Passioni,
Speranze, Illusioni.
Parte VII^
8. Intervento al Congresso di Sezione
del Pci di Castelnuovo di Valdicecina (16 marzo 1968)
Compagni, dopo la relazione del
nostro segretario voglio aggiungere qualcosa, sia dal punto di vista
organizzativo sia sugli altri due punti all’ordine del giorno, trascurando i
temi di politica nazionale ed internazionale già affrontati nella relazione,
che spero verranno ripresi da altri compagni ed approfonditi.
Dall’ultimo Congresso ad oggi due anni sono trascorsi.
In questo tempo il numero degli iscritti è diminuito di 24 unità (-8%), passando
da 301 a 277. Questa diminuzione è dovuta soprattutto ai trasferimenti e
decessi e solo in minima parte al mancato rinnovo della tessera Tale andamento, data la situazione sociale di
Castelnuovo e data l’avanzata età anagrafica dei nostri iscritti, durerà
ancora. Quello che più mi preoccupa è
tuttavia la mancanza di reclutati. Non siamo infatti capaci di portare nuovi
iscritti al Partito, e, in particolar modo, i giovani.
I giovani oggi considerano Castelnuovo un luogo di
passaggio, non una méta. Non si pongono il problema di dare un apporto alla
vita pubblica e politica del paese e inoltre pensano che i partiti, così come
sono strutturati, gli offrano poco, anche il nostro che effettivamente si
riduce molto spesso a svolgere soltanto azioni di carattere amministrativo. In
fondo, quanti figli di compagni ci sono che non sentono minimamente il richiamo
di una militanza comunista? Probabilmente c’è una carenza di educazione
familiare su cui vale soffermarci a riflettere. Noi che ci chiamiamo comunisti
e vogliamo trasformare la società, non abbiamo la forza di vincere la nostra
pigrizia, il conformismo mentale, l’egoismo. E se non abbiamo slancio
rivoluzionario, se siamo passivi e non protestiamo contro le quotidiane
ingiustizie del mondo, come possiamo avere la forza, la capacità di convincere
gli altri, penso ai giovani, ad entrare nel nostro Partito?
Pertanto è dal nostro impegno che dipende avere più
iscritti, oltre che più voti, al Partito. Quello nei confronti dei giovani,
come ho avuto modo di dire altre volte, è un lavoro a lunga scadenza. Intanto
con la costituzione del Comitato per la Pace nel Vietnam, molti di loro si
stanno facendo un’idea più precisa della lotta antimperialista, cominciano a
prendere coscienza che per cambiare le cose non occorre solo una protesta
generica, ma occorre organizzarsi. E allora, in prima fila, dovranno trovare
noi comunisti.
Compagni, mi sembra che, come è emerso dalle ultime
riunioni di cellula, assemblea, ecc. si tenda a criticare troppo l’attività dei
membri del Direttivo, del Segretario, dimenticando il loro sacrificio e
l’apporto che essi hanno dato, in questi due anni e prima, alla soluzione di
molti problemi, considerando anche lo stato di isolamento in cui sono stati
lasciati. E’ vero, non temiamo la critica, anzi la incoraggiamo ed essa ci è
utile, ma essa deve essere una critica serena e costruttiva.
Il materiale che la nostra Sezione, il Comitato
Politico di Fabbrica, il Comitato di Zona, hanno elaborato sui problemi dell’Enel
e dell’Eni è copioso. E non dimentichiamo tra i successi il raggiungimento
degli obiettivi nella sottoscrizione del 1966 e del 1967 e la manifestazione
per il 50° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Siamo l’unica forza
politica viva ed attiva in questa zona. Un Partito che si sforza di fare
acquisire i problemi economici ed umani a larghi strati della popolazione, che
si batte per gli interessi reali delle masse operaie, dei contadini, dei
giovani.
Come è stato affermato siamo di fronte, a Castelnuovo[1], ad
una grave e profonda lacerazione del tessuto sociale. In pochi anni sono
diminuite circa 800 persone. E’ una crisi che ha radici profonde nel passato,
frutto di scelte politiche monopolistiche tese a raggiungere il massimo
profitto nelle Aziende, una politica di
vecchie e nuove rapine che la Dc e il Psu hanno appoggiato ed appoggiano. Alle
contraddizioni che caratterizzano l’intero Paese si sommano, per il nostro
territorio, altri fattori negativi:
-
scissione di un
antico ed omogeneo nucleo industriale. Subordinazione al capitale privato
(Solvay) di un settore fondamentale della nostra industria, quella chimica, che
poteva divenire l’industria base della zona;
-
politica
accentratrice dell’Enel, mancanza di piani di sviluppo e di ricerca del vapore
endogeno;
-
mancanza
dell’Ente Regione che coordini uno sviluppo armonico delle fonti di energia che
qui esistono in larga misura.
