venerdì 23 giugno 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.  CAP. 15.

 23. Essere comunisti[1]

         Sono entrato nel Partito comunista italiano non sull’onda della Resistenza o negli anni del “Fronte Popolare”, ma nel periodo della restaurazione neocapitalistica, allorché alla dittatura fascista e all’oscurantismo clericale, si era sostituita una filosofia apparentemente più democratica, quella del “miracolo economico”, detta anche enfaticamente “civiltà dei consumi”, che tuttavia conteneva un potenziale altrettanto pericoloso, i cui danni profondi arrecati al tessuto sociale e morale del nostro Paese stanno adesso drammaticamente emergendo.
         Avevo maturato la mia scelta comunista negli anni della grande battuta di caccia “al rosso”, al “sovversivo”, durante il durissimo attacco padronale agli strumenti di democrazia operaia nella Fabbrica di Larderello, dove studiavo e lavoravo. Allora, nel tempo della grande paura del licenziamento e della “tabella”[2] nessuna diga sembrava possedere solidi argini per impedire alle forze reazionarie di trionfare.
         Tuttavia, e proprio tramite uno strumento apparentemente innocuo, come la Biblioteca del Circolo Ricreativo di Larderello, che uno scrupoloso e simpatico pensionato[3] teneva aggiornata, avvalendosi della consulenza di un giovane impiegato di idee democratiche[4], ed anche della Biblioteca della “Larderello SpA” nella quale era stato “confinato” un uomo buono e colto[5], filtravano fino alle nostre avide menti, nomi, libri, recensioni di film, di rappresentazioni teatrali, di mostre d’arte, che ci dicevano di quanto forte fosse in tutto il mondo la cultura marxista e progressista.
         Molti di quei nomi e di quegli ideali non sono sopravvissuti ad un giudizio storico più profondo, ma tuttavia (penso a Brecht, Ejzenstejn, Pudovkin, Neruda, Levi, Chaplin, Siquieros, Picasso, Eluard...) è ad essi ed alle loro opere che devo in larga parte essere grato se la regressione culturale sia stata sconfitta.
         L’adesione al Partito comunista italiano fu dunque un fatto più sentimentale che politico, nacque dal bisogno di certezze, di una visione globale e positiva del mondo e della vita, che portassero a superare le bassezze e gli inganni, la stupidità, la clericale arroganza quotidiana, le mille e mille angherie e soperchierie a cui gli umili, i lavoratori, i giovani, erano sottoposti.
         Più tardi ho letto qualche opera di Marx, di Gramsci e di Togliatti cercando di dare un ordine alle mie idee e sentimenti. Ma soprattutto sono andato a quella inestimabile scuola del popolo che è la vita a contatto con gli altri, nella scuola, in Fabbrica, nella strada, nel Borgo, ad imparare la lezione dell’unità e della lotta, dell’impegno collettivo, per trasformare il mondo e costruire una Società nuova.
         Tanti sono i ricordi che mi si affollano nella memoria: ricordi cari dei compagni che non ci sono più, che un giorno lontano mi consigliarono un libro, mi invitarono ad una riunione, mi raccontarono un’esperienza vissuta di vita partigiana...ognuno di loro e tutti insieme mi hanno aiutato a trovare me stesso e una strada da percorrere, non facile, non trionfale, ma piena di asprezze, di difficoltà e sacrifici, che tuttavia nell’oscuro lavoro di base ancora percorro con gioia.
         Anche oggi abbiamo bisogno di certezze. C’è forse più di un tempo bisogno di possedere una chiara visione politica, di vivere in un partito, quello comunista, duramente impegnato a correggere i guasti mortali che democristiani, servi e padroni, hanno causato al nostro Paese ed a tutti noi. Essere comunisti, nel 1977, vuol significare questa grande e decisiva scelta, questo ritrovare negli uomini comuni, nei compagni di lavoro, quei valori profondi per i quali viviamo e nei quali, nonostante le contraddizioni sperano immense moltitudini. Essere comunisti vuol dire, dentro le fabbriche, come sempre, costituire la coscienza più avanzata del proletariato, ricucire situazioni deteriorate, rapporti tra gli uomini, dare prospettive ideali ai giovani lavoratori, maturarsi insieme a loro e soprattutto fa maturare le speranze in certezze.
         Questo vuol dire, per me, essere comunista e lavorare per il Partito comunista italiano, in quel partito antico e nuovo, nel quale ho imparato ad essere uomo, e che ogni giorno mi stupisce per la misteriosa forza-verità-libertà che lo anima.


