lunedì 23 settembre 2013


La centrale geotermoelettrica di Castelnuovo V.C. (Pi) come la vedo dalla mia finestra.

Geotermia, un frammento di stelle lontane (IX).

responsabilità, rassegnano le dimissioni. Pochi giorni dopo, il 31 maggio, il Vice presidente, Giovanni Ginori Conti, prenderà atto della nuova situazione assumendo il potere forte della rappresentanza di 1.404.320 azioni del milione e mezzo che costituiscono l'intero capitale sociale[1].
            Da un comunicato della Direzione del personale del 1 settembre 1944, a firma del Dr. Carlo Mannozzi, risulta che fin dal giorno 14 giugno 1944 fu completamente sospeso il lavoro nelle Fabbriche chimiche e in tutti gli altri impianti e che l'attività riprese, dopo l'arrivo degli Alleati, a partire dal 1 agosto 1944. In questa data l'organico risulta costituito da 1144 unità, tra operai ed impiegati, inquadrati contrattualmente nell'Accordo interconfederale 13 giugno 1941 per i lavoratori chimici. Direttore Tecnico è l'ingegnere Lanfredo Musi (figlio dell'operaio boracifero di Sasso, Alfredo, ucciso dai fascisti per poter incolpare un dirigente comunista), laureato a pieni voti al Politecnico di Torino e di idee democratiche. Appoggia la sua nomina (oltre all'ing. Enea Virgili della Direzione Aziendale ed al Maggiore Clive Robertson, responsabile del Governo Militare Alleato per il sud della Toscana), la Commissione Interna di fabbrica, appena ricostituita[2].
            Un grande fervore operoso contrassegna nell'Italia liberata la ripresa delle attività produttive ed anche a Larderello e in tutti gli stabilimenti boraciferi la ricostruzione procede alacremente. La piccola turbina a vapore da 230 kW, utilizzata nella scuola aziendale che la “Larderello” aveva creato nel 1925, recuperata dalle macerie e revisionata, produce le prime kWh di energia elettrica; gli zoppicanti automezzi salvati dalla razzia tedesca sono rimessi in efficienza; si aprono gli ombrelli per riparare dalla pioggia gli operai che lavorano al tornio sotto le capriate dei capannoni scoperchiati; si costruiscono rudimentali sagome in legno per le forme dei pezzi da eseguire nella fonderia di Follonica; si tolgono tonnellate e tonnellate di macerie per far riprendere l'attività nello Stabilimento. I contatti con la sede di Firenze sono interrotti, la paga è incerta, chilometri e chilometri vengono percorsi sotto la pioggia o la calura, di notte e di giorno, a piedi o in bicicletta, per andare e tornare da Larderello  e dalle altre Fabbriche, nei paesi di residenza, talvolta ubicati a decine di chilometri di distanza. Con questo spirito e con un "cottimo" dai ritmi pazzeschi, tra l'agosto e il dicembre 1944 sono riattivati tre gruppi generatori di elettricità a Larderello per complessive 695 kW; nel marzo 1945 viene riattivato un gruppo da 11.000 kW a Castelnuovo e alla fine del 1945 riprenderà la fornitura per l'alimentazione delle reti delle FF.SS. Parallelamente si procede alla ricostruzione delle officine e degli impianti chimici che saranno completamente riattivati alla fine del 1947, allorché anche l'attività di perforazione sarà ripresa pienamente. Il 30 aprile 1948 le kW installate sono 138.500 contro le 135.800 del 1943 e da quest'anno il potenziale energetico continuerà a crescere[3]. Il personale occupato, che dalle dieci-quindici unità ingaggiate nel 1818 da Francesco Larderel tra i parsimoniosi montanari dell'Appennino parmense, era salito fino al massimo delle millesettecentosettantuno unità dell'anno 1938, per poi diminuire, alla fine della guerra, a novecentoquaranta unità, ritornerà a crescere assestandosi (tra il 1947 e il 1953) intorno ai millecinquecento dipendenti, suddivisi tra operai ed impiegati[4].
