giovedì 31 agosto 2017




Internati Militari Italiani (IMI)

Per la prima volta apparvero nel  mio saggio “La piccola Banda di Ariano, II^ edizione 2003”, quattro storie di ex Internati Militari nei campi di concentramento e di lavoro tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Quattro castelnuovini, dei 600 internati.

Per la ricostruzione di queste quattro storie, le quali, emblematicamente, condensavano in loro le vicende della maggior parte dei militari italiani dopo l’8 settembre 1943, disarmati e tradotti nei campi di concentramento del Reich, poi avviati al lavoro forzato e rientrati, tra mille difficoltà, alle loro case in Italia dopo cinque o sei anni di assenza, feci molte registrazioni su nastro e consultai molto materiale d’archivio, per quanto mi fu possibile, tra Pisa, Siena, Firenze e Roma. Non un lavoro organico dunque, dato che il mio libro era scaturito dalla vicenda dei sei partigiani della “Piccola banda di Ariano”, quattro dei quali uccisi il 14 giugno 1944 a Castelnuovo di Val di Cecina, congiuntamente ai 77 minatori della miniera di Niccioleta Massa Marittima.

Solo recentemente sono venuto in possesso di un volume pubblicato nel 1989 a Prato da Mino Mencattini “Eravamo nessuno” il quale, non solo ripercorre puntigliosamente giorno per giorno l’odissea dei militari italiani deportati dopo l’8 settembre 1943 in Germania, ma  ci offre l’immagine viva della tragedia.Uno dei compagni di Mino, tra i più cari e ripetutamente citato, è un certo “Franco”: si tratta del castelnuovino Franchi Franchino (Franco), militare del III Reggimento Granatieri in Grecia. Nel libro di Mino non è citato invece Rossi Michele, anch’esso internato militare insieme al III Reggimento granatieri di stanza ad Atene, con Mino e Franco ed altri 1200 Granatieri imprigionati, del quale ho pubblicato la tragica  storia.


All'infuori delle testimonianze raccolte da Sergio Rossi, all'epoca presidente dell'Associazione Nazionale ex Internati di Volterra, pubblicate a puntate sul settimanale cittadino La Spalletta e poi riunite in un volume distribuito dalla provincia di Pisa (1994-1995), nessun altro lavoro di registrazione orale delle memorie degli ex combattenti nella seconda guerra mondiale è stato compiuto, nell'ambito territoriale dell'Alta Val di Cecina.
Dunque, pur con i limiti propri di ogni testo che tenti di ricostruire la memoria attraverso le fonti orali a così grande distanza di tempo dallo svolgimento dei fatti narrati, ritengo ancora oggi utile, aver pubblicato le quattro storie di ex militari castelnuovini,senza aver tuttavia la pretesa di dare sistematicità di sintesi né di rappresentanza ai percorsi individuali dei circa seicento reduci della seconda guerra mondiale della Comunità di Castelnuovo di Val di Cecina.

Ben poche, inoltre, sono le notizie sul reinserimento nella vita sociale degli internati militari, accolti in Patria non sempre con solidarietà, ma più frequentemente con ostilità. Adesso, grazie al confronto ed all’integrazione delle vicende, quelle narrate nel volume “Eravamo nessuno” e quelle da me pubblicate, tutto diventerà più chiaro, anche se, data la mole, esse non saranno stampate.


Ringrazio Barsotti Piero, per avermi consentito la consultazione delle memorie di Mino Mencattini. Piero ha sposato una delle figlie del Franchi, e ha inoltre conosciuto l’autore Mino Mencattini, essendo stato presente all’incontro tra Mino e Franco. 

lunedì 28 agosto 2017

I danni della II guerra mondiale.

PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 33.

50. Rivedere l’organizzazione delle Perforazioni per un salto qualitativo nella tecnologia del lavoro, per migliorare l’ambiente, aumentare la competitività, evitare gli sprechi, valorizzando le capacità tecnico-pratiche delle maestranze (15 novembre 1977)

         Il “Reparto Sonde” è senza dubbio quello dove, attraverso le esperienze di alcune generazioni di operai e tecnici, soprattutto di origine locale, si sono formate le esperienze più originali nell’ambito dello sfruttamento delle forze geotermiche. Esso ha avuto nel passato un ruolo fondamentale per l’espansione dell’industria (legata alle quantità di vapore reperito con i sondaggi) e, intorno a questo Reparto, si può affermare, hanno ruotato non solo le attività delle Officine, ma quelle di tutti gli altri comparti produttivi e manutentivi di Larderello.
         Con la gestione Enel (1964-1973) le Perforazioni hanno conosciuto un rapido declino. Dai 12 impianti in lavoro e 17.000 metri perforati nell’anno 1963, siamo scesi ai 4 impianti e 9.000 metri perforati del 1973, con una conseguente contrazione degli organici, sia operai sia tecnici.
         Una cosa gravissima di questo periodo, le cui conseguenze pesano ancora oggi, è stato il mancato aggiornamento scientifico e tecnologico e il formarsi agli alti livelli della Direzione, di una mentalità accentrata e conservatrice.
         Con l’accentuarsi dell’iniziativa sindacale è cominciata una tiepida fase di espansione della geotermia che, mentre registra sempre di più, a livello politico, positivi pronunciamenti è ancora vittima, nel campo operativo, di storture, conflitti e incapacità, tipici  di tutta la prima fase della nazionalizzazione che ha visto prevalere la burocrazia, l’accentramento e l’ambizione personale dei Direttori sugli interessi dei lavoratori e dei cittadini.
Anche nelle perforazioni è cominciata una fase di ripresa che pur tra mille contraddizioni, come vedremo più avanti, stiamo vivendo tuttora, ma che rischia di arrestarsi se non verranno presi concreti e rapidi provvedimenti. Questo è il movente della nostra presa di posizione che vogliamo portare all'attenzione dei lavoratori affinché cominci a svilupparsi una discussione in tutto il Reparto fino allo sbocco in una precisa vertenza unitaria di mobilitazione e di lotta:

1)  le perforazioni giocheranno nei prossimi anni un ruolo ancor più importante in quanto la geotermia è uscita dal tradizionale ambito territoriale toscano e si sta concretizzando la collaborazione Eni-Enel per tutto il territorio nazionale;

2)    grosse contestazioni e scontentezze sono sempre più presenti tra i lavoratori, sia per le carenze tecnologiche, per la mancanza di macchinari, attrezzature e ricambi, sia per persistenti ritardi nel miglioramento ambientale, per gli sprechi e per l’assetto organizzativo che è in larga misura permeato di paternalismo e favoritismi.

Sul primo punto poniamo due questioni fondamentali:

a)     - sviluppo tecnologico per consentire competitività operativa;
b)    - organizzazione che valorizzi i tecnici, gli operatori, i ricercatori e riduca al minimo la burocrazia e i     compartimenti stagni.

