domenica 26 novembre 2017






PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI
CAP. 52

Piazza Leopolda

Su questa piazza
non volano i colombi,
fanciulli non ci sono
negli estivi meriggi
intenti
ai dolci giochi,
i baci degli amanti
sospirati,
le fuggitive occhiate,
le carezze sui corpi indifesi
in altre vie, su altre piazze
li ritroverai,
qui mani non si allacciano
a sera
tra il verde di fronde invitanti.

E’ una piazza
dove i bambini
son diventati all’improvviso
uomini
e le speranze son svanite
in lunghi giorni
di prigioniere attese.
Una piazza perfetta,
armoniosa, chiusa dalle rosse
officine
e dal fiume,
con l’immenso cielo
aperto oltre le colline
sul nostro desiderio.

Oggi mi sembrano stranieri
i passi,
gli sguardi dei compagni
che distratti,
sui vecchi muri indugiano
con la luce del tramonto
che accende
di bagliori scarlatti
i mattoni della vecchia caserma
e del torrino.
C’erano un tempo gerani alle ringhiere
botteghe, bugigattoli
pieni di sorriso,
vino,
fanciulle sconosciute e furtive
per incontri inattesi
nelle sere violacee d’estate,
c’erano i morti
e le antiche preghiere
che le donne cantavano
in latino.

Il tempo mio migliore
qui è trascorso.
Qui ho imparato
altri uomini ad amare,
ho sofferto in silenzio,
ho lottato contro insidie sottili
che stringono il cuore d’angoscia,
la noia dei giorni monotoni,
le vellutate voci
che al gorgo mortale conducono,
l’indifferenza,
le piccole viltà
che ignari custodiamo.
Ho perduto e poi vinto tante volte
questa battaglia antica
sempre nuova
che muta volto
e rinnova parvenze,
questa prova che non ha,
per tanti, più ritorno.

Su questa piazza
uomini azzurri
hanno marciato un giorno,
parole di lotta hanno vibrato
nell’aria calda e immota
della sera,
negli occhi dei compagni una luce
s’é accesa di speranza.
Ragazzo in mezzo a loro
anch’io gioivo
di questo desiderio,
di quest’ansia
per un mondo
senza paure, chiaro,
sonoro
come un canto d’amore
che risveglia
passioni, nell’anima ferita.

Poi dall’alto son calati i giorni
innumerevoli e grigi,
giorni d’angoscia
e di muto dolore,
oscuri, freddi, senza
più sorrisi,
e con stupore ci siamo
ritrovati soli.

Oggi non più
su questa piazza antica
passano i vinti.
Non più la paura
sulle pallide facce,
sguardi sfuggenti, mani
insicure, serrate nelle tasche.
Siamo popolo ancora
che unito
affronta il futuro
e la vita.

Loro forse non sanno.
Non sanno quanto costi
questa parola facile,
questa vita più vuota
d’inganni,
questa quieta sera che promette
un’alba di rosee luci
sulla valle.
Non sanno degli affanni
nostri
per questo passato
che abbiamo dentro
e che ancor si rinnova,
il desiderio vano, il ricordo,
per questa prova
che ancora ci tormenta

e ci consuma.

Nessun commento:

Posta un commento