martedì 24 febbraio 2015



PUBBLICAZIONI DI CARLO GROPPI

(V)

1998, aprile, esce per le Edizioni Libreria di Gian Piero Migliorini di Volterra, il volume “FABBRICA AMICA. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944-1956)”, 2° tomo del volume 5 della Cronologia storica della Comunità di Castelnuovo di Val di Cecina (Pisa), brossura, pp. 368 con 32 ill.ni e una densa appendice contenente: sintesi cronologia (1943-1963); elenco delle Fonti e Bibliografia; indice dei nomi di persona, indice delle sigle. Si tratta di uno dei saggi più importanti di Carlo Groppi. Il sottotitolo recita: “Riflessioni e dati per una storia del movimento operaio a Larderello: dalla egemonia della sinistra (PCI-PSI-Pd’A) e della CGIL, al “sorpasso” della CISL nel più grande stabilimento toscano, tra la Piaggio di Pontedera, l’Ilva e la Magona di Piombino. Libro che ottenne un ampio consenso è attualmente esaurito. L’intenzione dell’autore era quella di proseguire la ricerca fino al 1985, trattando la fase della nazionalizzazione della Larderello SpA nell’ENEL e il primo ventennio successivo, ricco di aspettative e che man mano si andavano esaurendo. Alla data odierna l’autore ha completato il volume manoscritto “Passioni, speranze, illusioni” che copre il periodo 1972 – 1985.



"Il lavoro è poesia quando non è schiavitù"

                  (operaio anonimo di Larderello, 1952)        


      Caro amico lettore, nel momento stesso in cui abbiamo deciso di mantenere la breve sintesi di questo volume  pensando come spiegare il senso della ricerca a chi, in particolare, non ha vissuto direttamente le vicende descritte, siamo stati assaliti dallo sgomento. Qui non ci sono le gesta epiche del medioevo, non ci sono i vescovi-conti, non ci sono i castelli, le tombe, le torri e le chiese romaniche; non ci sono le croci e gli stendardi delle antiche confraternite. Presenze disperse nel passato, ma che ci vengono  richiamate alla mente da ruderi, poesie, racconti o dai moderni mezzi che da esse sono scaturiti; mentre non è difficile scorgere sullo sfondo della storia gli uomini in carne ed ossa, del resto lontani da noi soltanto poche generazioni. Tutto è stato perciò più facile, finora. Ma la "fabbrica amica" come spiegarla? Bisogna averla vissuta, per capirla, per amarla o per odiarla. Eppure, come appare evidente, la "fabbrica" ha ancora una grande rilevanza nel territorio dell'Alta Val di Cecina. Là è tutto cambiato, come ovunque, ma poichè noi vi abbiamo vissuto il passato prossimo, questo cambiamento non solo è lacerante, ma spesso incomprensibile. Perché è avvenuto senza di noi. Noi c'eravamo nei tempi cosiddetti eroici, i tempi della nostra giovinezza:

   ...si leggevan Maiakovskj e Makarenko,
      Pavese e Vittorini,
      si sognava di Chaplin, di Visconti,
      di Picasso e di Léger,
      con il Calvani, Gigi Rossi, il Pierattini:
      Stalin per il Marconi era un Dio,
      Nikita un impostore,
      Lukacs un cretino, Nagy un traditore
      e ci credevo anch'io.
      Ora, nei tempi bassi,
      s'è spenta ogni magia.
      Tutto è ovvio, banale,
      già visto alla tivù
      - anche tra i compagni, alla sbarra,
      non ci si parla più -
      ognuno ha una sua pena segreta,
      uno schema, per uscire
      dal labirinto del sistema,
      un'utopia tenace, nutrita
      di inesistenti certezze
      e il tempo avaro
      i ricordi, i sogni, le carezze
      cancella nell'amaro vento
      che non ha memoria.

