venerdì 20 febbraio 2015









Follonica, quasi primavera in mare.

Un salto a Follonica. Aria tiepida, mare calmo con onde leggere. Piccola passeggiata  in un tempo lontano. Luminoso e amaro, come le occasioni mancate rivisitate senza possibilità di verifica. Il cemento ha cancellato le tracce, come le incessanti mareggiate cancellano le orme dei gabbiani. Praticamente quasi tutto è cambiato e la Miami Beach della Maremma m’è apparsa desolata, ingrigita e sporca. Siamo fuor di stagione penso, la città deve ancora truccarsi, farsi bella  per l’estate! Certo, in questi ultimi cinquantasette anni, sono cambiato anch’io, gli occhi dell’innocenza si son trasformati in sguardi cinici e il cuore s’è fatto arido. Non tutto per mia colpa, penso, ma per il declino del tempo presente, nel quale fioriscono soltanto stente speranze. In più, ormai, un vecchio può solo prevedere, ma non vedere. Difficile palpitare per ciò che non esiste. Ecco Senzuno, levante e ponente, e il busto di bronzo di Ettore Socci che ha perduto, anch’esso, due lettere, adeguandosi ai nuovi cognomi degli immigrati, un  po’ di gabbiani, e l’antica gelateria, specie di rustica baracca, omologata alla moda consumistica (tuttavia un pregio l’ha mantenuto, poter conversare con il sottofondo musicale del mare, che c’è ancora in questa quasi primavera).    

Bella Follonica

Bella Follonica in questo giorno chiaro
di grecale, che scende dai monti
di neve e s’adagia sul mare.

Lieve cammino sulla sabbia d’oro
in un riflesso di sole e di gabbiani,
attento a non calpestare le orme
effimere che lasciano,
dove muore il mare.

Sempre gli stessi gesti
in questa città arcana,
gli stessi sguardi ai crinali oscuri
delle colline, oltre la marina,
tra Punt’Ala e Cala Violina,
tra le spine dei cactus e la scogliera
dove sbocciò l’ amore.

L’amore è come l’orma e come il grido,
l’una preda dei flutti della dimenticanza,
l’altro del vento che non lascia ricordanza.

Ma il bacio non lo potrò scordare:
invano chiedo alle pietre di parlare,
invano al passato ritornare,
pietre e passato muti piangono

senza lacrime.

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