            Le notevoli quantità di vapore rinvenute nell'area geotermica di Travale nel 1949, in una zona notevolmente distante da Larderello, portano alla costruzione di una piccola centrale con un gruppo turbo-alternatore a vapore diretto a scarico libero da 3.500 kW. Il ritrovamento sembra aprire la strada a "impensati ulteriori sviluppi"[5], ma per una serie di fattori negativi dovremo attendere (7 gennaio 1972) l’esplosione del pozzo "Travale 22" (considerato il più potente mai perforato nel mondo), per la definitiva e importante valorizzazione dell'area geotermica di Travale-Radicondoli[6].
            Nel 1950, a seguito di considerevoli ritrovamenti di vapore in un campo geotermico ad ovest di Larderello (Valle Secolo), entra in servizio la Centrale Larderello 3, dotata di quattro gruppi unificati da 25.000 kW e due da 9.000 kW, che ne fanno l'impianto più moderno e potente del mondo. E' una Centrale che "prevede l'adduzione diretta in turbina del vapore naturale, con impianto di condensazione corredato di compressori del tipo centrifugo, per estrarre i gas incondensabili contenuti nel fluido endogeno"[7].
Il vapore viene utilizzato ad una pressione di esercizio di 4,75 atmosfere e temperatura di 185°C; con tale sistema di utilizzazione il consumo di vapore per kWh risulta notevolmente ridotto rispetto ai tipi di utilizzazione precedenti e cioè, con turbine ad adduzione diretta e scarico all'atmosfera e con turbine ad adduzione indiretta, alimentate da trasformatori di vapore[8]. Il kWh prodotto nella nuova Centrale ha pertanto un costo assai più vantaggioso per l'economia aziendale.
            A giugno dell'anno successivo, nelle sei Centrali geotermoelettriche i gruppi installati saranno ventitrè per una potenza complessiva di 258.500 kW, cioè di gran lunga superiore a quella prebellica[9].
            L'elemento più caratterizzante l'intera Regione Boracifera sono stati e rimangono (benché adesso sostituiti da altri a "tiraggio forzato" e di dimensioni ridotte), i "refrigeranti" a forma iperbolica ideati dall'ingegnere Van Iderson, in cemento armato, con diametro alla base di cinquantadue metri ed altezza di settanta metri dal fondo della vasca. Ciascuno di essi può raffreddare 12.000 mc. di acqua all'ora da 41° a 31°C (con temperatura ambiente di 25°C ed un'umidità del 60%), corrispondenti al pieno carico di una turbina principale. Essi suppliscono la totale mancanza in loco di acqua fluente da utilizzare nei condensatori ed agiscono, praticamente, a ciclo chiuso[10], salvo il naturale esubero della condensa del vapore che un tempo veniva immessa liberamente nei torrenti e adesso reiniettata in profondità all’interno dei "serbatoi geotermici", in un progetto di alimentazione artificiale dei medesimi.

                                                                                                            (continua) 




[1] C. GROPPI, Fabbrica amica, cit., pp. 19-20; E. ZANNERINI, Il massacro della Niccioleta, in memoria dei minatori fucilati dai nazi-fascisti, Niccioleta-Castelnuovo di Val di Cecina, 13-14 giugno 1944, Grosseto, 1945; LARDERELLO S.A., Bilancio al 31 dicembre 1944, Tip. Cencetti, Firenze, 1945, p. 10.
[2] C. GROPPI, Fabbrica amica, cit., p. 20.
[3] ibidem, p. 20.
[4] ibidem, pp 20-21.
[5] ibidem, pp. 25-26.
[6] A. MAZZONI, I soffioni boraciferi toscani, cit., p. 142.
[7] AA.VV., Travale 22, per una completa utilizzazione delle risorse geotermiche, CGIL-CISL-UIL, Ed. Nencini, Poggibonsi, 1979, p. 40; AA. VV., Energie Alternative: La geotermia, Coop. Centro Documentazione, Pistoia, 1978, p. 18.
[8] A. MAZZONI, I soffioni boraciferi toscani, cit., p. 119.
[9] ibidem, p. 120.
[10] ibidem, p. 108.

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