giovedì 5 febbraio 2015


Foto di Fausto Vascelli (gentilmente concessa).

Speranze perdute?


La mia natura mi incita alla speranza. Personale e collettiva. Ma, purtroppo, questa attesa di speranza non procede in modo uniformemente crescente, procede con moto sinusoidale, alternando polo positivo al neutro ed al polo negativo e ancora al neutro, e non in ritmi costanti, bensì a movimenti apparentemente disordinati e casuali sulla linea del tempo. In questo momento credo di essere entrato nella fase dello “scoraggiamento”, nella quale la gioia cede alla tristezza ed all’inerzia dello scontento. Ne parlavo stamani con un amico, gestore di un piccolo negozio di articoli casalinghi nel Corso principale del paese, anch’esso molto pessimista. Non propriamente per quanto riguarda noi stessi, o la nostra salute, o attesa di vita, ma per le sorti  future della piccola Comunità nella quale viviamo. Lui dice che ormai la Comunità è condannata a disgregarsi e morire. Una crisi devastante che ci riporta oltre un secolo fa, quando la mancanza di lavoro e di prospettive, la miseria crescente, e una fase politica destabilizzante, obbligarono  circa il dieci per cento della popolazione, tutti giovani maschi, all’incertezza della emigrazione transoceanica, in principio verso il sud america, ma poco dopo, in maniera totale, verso gli Stati Uniti. E di loro, praticamente, pochi ritornarono, anzi, i matrimoni per procura con le ragazze del paese natio, ne fecero emigrare  assai di più A parte che, chi dovrebbe emigrare? Non certo i nostri giovani, i quali, nella stragrande maggioranza se ne sono già andati in Italia e in Europa. Ma, noi vecchi siamo destinati a morire, prima o dopo e di nascite ne registriamo poche unità all’anno, e così la formazione di nuovi nuclei familiari. Quindi la Comunità rischia di estinguersi  per “sfinimento” demografico. Opportunità di  nuove possibilità di lavoro non se ne vedono e l’auspicato “ritorno alla madre terra”, cioè all’agricoltura, è un optional non proprio dietro l’angolo, anche se inevitabile e auspicabile. Adesso galleggiamo, specialmente nel mantenimento di alcuni servizi sociali, per l’alto numero di immigrati extracomunitari venuti in quest’area marginale alle aree urbane, per compiere la maggior parte dei lavori in un tempo recente “rifiutati” dai nostri giovani, lavori pesanti, come il taglio del bosco ed altri di pura manovalanza e precarietà. Ma prima o poi anche loro, o i loro figli, saranno costretti ad andarsene…Vedi, Carlo, oggi ci sono nelle bacheche comunali, ben 4 annunci funebri, che fanno seguito ad altre decine dello scorso anno, ma solo uno o due annunciano le nascite; non c’è una grue in funzione nell’edilizia; le pochissime botteghe stentano a restare aperte, ha chiuso anche una delle due panetterie; da tempo non c’è che un albergo, un ristorante, una pizzeria più una al taglio, le case vuote restano per anni invendute, e quelle del borgo, vai a vedere! che abbandono, ci si mettono nel conto le frane che ci hanno praticamente isolati ed anche il malaffare della mancata apertura della variante alla strada principale che doveva permettere la diminuzione del traffico pesante dalle strette curve del centro storico, è chiuso l’Ufficio Turistico, ed al contempo è stato inaugurato il secondo negozio delle Pompe Funebri! Si, quest’immagine è significativa,  le centinaia degli attesi turisti non arrivano, mentre invecchiamo e andiamo a far terra da ceci! Il nostro Sindaco è molto coraggioso, e gli diamo atto, e lo vorremmo aiutare, anzi lo dovrebbero fare concordemente tutti i cittadini, di scommettere su tempi migliori, specialmente per il grandioso progetto di riqualificazione del Borgo medievale, ma questi tempi sembrano tanto lontani, comunque quando io e te non ci saremo più! Questa affermazione mi fa un po’ male, ma è la pura e semplice realtà. Spero solo che la famosa curva sinusoidale  cominci a risalire… 

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