martedì 6 giugno 2017




Passioni, Speranze, Illusioni.

Parte VII^

8. Intervento al Congresso di Sezione del Pci di Castelnuovo di Valdicecina (16 marzo 1968)


Compagni, dopo la relazione del nostro segretario voglio aggiungere qualcosa, sia dal punto di vista organizzativo sia sugli altri due punti all’ordine del giorno, trascurando i temi di politica nazionale ed internazionale già affrontati nella relazione, che spero verranno ripresi da altri compagni ed approfonditi.
Dall’ultimo Congresso ad oggi due anni sono trascorsi. In questo tempo il numero degli iscritti è diminuito di 24 unità (-8%), passando da 301 a 277. Questa diminuzione è dovuta soprattutto ai trasferimenti e decessi e solo in minima parte al mancato rinnovo della tessera  Tale andamento, data la situazione sociale di Castelnuovo e data l’avanzata età anagrafica dei nostri iscritti, durerà ancora.  Quello che più mi preoccupa è tuttavia la mancanza di reclutati. Non siamo infatti capaci di portare nuovi iscritti al Partito, e, in particolar modo, i giovani.
I giovani oggi considerano Castelnuovo un luogo di passaggio, non una méta. Non si pongono il problema di dare un apporto alla vita pubblica e politica del paese e inoltre pensano che i partiti, così come sono strutturati, gli offrano poco, anche il nostro che effettivamente si riduce molto spesso a svolgere soltanto azioni di carattere amministrativo. In fondo, quanti figli di compagni ci sono che non sentono minimamente il richiamo di una militanza comunista? Probabilmente c’è una carenza di educazione familiare su cui vale soffermarci a riflettere. Noi che ci chiamiamo comunisti e vogliamo trasformare la società, non abbiamo la forza di vincere la nostra pigrizia, il conformismo mentale, l’egoismo. E se non abbiamo slancio rivoluzionario, se siamo passivi e non protestiamo contro le quotidiane ingiustizie del mondo, come possiamo avere la forza, la capacità di convincere gli altri, penso ai giovani, ad entrare nel nostro Partito?
Pertanto è dal nostro impegno che dipende avere più iscritti, oltre che più voti, al Partito. Quello nei confronti dei giovani, come ho avuto modo di dire altre volte, è un lavoro a lunga scadenza. Intanto con la costituzione del Comitato per la Pace nel Vietnam, molti di loro si stanno facendo un’idea più precisa della lotta antimperialista, cominciano a prendere coscienza che per cambiare le cose non occorre solo una protesta generica, ma occorre organizzarsi. E allora, in prima fila, dovranno trovare noi comunisti.
Compagni, mi sembra che, come è emerso dalle ultime riunioni di cellula, assemblea, ecc. si tenda a criticare troppo l’attività dei membri del Direttivo, del Segretario, dimenticando il loro sacrificio e l’apporto che essi hanno dato, in questi due anni e prima, alla soluzione di molti problemi, considerando anche lo stato di isolamento in cui sono stati lasciati. E’ vero, non temiamo la critica, anzi la incoraggiamo ed essa ci è utile, ma essa deve essere una critica serena e costruttiva.
Il materiale che la nostra Sezione, il Comitato Politico di Fabbrica, il Comitato di Zona, hanno elaborato sui problemi dell’Enel e dell’Eni è copioso. E non dimentichiamo tra i successi il raggiungimento degli obiettivi nella sottoscrizione del 1966 e del 1967 e la manifestazione per il 50° anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Siamo l’unica forza politica viva ed attiva in questa zona. Un Partito che si sforza di fare acquisire i problemi economici ed umani a larghi strati della popolazione, che si batte per gli interessi reali delle masse operaie, dei contadini, dei giovani.
Come è stato affermato siamo di fronte, a Castelnuovo[1], ad una grave e profonda lacerazione del tessuto sociale. In pochi anni sono diminuite circa 800 persone. E’ una crisi che ha radici profonde nel passato, frutto di scelte politiche monopolistiche tese a raggiungere il massimo profitto nelle Aziende,  una politica di vecchie e nuove rapine che la Dc e il Psu hanno appoggiato ed appoggiano. Alle contraddizioni che caratterizzano l’intero Paese si sommano, per il nostro territorio, altri fattori negativi:

-         scissione di un antico ed omogeneo nucleo industriale. Subordinazione al capitale privato (Solvay) di un settore fondamentale della nostra industria, quella chimica, che poteva divenire l’industria base della zona;
-         politica accentratrice dell’Enel, mancanza di piani di sviluppo e di ricerca del vapore endogeno;
-         mancanza dell’Ente Regione che coordini uno sviluppo armonico delle fonti di energia che qui esistono in larga misura.

