venerdì 2 giugno 2017

 Larderello, ingresso principale.

Larderello: si giunge a Larderello percorrendo il maestoso ponte ottocentesco.

Parte III^

Premessa

Il volume “Fabbrica Amica. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944-1956)”, pubblicato nelle edizioni GianPiero Migliorini di Volterra nel 1998, costituisce il nucleo fondamentale di un’opera sulla storia del movimento operaio nel più grande stabilimento industriale toscano esistente tra la Piaggio di Pontedera, l’Ilva e la Magona di Piombino, dalla Liberazione al 1985. Nell’impossibilità di trovare le risorse necessarie per la stampa ho deciso di pubblicare a puntate sul blog GRAZIEALLAVITA, il testo di quello che doveva essere il secondo volume dell’opera: “Passioni, speranze, illusioni. Antologia di scritti politici e sindacali. Larderello, 1964 – 1985”, che ne rappresenta la parte conclusiva.  Rimane dunque da completare il periodo relativo agli anni della “nazionalizzazione” dell’energia elettrica e, in essi, la complessa fase del trasferimento delle attività chimiche, elettriche e dei servizi dalla “Larderello SpA” all’Ente Nazionale dell’Energia Elettrica (Enel), anni cioè tra il 1957 e il 1964. Con l’estensione della “cronologia”, nel volume “Fabbrica Amica”, fino al '63 e, in quello attuale, dal 1964 al 1985, ho cercato, in parte, di colmare tale lacuna, che sarà di una qualche utilità per il lettore nel caso che il lavoro di ricerca non prosegua.

Per gli indici delle “Fonti” e della “Bibliografia” rimando al primo volume, “Fabbrica Amica”, precisando che il materiale di questa “Antologia” proviene, per la maggior parte, dai fascicoli della pubblicazione mensile “Informazioni Fnle-Cgil Larderello”, diffusa a partire dal 1976 (fascicoli conservati presso l’Archivio Storico della Cgil Toscana, dal numero 0 al numero 115, febbraio 1988), mentre i testi inediti e quelli relativi all’esperienza comunista (1961-1985), provengono dall’archivio dell’autore, archivio che comprende documenti di natura politica, culturale e sindacale per il periodo 1961-1995 relativamente al territorio Alta Valdicecina ed alla fabbrica di Larderello. Dall’Antologia sono stati esclusi saggi, opuscoli e fascicoli monografici, né ho proceduto ad una ricerca minuziosa di materiali eterogenei pubblicati su giornali e riviste, locali e nazionali, né allo sbobinamento di nastri registrati durante lo svolgimento di assemblee, congressi, convegni politici e sindacali dei quali è partito il progetto di digitalizzazione.
        
In “Fabbrica Amica” ho già espresso la mia gratitudine ai numerosissimi compagni ed amici che hanno contribuito allo svolgersi della ricerca, e qui non farò altro che ribadire nei loro confronti i più fraterni ringraziamenti, con la nostalgia di non poterlo fare per chi ci ha lasciato. La generazione nata prima della seconda guerra mondiale, alla quale anch’io appartengo, si assottiglia di anno in anno e non è facile  in un’area vasta, come quella oggetto della mia ricerca, disporre di dati anagrafici aggiornati. Perciò, per non commettere banali dimenticanze e imprecisioni, mi limiterò a citare due compagni  recentemente scomparsi, miei amici e maestri: Cesare Salvagnini e Sergio Milani, che hanno ricoperto la carica di Segretario Regionale della Fidae e della Fnle, negli anni della mia militanza sindacale.  Senza dimenticare gli “amici” che, pur da sponde opposte, hanno contribuito ad alimentare un dibattito ed un confronto fertile di umori, relativamente ai valori della democrazia, della solidarietà e dell’impegno sociale: Alberto Amadori, Aldo Batistini, Lando Cellai, Sirio Manghetti, Egisto Mazzinghi.
        
