giovedì 27 aprile 2017







GEOTERMIA, ENERGIA, AMBIENTE, e IL FURTO SILENZIOSO DELLA NOSTRA RICCHEZZA.

Ieri sono andato a fare una passeggiata raggiungendo la Centrale Geotermoelettrica di “Farinello”,  a nord di Castelnuovo. La Centrale è in servizio dall’anno 1996, con un gruppo da 60 MW. E’ una Centrale “telecomandata”, non ci sono turni permanenti di addetti sull’impianto, ma vi operano solo squadre di manutenzione e controllo. La Centrale ha un’alta capacità produttiva di continuità nel tempo. E’ immersa in un vastissimo bosco a latifoglie, al margine di una lussureggiante pineta, lontana da ogni centro abitato e, a quanto ho potuto constatare, non ci sono odori di gas (H2S) e il fruscio delle acque delle torri refrigeranti non infastidisce la vita  ai tanti volatili. Le mastodontiche strutture industriali, data la loro relativamente bassa altezza, si inseriscono bene nell’ambiente naturale, e gli aspetti più evidenti di questo impianto sono: il supervapordotto rivestito in lamina di acciaio, i lavori di sbancamento per la posa della grande tubazione; la linea elettrica ad alta tensione e una viabilità  sconnessa. Sul percorso stradale si incontra una vasta area destinata a Magazzino Enel, in parte in una struttura coperta e in maggior parte all’aperto. Anche in questo caso l’impatto visivo è parzialmente attenuato dalla vegetazione, anche se, come sappiamo, si può sempre far meglio e di più!

Adesso si è alzato un lamento dai territori geotermici: l’ENEL GREEN POWER sembra aver drasticamente ridotto  gli investimenti in quest’area passando dai 230 milioni di € del 2015 ai 75 previsti per il 2018. Quindi meno lavoro, soprattutto per le Ditte Appaltatrici. Non conosco i dati sull’occupazione interna e mi vorrei informare.

Dalla data della Nazionalizzazione (1962) ad oggi la produzione di energia elettrica è salita da 2346 GWh a 5872 GWh, cioè è più che raddoppiata. Nessuno chiede un raddoppio dell’occupazione, cioè delle 2002 unità lavorative della Larderello SpA (Azienda elettrica + Azienda Chimica), ma un organico commisurato alle reali necessità produttive. Tuttavia, guardando in alto, alla sommità dei tralicci dell’alta tensione che portano ad oltre 2 milioni di famiglie l’energia elettrica, fonte primaria di vita nella società moderna,  viene da riflettere sulla silenziosa rapina di un bene che, impossibile negarlo, si origina in territori ben delimitati, nei quali, al di là degli indispensabili posti di lavoro, ben poco c’è di ricaduta, di risarcimento” e svilppo sociale,  infrastrutturale, economico…Caro Presidente della Toscana, cari assessori e consiglieri, da noi eletti e ben pagati,  e cari “responsabili” della miriade di Enti, Aziende Pubbliche, Poli di Ricerca, Enti di Programmazione, Enti dello Stato, e gestori delle ex Province, pensate un momento a immaginare di “staccare la spina geotermica”,  l’improvviso buio e freddo, il blocco di moltissime  fabbriche e officine, e poi mettetevi una mano sulla coscienza: impiegate uno dei vostri preziosi giorni a percorrere le nostre strade dissestate, visitare i dissesti idrogeologici, la penuria di infrastrutture, i ponti pericolanti, le rive di fiumi e torrenti sempre a rischio, e qualche volta verificare  il mancato decentramento delle strutture socio-sanitarie e la loro efficienza…venite un po’ tra la gente, il popolo, come si diceva una volta.  E poi prendete le vostre decisioni con coscienza. 

martedì 25 aprile 2017



Auro Morelli, partigiano e soldato.


