mercoledì 6 dicembre 2017

PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. 56.

Lettera al “giornalino”: l’Assemblea è sovrana?

         “Ti scrivo queste due righe sperando di ottenere una risposta esauriente alla domanda: l’Assemblea è sovrana? Il motivo che mi ha indotto a rivolgerti questa domanda è il modo in cui è stata condotta l’assemblea dei lavoratori Enel di Larderello, in data 16 marzo 1979, per l’approvazione della bozza di proposte per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro.
         Non entro nella validità o meno della bozza, ma mi è sembrato e credo di non essere stato l’unico, che coloro che conducevano l’assemblea siano venuti per ottenere velocemente (ed abbiano insistito a tale scopo con le solite tattiche dei rigiri di parole), un parere positivo globale sulla bozza mentre, invece, l’assemblea chiedeva la discussione e la votazione punto per punto.
         Se il comportamento tenuto in questa occasione non è episodico non si meraviglino, poi, gli esponenti sindacali se i lavoratori li individuano come controparte qualcuno che tenta ad ogni costo di importi qualcosa. Ho fiducia che gli esponenti sindacali cerchino di portare avanti gli interessi dei lavoratori, però non considero nessuno infallibile e ritengo opportuno pertanto che, quando i dirigenti del sindacato partecipano ad una assemblea di lavoratori, siano a “disposizione” e “obbligati” a prendere atto di ciò che chiede l’assemblea.
         Queste considerazioni non vogliono essere una critica fine a se stessa, ma devono servire ad iniziare all’interno del sindacato una discussione per il suo rafforzamento ed evitare che possa nascere, dopo aquila, timone ecc., anche “turbina selvaggia”. Cordialmente ti saluto, Lorenzo Vangelisti.”


“Caro compagno, mi pare che, dopo la seconda assemblea di tre ore tenuta il 22/3/79, una parte delle tue argomentazioni trovi un’adeguata risposta e chiarimento e sia emerso un corretto comportamento sindacale e una sostanziale democrazia. Sulla sovranità dell’assemblea però il discorso si complica.
         Non sempre assemblearismo vuol dire democrazia e viceversa. Le originali esperienze italiane sulla funzione e il ruolo dei gruppi dirigenti, i partiti e i movimenti sindacali, pur variando a seconda della matrice ideologica, si integrano con la partecipazione delle larghe masse di cittadini e di lavoratori, nelle forme dirette. Spesso, data la complessità dei problemi, le assemblee, specialmente quelle di base, sono messe nella impossibilità di proporre linee politiche o sindacali, che trovino cioè riscontro di carattere più generale. Comunque la loro funzione è sempre di grande importanza, specialmente se riescono a liberarsi dall’egemonia e dalla strumentalizzazione di qualche singolo “capopopolo”, assumendo un ruolo collettivo di proposta e di controllo.
         Noi della Cgil diamo un giudizio positivo sulle due assemblee di Larderello per l’alta partecipazione dei lavoratori e la passionalità degli interventi che solo raramente hanno assunto toni di contrapposizione qualunquistica e antisindacale. Specialmente dai lavoratori delle officine è venuto un contributo meditato che dovrà essere tenuto di conto. Tuttavia ci sono stati alcuni limiti che è bene evidenziare: nelle scelte ci si è lasciati influenzare da chi ha “parlato” meglio (anche se ha portato dati non corretti), si sono eletti due delegati facenti parte dei tecnici ed intellettuali e non legati a quelle categorie operaie che tutti si dice di voler valorizzare. Lo sforzo del sindacato per la difesa dei lavoratori, per la ricerca di forme nuove di partecipazione, per la trasformazione di questa nostra società (compresa l’eliminazione dei tanti “lacci e lacciuoli” che il sistema ha pazientemente annodato intorno a noi) è grande, ma ancora non si è pienamente dispiegato.

         Pesano ritardi e contrasti, divisioni palesi e nascoste, pesa il comportamento corporativo di gruppi e strati sociali alla difesa di interessi ristretti, pesa il ruolo dell’informazione di massa che tende a presentarci o come taumaturghi o come colpevoli dei mali sociali, pesa sul sindacato la latitanza di tante altre componenti della società. Noi giochiamo a carte scoperte e su noi si scaricano le maggiori tensioni del sistema. E’ dunque il momento di stringere le fila, di rafforzare il sindacato, di portare all’interno le voci nuove e appassionate dei compagni e dei lavoratori. Pur nella sua importanza l’assemblea è solo un momento parziale della partecipazione. La sovranità non vuol dire né organizzazione né continuità. Senza non c’è speranza per i movimenti che hanno al centro della loro azione la liberazione dell’uomo e la costruzione di una società nuova”.

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