Quando, nell’autunno 1972, fui eletto nella segreteria provinciale della Federazione Italiana dei Lavoratori Elettrici (Fidae-Cgil)[1] di Larderello, non ero più giovanissimo. Avevo alle spalle sedici anni di lavoro in fabbrica ai quali andavano sommati i quattro anni di Scuola Aziendale (un misto di didattica concentrata unita alla pratica d’officina e di reparto industriale, in uno dei settori prescelti dalla Direzione della “Larderello SpA”, cioè chimica, elettrotecnica, meccanica, perforazione), che avevo frequentato dal 5 novembre 1951 al 18 giugno 1955, specializzandomi in “perforazione”. Poiché la scuola si trovava dentro lo Stabilimento, ai piani superiori del Laboratorio Chimico, l’integrazione tra scuola e mondo del lavoro era stata quasi totale. Gli anni della scuola, gli anni del lavoro e la tradizione di famiglia, con tre generazioni di antenati lavoranti alle fabbriche dell’acido borico fin dall’epoca dei De Larderel, mi consentivano una visione pressoché completa di tutti i reparti, dei processi produttivi, della storia industriale e, cosa più importante, di quasi la totalità dei volti dei circa duemila operai e tecnici che costituivano l’organico della “Larderello SpA”, adesso nazionalizzata nell’Enel.

Ero cresciuto in mezzo ai lavoratori, avevo partecipato, studente, alle lotte per il contratto unico degli elettrici, lotte terminate con la sconfitta e la divisione delle maestranze; successivamente a quelle per ottenere l’inserimento di tutta la “Larderello SpA” nella legge di nazionalizzazione,  riuscite vittoriose. Avevo gioito per le vittorie e pianto per le sconfitte. Tra i lavoratori mi ero formato come uomo e come comunista, assorbendone le tradizioni e la mentalità di “classe”, e la mia vita si era intrecciata indissolubilmente con quella della fabbrica. Una fabbrica che in un recente saggio ho chiamato “amica”, dove non mancavano le conflittualità e le contraddizioni, il ricatto e la discriminazione, il settarismo politico e il servilismo, ma nella quale ogni persona manteneva sostanzialmente la propria individualità e dove non erano mai stati cancellati spazi di democrazia, creatività, partecipazione; spazi ulteriormente ampliati e consolidati dalla nazionalizzazione con il trasferimento all’Enel delle attività minerarie, elettriche, chimiche e di manutenzione dell’antica Società per azioni.

Tuttavia, pur avendo svolto un grande ruolo unificante e positivo per gli aspetti sociali e salariali, la nazionalizzazione aveva causato lo smembramento organizzativo tra la parte chimica e quella elettrica della “Larderello SpA”. Mentre gli addetti alle attività chimiche avevano optato per essere riassorbiti in quelle Enel (per una non trascurabile differenza contrattuale), le stesse venivano cedute ad Aziende pubbliche del ramo (Gruppo Eni). Inoltre all’interno delle Regioni Toscana ed Emilia, regioni unificate nella struttura organizzativa Enel del “Compartimento di Firenze" e dei due “Distretti” di Firenze e Bologna, i primi anni successivi alla nazionalizzazione avevano determinato un progressivo ridimensionamento delle attività a Larderello, il cui più evidente riflesso era costituito da una stasi nella produzione di energia geotermoelettrica, da una elevata età media dei lavoratori, dalla diminuzione degli organici, da una preoccupante dequalificazione professionale, da una mortificazione, se non cancellazione, della tecnostruttura e del nucleo dirigenziale (quest’ultimo succube della Direzione del Compartimento di Firenze, costituita principalmente da elementi provenienti dalle ex imprese commerciali elettriche, con scarsa propensione alla valorizzazione delle risorse geotermiche).