25 APRILE A CASTELNUOVO DI VAL DI CECINA 2017.

La partecipazione dei cittadini alla cerimonia delle Festa della Liberazione ha toccato forse il suo minimo storico.  Per fortuna c’era il Sindaco del Comune, con la dr.sa Balestri, Responsabile della Polizia Municipale, a portare il Gonfalone. L’esiguo “corteino” ha attraversato un paese deserto, in silenzio. Ai giardini pubblici, in Piazza Matteotti,  una rappresentanza della Filarmonica G. Puccini di Pomarance, ci ha accolti con l’Inno Nazionale, e poi marcette e canzoni della Resistenza, e con il “silenzio”, doveroso omaggio nel luogo che ricorda i nomi dei 91 partigiani uccisi sul nostro territorio comunale nel 1944 dai nazifascisti. Il Sindaco, nel suo sobrio discorso ha ricordato che è anche per questi morti che abbiamo riconquistato la LIBERTA’ liberandoci dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista, flagello dell’umanità. Ma non solo, perché è grazie al ripudio della guerra che in Germania ed in Italia, si avviò un processo democratico che portò alle Costituzioni  nazionali basate sui principi di elevato spirito etico e sociale. L’Europa, che ha attraversato la sua storia con una guerra dopo l’altra,  ha potuto godere da oltre 70 anni della PACE.  Questo è quello che celebriamo nel nostro 25 APRILE, NAZIONALE E LOCALE.  Una celebrazione ed un ringraziamento ai morti per la nostra libertà.  Mi ha commosso un uomo curvo e mesto nei suoi 90 anni di età, che s’è avvicinato alla Lapide con i nomi dei nostri morti, è rimasto un po’ lì ad ascoltare musica e parole, e poi si  è allontanato entrando nei giardini pubblici. Lo conosco bene, anzi gli sono amico perché a me raccontò la sua storia nel 2005. Storia che pubblicai  nella rivista La Comunità di Pomarance. Si chiama Auro Morelli, è l’ultimo partigiano vivente di Castelnuovo che ha militato nella XXIII Brigata Garibaldi, ma in più ha un altro eccezionale titolo: insieme ad alcuni compagni si arruolò nel Gruppo di Combattimento “CREMONA”, una tra le prime strutture del nuovo Esercito Democratico d’Italia, e unitamente all’Armata Inglese operò sull’asse dell’Italia Centrale fino alle aspre battaglie sulla Linea Gotica, per la liberazione di Bologna, dell’Emilia e parte del Veneto fino a raggiungere Piove di Sacco e Padova.  Con lui, nella XXIII Brigata Garibaldi, c’era un altro giovane partigiano di Montecastelli Pisano, Bernardi  Piero, che si arruolò volontario nel Gruppo di Combattimento “FRIULI”,  e cadde in combattimento presso Ravenna. E’ sepolto   nel cimitero di guerra a Zattaglia, presso Ravenna. Credo che sia  giunta l’ora per conferire  ad  Auro Morelli e Piero Bernardi il riconoscimento ufficiale che essi meritano, dato che le loro vicende sono storicamente appurate.  

domenica 23 aprile 2017






25 Aprile [i]

Lo credevo morto, un fossile ornamentale,
serrato nel musicale giardino
della città del Palio invasa
dal sole d’aprile,
invece
ha spuntato foglioline di tenero verde
su cicatrici profonde,
rosse di sangue
albero di larghe foglie
innervate di memoria:
teneri baci
storia
lontani amori
Questa speranza che accende
non cessa di stupirmi
oggi
venticinque soleggiato d’aprile
pulsante di vita
silenziose ombre
quiete
risorgete!



[i] 25 Aprile a Siena, cortile del Palazzo dell’Accademia Chigiana, albero antico apparentemente secco, che rispunta tenere foglioline.

venerdì 21 aprile 2017




ROBERTO MARMELLI. UN ARTISTA (SCULTORE).  

Stamattina, casualmente, mentre uscivo da una pasticceria a Saline di Volterra, ho incontrato un amico, anzi, a quei tempi un “collega” amministratore, dato che mentre io ero Sindaco, Roberto Marmelli era Assessore di un comune vicino al mio ed in più Presidente di un Consorzio tra i comuni dell’Alta e Bassa Val di Cecina per la realizzazione di una invaso (DIGA) sul Torrente Pavone, un affluente del Fiume Cecina che nasce tra le montagne delle Carline, Cornate di Gerfalco e Poggio di Montieri. Questa diga doveva essere eretta  praticamente sul confine di due comuni Radicondoli e Castelnuovo. Potevano esserci grandi vantaggi, che avrebbero compensato un impatto ambientale piuttosto marcato, dato che si sarebbe modificato un ambiente naturale incontaminato originatosi negli ultimi 200 milioni di anni! Io ero tra gli sfavorevoli alla sua realizzazione, il Marmelli era tra i sostenitori. Cercai di documentare l’inutilità di quest’opera ed alla fine riuscii, con l’avallo di perizie ingegneristiche e misure di portata, a provare che al momento del bisogno l’acqua dentro l’invaso non ci sarebbe stata! Organizzai un grande Convegno di esperti, ambientalisti,  Amministratori Locali, scienziati, ed alla fine il progetto fu accantonato. Naturalmente chi faceva il tifo per la diga ci rimase un po’ male. Ma con il Marmelli, allora mio compagno di partito, e persona onesta,  il rapporto si mantenne buono anche se, lui operando a Volterra ed io, dopo la breve parentesi di Amministratore, ero rientrato nel “privato” ed in altre attività.  
Nel nostro incontro abbiamo ricordato quegli avvenimenti, concludendo che, a posteriori, si può affermare che è stato meglio non aver fatto niente. Ma ora, Roberto, cosa fai? Mi ha detto che da tempo si è dedicato alla scultura! A suo tempo si era diplomato alla Scuola d’Arte di Volterra e poi aveva frequentato l’Accademia,  e su tali basi ha aperto a Saline di Volterra un piccolo grazioso atelier-laboratorio, dove è possibile ammirare le opere finite, le bozze, gli utensili e le macchine da lavoro. Infatti si tratta di piccole sculture, ma non la banale produzione degli oggetti souvenir, e nemmeno l’uso dell’alabastro, ma della pietra calcarea nella sua ampia varietà di sfumature e di forme, su temi molto suggestivi quali modelli arcaici dell’età della pietra, o di antichi soggetti dell’iconografia etrusca e medioevale, fino a forme stilizzate di una plasticità astratta. Riceve i clienti e visitatori nel suo laboratorio e si intrattiene volentieri con loro. Qualcosa si potrà vedere domenica 7 maggio 2017 presso il Museo di Storia Naturale del Mediterraneo di Livorno, nella “SALA DEL MARE”, in una esposizione di alcune opere realizzata con il patrocinio della Associazione Culturale Sarda “Quattro Mori” di Livorno. Informazioni dirette e contatti con l’artista: r.marmelli@libero.it telefono 3488236006 Studio a Saline di Volterra, Via Borgo Lisci, 87.