24. Scheda bianca o scheda rossa? (1983)[6]

La fine anticipata della legislatura e la campagna elettorale per le elezioni politiche del 26 giugno, coincidono con una acuta situazione di difficoltà per i lavoratori italiani. Non è stato casuale se, dopo quattro mesi dalla firma dell’accordo sul costo del lavoro, che ha portato al “raffreddamento” della scala mobile, i milioni di operai che non hanno ancora firmato i contratti, insieme a tutte le altre categorie dell’industria, hanno dato vita ad un grande sciopero generale per battere le posizioni oltranziste del padronato.
Da molto tempo ormai la classe operaia è nel mirino di Confindustria: si vuole non solo recuperare potere sui salari, ma soprattutto recuperare e togliere i poteri e gli spazi di democrazia conquistati dalle masse produttive dentro le fabbriche e nella società. E’ un attacco insidioso e tenace che tiene da troppo tempo il movimento operaio asserragliato sulla difensiva, sotto la spinta di un pressing che ha ottenuto finora solo corner, ma che è già andato vicinissimo al goal. L’insidia di questo attacco è determinata da molti fattori: il primo è la lacerazione del rapporto unitario tra i lavoratori e l’affievolirsi degli ideali di trasformazione della Società, il decadimento degli Organismi di base, il distacco crescente tra le Istituzioni e i cittadini, il ridursi della componente operaia; il secondo è la penetrazione della corruzione e del privilegio (se pur in una scala infinitamente più piccola rispetto ai centri di potere nazionali che fanno corona a ben note forze politiche, economiche e finanziarie), anche in strati medio-bassi di lavoratori, operando così una nuova latente corporativizzazione che altro non ottiene se non divisioni, sfiducia, incomprensioni, distacco dalla militanza e dalla politica attiva…; il terzo e più importante è il patto, la nuova “Santa Alleanza”, che il padronato ha stretto con i suoi più o meno diretti rappresentanti politici.
Il vento di restaurazione che soffia dagli Stati Uniti sull’Occidente ha fatto rompere gli indugi ai timorosi: nel colmo di una acuta crisi economica, dovuta proprio all’incapacità, agli sprechi, all’assistenzialismo, al clientelismo, all’improvvisazione, il PARTITO DEI PADRONI ha gettato la maschera. Il dott. Carli, l’On. Agnelli, l’On. Goria, hanno preannunciato la cura che attende gli italiani se dopo il 26 giugno il loro partito vincerà le elezioni:
-         blocco e riduzione dei salari reali e delle pensioni;
-         blocco della scala mobile;
-         blocco e riduzione delle spese dei servizi sociali;
-         inasprimenti fiscali sui lavoratori e sui redditi medi;
-         aumento della disoccupazione, mobilità, Cassa Integrazione;
-         servilismo in politica estera e accettazione delle armi nucleari, tra le quali c’è ora la “bomba N” (l’arma micidiale capace di uccidere la vita senza recar danni alla natura inerte ed all’ambiente).
Giustamente il sindacato italiano, unitariamente, non ha mai fatto e non fa una scelta di formule politiche, ma giudica i Governi dai programmi e dalle azioni concrete. Ma i segnali, i programmi che conosciamo, le dichiarazioni rilasciate alla stampa dai candidati più potenti e rappresentativi e, soprattutto, la storia recente degli ultimi anni, ci dicono chiaramente che viviamo uno dei momenti più drammatici ed eccezionali della nostra storia: DUE BLOCCHI DI POTERE SI FRONTEGGIANO, UNO, INCENTRATO SULLA DC SUL PADRONATO, SU FRANGE APERTAMENTE REAZIONARIE E DI DESTRA, CHE VUOLE PIU’ POTERE PER I PROFITTI DEL CAPITALE; UNO DI SINISTRA, INCENTRATO SUI PARTITI STORICI DELLA CLASSE OPERAIA, PCI E PSI, CHE VUOLE SVILUPPO, EQUITA’, RIGORE E GIUSTIZIA.
Anche se permangono divergenze all’interno della sinistra, e non facile sembra il cammino verso una fattiva generale collaborazione, tuttavia sarà determinante che esse conquistino oltre il 50% dei voti, in modo da rappresentare una potenziale alternativa al sistema di potere della Democrazia cristiana, anche se la stessa non sarà, come purtroppo sembra, immediatamente praticabile. Ma chi poteva pensare, soltanto alcuni anni fa, che le sinistre unite avrebbero governato le più importanti città italiane (Roma, Napoli, Milano, Torino, Bari, Reggio Calabria…)?