      I miei pensieri, la mia nostalgia,
      incessanti ritornano al passato
      al favellar di Coppi e di marxismo,
      con Bino, il Mori, Passetto e Carlino
      e con Lando d'amori in Lucchesia
      e con Lorenzo di bestie da macello
      e con Dantino di filosofia
      e del sorriso d'Imperia
      ch'era bello!
      E dolce e amaro insieme
      a Larderello, fabbrica amica,
      scuola di vita,
      scendendo tutti insieme da Giambino
      il sol dell'avvenir
      parea vicino.
    
      Migliaia di uomini e donne sono cresciuti dentro la fabbrica scoprendo il valore della solidarietà, soffrendo le sconfitte dell'egoismo, la paura della discriminazione politica e sindacale, assaporando il dono della creatività e della bellezza del lavoro. L'onore del lavoro. Sono ancora vivissimi nella nostra memoria gli operai dell'officina elettromeccanica o dell'officina saldatura seduti in uno spicchio d'ombra dopo la refezione del mezzogiorno a discutere tra loro, con gesti e sorrisi di grande dignità e fierezza, senza palesare noia e frustrazione, nell'attesa del "fischio" che chiamava alla ripresa del lavoro. Parlavano di politica, di libri e di film, di belle donne e di sport: a noi quasi bambini sembravano "maestri", di scienza, ma soprattutto di vita. Parlavano sovente del loro lavoro, anzi dei loro "capolavori", come  se l'avvolgimento di un rotore o la saldatura di un "gomito", la fresatura di una "paletta", fossero davvero opere d'arte! E, in realtà, lo erano. Ebbene in questo nostro libro c'è innanzitutto una dichiarazione d'amore: agli uomini, ma anche alla "fabbrica". Ai compagni e agli amici, ma anche ai padroni e agli avversari. E c'è l'ansia di ricordare ai giovani, di trasmettere loro un patrimonio così importante, ma così delicato, che può rapidamente disperdersi e annullarsi. Una fabbrica è un monumento, è un museo, è un universo irripetibile che richiede conoscenza e amore.
      Per questi motivi abbiamo deciso di inserire nel piano di lavoro di un'ampia ricostruzione storica della Comunità di Castelnuovo Val di Cecina, il presente testo, che traccia una prima approfondita analisi degli avvenimenti che hanno contrassegnato lo scontro sociale e politico nel complesso industriale della "Larderello", dalla Liberazione alla metà degli anni '50, in particolare attraverso l'esame del comportamento elettorale delle maestranze in occasione dei rinnovi della Commissione Interna, organismo rappresentativo di tutte le "fabbriche" boracifere.
      L'importanza della "fabbrica" rispetto al territorio della Comunità e, più in generale, dell'Alta Val di Cecina e delle Colline Metallifere emerge con evidenza, non solo perché la "fabbrica" ha costituito e costituisce la principale fonte di occupazione di una vasta zona, ma perché, allo stesso tempo, essa ha rappresentato, per quasi due secoli, un elemento fondamentale di cultura che ha contraddistinto il formarsi delle coscienze, delle attitudini e dei modelli di vita degli abitanti dei paesi e dei villaggi delle fabbriche del boro e dell'elettricità, fino a renderli assai diversi rispetto al vasto mondo agricolo e artigianale circostante.
      La centralità e l'importanza della "fabbrica" derivano, in larga parte, dalle dimensioni strutturali del complesso industriale nella forma organizzativa che si va delineando nel periodo preso in esame: articolato in uno stabilimento principale (Larderello) che ne è il cervello, il centro logistico e il centro manutentivo; in sette stabilimenti satelliti più o meno estesi (Lago, Lagoni Rossi, Monterotondo, Serrazzano, Sasso, Castelnuovo, Travale), ai quali sono generalmente aggregati i "villaggi boraciferi" (piccoli complessi residenziali di proprietà della "Larderello" dove abitano, a condizioni favorevoli, parte delle maestranze con le loro famiglie); un vastissimo sistema