domenica 15 settembre 2013

Geotermia, un frammento di stelle lontane (II)°
  
bronzo (III millennio a. C.), giungiamo infine all'esplosione demografica della civiltà etrusca che nel VII secolo a. C., nel territorio tra i fiumi Tevere e Arno, raggiunge il suo massimo splendore. Qui sono concentrate le risorse chiave del bacino del Mediterraneo: campi coltivati a cereali, vino ed olio; miniere di ferro, rame e stagno. A nord, intorno a Volterra e Populonia ruota l'Etruria metallurgica, mentre l'Etruria agricola ha come centri le città di Vulci e Cere. Lungo il fiume Cornia, che ha costituito una direttrice di penetrazione verso l'interno per gli etruschi provenienti da sud e dalla costa, sono tracciate le strade che collegano Populonia, Falesia e Volterra. Nelle Colline Metallifere si scavano miniere, si costruiscono necropoli monumentali, si estraggono le sostanze depositate dalle acque dei "lagoni" per sigillare i vasi funerari e farne colori[1]. Di questo tempo ci restano, con le tombe, le urne, le stele, i bronzetti e le monete, alcuni toponimi nella Regione Boracifera, generalmente derivati da nomi propri di persona e di clan, a testimonianza dell'importanza sociale raggiunta e del lungo periodo di possesso reale: Pavone (Pava), Cecina (Ceicna, Kaicnas), Cornia (Kurnal), Collenne (Culni), Quercenne (Vercna), Mistenne (Mestles), Vecchienne (Vetlnei), Adarbia (Alpiu, Alpnas), Anqua (Mantua), Camerino (Camarine), Fosini (Husinies), Rantia (Arrantia), Sesta (Sestanu), Bruciano (Aprusius=il sacerdote del rito funebre...)[2].

            Licofrone, poeta e grammatico greco vissuto nel III secolo a. C., accennando ad Enea scrive: "...partendo da Almopia, errabondo lo accoglierà il paese dei Tirreni, dove il (fiume) Linceo scarica nel mare correnti di acqua calda, e le selve di Agilla, ricche di armenti..." e più tardi anche il poeta Lucrezio accennerà alle manifestazioni termali dell'Etruria:

"...questo luogo presso gli Etruschi è simile a Cuma
e i monti fumano ricchi e accresciuti d'acqua
a causa delle calde fonti...".

Infine Tibullo scrive in una elegia:

"...voi vi trovate alle terme etrusche, luoghi da
evitarsi durante la canicola, i quali però
adesso che è primavera sono paragonabili a
quelli delle sacre terme di Baia..."

            Quali erano dunque questi luoghi e queste terme?  Oggi possiamo finalmente convalidare con assoluta certezza sia le visioni dei poeti, sia le indicazioni della cartografia romana (Tabula Peutingeriana)[3] e sia le ipotesi degli storici moderni (Fiumi, Miller, Nasini): le Aquae Volaterranae corrispondono a “Bagno al Morbo” (località a circa un chilometro ad ovest di Larderello); il fiume caldo è il Cornia che riceve gli scoli delle manifestazioni geotermiche di Sasso, Lustignano, Monterotondo, Serrazzano, Leccia; le Aquae Populoniae corrispondono al "Bagnone del Sasso", una vasta area archeologica che intense campagne di scavo stanno riportando alla luce: una suggestiva città sacra e termale che non ha l'eguale in occidente[4].
            Proprio da questi scavi ci giunge la testimonianza dell'utilizzazione "industriale" delle sorgenti geotermiche, sorgenti che dal III secolo a.C. si sono mantenute attive fino ad oggi. Infatti non solo le acque salutari alimentavano una vasta area termale-sacrale, ma servivano per la coloritura industriale di tuniche e vesti, probabilmente per gli etruschi della città di Populonia. Dallo scavo  proviene il primo bollo pubblico dell'area etrusca, bollo impresso in elegante grafia sulle tegole di copertura degli edifici.
            Ma l'ipotesi più suggestiva, che sta prendendo sempre maggiori contorni reali, vuole che alle Aquae Populoniae (o Aquae Volaterranae) sia stato trasferiito l'ultimo santuario della nazione etrusca, ormai sulla soglia della definitiva sottomissione a Roma[5].  E il luogo non era scelto, naturalmente, a caso. Impervio, misterioso, tra vapori ed acque bollenti, odore di zolfo e sibili di "soffioni": insomma un luogo da evitare perchè richiamava l'Averno, gli Inferi[6].
            Con il declino dell'impero romano in Occidente e l'inizio delle invasioni dei popoli nordici, il modello sociale ed economico, che aveva caratterizzato per quasi un millennio la vita in Etruria, entra in crisi. Le campagne si spopolano, le terme rovinano, le foci dei fiumi e lunghi tratti di costa si impaludano, la gente si ritira sulle sommità dei monti, serrando borghi e castelli entro mura possenti, per sfuggire alla malaria, ai soldati invasori e ai predoni saraceni.
            Sotto i Goti, i Longobardi e i Franchi, una parte della Regione Boracifera viene dichiarata "Waldum Domini Regis" e costituisce l'immensa riserva di caccia del Sovrano; un'altra parte cade in possesso di potenti Abbazie (San Pietro a Palazzolo, Monteverdi; Santa Maria a Serena, Chiusdino; SS. Salvatore e San Cirino a Isola, Monteriggioni) e di famiglie comitali di stirpe germanica accreditate presso l'Imperatore (Alberti, Pannocchieschi, Aldobrandeschi, Gherardeschi).
            Delle manifestazioni geotermiche non abbiamo più memoria se non per la costruzione di due nuovi "bagni termali": il cosiddetto "Bagno di Porsenna" o "Bagno del Re", sulla riva del medio corso del fiume Cornia e il "Bagno di San Michele", un chilometro a nord dell'attuale Larderello.