Per lo sviluppo tecnologico è necessario predisporre di programmi per acquisti e modifiche di nuovi impianti di perforazione, anche di media potenzialità, e di tutta una serie di attrezzature e ricambi; ma è veramente indispensabile creare strutture di tecnici (che in parte già sono disponibili) per affrontare i problemi di nuove tecnologie operative evitando l’attuale frantumazione che porta al caos, alla mortificazione professionale e talvolta allo scoraggiamento. Non è più pensabile che in questo Reparto continui ad esistere in permanenza una non meglio precisata “Staff” che lavora esclusivamente per il Dirigente, composta di otto persone (di cui quattro laureati, mentre quattro periti minerari non hanno mansioni precise e si danno da fare unicamente per la loro coscienza individuale), mentre altri impiegati girino a vuoto, da un giorno all’altro, con carichi di lavoro irrisori.
La mancata organizzazione, con il grave senso di deresponsabilizzazione che comporta, a partire dal “gruppo B” fino al Capo Sezione, fa si che una sorta di anarchia deleteria venga avanti con conseguente peggioramento del lavoro e della funzionalità interna al Reparto stesso. A nulla può la buona volontà dei singoli: lasciati allo sbando immagazzinano amarezza e rancori disamorandosi sempre di più di quei valori di professionalità e specializzazione tanto necessari.
I lavoratori dei cantieri, nella maggior parte, sono considerati ancora degli “schiavetti” ai quali è possibile far compiere di tutto: carico e scarico materiali vari, montaggio tubiere, lavori di sonda ecc. ecc. E tutto senza mezzi adeguati e possibilmente cercando di applicare trattamenti salariali i più bassi possibili, come è avvenuto per i cantieri di Anqua e Sasso 22 dove, addirittura, per gli stessi lavori si sono praticati tre diversi trattamenti.
I cantieri, inoltre, non sono più affidati ad un unico responsabile per ogni sondaggio, ma a dei responsabili “viaggianti”  che difficilmente riescono a gestire i problemi del lavoro. Il loro compito, sempre più amministrativo e meno tecnico, sembra esaurirsi nel contatto con i Capi Sezione i quali illuminano tutto, a tutte le ore del giorno e della notte.
Manca inoltre un organico di cantiere che eviti la eccessiva attuale mobilità dei lavoratori, i quali, senza validi motivi, vengono continuamente spostati da un posto all’altro, da una squadra all’altra, non consentendo con ciò l’affiatamento, né la conoscenza e ostacolando alla fine il buon andamento del lavoro.
Forse con questo tourbillon di spostamenti si vuol raggiungere un altro scopo: isolare i lavoratori, non consentire il loro impegno su problemi specifici, impedire il rapporto organico con le Organizzazioni sindacali. Infatti non ci sono motivi validi per giustificare la scarsa partecipazione degli addetti delle Sonde alle iniziative sindacali, né sul difettoso e discontinuo funzionamento dei delegati di reparto, se non la continua frantumazione degli organici che non consente di discutere, conoscersi, far emergere i problemi.
E’ inoltre evidente che in queste condizioni meglio si affermano le direttive della Direzione, e quindi del sistema deleterio dei “mini-accordi” paternalistici, dei “contratti personali”, di quel “volemoce beene” che ha sempre fregato gli operai. Rimane comunque da applicare una necessaria armonizzazione tra mobilità e trasferta nelle zone interne ed esterne attraverso una rotazione democratica del personale che elimini privilegi e discriminazioni ancora oggi troppo in voga.
Al pari della eccessiva mobilità dei lavoratori registriamo spostamenti di impianti da una Zona all’altra senza alcun valido programma, con la sola negativa conseguenza della perdita di tempo. A questo proposito riaffermiamo che la validità di un programma è data dalla sua concreta possibilità di essere applicato.
Nel campo della programmazione dei sondaggi da eseguire si assiste a un vertiginoso continuo rimescolamento, spesso dovuto ai ritardi accumulati dalla Direzione nel prendere delle decisioni, altre volte dalla mancanza dei permessi dei proprietari dei terreni interessati alla costruzione delle postazioni, anche questo da addebitare ai ritardi nel predisporre per tempo un numero sufficientemente elevato di sondaggi da approntare, potendo perciò realizzare i lavori edili in stagioni climaticamente più propizie.
Un altro aspetto allarmante che ci viene segnalato dai compagni sondisti, e del quale avevamo sentito accenni anche in altri ambienti, è quello dei tempi lunghissimi impiegati per effettuare la maggior parte dei pozzi, quindi degli alti costi della perforazione. Risalta inoltre negativamente che soltanto due impianti siano attivi nella Zona, fatto questo che smentisce le troppo semplici dichiarazioni di “sviluppo della geotermia” pronunciate dalla Direzione.
Non abbiamo immediati elementi di giudizio. Certo è, ad esempio, che sempre più incomprensibile sta diventando il proseguimento dei due pozzi per il “Centro Ricerche Geotermiche”, Alfina 14 e RC. 1. Iniziati nei primi mesi del 1977 essi non hanno più ragione di essere proseguiti, se non quella di mascherare impegni inesistenti ed errori da parte della Direzione di quell’Organismo. Il loro costo complessivo si aggira sui 2 miliardi di lire e potrebbe salire. A caratteristiche stabilizzate si continua nelle soste e nelle misure con ulteriori addebiti. Sembra essere stato impartito un ordine di questo tono “perforare piano, piano, quasi fermi!”[1]
Non possiamo naturalmente giurare sulla sua veridicità, ma se ciò fosse realmente accaduto sarebbe davvero grave. Anche nelle tradizionali aree di perforazione le soste assumono aspetti preoccupanti, sfiorando il 50% del tempo complessivamente calcolato per il lavoro. Se pensiamo ai costi giornalieri di un impianto, superiori ai 2 milioni di lire, potremo avere un’idea dei notevoli sprechi.
Già con il personale a disposizione (non inferiore agli anni passati, pari a circa 210 unità), sarebbe possibile far marciare i 7 impianti. Invece si preferisce tenerlo in soprannumero su alcuni cantieri (32 addetti sul cantiere “Serrazzano 16” e 33 addetti sul cantiere “Anqua”) a fare altri lavori, anziché perforare nuovi pozzi e trovare quel po’ di vapore che darebbe una boccata di energia alle Centrali.
Abbiamo richiesto da tempo alla Direzione una riunione per fare il punto sui problemi delle Sonde. Nel frattempo emergono con drammaticità problemi a lungo mascherati e snobbati; in ambienti sempre più vasti degli operai e dei tecnici si fa strada l’idea che così non si possa durare, che questi sprechi, queste inefficienze, che hanno ripercussioni su tutta la geotermia, devono essere eliminati pena un arretramento di tutte le cose positive fin qui ottenute e per poter andare ancora avanti.
C’è dunque la necessità di realizzare l’incontro con la Direzione su questi problemi e sugli altri che riguardano l’organizzazione del lavoro dei cantieri, le strutture dei vari organismi (sonde, logistico, fanghi, uffici) in una visione corretta di riconoscimento delle effettive capacità professionali che non siano più mortificate da strutture burocratiche e gerarchiche e da inattività, ma che siano valorizzate in una reale espansione produttiva e riqualificazione tecnica.
Poiché queste cose non saranno indolori, poiché ci saranno forti resistenze, ritardi artificiosi e insabbiamenti è necessario fin da ora la più ampia mobilitazione dei lavoratori delle perforazioni per arrivare, attraverso l’iniziativa unitaria delle Organizzazioni sindacali e del Cud (Consiglio Unitario Delegati), alla positiva soluzione di quelli che non solo sono problemi settoriali, ma centrali a tutta la “geotermia”.








[1] Il pozzo Alfina 14 sarà ultimato il 26 dicembre 1977 alla profondità di 2367 metri. Il pozzo RC 1 (Reiniezione Cesano 1) sarà ultimato il 19 dicembre 1977 alla profondità di 3047 metri. Entrambi improduttivi.

sabato 26 agosto 2017

 Artista Tomoteru Saito, Tokyo.

 Artista Matteo Appignani, Pescara.
 Artista Ignazio Matzeu, Lunamatrona, Cagliari.
Artista Sasha Gail, Armenia.

ARTISTI  DI STRADA A CASTELNUOVO V.C.