A partire dalla fine degli anni ’60 si erano andate intensificando, nell’Alta Valdicecina e nelle Colline Metallifere, soprattutto nei comuni di Pomarance, Castelnuovo di Valdicecina e Monterotondo Marittimo, forti lotte popolari e sindacali per “lo sviluppo produttivo” del territorio e l’incremento dell’occupazione, lotte che si erano intrecciate a quelle giovanili e studentesche che avevano più marcate connotazioni ideologiche. I “Comitati Pro-Vietnam” e quelli di “Agitazione per lo sviluppo della Valdicecina”, “Studentesco” e “Antimperialista”, fortemente radicati nel volterrano ed all’interno delle fabbriche di Saline e Larderello, ne costituivano gli esempi più rilevanti. Era inoltre arrivata l’onda lunga delle vertenze nelle grandi fabbriche metalmeccaniche del Nord, per costruire una nuova e più ampia democrazia di base, che riscrivesse le regole della militanza sindacale e dell’essere sindacato, un sindacato non più diviso, ma nuovamente unitario, capace con la sua grande forza di affrontare la trasformazione dell’Italia attraverso un processo di profonde riforme strutturali per incidere sull’organizzazione capitalistica del lavoro.

E’su questa onda lunga che anche a Larderello si avviò la fase del rinnovamento all’interno della Fidae-Cgil, a partire dal rapporto con i propri iscritti, con i lavoratori e con la controparti aziendali. Alle laceranti divisioni verificatesi in fabbrica durante il rinnovo del contratto di lavoro del 1970, a quelle, molto accese, di carattere individuale, trasversali a tutti i sindacati, a seguito del famoso cosiddetto “articolo 15” del contratto collettivo di lavoro, cioè la revisione generale dell’inquadramento, quindi, dei livelli salariali e delle funzioni di ogni lavoratore, si registrò, contemporaneamente alla crisi energetica mondiale derivata dalla “guerra del Kippur”[2] e dalla momentanea minore disponibilità del petrolio per fini energetici,  una rinnovata unità sui temi dello sviluppo delle attività geotermiche che determinerà la ripresa della ricerca e il ritrovamento del più potente “soffione[3]” nella storia della geotermia: il “Travale 22”, ossia il “Soffione della Speranza”, come immediatamente lo stesso venne battezzato dal compianto Renzo Radi, allora sindaco socialista del comune di Radicondoli.

Il congresso provinciale della Fidae-Cgil svoltosi a Castelnuovo di Valdicecina nell’autunno 1972, sanzionò il trapasso dal vecchio e glorioso gruppo dirigente sindacale social-comunista, a un gruppo di elementi più giovani, che meglio sapessero guidare ed indirizzare la fase nuova, caratterizzata, sul piano strettamente interno, da gravi difficoltà organizzative, in primo luogo quella della perdita di centinaia di iscritti, soprattutto a causa dei massicci pensionamenti, che relegavano la Fidae-Cgil (300 iscritti), ad un ruolo minoritario nei confronti della Flaei-Cisl  (circa 700 iscritti) e del suo alleato, la Uilsp-Uil (circa 150 iscritti). In tutte le attività interne alla fabbrica, ricreative (Cre), culturali ed assistenziali (Arca), sanitarie (Cmm), - mentre preoccupanti ritardi si registravano nell’organizzazione del Consiglio Unitario Delegati -, la Fidae-Cgil si trovava ormai in netta minoranza. Anche i rapporti con le altre strutture del sindacato della Cgil, sia provinciali che regionali e nazionali, erano quasi inesistenti, se non conflittuali, mentre scarsa appariva l’integrazione con le rappresentanze dei lavoratori della Cgil riuniti nelle “Camere del Lavoro”, provinciali e zonali.

Di fronte a tale situazione le questioni  fondamentali che la segreteria  della Fidae-Cgil eletta dal congresso decise di porre come prioritarie per il breve e medio periodo, furono le seguenti:

-         forte iniziativa politico-sociale per il rilancio delle attività geotermiche e l’incremento dell’occupazione;
-         consolidamento organizzativo: campagna di tesseramento, trasferimento della sede da Castelnuovo V.C. all’interno della fabbrica di Larderello;
-         costruzione di un’immagine del sindacato più dinamica e culturalmente più avanzata;
-         intensificazione del contatto con i lavoratori; realizzazione di un giornale mensile di fabbrica; stesura di un “Libro Bianco” sulla geotermia;
-         miglioramento dei rapporti con le strutture sindacali territoriali della Cgil e con quelle della Fidae regionale e nazionale;
-         iniziative per l’accelerazione del processo unitario con la Flaei-Cisl e la Uilsp-Uil per la realizzazione del Consiglio Unitario Delegati di fabbrica (Cud).