E’ dunque una SCHEDA ROSSA l’arma a disposizione dei lavoratori per la difesa dei loro diretti interessi e per la salvaguardia della democrazia in Italia. Si, nonostante gli errori, le incapacità, i ritardi che hanno contrassegnato talvolta l’azione delle forze di sinistra, non tutti i partiti sono uguali, non tutti i partiti sono colpevoli del tracollo economico e morale del nostro Paese. Nella sinistra c’è la volontà del RINNOVAMENTO, nella Dc e nelle forze centriste, anziché l’anima sociale e popolare, prevale invece l’arroganza dei tecnocrati, dei militaristi e dei padroni, la forza della RESTAURAZIONE REAZIONARIA.
In questa lotta decisiva, fin troppo scoperte sono le posizioni di vassallaggio politico-economico, di tanti influenti manipolatori della informazione (Scalfari fa testo per tutti) che chiedono, in particolare ai giovani e agli incerti, di disertare le urne, o di votare scheda bianca, o di annullare volutamente il voto! Un voto nullo, una scheda bianca, l’assenteismo di un giovane operaio, di uno studente di un disoccupato – forse anche il voto, che rischia di essere solo dispersivo, ai partitini locali o chiaramente ininfluenti – sono, è bene chiarirlo, UN VOTO PER IL CENTRO, un voto che favorisce l’attacco del padronato alle conquiste dei lavoratori, che favorisce un sistema fiscale ingiusto, che restringe gli spazi di democrazia nelle fabbriche e nella società. Forse, mai dal 1953 ad oggi (quindi dai tempi della dura lotta contro il tentativo della Dc di far passare in Italia la legge maggioritaria, conosciuta come “legge truffa”), tanto importante e allo stesso tempo semplice si è presentata la scelta per gli elettori italiani. Mai come questa volta la SCHEDA ROSSA può essere vincente. Mai, come questa volta, in caso di sconfitta, sarà possibile un aggravamento delle condizioni del popolo italiano, l’inasprimento dello scontro sociale, l’emarginazione del sindacato e la sua frantumazione.
Le avvisaglie si sono già avvertite nell’attacco alla scala mobile, nella evasione fiscale dei 2.800.000 imprenditori che pagano le tasse in virtù di un reddito medio di 600.000 lire al mese, cioè meno assai dei loro dipendenti! – nella crescita dei disoccupati, dei cassintegrati, nel mantenersi l’inflazione ben al di sopra del 16%, nel pauroso allargamento del deficit pubblico, oggi quasi a 80 mila miliardi di lire, nella proliferazione dei tickets e dei balzelli sui redditi da lavoro dipendente. Le avvisaglie si sono anche avvertite nella Valdicecina, nella crisi e nello sfascio della chimica, nella perdita di occupazione all’Enel, nello squilibrio e impoverimento del nostro territorio, nell’emigrazione cui sono ancora oggi costretti i giovani operai e diplomati o laureati, per la mancanza di prospettive di sviluppo economico e sociale.
Una SCHEDA ROSSA, una crescita della SINISTRA oltre il 50%, la stessa alternativa democratica, non risolverebbe certamente, subito, tutti i problemi e i mali dell’Italia che sono profondi e antichi. Ma sprigionerebbe grandi energie popolari, susciterebbe grandi slanci e speranze, aprirebbe grandi spazi alla creatività ed al lavoro, mettendo, finalmente, la Dc all’opposizione, vivificherebbe la democrazia liberando lo Stato e le Istituzioni da quell’abbraccio incestuoso, da quel sistema clientelare e di sottogoverno, dall’inquinamento piduista, mafioso e camorrista che all’ombra di questo partito ha tratto le proprie fortune. E tanti italiani i loro malanni. Ogni voto conta. Pensiamoci, il 26 giugno.



[1] gc., in “Speciale dal Bacino Geotermico”, n.u., Comitato Pci Enel-Larderello, 25.1.1977, pp. 4 con il titolo: “Una nuova generazione di comunisti”.
[2] gc., poesia “La tabella”, in “Fabbrica amica”, 1987, mns., inedito.
[3] Galileio Rosselli.
[4] Carlo Chiavistrelli.
[5] Augusto Fontanelli.
[6] fto. gc., volantino a nome Pci Comitato politico Enel-Larderello.

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