I dati sui quali fondiamo la nostra analisi critica sono sotto gli occhi di tutti: all’Enel-Larderello i dipendenti occupati sono passati dalle 2002 unità del 1961 alle 1450 unità dell’anno 1968; nel 1968 sono state effettuate oltre 15.000 ore di straordinari; la produzione di energia geotermoelettrica è rimasta stazionaria; il parco sonde dispone di 6 impianti, contro i 14 del 1962 ed i metri perforati sono scesi da 23.000 a 15.000; oltre 600.000 kg/h di vapore non vengono utilizzati; l’età media del personale è tra i 48 ed i 50 anni.

Per realizzare una ripresa economica dell’intera Zona dobbiamo batterci per:

-         sviluppare maggiormente la ricerca del vapore nelle aree di più antico sfruttamento e in quelle esterne per incrementare la produzione di energia elettrica;
-         utilizzare meglio il vapore già disponibile;
-         creare a Larderello un Centro di Manutenzione per tutto l’Enel della Toscana;
-         creare a Larderello un Centro Ricerche Nazionali della geotermia;
-         creare una Scuola Aziendale professionale;
-         definire il problema degli appalti;
-         creare una Cooperativa agricola dando rilievo allo sviluppo zootecnico e serricolo;
-         ampliare gli impianti chimici di Larderello e Saline deviando un braccio del metanodotto dell’Eni Pisa-Grosseto e studiando iniziative nuove per la produzione;
-         sviluppare le infrastrutture, soprattutto stradali, ferroviarie ed idriche;
-         nazionalizzare l’industria chimica italiana.

Affinché ciò non resti sulla carta  e le speranze dei giovani, degli artigiani, dei commercianti, dei lavoratori avventizi e precari siano nuovamente mortificate, occorre battere la linea che il Governo di centro-sinistra vuole imporre al Paese. Occorre nella Zona Boracifera un’ampia mobilitazione di tutte le forze democratiche poiché per cambiare le cose non basta soltanto una protesta generica e verbale, ma bensì una lotta articolata e bene organizzata con i comunisti in prima fila. In questo contesto dobbiamo considerare come elemento positivo la creazione a Castelnuovo del “Comitato di agitazione permanente per la piena occupazione e lo sviluppo della Valdicecina" auspicandoci che in ogni centro sorgano simili iniziative. Io condivido la linea d’azione sulla quale il Comitato intende muoversi, poiché essa è anche la nostra linea per la quale da anni ci battiamo. Il momento attuale è un momento critico poiché il destino della Zona è in gioco. Ed anche coloro che vogliono ignorare il problema, apparentemente paghi del buon stipendio, dell’auto, delle vacanze ecc. si accorgeranno domani di vivere in un mondo piccolo e povero, e la loro sicurezza si trasformerà a poco a poco in delusione. Nessuno dovrà tirarsi indietro.