Arte chiama Arte. Artisti Madonnari internazionali nel Borgo di Castelnuovo di Val di Cecina, 24 agosto 2017. La bella manifestazione d’arte, accompagnata da un aperitivo gourmet al calar della sera in Via Paolo Mascagni allestito dal “Piccolo Mondo” di Follonica, organizzata dalla PRO-LOCO Il Piazzone, con il patrocinio del Comune di Castelnuovo di Val di Cecina, e l’assistenza dell’Ufficio Turistico Comunale. Tra gli sponsor dell’evento: Jochen Pfeiffer, COOP, ACLI, F.LLI NARDI, ARCI, FALEGNAMERIA PIERATTINI, LA SOLUZIONE, EDILPIAZZA, TERMOIDRAULICA VOLPI, ISAUTONOLEGGIO.
Per tutto il pomeriggio 5 artisti, dislocati in cinque punti caratteristici del Borgo Antico, si sono impegnati ininterrottamente fino al calar della sera, nella realizzazione di CINQUE AUTENTICHE OPERE D’ARTE, una delle quali resterà, protetta, ad abbellire il Borgo e le altre, piano piano se ne andranno con il calpestio, la pioggia, e la naturale consunzione dei colori a gesso, ma certamente rimarranno indelebili nella memoria dei tanti che le ammireranno.
Ho seguito l’evento dall’inizio fino alla tarda notte, fotografando, parlando con la gente e, quando possibile, con gli artisti! Con la piccola giapponese Kumiko, impegnata con un difficile bianco.nero in monocromia, ci siamo scambiati impressioni sulla grafica giapponese ed anche sulla scrittrice Murasaki, quella di Genj il principe splendente; sotto la Loggia di Via Cavour operava l’armeno Sasha Gail, che stava realizzando una madonna con bambino dai tratti moderni un verismo colmo di pathos. Con lui abbiamo parlato del Monte Ararat e dello scrittore Saroyan; e giù, nelle Piagge, nella piazzetta di Silda, un artista di Sardegna, Ignazio Matzeu, nato a Lamatrona (Cagliari), stava realizzando una figura di donna del Novecento, credo quasi insuperabile come cromaticità ed espressività. Con lui abbiamo parlato dei murales di Orgosolo, che furono iniziati, addirittura, da un artista senese negli anni ’60 e del retablo di Ardara che tanto mi emozionò quando lo vidi, un capolavoro mondiale; scendendo verso i Gelsi, nel vicoletto appartato di fronte alla casa che fu di Neva, un altro artista, Matteo Appignani, nato a Pescara, stava realizzando una riproduzione rielaborata di un celebre ritratto di Leonardo, ed infine, in Piazza del Popolo ecco un immaginifico Gioco dell’oca, realizzato dal Maestro Tomotero Saito, Tokyo, nel quale tre oche stupende, appaiono in dimensioni tridimensionali che risaltano particolarmente nelle differenti inquadrature fotografiche! Bellissimo evento!
A Team of international street painters “Madonnari”, well known for their level of quality and innovation, will perform and exhibit theier precious Art Works live in particolar locations in the old Historic part of the village of Castelnuovo di Val di Cecina, Pisa, Toscana. At the end of the day a special gourmet refreshment will be served.


Oggi, nel mattino, sono tornato a visionare le opere che riproduco (salvo quella di Kumiko per la cattiva illuminazione ed il riflesso del plexiglass di protezione)  a due giorni di distanza, integrando il testo con tutti i nomi degli artisti.

venerdì 25 agosto 2017







ARTISTI “Madonnari”.


Arte chiama Arte. Artisti Madonnari internazionali nel Borgo di Castelnuovo di Val di Cecina, 24 agosto 2017. La bella manifestazione d’arte, accompagnata da un aperitivo gourmet al calar della sera in Via Paolo Mascagni allestito dal “Piccolo Mondo” di Follonica, organizzata dalla PRO-LOCO Il Piazzone,   con il patrocinio del Comune di Castelnuovo di Val di Cecina, e l’assistenza  dell’Ufficio Turistico Comunale. Tra gli sponsor dell’evento: Jochen Pfeiffer, COOP, ACLI,  F.LLI NARDI, ARCI, FALEGNAMERIA PIERATTINI,  LA SOLUZIONE, EDILPIAZZA, TERMOIDRAULICA VOLPI, ISAUTONOLEGGIO.

Per tutto il pomeriggio 5 artisti, dislocati in cinque punti caratteristici del Borgo Antico, si sono impegnati ininterrottamente fino al calar della sera, nella realizzazione di CINQUE AUTENTICHE OPERE D’ARTE, una delle quali resterà, protetta, ad abbellire il Borgo e le altre, piano piano se ne andranno con il calpestio, la pioggia, e la naturale consunzione dei colori a gesso, ma certamente rimarranno indelebili nella memoria dei tanti che le ammireranno.

Ho seguito l’evento dall’inizio fino alla tarda notte, fotografando, parlando con la gente e, quando possibile, con gli artisti! Con la piccola giapponese Kumiko, impegnata con un difficile bianco.nero in monocromia, ci siamo scambiati impressioni sulla grafica giapponese ed anche sulla scrittrice Murasaki, quella di Genj il principe splendente; sotto la Loggia di Via Cavour operava l’armeno Sasha Gail, che stava realizzando una madonna con bambino dai tratti moderni un verismo colmo di pathos. Con lui abbiamo parlato del Monte Ararat e dello scrittore Saroyan; e giù, nelle Piagge, nella piazzetta di Silda, un artista di Sardegna, stava realizzando una figura di donna del Novecento, credo quasi insuperabile come cromaticità ed espressività. Con lui abbiamo parlato dei murales di Orgosolo, che furono iniziati, addirittura, da un artista senese negli anni ’60 e del retablo di Ardara che tanto mi emozionò quando lo vidi, un capolavoro mondiale; scendendo verso i Gelsi, nel vicoletto appartato di fronte alla casa che fu di Neva, un altro artista stava realizzando una riproduzione rielaborata di un celebre ritratto di Leonardo, ed infine, in Piazza del Popolo ecco un immaginifico Gioco dell’oca, nel quale tre oche stupende, appaiono in dimensioni tridimensionali che risaltano particolarmente nelle differenti inquadrature fotografiche! Bellissimo evento! 


A Team of international  street painters “Madonnari”, well known for their level of quality and innovation, will perform and exhibit theier precious Art Works live in particolar locations in the old Historic part of the village of Castelnuovo di Val di Cecina, Pisa, Toscana. At the end of the day a special gourmet refreshment will be served.

ETERNAMENTE DAL FILM LUCI DELLA RIBALTA

domenica 20 agosto 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 32.


Risposta dell’Unità nella rubrica “Filo diretto con i lavoratori” a Carlo Groppi.
          

a)     In virtù dell’articolo 13 della legge istitutiva dell’Enel (L. 6.12.1962, n. 1643), “il rapporto di lavoro del personale dipendente è regolato dalle norme del diritto privato e su base contrattuale, collettiva e individuale; in sede giurisdizionale la competenza a conoscere le relative controversie è attribuita all’autorità giudiziaria ordinaria”. Ciò significa che nell’assunzione del personale l’Enel gode della libertà ed incontra i limiti propri di un qualsiasi imprenditore, pur se, trattandosi di un Ente pubblico istituito per perseguire finalità d’interesse generale, tenuto ad esercitare la propria libertà ed autonomia anche in questo settore in conformità dei fini pubblici che lo distinguono. A tal fine, decisiva è l’azione delle Organizzazioni sindacali, che da tempo perseguono l’obiettivo di una regolamentazione collettiva delle assunzioni attraverso la quale l’Ente vincola la propria discrezionalità in materia all’osservanza di criteri obiettivi concordati con il sindacato. La regola del pubblico concorso costituisce una di tali limitazioni ed è certamente garanzia di correttezza. I quesiti che tu poni riguardano una serie di clausole che di solito vengono inserite nei bandi di concorso. In relazione a tali clausole – che, concordate o meno che siano, si pongono verso l’esterno e cioè verso gli aspiranti lavoratori, come manifestazione dell’autonomia dell’Ente – possono prospettarsi non diversamente da quanto  avviene in analoghe manifestazioni concorsuali di un privato, due ordini di problemi: 1)  se esse siano legittime, rispettino cioè i limiti che la Costituzione e le leggi dello Stato impongono all’autonomia privata, 2) se esse siano opportune socialmente e sindacalmente. Per quanto riguarda il primo ordine di problemi, deve essere tenuto presente che, secondo la Costituzione, l’iniziativa economica e l’autonomia privata sono bensì libere ma non possono svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana, o, comunque, da ledere l’ordine pubblico costituzionale e cioè quell’insieme di valori e principi consacrati appunto nella Carta della Repubblica. Le clausole dei bandi di concorso, in quanto manifestazioni dell’autonomia dell’Ente, sono illegittime se violano un tale insieme di limiti. Per quanto riguarda il secondo ordine di problemi, invece, è da tenere presente che una clausola, pur rispettando i limiti costituzionali e legali dell’autonomia dei soggetti e pur essendo perciò legittima, può essere in contrasto  con le finalità perseguite dal movimento dei lavoratori, determinare lacerazioni e distacchi tra i lavoratori stessi o tra gli occupati e aspiranti al lavoro, costituire ostacolo o limite al progresso sociale e civile del Paese; e perciò può rivelarsi inopportuna o negativa. Nell’uno o nell’altro caso, ovviamente, il movimento sindacale è impegnato a battersi per il superamento della clausola. Ma, mentre nel primo caso l’azione realizzativa può avvalersi anche del ricorso al giudice e dell’intervento delle Istituzioni, nel secondo caso dovrà fare affidamento solo sulla propria capacità di persuasione e di lotta come strumento di pressione nei confronti dell’Enel.

