lunedì 13 novembre 2017





PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 48.


66. La morte di Larderello

         Oggi si sta facendo pericolosamente strada, principalmente a livello di particolari ambienti tecnico-scientifici, ma anche in settori del movimento sindacale e politico, il concetto della “morte di Larderello”, cioè di un inarrestabile declino produttivo dei tradizionali “campi geotermici”: pertanto, tutto l’impegno sulla geotermia dovrebbe avvenire in  nuove aree del territorio nazionale.
         Abbiamo già messo in evidenza, come sindacato Fnle-Cgil, il ruolo nazionale della ricerca geotermica, la sua proiezione nel futuro sviluppo dell’umanità, ma non possiamo fare a meno di respingere con forza queste idee assurde che, benché non suffragate da una seria base scientifica, se accettate rischierebbero di aprire una fase di impoverimento di vasti territori già duramente colpiti dalla logica dello sviluppo capitalistico.
         Larderello e l’area attualmente produttiva (Radicondoli-Amiata) è ancora l’unica e la principale in Italia. Nulla sappiamo se a profondità maggiori di quelle attuali (cioè a 5-6000 metri) esistano serbatoi geotermici produttivi, dato che quasi tutti i pozzi fino ad oggi perforati e in attività, hanno una profondità media di circa 1500 metri; nemmeno ci sono noti i fenomeni di alimentazione naturale dei bacini geotermici per poter affrontare con successo la reiniezione artificiale di acqua, sia in zone già produttive, sia in rocce calde secche, previa una fratturazione per realizzare la permeabilità necessaria alla instaurazione di circuiti termici convettivi.
         Inoltre i pozzi produttivi ubicati nelle vicinanze delle grandi centrali o nei più antichi bacini in sfruttamento, si spingono a modeste profondità, appena alla testa dei serbatoi geotermici, e necessiterebbero in permanenza di un impianto di perforazione disponibile per ripulitura incrostazioni, ripristino tubazioni ed eventuale approfondimento. Un’opera di manutenzione ai sondaggi che non è mai stata sistematicamente eseguita e che potrebbe sopperire in buona misura la mancanza di produzione elettrica.
         Troppe volte si è cercato di emarginare la geotermia e Larderello. Per i più diversi motivi. Non ultimo il suo decentramento rispetto alle grandi aree metropolitane e ai centri del potere. Tutta la politica dell’Enel è stata imperniata su questo obiettivo e solo la tenace resistenza dei lavoratori e delle popolazioni dei Comprensori geotermici ha impedito che si affermasse la ben nota teoria della “pentola” o quella di avviare la produzione di “gassose” o di impiantare ”fabbriche di lampadine”.
         E’ bene ripetere che non vogliamo assistenza geotermica, ma una attività produttiva senza sprechi di nessun genere, a servizio dello sviluppo interregionale e nazionale. Il potenziale umano, tecnico, di mezzi, che oggi esiste, non può essere disperso e i lavoratori giudicheranno anche i recenti elementi positivi emersi da un rinnovato impegno programmatico di attività geotermica dell’Enel e dell’Eni-Agip in base a quanto, realmente, a tempi brevi, si farà nelle zone in produzione che restano ancora la base più sostanziale di ogni sviluppo geotermico: sia come ricerca, che come produzione geotermoelettrica. Poiché, se le decine di miliardi spesi sulle nuove aree nazionali consentiranno, oltre all’acquisizione di importanti elementi valutativi di nuove conoscenze, l’installazione di un potenziale geotermico di 5 Mw, non ha senso lasciar deperire e non sfruttare le Zone che già nell’immediato potrebbero consentire il recupero di una potenza decine di volte superiore a quella citata. Infatti potrebbe darsi che questo impegno di ricerca sulle aree esterne, mirasse, una volta ancora, ad avviare la definitiva emarginazione della geotermia.