Ma una cosa molto particolare ha colpito la mia attenzione mentre lo stavo salutando: una piccola composizione a colori con una scritta intorno CHARCOT. Mi ha spiegato che tale opera è servita a fare la copertina di un CD di un noto Gruppo Musicale. La parola CHARCOT si riferiva al soggetto, in quanto si trattava del nome di uno dei padiglioni del Manicomio di Volterra, e mi ha spiegato nel dettaglio l’idea del lavoro. Naturalmente gli ho raccontato la mia conoscenza con il signor J.M. Charcot, il famoso amico di Freud, direttore le più grande Manicomio femminile d’Europa, morto nel 1893. Ma questa è un’altra storia, che spero di rivelare nell’anno 2018. 

domenica 16 aprile 2017






Veselé Velikonoce!


Mi ricordavo di avere delle belle “cartoline postali di auguri”, quelle che adesso si vedono raramente, parimenti alla “lettera scritta” con penna ed inchiostro, addirittura ante “biro”, ed oggi che e Pasqua e mia moglie ha messo sul tavolo le nostre “reliquie”, cioè le uova di gallina dipinte, comprate nei mercatini pasquali della Boemia, a Plzen ed a Praga mezzo secolo fa, le ho fotografate  insieme a due vecchie cartoline di Buona Pasqua, sperando che qualcuno le veda sul mio blog e così sappia che il ricordo delle nostre amicizie non è ancora morto. Veselé Velikonoce! Jirj, Maruska, Dasha, Petra, Eva, Martin, Zdnek, Thomas, Slavomil…e se potete portate piccole pietre sulle tombe di Rudolf e Jaroslava,  Edmund e gli altri familiari, i nostri più cari amici di una vita.  


sabato 15 aprile 2017


 





PASQUA. 

Tre poesie.

Pasqua senza Giuliana

Troppo facile tu fossi qui con noi
che ti abbiamo amata tanto!

Solo il figlio di Dio è risorto, o uno
si attende, per lenire l’angoscia
degli uomini e consolare della morte
il terrore.        

Ma tu, tu, piccola donna,
tu mio grande amore,
non ti sento allegra intorno
al forno, ad accudire il fuoco
del pranzo rituale.

Ci siamo tutti, e in più
c’è il bimbo tanto atteso,
che t’avrebbe timidamente sorriso
al limitare del campo,
 tra i ciliegi in fiore.

Rimane soltanto la tovaglia
ricamata nel tempo amaro dell’attesa,
ed un tuo ritratto sbiadito
con un fiore, sul marmo, freddo.


Pasqua

C’erano la stessa aria densa e calda di primavera,
la pigrizia del mattino e i petali perlacei dei ciliegi
che cadevano lenti nel piccolo giardino;

c’erano, ed ora non più, le note della fisarmonica
ammiccanti e tenere, i sorrisi delle donne nelle piccole
stanze di legno, odoranti d’antico;

c’erano gli occhi innocenti e civettuoli delle acerbe
compagne di scuola, nel vicinato raccolto, nell’intreccio
di voci amiche;

c’era nel petto un sommovimento profondo,
un tendere indefinito all’orizzonte
ancora  bianco di neve, un’ansia sconosciuta
nel primo risveglio d’amore, e l’attesa di lei;

lei, la grazia sempre nuova, leggera, liquefatti smeraldi
tra pagliuzze d’oro, frutti acerbi ammiccanti in vaporosi
ricami, melodia delle sciolte campane nell’incedere flessuoso.

Altro non c’era, per me, in quel santo giorno,

in quella resurrezione misteriosa che mi lasciava sbigottito.