La raccolta antologica di scritti che qui presento è la testimonianza di un comune sentire all’interno di questo gruppo di persone nell’arco di circa quindici anni, scritti pubblicati in maggior parte sullo strumento che aiutò la crescita organizzativa del sindacato Fidae e quella culturale di centinaia di giovani lavoratori, il “giornalino” di fabbrica “Informazioni Fidae-Cgil”, diffuso fra gli attivisti ed in tutti i reparti, centrali geotermoelettriche ed uffici dell’Enel-Larderello, di Pisa e della Direzione aziendale.

Anche se ne sono l’autore materiale, gli scritti qui presentati, nella parte “sindacato e società”, nascono dal contatto quasi quotidiano con numerosi compagni e, soprattutto, con il “gruppo del “giornalino”, il quale, pur modificandosi nel corso del tempo, mantenne un suo nucleo ben coeso: Gianfranco Pineschi, Margherita Moratti, Loriano Fidanzi, Oris Danzini, Moreno Bertoni, Mario Nati, Alessandra Benelli, Alessandro Lombardi, Giovanni Balatri, Carlo Becorpi, Leonfranco Becuzzi, Graziano Pacini, gruppo al quale, di volta in volta, si aggiungevano i contributi di altri lavoratori[4].

Ho ritenuto inoltre molto importante premettere agli scritti prettamente “sindacali” (1973-1985), alcuni documenti di natura politica, tutti ciclostilati e diffusi a Castelnuovo di Valdicecina e nella fabbrica di Larderello,  da me elaborati, anche se firmati, oltre la sigla Pci, dalla cellula o segreteria o comitato direttivo della Sezione di Castelnuovo, oppure dal “Comitato Politico di Fabbrica Enel-Larderello”. E’ stato probabilmente grazie alla mia passione di conservazione dei documenti, ancorché fragili come i “volantini” o gli appunti manoscritti, che qualcosa della mia militanza comunista è stato salvato. Ricordo infatti che non c’era, allora, nel Partito comunista, la prassi di verbalizzare gli interventi dei compagni, né di archiviare sistematicamente il materiale teorico e di propaganda prodotto. Anche il Pci è stato un’altra scuola fondamentale nel mio processo evolutivo e di ciò sono grato principalmente ai tanti compagni che vi ho conosciuto e che mai dimenticherò. Altro che Partito chiuso, settario, violento, antidemocratico! E’ stata una vera scuola di cultura, non solo politica, di creatività, di profonde amicizie e di affetti che hanno sfidato il tempo e i cambiamenti. Certo, avevamo torto su tanti aspetti della politica nazionale e internazionale, ed anche sui giudizi relativi a persone militanti in altri partiti, a noi antagonisti, ma non erano questi gli elementi più importanti della militanza. Direi che essi erano “il sogno”, l’utopia di un mondo liberato dalla guerra e dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il valore di una “solidarietà laica” e della fede nel primato della “ragione” e della “cultura”, sui dogmi che imprigionano gli uomini. E, soprattutto, l’impegno verso noi stessi a mantenere intatta una “morale”, molte volte scomoda, di purezza ideale. Eravamo, del resto, imbevuti del poema di Majakovsky e delle opere di Brecht, Makarenko e Scholokov; e il Canto generale di Pablo Neruda  lo tenevamo come breviario: anche noi volevamo “temprare l’acciaio” al fuoco dei vulcani  cileni e “diventare giganti” in una Umanità rinnovata.