         Non ha nemmeno senso affrontare, in termini generali, il problema di un riequilibrio dei territori, in particolare di aree sottosviluppate e del Mezzogiorno, e poi operare, con scelte produttive e di investimento, in senso contrario. La divisione strutturale della geotermia e lo scorporo dell’attività di ricerca, manutenzione e perforazione da quella produttiva è gravida di pericoli per i territori che attualmente gravitano intorno alla risorsa geotermica.
         Infatti, a fronte di una ricerca non finalizzata al reperimento di risorse suscettibili di trasformazione in energia elettrica (che non vuol dire perdere la possibilità di uno sfruttamento diversificato e pieno di ogni risorsa reperita, con particolari accordi tra Enti e Regioni), e di una attività (la perforazione) atipica all’Enel e che si può svolgere come attività di servizio in appalto o da altri operatori (Agip), si può intravedere l’accentramento in altre località di quanto attualmente fatto a Larderello e, in mancanza di alternative di sviluppo produttivo diversificato, ciò porterebbe ad una drastica riduzione di occupazione, favorita da decisioni settoriali (della produzione) tendenti a considerare l’energia geotermica in una sola ottica economicistica (chiusura impianti, telecomandi).
         L’unitarietà della geotermia, un programma organico in tutti gli Enti e con adeguato coordinamento nazionale, consistenti investimenti, una nuova volontà politica che liquidi gli incapaci e gli arrampicatori e, insieme, la costituzione di un unico centro di ricerca, perforazione, manutenzione e produzione a Larderello che, data la centralità di collocazione geografica, consentirebbe efficaci collegamenti interni all’Enel e i contatti con le Università, il Cnr e gli altri Enti, sono i soli presupposti di sviluppo geotermico nazionale, regionale e comprensoriale.
         Le Organizzazioni sindacali toscane si fanno carico dei problemi complessivi della geotermia e dei territori. Da tempo sollecitano gli Enti competenti a concretizzare qualche iniziativa. In particolare chiedono all’Enel un cambiamento di rotta, il superamento delle divisioni e una conduzione unitaria tra ricerca, coltivazione e sfruttamento. Chiedono inoltre programmi e investimenti finalizzati per le nuove zone e per quelle tradizionali, in ugual misura investite da gravi inefficienze. Alla Regione Toscana chiedono un impegno concreto per la utilizzazione delle acque calde e dei vapori a bassa entalpia, da tempo messi a disposizione dall’Enel, anche se in modo inadeguato, e, forse, strumentale, per dar seguito alle positive speranze emerse nel Convegno di Chianciano.
         E’ proprio questo il campo di maggiori possibilità future in senso produttivo. Non neghiamo che in una fase di crisi energetica come l’attuale ogni sforzo debba essere fatto per produrre elettricità, ai costi più bassi possibili, ma è altresì indubbio che l’energia geotermica, nelle sue multiformi estrinsecazioni (vapore surriscaldato, vapore umido, miscela acqua-vapore, acqua calda, fluidi caldi salini...) sarà sempre più utilizzata per fini non elettrici.
         A questo proposito tutti sanno che esistono già le condizioni per passare alla realizzazione pratica di attività industriali, civili ed agricole, in quelle Zone dove esistono risorse geotermiche che l’Enel ha messo a disposizione degli Enti Pubblici, e che devono essere utilizzate in primo luogo non per creare risparmi, ma per allargare l’attività produttiva ed occupazionale, come del resto la “Vertenza Amiata” lascia intravedere.
         Troppo tempo intercorre dalla fase delle enunciazioni di principio a quella degli investimenti e quella delle realizzazioni. Tempo prezioso, che vanifica tanti sforzi, che non consente diversificazione produttiva e fa alimentare le spinte occupazionali verso Enti (Enel) che ormai sono saturi se non si verificheranno condizioni nuove, al momento impossibili. Su questi obiettivi è necessario un impegno maggiore del movimento sindacale e delle forze politiche e sociali, poiché è su queste cose che poi, in ultima analisi, si raccolgono consensi e credibilità.


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