituire i nuclei comunisti suoi luoghi di lavoro, le cellule operaie nelle Sezioni territoriali fino a giungere alla costituzione di un “Comitato politico” che abbracci tutti i compagni operanti nelle fabbriche del Comprensorio.
Il terreno della fabbrica non può essere gestito soltanto dalle Organizzazioni sindacali. Nelle rispettive autonomie lo spazio che deve ricoprire il partito è vasto e in primo luogo parte dall’esigenza che esso può offrire al sindacato importanti punti d’appoggio, favorendo la costruzione dell’unità e non ostacolandola, come  si sente dire. Ma soprattutto è importante per quel balzo di qualità che la classe operaia deve compiere per superare visioni ristrette, di categoria, di determinato privilegi e invece legarsi ai problemi più generali, di zona e nazionali, per riaffermare la volontà di trasformazione del Paese in senso socialista.
La ripresa della propaganda, partendo da forme molto semplici, dal volantino, dal manifesto, dalla diffusione dell’Unità e della stampa locale, come “Il Soffione”, fatta in modo continuativo, deve essere l’occasione di lavoro e di aggregazione degli strumenti che ci apprestiamo a costruire. Sembra esista ancora, a Larderello, un falso pudore, un senso d’impaccio nel manifestarci apertamente per comunisti. Lavorare nel sindacato è forse più facile e senza sottovalutare il nostro impegno in questa Organizzazione, lo riteniamo tante volte come una posizione di fuga da un impegno che richiede, oltre al lavoro oscuro, sacrifici negli orari, nell’imporci un modelli di vita e di comportamento, nella rinuncia a tanti elementi di individualismo, che spesso in noi riaffiorano.
Sarà dunque di grande rilevanza per tutta la generalità dei lavoratori se sapremo tradurre con urgenza nella realtà delle fabbriche e dell’Enel-Larderello lo sforzo organizzativo del Partito, se porteremo di nuovo tra le masse la sua presenza viva, se sapremo intorno ai suoi ideali, alle sue scelte rivoluzionarie, costruire un centro di aggregazione e di propulsione per tutto il movimento, guardando con fiducia verso i giovani che in così gran numero sono presenti in fabbrica, rinsaldando i legami tra le vaste categorie operaie, costruire rapporti nuovi con l’esterno, con i ceti sociali più frantumati, con le donne, gli impiegati, i tecnici, i contadini e gli studenti, capaci cioè di tradurre in azioni credibili alla base la linea rivoluzionaria e profondamente positiva – in un momento di drammatiche incertezze e lacerazioni, come quello che stiamo vivendo nel Paese – del Partito comunista italiano[1].






















[1] gc, in “Speciale dal Bacino Geotermico”, n.u., Comitato Pci Enel-Larderello, 25/1/1977, pp. 4 con il titolo: “Contro gli sprechi e per un razionale sfruttamento delle risorse e delle energie all’Enel-Larderello. Indispensabile il contributo del Pci”.

Nessun commento:

Posta un commento