infrastrutturale (fatto di strade, ponti, circoli ricreativi, chiese e cappelle, cinema, asili infantili, impianti sportivi, ambulatori medici), per servire gli oltre 1700 dipendenti, i circa 5000 familiari, le centinaia di operai delle ditte e cooperative appaltatrici  e quelli di imprese  addette alla costruzione delle centrali geotermoelettriche. Tutto ciò ne fa la più rilevante struttura produttiva della Toscana sud-occidentale, quel territorio  che si colloca tra le grandi industrie della Piaggio di Pontedera a nord, dell'Ilva e della Magona di Piombino ad ovest e l'apparato minerario della "Montecatini", gravitante intorno a Massa Marittima, a sud-est; settore, quest'ultimo, recentemente smantellato.
      L'arco di tempo da noi analizzato (1944-1956) è quello  che vede, non solo sul piano  industriale, ma anche su quello sociale, le maggiori trasformazioni e i più rilevanti cambiamenti strutturali nella storia dell'industria geotermica dopo la fase pionieristica della "fondazione" da parte dei Larderel (1818-1827) e, successivamente, dopo gli anni dell'ascesa al vertice dell'Azienda di Piero Ginori Conti (1904-1912).
      Significativi avvenimenti si erano pure verificati nel biennio 1919-1920, analogamente alle altre aree industrializzate del Regno, in sintonia con le lotte di un proletariato che pareva dovesse fare in Italia "come la Russia", instaurare la dittatura comunista e aprire l'era vagheggiata del socialismo! Sogno dal quale  la classe operaia larderellina sarà risvegliata bruscamente dal riverbero delle fiamme, dal rumore sordo del manganello e dalle purghe d'olio di ricino propinate dei gregari del principe Piero Ginori Conti.
      Alle purghe, al fuoco e al manganello si accompagnerà il terrore provocato dall'ondata di violenza bruta che, oltre alla esecuzione di clamorosi delitti, porterà in brevissimo tempo alla distruzione di circoli democratici, cooperative, società di mutuo soccorso, sedi operaie e dell'associazionismo popolare.
      Tuttavia le vicende che si snodano dal 1944 al 1956 evidenziano caratteristiche tali da farli considerare non solo tra i più importanti, ma addirittura quelli nei quali si sono compiute scelte irreversibili.
      Cade il fascismo, che aveva dominato per circa un quarto di secolo, alla cui testa si trovano i Ginori e i loro tirapiedi; gli stabilimenti di Larderello e Castelnuovo sono distrutti dal passaggio del fronte di guerra e dai guastatori tedeschi in ritirata e il patrimonio industriale complessivo della "Boracifera" risulta fuori uso per circa il 25 %.
      La fase della ricostruzione e della rinascita della vita democratica è vissuta in modo epico. La classe operaia è animata da una forte tensione ideale che richiede e fa sopportare immensi sacrifici. Ciò contribuisce alla rapida ripresa produttiva e all'espansione delle attività tradizionali, sia chimiche che elettriche. Il Comitato di liberazione nazionale (Cln), espressione dell'unità raggiunta nella Resistenza tra diverse componenti politiche e ideologiche, ne è l'attore principale. Le forze di sinistra (socialisti, comunisti, azionisti) sono ormai maggioranza assoluta, sia nel territorio che all'interno degli stabilimenti.
      Alla frenetica opera di ricostruzione si accompagna la speranza che il governo del Cln prefiguri non solo la liquidazione della monarchia e del retaggio fascista, ma l'avvento del socialismo. La Confederazione generale italiana del lavoro (Cgil) si è rapidamente ricostituita; è unitaria e dirige con saggezza questo immenso sforzo fino agli anni della rottura internazionale tra le grandi potenze e all'instaurarsi del clima di "guerra fredda" che accentuerà ancor di più la spaccatura in blocchi e sfere di influenza; si spezza allora la Cgil, nasce una pluralità di sindacati; si rompe l'unità antifascista tra le forze politiche che avevano dato vita ad una delle Costituzioni più democratiche e socialmente avanzate esistenti nel mondo; si rafforzano i poteri del capitalismo, che inizia la scalata al dominio assoluto nelle fabbriche e nella società.