Le violaciocche.

Sul muro le viole di Santa Fina son fiorite,
nascono dalla pietra, in alto, dove non s’arrivano,
mi ricordano che la Santa Pasqua s’avvicina,
e, come i fiori cancellano dell’inverno il gelo
le campane che si sciolgono porteranno la speranza.

Ora ho l’amore dei bambini che mi riscalda,
la loro innocenza mi commuove. Guardo in alto,
e vedo le viole, la gialla rama, come il sole
e il soffio della vita, che non muore.

Chiedo poco ai miei giorni,
felice di stare accanto a chi m’ama.


venerdì 14 aprile 2017













GEOETERMIA E TERRITORIO (II).

Processo produttivo pulito e non inquinante? 

E’ molto difficile rispondere a questa domanda, che non riguarda un unico luogo di produzione (Larderello), ma un vasto territorio, nel quale, fin dal 1812, iniziò la sua avventura l’industria chimica dell’estrazione del “sal borace” dalle acque dei “lagoni” di Monterotondo, Montecerboli, Lago di Vecchienne e poi, a seguire, nel giro di pochi anni, di Serrazzano, Lustignano (Lagoni Rossi), Castelnuovo, Sasso Pisano ed infine Travale. Dopo due secoli, mentre rimangono pochi resti “archeologici” di quelle antiche “fabbriche”, una serie imponente e caotica, di Magazzini, Officine, Centrali elettriche, Raffinerie, Depositi, Torri refrigeranti, con più di un centinaio di chilometri di tubazioni di acciaio di grande diametro,  tutte fuori terra, che trasportano da quasi duecento pozzi produttivi, più di tremila tonnellate di vapore surriscaldato ogni ora alle 34 Centrali elettriche, dislocate in tre province, Pisa, Siena e Grosseto e in dieci comuni. Questa rete di vapordotti si somma alla fitta rete dei grandi tralicci dell’alta tensione, e alla giungla disordinata di piccoli tralicci e pali che copre il territorio agricolo ed urbanizzato. Naturalmente ci sono anche le condotte in ghisa o plastica stese sul terreno per portare le acque di condensa delle Centrali ai pozzi della “reiniezione” per una alimentazione artificiale  dei “serbatoi geotermici profondi”, unica vera opportunità di garantire la loro “rinnovabilità”, anche se restano aperti alcuni fronti quali il monitoraggio nelle acque sorgive di arsenico ed altri metalli pesanti, ed a quello, che preoccupa molto le popolazioni dei centri abitati, della microsismicità. Qualche  progresso si registra nella diminuzione delle emissioni di gas, soprattutto H2S, dalle grandi “torri” iperboliche, refrigeranti, che talvolta fanno credere erroneamente che si tratti di strutture collegate ad impianti nucleari, dato che soltanto 4 “fumano” perché all’interno delle rispettive Centrali c’è rimasta una piccola turbina, più per motivi di contributi per le “rinnovabili” che di effettiva importante produzione di elettricità. Adesso le nuove Centrali hanno i refrigeranti bassi, con poco impatto visivo e si armonizzano meglio coi fabbricati macchine delle Centrali, il cui impatto è mitigato dalle tinteggiature intonate all’ambiente circostante. Anche nel settore delle perforazioni i progressi sono stati evidenti, ed il più importante è stato quello di poter effettuare più pozzi dalla stessa piazzola, di cui uno verticale ed altri inclinati, occupando perciò minori porzioni di terreno agricolo. Molti miglioramenti sono stati da tempo introdotti ed alcuni sono in corso, per effettuare la “chiusura mineraria” di antichi sondaggi improduttivi, provvedendo al ripristino ambientale ed il ritorno del terreno ai proprietari.  Relativamente alla questione “amianto”, la più delicata, con la rimozione dal terreno delle tonnellate di fibra di amianto utilizzata come coibentante i vapordotti, attraverso Ditte specializzate alla raccolta e smaltimento nelle discariche autorizzate, molto è stato fatto e ancora molto resta da fare per una bonifica totale. Comunque di disordine ambientale ce n’è sempre tanto! Basta andare a Bagno a Morbo, a La Perla, al ponte monumentale sul Torrente Possera a Larderello, ai fabbricati retrostanti la residenza dei Larderel in Piazza Leopolda, ecc. ecc.. e in tutte le “periferie” delle antiche Fabbriche per rendersene conto, comprese le aree delle “manifestazioni geotermiche naturali” libere, destinate inevitabilmente al degrado.  