9. Documento sui problemi della Valdicecina (16 dicembre 1970)[2]


I comunisti di Castelnuovo V.C., riuniti a Congresso nei giorni 12 e 13 dicembre 1970, con la partecipazione del compagno on. Di Puccio, dopo aver discusso ed approvato la linea generale del partito sulle questioni nazionali ed internazionali e dopo aver proceduto al rinnovo degli Organismi direttivi della Sezione; constatando che una perdurante crisi, resa più acuta in questo scorcio di anno dalla recessione nel settore delle piccole imprese artigianali, soprattutto dell’edilizia e dell’alabastro, investe la nostra zona; decidono di pubblicare questo primo documento riassuntivo sui problemi locali affinché sia possibile trovare uno sbocco concreto alle legittime richieste delle popolazioni della Valdicecina, fino ad oggi mortificate e represse.
La crisi della Valdicecina non è casuale. Essa ha origine nella logica del capitalismo che vuole, accanto ad una Italia sviluppata, quella del Nord o quella che già possedeva solide strutture industriali, l’altra Italia, quella dell’emigrazione, della lenta degradazione del territorio, del disagio. Diviene inevitabile che, mentre nelle zone sviluppate aumenta la disponibilità di risorse per gli investimenti, nelle zone povere aumenta la miseria: fuga di forza lavoro, fuga di capitali, fuga di cervelli. Questa tendenza si potrà sconfiggere definitivamente con il passaggio ad una società armonica, ad una società socialista. Ma se questo sarà lo sbocco conclusivo della nostra azione noi pensiamo che qualcosa vada affrontato e risolto immediatamente, qui, riaffermando, in primo luogo, la volontà di vivere e lavorare nei luoghi dove siamo nati, ed esprimendo una netta condanna alla repressione capitalistica esercitata a danno della nostra Comunità. Vogliamo sopravvivere e ci ribelliamo dicendo che notevoli risorse esistono nella Valdicecina (salgemma, materiali ferrosi, vapore endogeno, turismo) e che  tali risorse, insieme ad altre, possono essere totalmente sfruttate con un forte ampliamento degli investimenti da parte delle Aziende di Stato. Già nelle condizioni attuali è possibile assumere, nelle grandi industrie della Valdicecina, più di 1.000 giovani perché, ad esempio, soltanto all’Enel sono diminuiti dal 1962 al 1970, 650 posti di lavoro (senza contare il ridimensionamento o la smobilitazione di Ditte appaltatrici importanti, quali la Siderocementi, la Coop. Liberlavoro, la Coop. Ediltrasporti ecc.).
Dobbiamo inoltre constatare che all’Enel-Larderello l’età media dei dipendenti è attualmente di (48 anni) e ciò genera alte percentuali di lavoratori parzialmente utilizzabili o inutilizzabili per malattia ed invalidità e che il ritmo dei pensionamenti sia in rapido aumento fino a raggiungere cifre elevatissime (si parla di 400 unità nel 1971) se, come par certo, entrerà in vigore la nuova legge sul pensionamento dopo 35 anni di servizio.
         Ne consegue che soltanto all’Enel, per garantire almeno la continuità delle attività essenziali, siano necessarie subito più di 500 nuove assunzioni da effettuarsi nell’ambito della Zona. Quando diciamo queste cifre non è per fare della propaganda, ma esse hanno motivi validi e reali. Certamente si scontrano con la politica della Solvay, degli interessi capitalistici e dell’Enel, che vuole ridurre ancora le sue attività a Larderello, come constatiamo dalla diminuzione di produzione elettrica, dal ridimensionamento delle attività di perforazione, dallo spreco e cattiva utilizzazione del vapore esistente.
I problemi dell’Eni e della Salina, la condizione dell’agricoltura, con la continua beffa del mancato passaggio alla Coop. “Il progresso agricolo” dei terreni dell’Enel; quelli della pastorizia e soprattutto della viabilità minore (SS.439, Strada delle Valli del Pavone), insieme agli altri problemi infrastrutturali, ci impongono oggi, drammaticamente, di farla finita con i discorsi, con le faide campanilistiche e le promesse, e di passare a una decisa azione. In questo momento ognuno deve prendersi le proprie responsabilità.
Noi crediamo che la Giunta Regionale della Toscana, come è stato scritto recentemente in un suo documento, ci aiuterà. Ma questo aiuto sarà più sollecito se intorno alle nostre giuste rivendicazioni noi sapremo creare un movimento reale, continuo e organizzato, di lotta, con alla testa le Amministrazioni Comunali, i Partiti Politici, le Organizzazioni Sindacali e di massa.
I comunisti ritengono che i sindacati debbano affrontare con maggior decisione e incisività questi problemi, alla luce anche della nuova ristrutturazione dell’Enel-Larderello e chiamare le maestranze alla lotta per le questioni di interesse generale. Ritengono inoltre necessario stabilire fin da ora contatti con tutte le forze politiche locali per avviare un discorso serio e costruttivo. E poiché tutti siamo interessati ad una politica di sopravvivenza e di sviluppo sarà possibile costruire l’unità reale di tutte le forze produttive e sociali della Valdicecina.

Continua.





[1] La crisi demografica a Castelnuovo si colloca nel periodo 1951-1971, in concomitanza con la fine della mezzadria e la nazionalizzazione della “Larderello SpA” nell’Enel.
[2] Dts. fto gc., volantino a nome Pci, Segreteria sezione di Castelnuovo V.C., 16 dicembre 1970.Continua

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