I dati sui quali fondiamo la nostra analisi critica
sono sotto gli occhi di tutti: all’Enel-Larderello i dipendenti occupati sono
passati dalle 2002 unità del 1961 alle 1450 unità dell’anno 1968; nel 1968 sono
state effettuate oltre 15.000 ore di straordinari; la produzione di energia
geotermoelettrica è rimasta stazionaria; il parco sonde dispone di 6 impianti,
contro i 14 del 1962 ed i metri perforati sono scesi da 23.000 a 15.000; oltre
600.000 kg/h di vapore non vengono utilizzati; l’età media del personale è tra
i 48 ed i 50 anni.
Per realizzare una ripresa economica dell’intera Zona
dobbiamo batterci per:
-
sviluppare
maggiormente la ricerca del vapore nelle aree di più antico sfruttamento e in
quelle esterne per incrementare la produzione di energia elettrica;
-
utilizzare meglio
il vapore già disponibile;
-
creare a
Larderello un Centro di Manutenzione per tutto l’Enel della Toscana;
-
creare a
Larderello un Centro Ricerche Nazionali della geotermia;
-
creare una Scuola
Aziendale professionale;
-
definire il
problema degli appalti;
-
creare una
Cooperativa agricola dando rilievo allo sviluppo zootecnico e serricolo;
-
ampliare gli
impianti chimici di Larderello e Saline deviando un braccio del metanodotto
dell’Eni Pisa-Grosseto e studiando iniziative nuove per la produzione;
-
sviluppare le
infrastrutture, soprattutto stradali, ferroviarie ed idriche;
-
nazionalizzare
l’industria chimica italiana.
Affinché ciò non resti
sulla carta e le speranze dei giovani,
degli artigiani, dei commercianti, dei lavoratori avventizi e precari siano
nuovamente mortificate, occorre battere la linea che il Governo di
centro-sinistra vuole imporre al Paese. Occorre nella Zona Boracifera un’ampia
mobilitazione di tutte le forze democratiche poiché per cambiare le cose non
basta soltanto una protesta generica e verbale, ma bensì una lotta articolata e
bene organizzata con i comunisti in prima fila. In questo contesto dobbiamo
considerare come elemento positivo la creazione a Castelnuovo del “Comitato di
agitazione permanente per la piena occupazione e lo sviluppo della Valdicecina"
auspicandoci che in ogni centro sorgano simili iniziative. Io condivido la
linea d’azione sulla quale il Comitato intende muoversi, poiché essa è anche la
nostra linea per la quale da anni ci battiamo. Il momento attuale è un momento
critico poiché il destino della Zona è in gioco. Ed anche coloro che vogliono
ignorare il problema, apparentemente paghi del buon stipendio, dell’auto, delle
vacanze ecc. si accorgeranno domani di vivere in un mondo piccolo e povero, e
la loro sicurezza si trasformerà a poco a poco in delusione. Nessuno dovrà
tirarsi indietro.
9. Documento sui problemi della Valdicecina
(16 dicembre 1970)[2]
I comunisti di Castelnuovo V.C., riuniti a Congresso
nei giorni 12 e 13 dicembre 1970, con la partecipazione del compagno on. Di
Puccio, dopo aver discusso ed approvato la linea generale del partito sulle
questioni nazionali ed internazionali e dopo aver proceduto al rinnovo degli
Organismi direttivi della Sezione; constatando che una perdurante crisi, resa
più acuta in questo scorcio di anno dalla recessione nel settore delle piccole
imprese artigianali, soprattutto dell’edilizia e dell’alabastro, investe la
nostra zona; decidono di pubblicare questo primo documento riassuntivo sui
problemi locali affinché sia possibile trovare uno sbocco concreto alle
legittime richieste delle popolazioni della Valdicecina, fino ad oggi
mortificate e represse.