Alla luce di questa premessa possiamo esaminare i quesiti che poni con riferimento alle varie clausole elencate nella tua lettera.

A)  Un primo gruppo appare certamente legittimo, ed anche razionalmente giustificato, cioè rispondente ad esigenze delle quali è giusto darsi  carico. Così, il limite massimo d’età per la partecipazione  ai concorsi (del resto comune a tutti i pubblici concorsi) risponde all’esigenza di reclutare personale che abbia dinanzi a sé una prospettiva di permanenza abbastanza lunga nell’Azienda, con conseguente possibilità di affinamento professionale, ed al tempo stesso offre spazio all’inserimento delle forze più giovani e delle nuove leve di lavoratori. Così anche la preselezione fondata sull’attività lavorativa precedentemente svolta, mentre tende ad evitare un inutile dispendio di tempo ed energie per l’espletamento di concorsi sovraffollati, risponde a criteri obiettivi e al tempo stesso funzionali alla scelta dei lavoratori più idonei ai posti da ricoprire.
B)    Un secondo gruppo di clausole, pur non apparendo illegittimo, tuttavia risulta di dubbia opportunità in quanto espressione di un atteggiamento di chiusura corporativa e fonte di possibile contrapposizione dei lavoratori elettrici alla Comunità. Così l’elevazione del limite di età per i figli di ex dipendenti o l’esclusione degli stessi dalla preselezione costituisce un retaggio del passato, quando la lotta dei lavoratori era costretta entro angustie corporative ed i ritardi nello sviluppo democratico della società e nella stessa organizzazione sindacale imponevano di battersi per obiettivi tutti interni alla categoria. Ma oggi, lo sviluppo assunto dal movimento sindacale,  l’ampiezza ed il respiro generale degli obiettivi che esso attualmente pone, la stessa maturità della coscienza democratica del Paese spingono verso il superamento di privilegi corporativi. Discorso in parte diverso, invece, deve essere fatto per l’esonero dal limite di età accordato ai figli dei dipendenti colpiti da infortuni sul lavoro o malattie professionali. Qui un’esigenza di solidarietà verso chi nel lavoro ed a causa di questo ha perso la vita o la salute, può giustificare il trattamento di favore riservato ai congiunti, anche se resta il dubbio che questa non sia la forma più efficace per esprimere tale solidarietà. Per ragioni diverse va valutato negativamente il rilievo accordato, in sede di preselezione, alla votazione riportata nel titolo di studio: si tratta di un criterio ingiusto ed irrazionale che fa pesare, ai fini dell’assunzione al lavoro, dati remoti, arbitrari (le votazioni sono diverse a parità di merito, dal luogo a luogo, sessione e sessione ecc.) e sostanzialmente assai poco significativi ai fini della valutazione delle attitudini professionali.

C)   Infine, un ultimo gruppo di clausole sembra violare i limiti dell’ordine pubblico costituzionale e perciò è da ritenere illegittimo. Rientra in tale gruppo, innanzitutto, la esclusione delle donne dai concorsi per mansioni non di concetto: tale esclusione urta contro l’articolo 3 comma I della Costituzione che stabilisce l’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso; principio, questo, riaffermato nella materia del lavoro dalla legge sulla parità di trattamento tra uomo e donna, già approvata da un ramo del Parlamento ed ora all’esame del Senato, la quale al suo articolo I dispone: “E’ vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale”. Illegittima sembra anche la clausola che esclude dai concorsi, nei quali sia richiesto come titolo di studio quello della scuola dell’obbligo, coloro che a suo tempo conseguirono la licenza elementare, perché tale clausola nega valore ad un titolo che a suo tempo segnava il completamento della scuola dell’obbligo, e penalizza dei cittadini per il solo fatto di aver compiuto la propria formazione in un periodo in cui lo Stato non era ancora in grado di dare all’istruzione di base l’ampiezza accordata con l’istituzione della media dell’obbligo. Sulla clausola del titolo di studio massimo, questa rubrica ha già avuto modo di intervenire (l’Unità 19 gennaio 1976: “Un titolo di studio superiore al richiesto è causa di licenziamenti?”), ricordando la situazione economico-sociale in presenza della quale tale clausola fu introdotta e le ragioni che allora la giustificarono ed esprimendo le perplessità che una clausola del genere suscita oggi in conseguenza dell’entrata in vigore della legge 15 luglio 1966 n. 604 e dello Statuto dei Lavoratori, nonché della mutata situazione politico-sociale del Paese. Infine, anche l’esclusione dai concorsi dei candidati residenti fuori provincia (o fuori delle provincie limitrofe) e la precedenza accordata agli autoctoni suscitano dubbi quanto alla loro legittimità, perché vengono ad accordare rilievo a “fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore” (art. 8 Statuto) e si pongono come ostacolo alla mobilità territoriale dei lavoratori, contribuendo così al permanere di squilibri territoriali."

sabato 19 agosto 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 31.


49. Clausole dei concorsi ENEL e movimento sindacale[1]


         Cari compagni, gradirei ricevere, anche a nome della Fnle-Cgil[2] di Larderello, alcune informazioni sulla legislazione che regola l’assunzione di lavoratori (di concetto, specializzati, aiutanti) da parte dell’Enel.
         L’Enel assume nuovi lavoratori emettendo pubblici bandi di concorso e facendo sostenere prove di idoneità ai concorrenti. Notevoli perplessità sussistono sulle norme con le quali l’Enel, di volta in volta, bandisce i concorsi di assunzione e le principali sono:
        
1 – Limite massimo di età (29 anni) che può essere superato solo in particolari casi inerenti figli di ex dipendenti deceduti o dichiarati totalmente inabili in seguito ad infortunio o malattia contratta sul lavoro. I figli dei pensionati dell’Enel possono superare di 5 anni il limite massimo di età.
2 – Sesso. In genere, specialmente per le mansioni manuali, i concorsi sono riservati ai cittadini di sesso maschile.
3 – Titolo di studio. L’Enel bandisce i concorsi con limiti minimi e massimi inerenti i titoli di studio. Ad esempio: per un concorso di 100 aiutanti meccanici si è richiesta la “licenza di scuola media inferiore” o la “licenza di avviamento professionale”. Chi era in possesso della sola licenza di 5 elementare (ve ne sono ancora nella fascia di età precedente l’inizio della scuola dell’obbligo, media unificata) non poteva partecipare. Non vi possono inoltre partecipare diplomati da Istituti Tecnici o comunque chi ha un titolo di studio superiore a quelli espressamente indicati nel bando. Ciò ha dato luogo ad espulsione dai concorsi e crea molti contrasti poiché oggi è facile trovare una inoccupazione giovanile con elevato titolo di studio. Crea inoltre particolari problemi nella nostra Zona dove esiste un solo Istituto Tecnico a specializzazione elettrotecnica, il quale non solo rischia di sfornare disoccupati, ma viene messo in continua crisi dalla fuga al 4° e 5° anno da giovani che rifiutano di diplomarsi per poter accedere ai concorsi per operai dell’Enel, l’unica grande Azienda della Valdicecina.
4 – Ambito territoriale. In genere i concorsi sono estesi ad alcune province dove sono ubicati gli impianti, o a quelle immediatamente vicine. Viene data la precedenza nelle assunzioni, purché in presenza dell’idoneità, ai candidati residenti nei comuni sede di impianti.
5 – Preselezione. Se le domande di partecipazione al concorso sono giudicate eccessive l’Enel fa una preselezione basandosi sulla votazione riportata nel titolo di studio richiesto e sulla eventuale attività lavorativa svolta, sempreché sia inerente al concorso stesso. La preselezione non viene effettuata verso i figli dei dipendenti o pensionati dell’Ente.