L’inquinamento ha accompagnato, e in molti casi accompagna, ogni processo industriale e con molte probabilità chi qui è nato e vi ha lavorato non riesce a fare una distinzione netta, o almeno più armonica, tra Fabbrica, ambiente  infrastrutture, salario e salute. Oltre ai tanti morti per il tumore causato dall’inspirazione di microfibre di amianto, il “mesotelioma pleurico” ed ai tantissimi ex lavoratori  in pensione con patologie respiratorie di “asbestosi”, andrebbe di più approfondito il tema della “radiazione”  esistente intorno ai pozzi geotermici, alle Centrali e dentro le Fabbriche, nella pioggerellina che cade dai refrigeranti, sia da quelli alti che da quelli bassi. Parliamo del “radon” un gas radioattivo, abbastanza studiato, i cui dati eccessivamente tranquillizzanti, dovrebbero essere comunicati alle popolazioni periodicamente.

Al secondo interrogativo è fin troppo facile lanciare un grido di dolore ed un atto di accusa ai molti Enti Pubblici (Regione e Province in primis), responsabili delle disastrose condizioni delle infrastrutture, prima fra tutte quella della viabilità: scandalo della grande incompiuta, la “variante” a Monte del centro abitato di Castelnuovo di Val di Cecina, il cui primo progetto, se la memoria non mi inganna, risale al 1987; e adesso si sono aggiunte le frane che limitano o impediscono di raggiungere, per via breve, i comuni confinanti; in più il dissesto delle strade, la pericolosità del transito su importanti ponti sul Fiume Cecina, Torrente Pavone, Fiume Cornia.  E’ davvero un grave handicap che la nostra ricchezza se ne vada silenziosa verso le aree industrializzate e meglio servite dalle infrastrutture, sui cavi dell’alta tensione, perché questa costante erogazione non viene percepita per quello che è realmente: un furto a danno dei territori dove questo bene si produce!

In quanto alla “fuga” dei giovani delle zone geoetrmiche, per l’impossibilità di trovare in loco un posto di lavoro, non si può dare tutta la colpa all’ENEL o alla Soc. Chimica Larderello, o all’Altair ed ex. Salina e Smith Tool o ad altre Ditte e Industrie minori della zona, perché la crisi mondiale colpisce da molti anni tutti i mercati. Inoltre l’ENEL, come credo le altre Aziende, è stato investito dalla “rivoluzione digitale” in tutti i settori tradizionali della geotermia, che davano la maggiore occupazione, in particolare con la teleconduzione delle Centrali, che ha causato la soppressione dei turni di lavoro, riducendo nel tempo gli organici di circa 400 unità. E tali drastiche diminuzioni si sono verificate in tutti gli altri comparti aziendali, nonostante l’aumento della produzione di energia elettrica. Non conosco i livelli occupazionali delle Ditte, Cooperative, Imprese, che operano per i lavori in appalto dell’Enel, ma tuttavia essi si diluiscono in un’area più vasta di quella tradizionale, estendendosi finalmente ai comuni amiatini, ed a quelli di Montieri, Chiusdino e Massa Marittima. Non mancano inoltre, nei territori confinanti con le “concessioni minerarie perpetue” della antica SBL, poi Enel-Larderello, le opposizioni alle “trivelle”,  sia per ricerca che per eventuale costruzioni di Centrali geotermiche, che al contrario potrebbero aprire una fase nuova per l’utilizzazione delle fonte “rinnovabile” geotermica, in molti usi diversificati, tra i quali il “teleriscaldamento” che potrebbe finalmente investire i centri più popolosi come Volterra, Massa Marittima, Colle di Val d’Elsa e Siena, partendo dalle grandi strutture e dalle aree industriali esterne ed a quelle di più recente di nuova urbanizzazione.

Per concludere. ritengo ancora valide le conlusioni con cui chiusi, nell’anno 2006, il saggio “Larderello, geotermia: dagli Etruschi al 2004 che riporto di seguito:

Alla soglia del nuovo millennio.