La crisi della Valdicecina non è casuale. Essa ha
origine nella logica del capitalismo che vuole, accanto ad una Italia
sviluppata, quella del Nord o quella che già possedeva solide strutture
industriali, l’altra Italia, quella dell’emigrazione, della lenta degradazione
del territorio, del disagio. Diviene inevitabile che, mentre nelle zone
sviluppate aumenta la disponibilità di risorse per gli investimenti, nelle zone
povere aumenta la miseria: fuga di forza lavoro, fuga di capitali, fuga di
cervelli. Questa tendenza si potrà sconfiggere definitivamente con il passaggio
ad una società armonica, ad una società socialista. Ma se questo sarà lo sbocco
conclusivo della nostra azione noi pensiamo che qualcosa vada affrontato e
risolto immediatamente, qui, riaffermando, in primo luogo, la volontà di vivere
e lavorare nei luoghi dove siamo nati, ed esprimendo una netta condanna alla
repressione capitalistica esercitata a danno della nostra Comunità. Vogliamo
sopravvivere e ci ribelliamo dicendo che notevoli risorse esistono nella Valdicecina
(salgemma, materiali ferrosi, vapore endogeno, turismo) e che tali risorse, insieme ad altre, possono essere
totalmente sfruttate con un forte ampliamento degli investimenti da parte delle
Aziende di Stato. Già nelle condizioni attuali è possibile assumere, nelle
grandi industrie della Valdicecina, più di 1.000 giovani perché, ad esempio,
soltanto all’Enel sono diminuiti dal 1962 al 1970, 650 posti di lavoro (senza
contare il ridimensionamento o la smobilitazione di Ditte appaltatrici importanti,
quali la Siderocementi, la Coop. Liberlavoro, la Coop. Ediltrasporti ecc.).
Dobbiamo inoltre constatare che all’Enel-Larderello
l’età media dei dipendenti è attualmente di (48 anni) e ciò genera alte
percentuali di lavoratori parzialmente utilizzabili o inutilizzabili per
malattia ed invalidità e che il ritmo dei pensionamenti sia in rapido aumento
fino a raggiungere cifre elevatissime (si parla di 400 unità nel 1971) se, come
par certo, entrerà in vigore la nuova legge sul pensionamento dopo 35 anni di
servizio.
Ne
consegue che soltanto all’Enel, per garantire almeno la continuità delle
attività essenziali, siano necessarie subito più di 500 nuove assunzioni da
effettuarsi nell’ambito della Zona. Quando diciamo queste cifre non è per fare
della propaganda, ma esse hanno motivi validi e reali. Certamente si scontrano
con la politica della Solvay, degli interessi capitalistici e dell’Enel, che
vuole ridurre ancora le sue attività a Larderello, come constatiamo dalla
diminuzione di produzione elettrica, dal ridimensionamento delle attività di
perforazione, dallo spreco e cattiva utilizzazione del vapore esistente.
I problemi dell’Eni e della Salina, la condizione
dell’agricoltura, con la continua beffa del mancato passaggio alla Coop. “Il
progresso agricolo” dei terreni dell’Enel; quelli della pastorizia e
soprattutto della viabilità minore (SS.439, Strada delle Valli del Pavone),
insieme agli altri problemi infrastrutturali, ci impongono oggi,
drammaticamente, di farla finita con i discorsi, con le faide campanilistiche e
le promesse, e di passare a una decisa azione. In questo momento ognuno deve
prendersi le proprie responsabilità.
Noi crediamo che la Giunta Regionale della Toscana,
come è stato scritto recentemente in un suo documento, ci aiuterà. Ma questo
aiuto sarà più sollecito se intorno alle nostre giuste rivendicazioni noi
sapremo creare un movimento reale, continuo e organizzato, di lotta, con alla
testa le Amministrazioni Comunali, i Partiti Politici, le Organizzazioni
Sindacali e di massa.
I comunisti ritengono che i sindacati debbano
affrontare con maggior decisione e incisività questi problemi, alla luce anche
della nuova ristrutturazione dell’Enel-Larderello e chiamare le maestranze alla
lotta per le questioni di interesse generale. Ritengono inoltre necessario
stabilire fin da ora contatti con tutte le forze politiche locali per avviare
un discorso serio e costruttivo. E poiché tutti siamo interessati ad una
politica di sopravvivenza e di sviluppo sarà possibile costruire l’unità reale
di tutte le forze produttive e sociali della Valdicecina.
Continua.
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