      Grandi lotte operaie caratterizzano, anche a Larderello, questo periodo: lotte economiche, per raggiungere un migliore contratto collettivo di lavoro e lotte sociali per l'espansione produttiva e l'incremento dell'occupazione. La Direzione risponde con l'arma della divisione, del ricatto, dell'intimidazione. Tre differenti contratti di lavoro vengono applicati alle maestranze; si concedono agevolazioni ad una parte dei dipendenti; per un'altra parte ci sono rappresaglie, multe, licenziamenti. Allo stesso tempo la dinamicità del capitale investito richiede notevoli trasformazioni industriali con l'introduzione di nuove tecnologie per ottenere l'aumento delle produzioni e la conquista di più ampi mercati per la vendita dei prodotti chimici.
      Portata a compimento nel corso del 1947 la ricostruzione degli impianti elettrici (138.500 kW installati contro i 135.800 di prima della guerra) e introdotti miglioramenti tecnologici nel ramo chimico per prodotti aventi un sempre più alto tenore di purezza, l'attenzione dei vertici aziendali si indirizza sul problema dell'approvvigionamento di vapore endogeno, sia per il ripristino del naturale decremento dei campi geotermici, sia per reperirne una maggiore quantità.
      Il "tema minerario" è senz'altro quello ove si impiegano le maggiori risorse economiche, tecnologiche e scientifiche, ma è anche quello che registra i più esaltanti successi. Si riconverte il vecchio parco sonde (di importazione tedesca) con acquisto delle più moderne trivelle esistenti al mondo (di produzione americana), passando dal sistema diffuso della "percussione" a quello più veloce della "rotazione con distruzione di nucleo", ovvero sistema "rotary"; si effettuano estese indagini geofisiche, avvalendosi di una Compagnia di assoluto valore mondiale (la Compagnia Generale di Geofisica con sede a Parigi), che individuano nuove aree  geotermiche (Valle Secolo) e più profondi serbatoi produttivi; si sperimenta la chiusura di potenti soffioni; si effettuano perforazioni profonde stratigrafiche; si perfora in nuove aree geotermiche al di fuori dei bacini tradizionali (Rapolano, San Filippo); si eseguono perforazioni per conto terzi nei campi petroliferi emiliani e abruzzesi, rivelando una preparazione professionale delle maestranze di assoluto livello mondiale. Il 16 luglio 1951 entra in produzione il "soffionissimo" dei tempi postbellici, il pozzo N. 82, ubicato nella valle del Secolo, con circa 300 t/h di vapore.
      Un gruppo di esperti consulenti, il fior fiore dei ricercatori universitari italiani, sostiene questa fase di sviluppo, che consente di proiettare la "Larderello" da un contesto localistico e regionale, pur di grande importanza, ad azienda di valore mondiale. Allo stesso tempo "rivoluzionarie" teorie scientifiche (in particolare del francese Goguel, 1953) mettono finalmente in chiaro l'origine e la formazione dei campi geotermici, permettendo di affrontarne l'individuazione e la coltivazione in modo del tutto nuovo e con minor rischio minerario, rispetto al passato.
      Anche nel ramo chimico si compiono eccezionali progressi. Non solo diversificando la produzione dei borati e accentuandone la purezza, ma avviando impianti pilota per nuove sostanze, quali lo solfo, il solfato ammonico, il carbonato ammonico. Di fronte all'evidente esaurirsi del titolo di acido borico nel fluido geotermico si provvede ad assicurarsi un rifornimento di minerali di boro dalla Turchia a prezzi più che favorevoli. L'antichità e la sicurezza del nome "Larderello", adeguatamente valorizzato da intelligenti campagne pubblicitarie, facilitano il collocamento dei prodotti sui mercati internazionali.