         Come già avvenuto nel passato (1827, 1835, 1890, 1904, 1972), l'attività geotermica italiana si trova alla soglia del III millennio ad affrontare  una prova estremamente impegnativa e rischiosa, almeno per gli effetti socioeconomici che potrebbero determinarsi in scala regionale.
         L'integrazione europea e la globalizzazione dei mercati, compreso quello energetico, la privatizzazione dei grandi Enti pubblici e il risanamento del deficit nazionale (del quale è presupposto fondamentale il ristabilirsi di un equilibrio tra costi/ricavi in ogni comparto produttivo), la dimensione macroeconomica del settore elettrico, mal sembrano conciliarsi con produzioni "marginali" e "locali", tanto più atipiche rispetto a modelli organizzativi, operativi e gestionali, unificati (e la "geotermia" ha in sé tutte queste caratteristiche: produttive, locali e marginali). Tuttavia esistono concreti motivi per poter affermare che la "geotermia" (non solo intesa come produzione di energia elettrica) ha di fronte un esaltante cammino: il suo successo sarà correlato ai progressi della ricerca pura ed applicata nelle scienze della terra e nella trivellazione profonda del sottosuolo; alle micro utilizzazioni termiche plurime sul territorio; alle sperimentazioni ed alla esportazione di nuove tecnologie; agli utilizzi chimici dei componenti i fluidi endogeni; alle applicazioni spinte di informatizzazione e telematica. Il tutto in quella moderna concezione politica che mira al “decentramento” e allo "sviluppo sostenibile" per l'intero pianeta ed all'uso di risorse rinnovabili in alternativa all'esaurirsi delle risorse fossili accumulate in lunghe ere geologiche, quali il petrolio, il gas naturale e il carbone. Ma ciò, a prescindere da una concertazione su scala europea e mondiale, non potrà essere impegno di un solo soggetto, od Ente, ancorché di grande dimensione strutturale quale l'ENEL, bensì dell'impegno istituzionale diretto del Governo Italiano e delle articolazioni territoriali decentrate dello  Stato (Regioni e Autonomie Locali, Università, Enti ed Istituti di ricerca), in una sinergia di programmi, obiettivi ed investimenti economici che potrebbero assicurare all’Italia, nell'utilizzazione dell'energia geotermica nel campo delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, ancora una volta, la leaderschip internazionale. E’ una UTOPIA?


(fine)

giovedì 13 aprile 2017




GEOTERMIA E TERRITORIO.


Come sappiamo l’interno del nostro pianeta contiene un nucleo di metalli in fusione, che irradia calore su tutta la superficie del pianeta. In ogni punto della crosta terrestre, facendo un sondaggio perpendicolare, la temperatura aumenta scendendo in profondità, mediamente, di 3 C° ogni 100 metri, ad iniziare al di sotto della superficie omeoterma (fra i 5 ed i 20 metri di profondità). Questo aumento è definito “gradiente geotermico terrestre”. Ciò significa che a circa 4000 metri di profondità la temperatura raggiunge circa 125 C°, sufficiente per l’ebollizione di eventuali fluidi.  Ci sono però sul nostro pianeta aree con presenza di vulcani attivi o dormienti, aree con storiche manifestazioni di termalismo, altre con emanazione di gas, nelle quali il gradiente geotermico subisce una fortissima elevazione, come a Larderello e Monte Amiata, causata  probabilmente da una cupola granitica intrusiva localizzata tra i 6000 ed i 10000 metri di profondità,  portando in superficie fluidi con temperature superiori ai 100 C°. Queste aree sono in corrispondenza delle grandi faglie tettoniche (rotture della crosta) che hanno separato la massa solida terrestre negli attuali continenti. In queste aree, tuttora in movimento, si concentrano i fenomeni più evidenti della sismicità e sono ubicati i più importanti “campi”geotermici, molti dei quali in produzione attraverso la captazione profonda del fluido ipertermale e il suo utilizzo come energia cinetica nella produzione di energia “geotermoelettrica”. Tali “campi”, per formarsi, necessitano, oltre al calore che dall’interno ascende verso l’esterno, di una alimentazione di acqua dall’esterno, principalmente acqua piovana. Con l’analisi isotopica del tritio è stato calcolato che una goccia di pioggia che entra nel campo geotermico, impiega circa 30 anni a completare il suo ciclo e ritornare in superficie come vapore. Com’è intuibile l’energia geotermoelettrica è una energia strettamente collegata al territorio, nel senso che il processo produttivo, dagli studi e ricerche per l’ubicazione dei pozzi da trivellare, la captazione della risorsa pressurizzata, ed il trasporto a breve distanza, al massimo uno o due chilometri, nei grandi tubi coibentati, detti “vapordotti” che portano il fluido geotermico, un misto di vapor d’acqua al 95% e gas al 5%, alle turbine di più o meno grandi Centrali Elettriche, dalle quali “parte” sulle reti di trasmissione elettrica per raggiungere aree lontanissime da quelle della produzione. Tutto questo avviene a Larderello e nelle province toscane di Pisa, Siena e Grosseto, e in altre parti del pianeta: Islanda, Russia, Turchia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda, USA, e in molti paesi del Centro e Sud America. Ciò per quanto riguarda l’utilizzazione delle “alte temperature” (alta entalpia) dei fluidi disponibili, cioè al di sopra dei 130 C° che possono raggiungere e superare anche i 240 °C. Ma la gamma delle utilizzazioni di fluidi a temperature minori (basse entalpie) è vastissima e va’ da usi plurimi nei processi di riscaldamento nei settori agro-alimentari, vivaistici, acquacoltura, riscaldamento urbano, sia in rete che monofamiliare, ecc. ecc. Ed anche in questo caso il suo utilizzo privilegia la territorialità.
Negli ultimi decenni, tuttavia, il concetto di uso strettamente legato al territorio di produzione anche per le basse entalpie è profondamente cambiato, sia per lo sviluppo delle tecnologia di trasporto del calore che per la molteplicità delle utilizzazioni. Questo calore non è soltanto quello “endogeno”, naturale della terra, ma anche quello dissipato nei grandi impianti di produzione di energia elettrica o chimici. Probabilmente i costi di questa materia prima, il fluido geotermico, sono assai elevati e il loro ammortamento richiede tempi lunghi. Ma, per una nazione come l’Italia, ciò significa anche una maggiore indipendenza geopolitica rispetto ai fornitori di gas e petrolio.
Tuttavia, oltre alla competitività dei costi sul mercato, è un processo produttivo pulito e non inquinante? Offre un “risarcimento” al territorio nel senso dell’occupazione della maestranza e delle altre ricadute infrastrutturali?
 Due domande cruciali sulle quali rifletterò.
Intanto rendo noti i dati italiani della produzione geotermica, come sono stati presentati pubblicamente dai Dirigenti dell’ENEL Green Power:

2014, 31 dicembre. Energia geotermoelettrica prodotta in Toscana: 5.548 GWh. I pozzi in produzione sono 257, i pozzi della reiniezione 37, altri pozzi non utlizzati 202.

2015, 31 dicembre. Si tocca quest’anno il record assoluto  relativo alla produzione di energia elettrica nell’anno solare 2015: le 34 centrali geotermiche in esercizio hanno fatto registrare la produzione di 5.820 GWh. Il nuovo record assoluto  negli oltre 100 anni di attività è stato possibile grazie all’entrata in servizio  della Centrale Bagnore 4, nell’area del Monte Amiata e testimonia la rinnovabilità della risorse,  che non si esaurisce con il passar degli anni, ma che, ben gestita attraverso la reiniezione delle acque reflue e l’innovazione tecnologica, cresce in termini di disponibilità mantenendosi in equilibrio con l’ambiente. Delle 34 centrali geotermoelettriche (per un totale di 37 gruppi di produzione) di Enel Green Power, 16 sono in provincia di Pisa, 9 nella provincia di Siena (per un totale di 10 gruppi di produzione) ed altre 9 si trovano nella provincia di Grosseto (con 11 gruppi di produzione). Questi quasi 6 miliardi di KWh prodotti in Toscana corrispono al consumo medio annuo  di circa 2 milioni di famiglie e forniscono calore utile a riscaldare 9.700 utenti residenziali nonché Aziende dei territori geotermici, circa 30 Ha di serre, 2 caseifici e una importante filiera agricola, gastronomica e turistica. Il responsabile di Geotermia Enel Green Power, ingegner Massimo Montemaggi, afferma che “la geotermia toscana si conferma risorsa fondamentale per la Regione, sia in termini elettrici che termici. La nostra attività costituisce un’eccellenza nel mondo per le tecnologie utilizzate,  il rispetto dell’ambiente e le frontiere di innovazione che si apre nel settore delle energie rinnovabili”.

2016, 31 dicembre. Si  raggiunge in questo anno il record assoluto per la produzione di energia geotermica in Toscana. Le 34 centrali elettriche in esercizio sul territorio regionale  hanno fatto registrare  una produzione di 5.872 GWh. Tale risultato  è frutto  di una efficienza degli impianti pari al 98%. Si tratta di un risultato storico ed anche  un segnale, quello della conferma della rinnovabilità  della risorsa ben gestita dalle reiniezioni delle acque di condensa nel sottosuolo. Enel Green Power gestisce in Italia, in Toscana, il più antico complesso in sfruttamento del mondo e detiene il know how della geotermia che esporta in tutto il pianeta. I quasi 6 miliardi di kWh prodotti in Toscana corrispondono  circa al consumo di 2 milioni di famiglie e forniscono calore per riscaldare oltre 10 mila utenti residenziali, nonché aziende dei territori geotermici pari a 30 Ha di serre, caseifici ed una importante filiera agricola, gastronomica e turistica.


(1^ Parte).

sabato 8 aprile 2017




B.A.V. - CLUB 33 - VOLTERRA.

Bella serata tra amici volterrani a declamar proverbi "licenziosi", spiritosi e moraleggianti, con qualche storiella piccante e, soprattutto, coi famosi proverbi di  Angelo Poliziano, vera e propria novità. Mi sono prenotato per il prossimo ciclo di incontri (sperando che l'iniziativa abbia il successo che merita), per parlare di "santità". Una vera Santa della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, che si ricorda, il 30 gennaio, insieme a Santa Martina: Santa Giacinta Merescotti. Questa Santa ha il pregio di aver attraversato molti anni di vanità mondane...prima di arrivare alla Santità. Dunque c'è molto da imparare e da sperare da Lei.

venerdì 7 aprile 2017




I GIOVEDI’ DELLA B.A.V. a VOLTERRA.