         La richiesta dei cittadini, ed anche nostra, è quella di effettuare concorsi aperti a tutti facendo svolgere prove essenzialmente pratiche, inerenti le mansioni da coprire nell’attività lavorativa, ma ci rendiamo conto di non avere elementi per poter sostenere questa richiesta, almeno dal lato legislativo. Per i favoritismi di cui godono i figli dei dipendenti ed ex dipendenti dell’Enel bisogna risalire al contratto collettivo di lavoro che, in appendice, contiene la normativa per le assunzioni, risalente ai contratti esistenti nelle Aziende elettriche private (1953), e al rinnovo contrattuale Enel del 1968, avvenuto in sede Ministeriale, nonché ad una lettera inviata alle Organizzazioni sindacali il 25 giugno 1968, nella quale l’Enel precisa le modalità che intende seguire per le assunzioni di nuovo personale.
Tali documenti sono sempre comparsi, tra gli “allegati”,  nei successivi contratti. Gradirei il Vostro parere sulla materia, soprattutto in merito a quelle norme (età, sesso, titolo di studio, preselezione, ambito territoriale) che più si prestano a creare tra la gente, le Organizzazioni sindacali, le forze politiche, quelle lacerazioni e distacchi che costituiscono uno dei più grossi limiti per l’avanzamento sociale del nostro Paese. Se lo riterrete opportuno potrete rispondere dalle colonne dell’Unità, altrimenti in privato.




[1] Pubblicato sul quotidiano l’Unità del 26.9.1977 in “Leggi e Contratti. Filo diretto con i lavoratori”, Clausole dei concorsi Enel e movimento sindacale, lettera firmata gc.
[2] E’ la prima volta che compare la sigla Fnle in luogo di Fidae. La fusione dei settori energetici (elettricità, acqua, gas) era stata approvata da una Assemblea Nazionale svoltasi a Rimini il 23 aprile 1977, poi ratificata nel 1° Congresso regionale toscano della Fnle-Cgil, tenuto a Firenze il 24 e 25 settembre 1977. Quattro compagni di Larderello entrano nel Cd regionale: Becuzzi, Bellucci, Frasconi, Groppi. Pacini è eletto supplente e Pineschi nel Collegio dei sindaci revisori.

martedì 15 agosto 2017

LA DIVERSITA’ UMANA NON ESISTE. L’UOMO APPARTIENE A UNA SOLA RAZZA, LA SPECIE “HOMO SAPIENS SAPIENS”.
Ricordo di aver letto una bellissima intervista rilasciata dal  genetista Luigi Luca Cavalli Sforza, nel 2009 a Trieste, a margine di un Convegno dal titolo “La diversità umana”. Come sappiamo il genetista Cavalli Sforza è considerato  un’autorità di spicco internazionale nel campo della genetica delle popolazioni.
Lo scienziato italiano, che per circa quarant’anni ha lavorato alla Stanford University in California, è stato tra i primi a chiedersi se i geni dell’uomo moderno contengano ancora una traccia della storia dell’umanità e ha dimostrato che l’uomo appartiene a una sola e unica razza, la specie “Homo sapiens sapiens”, e che due gruppi etnici che presentano un aspetto esteriore diverso, come il colore della pelle, possono essere invece molto simili dal punto di vista genetico. Come, al contrario, gruppi con caratteristiche somatiche simili possono presentare grandi differenze genetiche al loro interno.
“Professor Cavalli Sforza, la scienza ha ormai escluso la possibilità di dividere l’umanità in razze, lei stesso ha contribuito a togliere ogni fondamento al pregiudizio razziale. Cos’è dunque il razzismo? O meglio, perché non può esistere per ragioni scientifiche?
«Il razzismo è l’intolleranza per le persone che sono un po’ diverse da noi. Certo, ci sono differenze visibili, poche e non importanti, come per esempio il colore della pelle, che aiutano a stabilire la diversità. Soprattutto però vi sono differenze di costumi, largamente superficiali, che sono il risultato dell’apprendimento, dipendono dalla società in cui viviamo. Il nostro aspetto del resto coinvolge una frazione relativamente piccola del codice genetico della razza umana. Ecco perché individui che discordano su pochi geni, relativi al colore della pelle per esempio, possono invece avere in comune caratteristiche genetiche molto più complesse, anche se non visibili».

“Più di dieci anni fa, nel libro ”Geni, popoli e lingue” ha dichiarato che l’educazione avrebbe relegato il razzismo agli errori e orrori del passato. A cosa dobbiamo allora gli episodi di microrazzismo quotidiano che abita alle fermate dell’autobus, nei pianerottoli dei condomini, ai tavolini del bar?”
«La realtà è che l’educazione è rimasta molto indietro. Bisogna quindi far circolare più cultura. Che tra l’altro determina la diversità umana, più largamente della genetica ed è stata il motore trainante dell’evoluzione».
Perché secondo lei la componente davvero importante dell’evoluzione dell’uomo moderno è la sua evoluzione culturale?»
«Be’ l’evoluzione culturale è ciò che realmente differenzia i gruppi umani. Le differenze genetiche tra le popolazioni infatti sono molto modeste. Non c’è stato tempo né motivo per creare grosse differenze genetiche nei 60 mila anni in cui una singola, piccola popolazione africana si è diffusa in tutto il mondo. Le grandi differenze sono tra individui mentre quelle tra popolazioni sono una piccola percentuale. Cose superficiali come la forma del corpo, il colore della pelle, che rispondono a necessità ambientali. Ciò che conta quindi non sono le novità biologiche, cioè le mutazioni genetiche, ma le novità culturali, cioè le invenzioni che hanno cambiato profondamente la nostra vita. Ecco perché l’evoluzione culturale determina l’evoluzione genetica».
“Ma se il patrimonio genetico si trasmette per via ereditaria, come si trasmette la cultura?”
«La forza trainante è la comunicazione stabilita dal linguaggio, che permette di comunicare a tutto il mondo, oggi molto rapidamente, una nuova idea. Quel che rende l’evoluzione culturale molto più rapida di quella biologica, è che ogni novità biologica è costituita da mutazioni che avvengono di rado, in un individuo solo, e si diffondono poi solo ai figli, e da questi ai nipoti ecc. Per cui occorrono molte generazioni perché una novità biologica si diffonda a tutto il mondo: in un caso concreto, come il colore della pelle bianca o nera, diecimila o più anni. Invece oggi una novità culturale, come un’invenzione per esempio, può diffondersi in minuti, addirittura secondi, in tutto il mondo. La cultura, comunque, proprio come la mutazione genetica, è un meccanismo di adattamento».
“Ma cos’è per lei la cultura?”
«La cultura è costituita da tutto ciò che può essere appreso: la fabbricazione di utensili, la scrittura, l’arte, le conoscenze scientifiche, il modo di vestire. Cultura è l’accumulo globale di conoscenze e di innovazioni, derivante dalla somma di contributi individuali trasmessi attraverso le generazioni e diffusi al nostro gruppo sociale, che influenza e cambia continuamente la nostra vita. È l’elemento differenziante l’uomo da tutti gli altri animali, è la straordinaria quantità di conoscenze accumulate nel corso dei millenni, il cui apprendimento ha contribuito in modo determinante a forgiare il nostro comportamento. Ogni generazione aggiunge qualcosa all’eredità ricevuta. E il presente si comprende solo cogliendo nel profondo ogni tappa di questo cammino».
“A proposito di tappe, professore lei ha iniziato la sua attività di ricerca in Italia, a Pavia. Poi Milano, Cambridge, Parma, per abbandonare definitivamente il nostro Paese nel 1971, quando si è trasferito in America. Dopo quasi 40 anni perché ha deciso di tornare”?
«Mi ha riportato in Italia il desiderio di essere vicino ai figli. E inoltre oggi ho programmi di ricerca più interessanti in Italia, come la mappatura del genoma italiano in collaborazione con l’Avis e la grande iniziativa editoriale targata Utet sull’evoluzione culturale del nostro Paese, “La cultura italiana”. Un’opera in dodici volumi, di cui sono già usciti i primi due, attraverso la quale si vuole compiere un’analisi multidisciplinare della cultura del nostro Paese».