      Le centrali geotermoelettriche vengono tutte ricostruite con il nuovo ciclo di utilizzazione del vapore, cioè passando dal ciclo indiretto a quello diretto. Le turbine sono azionate dal vapore naturale e sono munite di condensatori dai quali vengono estratti, mediante compressori centrifughi, i gas incondensabili contenuti nei fluidi geotermici. Nel corso del 1950 entra in servizio la centrale "Larderello 3", allora la più moderna e potente del mondo. Tutta la rete dei vapordotti viene razionalizzata, i diametri delle tubazioni allargati, i tracciati rettificati, la dispersione termica ridotta. Si iniziano gli studi sul "lavaggio" del vapore onde eliminare o ridurre la corrosività, si sperimentano nuove leghe metalliche per la palettatura dei rotori, si avviano studi sulla modulazione delle pressioni dei campi geotermici. Infine, con il 1947, riprende l'attività della scuola aziendale, una scuola che fornirà maestranze di notevole livello professionale alla "Larderello" fin oltre la metà degli anni '50, maestranze che daranno un valido sostegno ai vertici aziendali, peraltro caratterizzati dalla presenza di valenti tecnici.
      Al nascere dell'industria boracifera una preoccupazione costante dei Larderel fu l'acquisizione in proprietà dei terreni dove storicamente erano presenti le manifestazioni geotermiche naturali, cioè quelli ove poi sorgeranno gli stabilimenti chimici, le centrali elettriche, i palazzi dei "ministri" e i villaggi operai. Mano a mano che le ricerche di vapore si ampliarono la "Larderello" entrò in possesso di una vastissima area agricola e boschiva nei comuni di Pomarance, Castelnuovo, Massa Marittima e Montieri, pari a oltre 1800 ettari, avviando interessanti colture e sperimentazioni, sotto la direzione di tre fattorie che amministravano 52 poderi condotti a mezzadria.
      Benché gli investimenti economici della "Larderello" nell'attività agricola abbiano sempre rappresentato una percentuale complessiva oscillante intorno ad un millesimo del bilancio, ad essi sarà dedicata molta attenzione dai massimi organismi aziendali, nel solco di una mentalità capitalistica ottocentesca di tipo prettamente padronale. Desta infatti un certo stupore leggere nella "Relazione sull'andamento della società durante il 1958", riferimenti ai prezzi del grano e del bestiame, del fieno, del latte e del vino, della produzione in un "orto sperimentale" e nelle serre geotermiche, trattandosi di cifre assai esigue. Ma non tanto sul risultato economico si voleva richiamare l'attenzione degli azionisti, bensì su un lungimirante indirizzo sociale avvertendo che "in questo comparto si potrebbero assorbire numerose unità lavorative".
      La ricostruzione delle vicende del settore agricolo, per il taglio che abbiamo dato al nostro lavoro, benché di grande novità e interesse, non sarà sviluppata. I lavoratori salariati, i mezzadri, i fattori e i pochi tecnici, seguiranno le sorti complessive della "fabbrica" partecipando sia alle lotte generali sia a quelle più strettamente legate ai problemi della mezzadria e subendo, con disdette e licenziamenti, una repressione ancor più marcata rispetto al ramo industriale, fino alla nazionalizzazione della "Larderello" e alla cessione del patrimonio agricolo, ormai in disfacimento, ad Enti pubblici.
      A questo progetto industriale di grande rilevanza si accompagna, nel campo sociale, il concetto di "globalità" che contraddistingue la visione morale del presidente Aldo Fascetti (28 maggio 1954 - 10 gennaio 1957), nell'intento di creare un villaggio ideale, in un territorio ideale, ove possa vivere un uomo ideale: "Larderello, nel Comune di Larderello, il larderellino". E di questo altrettanto immane sforzo, che ha luci ed ombre, noi cercheremo di cogliere gli aspetti più significativi. Nel racconto assume una evidenza primaria il ruolo dei sindacalisti, dei comunisti, dei socialisti, degli amministratori, sia nella forma corale che in quella individuale. In quest'ultima le figure di Luigi Calvani e di Aldo Fascetti rivestono un'importanza basilare e noi ne tratteremo ampiamente.