Oggi si può sorridere di molte ingenuità, di molte banalità, di molte velleità ed illusioni e alcune tematiche, oltre che ad espressioni letterali tipiche del linguaggio “politichese” e “sindacalese” di quel periodo, appartengono definitivamente al passato, alla storia del movimento operaio di Larderello. Ma, nonostante ciò, il nucleo fondamentale che emerge da questi scritti, pratico e teorico, mantiene intatta la passione e la visione politica di fondo che caratterizzava la “militanza” di quegli anni: far crescere la coscienza sociale e culturale dei lavoratori, sostenere il processo democratico in Italia, opporsi con fermezza al terrorismo ed alla guerra, ricercare l’unità dei lavoratori oltre le differenze ideologiche, lottare a fianco di tutti gli altri cittadini e per il benessere complessivo delle aree geotermiche, mantenere il primato mondiale di Larderello nella ricerca e nell’utilizzazione delle risorse geotermiche, considerare l’impegno nel Partito e nel sindacato un “servizio” gratificante e non utilizzare tali strutture per interessi meramente personali, quindi trasparenza nei comportamenti, singoli e di gruppo, in ogni circostanza.

La strada maestra della coerenza al patto di solidarietà sottoscritto da un gruppo dirigente con la propria base politica e sociale, come abbiamo imparato dalla tormentata storia delle lotte delle classi subalterne e del movimento operaio, è stata sempre costellata da tragici eventi, errori,  dubbi, scelte difficili; da sconfitte e da vittorie. Anch’io, nel minuscolo microcosmo di Larderello e della “Regione Boracifera”, l’ho percorsa, questa strada, senza arroganza, si, ma con fermezza, onestà ed entusiasmo. E’ stata la strada del giorno e della notte, dell’alba e del tramonto. E mentre l’alba e il giorno mi apparivano luminosi e il tramonto, dalle lontane colline di Monterufoli, spesso soffuso di tenui riflessi di luce, la notte era portatrice di timore, freddo e solitudine. Nelle tenebre mi sosteneva la musica di una canzone partigiana e il “lume delle stelle” idealmente mi guidava. Ora mi accompagna la nostalgia degli “sciami d’anni che sono alle mie spalle” e un amore tenace che non cessa di stupirmi. Scorrere l’indice di questa antologia è dunque, per me, estasi e tormento che si rinnovano. Per altri, spero, un piccolo raggio di quel lume siderale che và diritto all’anima.                                                                                 

Castelnuovo di Val di Cecina, 2006. Continua…



1) La Fidae “Federazione italiana dipendenti aziende elettriche” si era costituita nel 1919, raggruppando i lavoratori del settore fino ad allora organizzati nella Fiom. Fu sciolta nel 1926 in seguito al consolidamento del regime fascista e fu uno degli ultimi liberi sindacati ad essere soppresso. Uno dei suoi fondatori fu Vasco Cesari, fiorentino di nascita e romano per sede di lavoro, socialista riformista. Alla Liberazione, Cesari rappresentava il sindacalista di maggior prestigio della ricostituenda Fidae-Cgil e il 30 gennaio 1945, in previsione della definitiva sconfitta del fascismo, egli fu designato a Segretario nazionale della Federazione di categoria, Federazione che Cesari, pur aderendo alla socialdemocrazia, guiderà con intelligenza, moderazione e spirito unitario, per oltre un decennio. Gli iscritti alla Fidae in Toscana passeranno dai 2.940 del 1947 ai 4.236 del 1970. Dopo la nazionalizzazione dell’energia elettrica (1962-1963) gli iscritti alla Fidae in Italia passeranno dai 25.369 al primo gennaio 1965 (su 67.473 addetti), ai 44.238 del dicembre 1970 (su 103.697 addetti). Il 23 aprile 1977 (Congresso di Rimini), la Fidae-Cgil si trasformerà in Fnle-Cgil raggruppando gli elettrici, i gasisti e gli acquedottisti.
  [2] Ottobre 1973 “guerra del Kippur”. Aggressione di Siria ed Egitto ad Israele. Impennata dei prezzi del petrolio.
[3] Soffione: getto impetuoso di vapore (con temperatura tra 120 e 200 °C) fuoriuscente dal terreno attraverso cavità e fratture naturali o pozzi appositamente perforati.
[4] Di tale ampia collaborazione rimangono 11 quaderni manoscritti con il diario dell’attivita sindacale per il periodo 1973-1981.

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