“Un’opera che lei stesso dirige. Una sua idea?”

«Sì. Quest’idea è nata in America, per ragioni sentimentali. Conoscevo molti italoamericani che non avevano nessun orgoglio delle loro origini, a differenza per 
esempio degli irlandesi. E così ho pensato a un modo per far conoscere la ricchezza culturale della loro terra di origine. Per questo spero che l’intera opera sia tradotta. In ogni caso anche in Italia ritengo sia molto importante far conoscere la nostra cultura. In fondo possiamo essere orgogliosi di essere italiani».

lunedì 14 agosto 2017



PROVERBI
RACCOLTI E ORDINATI DA CARLO GROPPI.


         I primi proverbi l’ho appresi bambino dalle mie nonne, e mi hanno sempre affascinato. All’inizio degli anni ‘70 del secolo scorso ho iniziato a trascriverli, partendo proprio da quelli locali, ordinandoli in una rubrica secondo l’ordine dell’alfabeto italiano. Successivamente mi sono dedicato a raccogliere quelli sulla pastorizia, confluiti in un libretto dal titolo  “Fiorin di cacio, facciamo finta di chiamare il micio…”,  pubblicato nel 1999 con la collaborazione di Claudia Vallini, e, per la parte grafica di Fabrizia Doloverti e Liliana Grazzini. Parallelamente a queste trascrizioni e ricerche mi sono immerso in un segmento specializzato appuntando diligentemente tutti i proverbi, modi proverbiali, arguzie, motti, locuzioni, detti, relativi all’immaginario della sfera dell’eros, che via via mi capitavano sotto gli occhi: dall’innamoramento all’amore, al matrimonio, alla voluttà, agli eccessi, al tradimento ed alla fiducia, alla fisicità del corpo umano, alla trivialità dell’invettiva, così come ci erano stati tramandati, molte volte soltanto oralmente, nel territorio  delle Colline Metallifere, in Maremma e in Toscana, con l’aggiunta di aforismi ed espressioni proverbiali moraleggianti, greche, latine, italiane e straniere.

                   Crescendo l’opera (e il mio divertimento) vi ho inserito molti proverbi più leggermente allusivi, qualche indovinello, stornello e filastrocca, rispetti e dispetti, tra quelli che mi sono parsi nostrali e originali, lasciando, in tal modo, aperto un ulteriore spazio di ricerca in questo meraviglioso settore della cultura popolare, pubblicando, nel 2009, in una edizione privata tirata in 350 copie, un fascicolo contenente 1200 proverbi licenziosi: “Di passere e d’altri uccelli”.
        
         Dopo tale pubblicazione (praticamente esaurita sul nascere), molte persone mi hanno segnalato nuovi proverbi, frasi proverbiali, aforismi, modi di dire, stornelli, indovinelli, canzoni, da poter aggiungere, e testi da consultare.  Inoltre, man mano che procedevo nella raccolta, mi sono avvalso, oltre che delle fonti orali, di innumerevoli scritti di autori antichi e moderni, italiani e toscani, scegliendo, con la mia personale sensibilità, tra i modi proverbiali, motti, detti sentenziosi, aforismi e indovinelli, iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici, escludendo, quasi del tutto, le “battute” e i “motti” delle gazzette e pubblicazioni degli ultimi  decenni, fino a raggiungere il cospicuo numero di novemilaquattrocentonovantotto (9498) alla data del 13agosto 2017.
        
Le oltre 560 pagine dell’opera mi impediscono la sua pubblicazione e pertanto ne produrrò una sola copia artigianale,  suddivisa in cinque fascicoli, ognuno dei quali relativo a più lettere dell’alfabeto, suddivise in relazione alla loro ampiezza, partendo dalle lettere A-B-C-D. Alla fine ho lasciato aperta una appendice nella quale continuo ad inserire detti e proverbi più antichi, aforismi e brevi racconti licenziosi e/o moraleggianti che trovo strada facendo.

Recentemente ho acquistato un prezioso volume “”Il libro dei mille savi”, massime, pensieri, aforismi, paradossi di tutti i tempi e di tutti i paesi, accompagnati dal testo originale e dalla citazione delle fonti, edito da Hoepli nel 1967, pagine 1095, rilegato, al prezzo di 25 €  (nel 1967 era in vendita per 4000 £.), contenente  oltre 7400 pensieri, dei quali, tuttavia, data l’impostazione  del lavoro, ben pochi vi ho trovati adatti alla mia ricerca di base, cioè dei proverbi tendenzialmente licenziosi. Nonostante ciò ne ho accolti in questa “appendice”- alcune centinaia, ritenendoli  interessanti, dopo averli letti TUTTI!

domenica 13 agosto 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 30.


48. Lettera a Renato Frosali, segretario di zona del Pci, sulla situazione della Fabbrica (10 agosto 1977)

         Caro Renato,
la recente presa di posizione del Pci di Zona della Valdicecina induce ad una ulteriore, breve, riflessione sulla situazione della Fabbrica e su alcune cose più vaghe che marginalmente la riguardano e ci riguardano.
         Com’è avvenuto e avviene quasi ovunque, la mancata tempestiva soluzione di vecchi problemi origina estenuanti vertenze che, dilungandosi a dismisura nel tempo, non solo riescono a sfilacciare il movimento per la diminuita tensione, ma contribuiscono a determinare posizioni confuse e anche contraddittorie, sulla spinta di visioni settoriali e corporative, che di tanto in tanto intorno ai problemi di fondo si manifestano. Anche tra di noi e nel nostro Partito.
         La “vertenza Larderello” o “vertenza geotermia” è aperta da decenni. E non potrebbe essere altrimenti essendo questo un settore strettamente legato alla evoluzione della tecnica e della ricerca scientifica, nonché ad un diverso intendere la politica economica, specialmente per la parte energetica (decentramento, autonomia nazionale, uso completo delle risorse, ecologia...).
         Ma anche se essa sarà una vertenza infinita, per il periodo a breve e medio termine alcuni obiettivi primari sono stati evidenziati e intorno ad essi si è creato dibattito e si sono costruite alleanze. Gli obiettivi si possono così riassumere:
1 - contribuire all’affermazione di una volontà politica nuova nella Direzione dell’Ente ed in quella specificatamente inerente la geotermia;
2 - intendere la geotermia sempre più un “bene collettivo” da gestire sul territorio, coinvolgendo gli Enti Locali nello sfruttamento completo e diversificato di questa risorsa, attraverso una politica di piano a livello regionale;
3 - sviluppare la ricerca in tutte le direzioni, in una visione di stretta collaborazione internazionale capace di consentire al nostro Paese la esportazione di tecnologie ed impianti;
4 - lo sviluppo e l’unitarietà della ricerca deve essere alla base di uno sviluppo produttivo sia per quanto concerne gli usi tradizionali (elettricità) sia per le nuove forme di utilizzazione (agricoltura-chimica-riscaldamento civile ed industriale);
5 - la ricerca e l’utilizzazione della geotermia deve estendersi a tutto il Paese attraverso collaborazioni ed accordi (Enti,
Cnr, Università) impegnando al massimo e razionalmente tutte le risorse;
6 - lo sviluppo della ricerca, le nuove tecnologie, la diversificazione nello sfruttamento, una precisa programmazione degli investimenti, dovranno consentire un reale sviluppo produttivo del settore geotermico, anche nell’area di Larderello (Larderello, Radicondoli, Amiata);