Versan le vene le fummifere acque.


            Poco prima del Mille l'area è interessata da un progressivo e intenso popolamento: si edificano le Pievi matrici di San Giovanni a Morba, a Commessano, a Sillano, a Micciano, a Lustignano e a Pomarance; riprendono i traffici mercantili e le coltivazioni dei giacimenti minerari (tra i quali molta importanza rivestono quelli d'argento a Montieri e di rame a Montecastelli); si diffonde l'uso del "volgare" in documenti pubblici e privati che costituiscono le prime testimonianze della formazione della lingua italiana ("guaita" di Travale;  cantilena giullaresca di Galgano a Volterra; codice minerario di Massa Marittima; statuti del Comune di Montieri); si ampliano e si incastellano i borghi con la


[1] C. GROPPI, Né latino né tedesco..., cit., pp. 19-23; E. GASPERI, Paternalismo padronale e lotta di classe in Val di Cecina: la Società Boracifera di Larderello e le lotte del biennio rosso, Tesi di laurea, Università di Pisa, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in storia, Relatore prof. Lorenzo Gestri, AA.AA., 1981-1982, p. 5 e segg; K. MILLER, Itineraria Romana, romische Reiserwege aus der Hand der Tabula Peutingeriana, Stuttgart, 1916, in  "R. NASINI, I soffioni e i lagoni della Toscana e la industria boracifera, storia, studi, ricerche chimiche e chimico-fisiche eseguite principalmente nell’ultimo venticinquennio, Tip. Ed. Italia, Roma, 1930, pp. 34-35"; ENEL, DPT, DRPC, L'energia geotermica in Toscana e nel Lazio settentrionale, Due secoli di storia, Roma, 1995, p. 2 e segg.
[2] C. GROPPI, Né latino né tedesco..., cit., p. 23; S. PIERI, Toponomastica della Toscana meridionale (Valli della Fiora, dell'Ombrone, della Cecina e fiumi minori) e dell'arcipelago toscano, a cura di G. GAROSI e G. BONFANTE, Siena, 1969.
[3] L. BOSIO, La Tabula Peutingeriana. Una descrizione pittorica del mondo antico, Maggioli, Rimini, 1983; A. MAZZONI, I soffioni boraciferi toscani, cit., pp. 38-39.
[4] A.M. ESPOSITO, Edificio "termale" ellenistico di Sasso Pisano (1990), mns, pp. 1-3; id., Dalla terra degli Etruschi, in "Archeo", aprile 1997, pp. 58-61; A.M. ESPOSITO, M. MARTINELLI, A Sasso Pisano un complesso sacro-termale etrusco, in “Archeologia Viva”, pp. 64-67, gennaio-febbraio 2004, Giunti, Firenze.
[5] A. HEYMANN, Antiquarium uber einer Etruskischen Ausgrabungstatte bei Sasso Pisano (Toscana), HDK, Berlin, 1994.
[6] C. GROPPI, Né latino né tedesco..., cit., pp. 33-36.

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