Ieri, giorno memorabile! Tra le 16,30 e le 17 ero in viaggio con la mia auto verso Volterra. A metà del percorso s’è scatenata la furia del cielo: fulmini che scendevano  perpendicolari, molto vicini, acqua violenta mista a grandine, visibilità quasi zero! Per fortuna avevo davanti a me un pulman turistico, la targa era di Torino, forse una gita di studenti al Museo di Larderello, che mi ha dato sicurezze e protezione. Quando a Saline di Volterra il pulman ha svoltato a sinistra per prendere l’autostrada, il cielo s’è aperto e a poco a poco sulla arcigna e grigia città di Volterra le nubi si alternavano all’azzurro…Andavo alla BAV un club, in via San Lino 33, nei locali dove qualche decina di anni fa, c’era un cinema, con giardino, e si riunivano i molti artisti volterrani. Il locale ha riaperto da poco tempo con il nome di “Mistery Club” e il soprannome di “BAV” (Brigata Artisti Volterrani), anche se gli artisti alabastri si sono rarefatti.  Per dare un po’ di tono al locale il mio caro amico professor R.B. con altri, ha pensato di organizzare una serie di incontri “culturali-giocosi in allegria”, il primo ed il terzo giovedì di, ogni mese dalle ore 18 in poi ed a seguire una “apericena”. Molto rapidamente si sono dichiarati disponibili più di 20 relatori, per un calendario che andrà fino alla primavera 2018! Il mio amico professore mi ha chiesto  se ero disponibile, ed al mio si!, abbiamo concordato di illustrare la mia ricerca sui proverbi licenziosi, ricerca iniziata più di 30 anni fa e giunta alla registrazione di 9252 proverbi. E così di fronte ad un gruppo di oltre 20 persone, uomini e donne, mi sono cimentato, per quasi un’ora, a declamare proverbi, indovinelli, stornelli e storielline a tema “locale” e “licenziosità”, tra l’attenzione e le ripetute risate generali! Tra loro c’erano diversi miei cari amici ed amiche e sono stato molto contento dell’accoglienza da parte di una gentile “moderatrice” e giornalista Margherita Gabbrielli.
Insomma una serata davvero in allegria. Oltre alla donna, che nei proverbi è maltrattata, ce ne sono stati anche di denigratori di preti, frati e suore, dato che nell’Ottocento, con il Regno dei Savoia, era venuto meno l’antico rispetto e soggezione nei loro confronti, e il Giusti, il Pitrè e gli altri ricercatori di proverbi ne hanno approfittato per satire feroci, nello spirito laico che aveva portato alla caduta dello Stato della Chiesa ed alla fuga del Papa!
Per rimediare a questa situazione, vorrei prenotarmi, per il prossimo ciclo nel 2018, con una serata dedicata ad una Santa Donna, della quale mi sono ripetutamente occupato e che, attraverso una giovinezza “licenziosa” era arrivata alla santità: Santa Giacinta Marescotti la Santa della Tuscia e un po’ anche della diocesi di Volterra, avendo soggiornato nelle terre della famiglia a Solaio, Tegoni, Montalbano, nel comune di Radicondoli.

Grazie Volterra!


La farfalla.

Da quattro lati guarda la mia casa:

a sud il crinale con le seghettate cime degli abeti,
luogo che mi riporta agli anni
della breve e sognante giovinezza;

a nord la torre fumante di bianco vapore
che indica la direzione del vento,
 la sua intensità ed anche l’alta o la bassa pressione,
foriera di un cielo sereno o di pioggia imminente;

ad ovest, il più soleggiato, dov’erano un tempo
i campi di grano e la grande quercia antica,
ci sono quattro palazzi e una via
dove giocano i bambini, stanno le comari
a frascheggiare e cicaleggiano immigrati
kossovari, albanesi e marocchini.
Al di là, verso il monte, un cippo
al piede d’un fico dottato,
ci ricorda quattro partigiani fucilati
dai nazisti, ma più mi opprime una
finestra buia, dove due cari amici
trovarono la morte per non sapersi amare;  

ad est, il lato a me più caro,
quello, per capirci, dove ammirare Cassiopea
e il profondo cielo stellato, il sorger  misterioso
della luna e, talvolta, il dolce color d’oriental
zaffiro che nel mattino sereno d’inverno
brilla sulle innevate vette del Casentino.

Affacciati al balcone ho mostrato
a una giovane amica, la grande farfalla
fuggita dal cielo, con le ali aperte,
verdi di grani, in questa stagione di boschi
ancora spogli, ma saranno poi gialle
e dopo brune, infine bianche di neve e brina;

essa scandisce il tempo mio che il cuore
non affanna, e solo il ricordo infiamma.
Stupita di questo segno arcano
che non gode da una via di città serrata,
ma che non può condividerlo,
 troppo lontana,timidamente m’ha sussurrato:

sei fortunato amico mio e chi t’ama.