7 – realizzando una espansione produttiva sarà possibile una ulteriore crescita della occupazione operaia e tecnica in quella visione di giusto equilibrio tra produzione/occupazione che è alla base di ogni corretta gestione aziendale.
         Se gli obiettivi sono stati individuati abbastanza chiaramente altrettanto non si può dire dei metodi, delle forme, dei tempi per realizzarli, ed è in parte da questo tipo di ritardi che poi nascono le contraddizioni e i problemi, i distacchi tra vertice e base, l’apatia dei lavoratori e delle popolazioni delle quali dirò nel seguito.
         Non possiamo nasconderci che esistono ritardi evidenti, di natura politica, risalenti all’Enel in primo luogo, al Governo e, in varia misura, riscontrabili negli Organismi di Ricerca, negli Enti Locali e nelle forze politiche. Ma non possiamo fare a meno di constatare che negli ultimi cinque anni è avvenuto un cambiamento profondo nel modo di pensare la “geotermia”, nel mondo scientifico e in quello politico, e che la discussione aperta su questo tema ha destato un vivo interesse anche tra i non esperti, contribuendo a favorire aggregazioni di forze tese al suo rinnovamento e sviluppo. Ultimo esempio il Convegno Nazionale di Chianciano sul tema “Geotermia e Regioni” svoltosi dal 14 al 16 aprile 1977 nella cittadina termale.
         Io credo che all’apertura di questa problematica nuova e di questo interesse abbia contribuito in maniera determinante la linea delle Organizzazioni sindacali di Larderello e la lotta dei lavoratori elettrici. Ma per il futuro occorrerà fare qualcosa di più, intensificando le lotte, estendendo le alleanze, ponendo obiettivi ravvicinati e verificabili.
         L’Enel-Larderello è una Fabbrica complessa, piena di problemi e di contraddizioni. A piccoli gruppi di lavoratori politicizzati fa riscontro un vasto strato di lavoratori apatici alle questioni generali, disimpegnati e tesi all’appagamento individuale attraverso un carrierismo sfrenato e l’acquisizione degli ancora troppi privilegi che una paternalistica gestione direzionale sapientemente diffonde, per fiaccare tutto il movimento sindacale, creando contrasti e lacerazioni tra gruppi e singoli lavoratori.
         Ci sono organici “impiegatizi”, gonfiati da anni di scelte clientelari e di prestigio, che andrebbero ridimensionati, riqualificando il personale ed inserendolo nei Reparti operativi, e organici di reparti operai sottodimensionati, in una fase di espansione delle attività qual’è quella che viviamo attualmente (perforazioni ed officine).
         C’è la netta sensazione di una organizzazione del lavoro che mortifica la professionalità, che favorisce l’insorgere del lassismo, la ricerca del poco lavoro e del tanto guadagno e che, accompagnandosi a un clima generale di insufficiente tensione ideale, genera quelle note e diffuse posizioni di distacco dalla fabbrica, di disprezzo o sottovalutazione del valore della creatività del lavoro, di fuga nel privato (nel cosiddetto tempo libero e, in generale, nelle sue manifestazioni più deteriori). Il desiderio più evidente è quello di "far festa". Si comincia la giornata pensando al fischio delle cinque, la settimana pensando al venerdì, e non è infrequente sentire giovani operai parlare di "pensione"”
         Se si manifestano in maniera diffusa questi comportamenti è per dei motivi seri, strutturali, esistenti all’interno della Fabbrica, che nascono da limiti, carenze, errori, passati e presenti, compiuti dai sindacati; o insufficienze del Consiglio dei delegati, comportamenti che vengono incessantemente alimentati dalla politica della Direzione. Ma, probabilmente, ci sono motivi esterni alla Fabbrica avvertibili in carenze nell’azione di politicizzazione e di orientamento che riscontriamo sul territorio tra organizzazioni politiche e sociali,  le quali sembrano più interessate al consenso elettorale che non a determinare una più consapevole presa di coscienza sui problemi dei lavoratori e del popolo e sulle iniziative per affrontarli in una visione di trasformazione della società, di unità di classe e di prospettiva rivoluzionaria.
         Tutto contribuisce a creare quella sensazione strana che si prova vivendo a Larderello: cioè, che non succeda mai niente. E nulla è più pericoloso e contagioso di questo immobilismo stagnante, di questo clima soporifero che non si riesce a spezzare e che ci avvelena i giorni e la vita.
         Ognuno di noi può avere un’idea di soluzione, un’idea parziale. Può essere la politica contrattuale egualitaria che affronteremo nell’autunno (all’interno, ma soprattutto all’esterno); l’incentivazione della professionalità operaia e tecnica; l’impegno rinnovato per lo sviluppo produttivo e la limitazione degli sprechi (quindi rapida realizzazione delle 5 nuove centrali elettriche, compresa quella di Radicondoli che deve essere autonoma, modulare, deve avere personale locale da reperire anche con concorsi di assunzione in quella zona, ripristino di quelle esistenti con le trasformazioni e le manutenzioni indispensabili, pluriennali programmi di ricerche e di perforazioni, quest’ultime eseguite con nuove tecnologie per pozzi profondi e deviati e per ricarica artificiale dei bacini produttivi con controllate reiniezioni di acque, ruolo trainante di tutte le officine in fase costruttiva e manutentiva, unitarietà degli apparati predisposti alla geotermia già operanti nell’Enel e sviluppo della collaborazione con l’esterno); la fine del monopolio occupazionale dell’Enel in Valdicecina che tante contraddizioni ha scatenato tra i giovani e sul territorio, e quindi, la diversificazione dello sfruttamento geotermico con nuovi sbocchi per le assunzioni, comprese quelli femminili; una vigorosa ripresa della iniziativa politica, non solo in fabbrica, ma sul territorio, che non miri a fare da supporto alla gestione del potere, ma che sollevi problemi, apra prospettive, maturi e faccia crescere le coscienze nel dibattito e nel confronto con gli altri.

         Questioni complesse, confuse, una ragnatela fittissima nella quale mi sento avviluppato e, spesso, impotente a liberarmene. Anch’io ho aggiunto confusione a confusione, altri dovranno dare risposte più precise, individuare le questioni profonde, i centri nodali su cui intervenire. La mia è una voce molto flebile e incerta che avverte un estremo disagio vivendo in mezzo ai lavoratori e alla gente. Avverte una regressione culturale, morale e politica dentro la Fabbrica, poiché sembra quasi che essa renda peggiori e non migliori gli uomini che vi entrano. Si potrebbe dimostrare con mille esempi quotidiani. Avverte anche che le prese di posizione su questi problemi e su altri che ci riguardano sono spesso dettate da demagogia o da ristretti interessi e ciò, quando viene da un partito come il nostro, mi sembra particolarmente grave, noi, che vogliamo costruire ed inventare il nuovo e che invece, per tanti aspetti, siamo ancora così legati al passato, al vecchio odiato sistema del quale siamo permeati. 

venerdì 4 agosto 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 29.


47. Brevi cenni sull’organizzazione interna della Fidae-Cgil di Larderello

         La struttura principale del sindacato Fidae-Cgil è rappresentata dalle Organizzazioni provinciali, le quali costituiscono, attraverso propri delegati, un Organismo sindacale, in particolare per le attribuzioni previste dal contratto di lavoro.
         Le strutture direttive a livello regionale con compiti di coordinamento sui problemi di strategia provinciali non corrispondono rigidamente alla suddivisione territoriale, ma sono organizzate là dove esistono consistenti gruppi di lavoratori elettrici. Pertanto abbiamo in Toscana, su nove province, ben quattordici sindacati provinciali, tra i quali quelli di Larderello, Prato, S. Barbara, Empoli e Viareggio.
         Il sindacato di Larderello costituisce circa il 10% della organizzazione Fidae della Toscana ed è al terzo posto, per numero di iscritti, dopo quello di Firenze e Livorno. Dispone di 5 membri nel Comitato direttivo regionale e di un membro in quello nazionale. E’ presente con propri membri nelle strutture unitarie di categoria ed in quelle confederali: zonale, provinciale e regionale. Il Comitato direttivo della Fidae di Larderello è formato da 24 membri eletti al 10° Congresso il 21 febbraio 1976. Tutte le cariche interne sono elettive. Con periodicità mensile  vengono tenute riunioni del Comitato direttivo, alle quali possono partecipare anche semplici iscritti che intendono vivere più da vicino la vita sindacale.
         Per la circolazione delle idee si tengono riunioni, aperte a tutti i lavoratori, anche delle altre categorie, iscritti e non iscritti al sindacato, nelle varie zone ove risiedono più consistenti gruppi di iscritti e si pubblica un “giornalino” ciclostilato “Informazioni Fidae”, in circa 150 copie[1].
         I contributi ritirati ai lavoratori, nella misura dello 0,60% del salario, sono ripartiti tra le varie strutture del sindacato, comprese le Camere del Lavoro Territoriali, la Cgil ed il Cud. Al provinciale di Larderello rimangono attualmente 400 lire mensili per iscritto (nel prossimo futuro saliranno a 500 lire). Con tale cifra pro-capite e con il totale mensile che ne deriva (circa 180.000 lire) è stato possibile garantire la presenza a tutte le trattative sindacali con le Direzioni dell’Enel (Pisa, Firenze, Roma), all’attività nella “Zona Boracifera” e, inoltre, ad attrezzare adeguatamente la nostra sede in Fabbrica con moderni strumenti (ciclostile, fotoincisore, fotocopiatrice, macchina da scrivere IBM elettrica a testine intercambiabili).
         La Fidae-Cgil di Larderello si presenta come un sindacato ringiovanito, ben articolato in tutti i posti di lavoro, con un buon numero di attivisti e con qualificata presenza in tutti gli Organismi di base (Cre, Cud, Arca). Al 31 maggio 1976, su 1452 dipendenti Enel, la Fidae-Cgil di Larderello registrava 476 iscritti, pari al 30,9% del personale, di cui 82 impiegati e 394 operai. Le donne iscritte sono soltanto 7. Negli ultimi anni l’andamento degli iscritti è stato il seguente:

1968 n. 440 (28,98% sul totale dei dipendenti)
1969 “  435
1970 “  434
1971 “  311
1972 “  359 (26,16% sul totale dei dipendenti)
1973 “  447
1974 “  460
1975 “  476 (30,90% sul totale dei dipendenti al 31 maggio 1976)

Dal 1 gennaio 1976 al 31 maggio 1976 abbiamo avuto un decremento di 18 unità: 11 pensionati, 1 deceduto, 2 in aspettativa, 3 militari, 1 dimissionario. Nello stesso periodo di tempo i reclutati sono stati 34. Nel corso di questi anni il numero dei dimissionari è stato insignificante. Il massiccio esodo conseguente all’applicazione della Legge n. 336, ha colpito in modo particolare la Fidae-Cgil che contava il maggior numero di iscritti tra i vecchi lavoratori della “Larderello SpA”. Infatti dei 440 iscritti dell’anno 1968 erano ancora in servizio al 31 maggio 1976 e iscritti alla Fidae, solo 104 unità. Ciò stà a significare aver reclutato in questo periodo ben 372 nuovi compagni!
         In Toscana, al 31 dicembre 1974, la Fidae-Cgil aveva 4604 iscritti (55% sul totale dei dipendenti). la Flaei-Cisl 3227 iscritti (38,6%), la Uilsp-Uil 533 (6,4%).
         Pur essendo ormai da  alcuni anni un sindacato inferiore nel numero degli iscritti, alla Flaesi-Cisl, all’interno della Fabbrica, dato che in Toscana si verifica soltanto nella struttura provinciale di Pisa, riusciamo a raccogliere un numero ben più alto di consensi in occasione delle elezioni che periodicamente si svolgono per gli Istituti previsti dal contratto di lavoro (Cre, Arca, C.I., Cam).
Al 31 dicembre 1972 la situazione degli iscritti alle Organizzazioni sindacali di Larderello era la seguente:
Fidae  311: 241operai  uomini, 8 operai donna, 62 impiegati uomini, 0 impiegati donna.
Flaei    680:  474    “           “      50     “          “       128      “            “        28    “            donna.
Uilsp:  111     72    “         “           2      “          “      37        “            “         0       “            donna.
Faile :     3      1    “           “          0      “          “      2        “            “         0       “            donna.    

         Da questi dati risulta che oltre l’80% dei lavoratori dipendenti è iscritto ad una delle quattro Orgnizzazioni sindacali esistenti nella nostra categoria all’Enel-Larderello.
Dal prospetto, peraltro incompleto, che  pubblichiamo in appendice di questo articolo, è possibile effettuare una verifica sull’andamento del voto dentro lo Stabilimento di Larderello, comprensivo quindi di tutte le Fabbriche, dal 1952 ad oggi. 

Ad una prima lettura di questi dati risulta evidente un fatto traumatico accaduto tra gli anni 1953-1955. Anche a seguito di massicce assunzioni di personale, la composizione interna della Fabbrica mutò profondamente. La Cgil, mantenendo i propri voti, ma non ottenendo nuovi consensi, perse oltre il 20%. Al contrario la Cisl, sindacato in sintonia con la Direzione Aziendale, ebbe un incremento del 20%. E’ questo il riflesso locale di una dura politica antioperaia: dal ricatto americano di togliere commesse di lavoro a quelle Imprese nelle quali i candidati della Cgil nelle Commissioni Interne ottenessero più del 50% dei voti, alla divisione ed allo scontro frontale tra le forze politiche e sindacali che culminerà nella famosa sconfitta della Fiom-Cgil alle elezioni per il rinnovo delle Commissioni Interne alla Fiat di Torino nel marzo 1955, allorché la Cgil perse per la prima volta la maggioranza assoluta, scendendo, nel 1957, al 21% dei voti complessivi.

Una seconda osservazione riguarda la tipologia delle elezioni. Quando esse sono state caratterizzate da linee politiche ben precise, riferite ai problemi della Fabbrica, come le elezioni per il rinnovo della Commissione Interna fino all’anno 1969, la Cgil ha mantenuto una posizione maggioritaria con percentuali intorno al 50%, percentuale che scende intorno al 40% per le elezioni a carattere Distrettuale o per il Cre, dove si registra una estesa non partecipazione al voto e dispersività, con voti di preferenza individuali espressi su tutte le liste. La terza considerazione ci dice che nelle ultime consultazioni la Fidae ha ottenuto sempre un numero di voti superiore a quello dei propri iscritti, anche se non è facile calcolarne l’entità, che approssimativamente si può stabilire tra i 100 ed i 150 voti, a dimostrazione che permane tra i lavoratori una vasta area di consenso per il nostro sindacato, consenso confermato dalle elezioni del Cre del 1 luglio 1976.
Da questa forza ci derivano notevoli responsabilità alle quali potremo far fronte solo con un impegno maggiore da parte di tutti gli iscritti, ma soprattutto degli attivisti, e con un ulteriore allargamento della base organizzata.
Dopo i successi riportati, notiamo un rallentamento nell’azione di reclutamento alla Fidae, azione che deve essere condotta, come sempre, alla luce del sole, senza demagogie e false promesse, rispettosa delle idee dei lavoratori ed estremamente corretta nei confronti delle altre Organizzazioni sindacali. Avendo sempre ritenuto che la carta vincente della classe operaia sia l’unità sindacale, per la quale ci siamo coerentemente impegnati al fine di superare o minimizzare le innumerevoli contraddizioni e gli ostacoli frapporti su questo cammino, ci siamo rivolti ai lavoratori ed in particolare ai giovani con un appello a rafforzare indifferentemente le tre Organizzazioni sindacali democratiche presenti in fabbrica.

Certo non possiamo tacere né nascondere che riteniamo il rafforzamento organizzativo della Fidae-Cgil un elemento capace di rivitalizzare il processo unitario, di portarlo su posizioni ancora più avanzate. Siamo consapevoli di nostri limiti, difetti, errori che abbiamo commesso in passato e che permangono in parte nel presente, ma come tutti i lavoratori potranno constatare, ci sforziamo di rendere sempre più credibile la nostra linea politica e nello stesso tempo di fare della nostra Organizzazione una “casa di vetro” dove tutto si svolga sotto gli occhi attenti, critici, di amici e compagni per raggiungere quella ambiziosa meta, il cui nome circola con sempre maggiore insistenza ad evocare una Società avanzata, libera e saggia: Partecipazione.



[1] Il numero “zero”di “Informazioni Fidae-Cgil Larderello”(IFCL), ciclostilato di 14 pagine, uscì il 21 aprile 1976. Dopo un periodo di rodaggio “IFCL” comincerà ad uscire ogni mese, con il numero 1, dall’8 febbraio 1977.