      L'esame dei risultati delle elezioni per il rinnovo dei componenti la Commissione Interna ripercorre passo passo questa epopea e l'accompagna, dalle prime plebiscitarie affermazioni della Cgil unitaria, alla nascita della Libera Cgil, della Cisl e della Uil, fino al clamoroso ed unico sorpasso avvenuto nella storia del movimento operaio nella "fabbrica" di Larderello prima della sua nazionalizzazione nell'Enel: alle elezioni del 1956 la Cisl elegge cinque rappresentanti contro i quattro della Cgil e in tal modo può assecondare, per un breve periodo, la politica fascettiana ormai all'apice del successo.
      L'analisi degli errori della Cgil e dei partiti di sinistra si intreccia con la cronaca delle discriminazioni e delle mortificazioni, con le bassezze e gli opportunismi: sarà infatti la maggioranza socialcomunista di Castelnuovo a conferire a Fascetti la cittadinanza onoraria, immediatamente a ridosso dell'aspro scontro politico che fa seguito al licenziamento del dirigente comunista Luigi Calvani.
      La conclusione della ricerca si affaccia su uno scenario nuovo: Fascetti, nominato presidente dell'Iri nel gennaio 1957, lascia la presidenza della "Larderello" morendo prematuramente nel 1960, ad appena 59 anni di età. Da pochi anni è deceduto  anche il segretario generale della Cgil, Giuseppe Di Vittorio e il sindacato socialcomunista si interroga profondamente analizzando gli errori commessi e lanciando nuovi obiettivi alle forze del lavoro.
      La salda tenuta  delle posizioni di forza dei comunisti e dei socialisti in pressoché tutte le amministrazioni comunali dell'area geotermica fa intendere che il disegno di una restaurazione in senso clerico-moderato, messa in atto dalle forze padronali e da quelle sindacali e politiche fiancheggiatrici, non è passato e che tra non molto si apriranno alla zona nuove occasioni di crescita e di progresso.
      E' l'Italia che sta cambiando. Sconfitto il disegno politico reazionario, si avvia il riavvicinamento tra socialisti e socialdemocratici; si attuano i primi esperimenti dei governi di centro-sinistra; si realizza la nazionalizzazione dell'industria elettrica.
      Con la fine degli anni '60 comincerà infine il grande movimento riformatore che porterà nelle fabbriche una nuova linfa di democrazia dal basso e ricompatterà il mondo sindacale rivalutando la centralità del lavoro e del lavoratore nella società italiana.
      Molti di quegli uomini forti e combattivi che abbiamo conosciuto nell'attesa dei pullman in Piazza Leopolda e sulle soglie delle officine prospicienti la strada del Poggione, molti tra coloro che ci hanno dato i primi ammaestramenti di "classe" aiutandoci a crescere, non ci sono più. Ed è proprio a loro che oggi vorremmo dire: "... alla fine di un percorso non sempre facile e lineare, vi portiamo la nostra riconoscenza e il nostro amore; accettateli con benevolenza, voi che non potevate essere sempre benevoli, e godete di questo amore che finalmente si palesa senza paura nelle sue contraddizioni, perché ci siete stati maestri e compagni. E perdonateci anche voi, figure più indistinte e controverse nella nostra memoria, voi che ci avete causato umiliazioni e timori, perché avevate una parte di ragione, seppur perdenti. Quella parte di ragione, che ha impedito su una scala più estesa l'avvento di una ottusa dittatura o la guerra civile, vi riscatta in parte dagli errori e vi innalza, insieme agli altri, a ricostruire quel mondo perduto al quale incessantemente ritorniamo per comprendere il nuovo che tumultuoso sboccia".


Nessun commento:

Posta un commento