lunedì 30 ottobre 2017




I Volgari proverbi di Cinzio de’ Fabrizi
(nato negli anni ’70 del XV sec. – morto  nel 1530 circa)

Nel suo grandioso libro di 46 proverbi svolti in 42.000 versi, “Libro della origine delli volgari proverbi”, stampato da Cyntio de li Fabrizzi a Venezia nel 1526, irrompe la censura nella Serenissima, istigata dal Papa e dalla Curia Romana. L’autore, Aloisio Cinzio de’ Fabrizi (ovvero Aloyse Cynthio de gli Fabritii), nato negli anni ’70 del secolo XV (le prima notizie  si hanno nel marzo 1486) e morto attorno al 1530. Il libro fu messo al bando in tutto il mondo cristiano ed è impossibile stabilire che fine abbiano fatto le copie messe in circolazione, probabilmente quasi tutte furono cercate, trovate e distrutte, e rarissime furono conservate  segretamente da singoli amatori. Un secolo fa erano ufficialmente noti rarissimi esemplari, forse poco più di una dozzina. Oggi sono accessibili quello della Biblioteca Trivulziana di Milano e quello conservato nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, che è oltretutto di particolare interesse perché contiene, di seguito al testo a stampa, alcuni manoscritti di Cinzio e quattro sonetti. Le poche altre copie superstiti sono sparse in alcune biblioteche d’Europa e d’America, quando non geloso possesso di collezionisti privati, i quali, negli anni, si sono contesi il libro nelle pubbliche aste , dove, a lunghissimi intervalli, rapidamente appariva e scompariva a prezzi da capogiro! La prima edizione moderna, di 565 pagine in grande formato, è apparsa in Italia nel giugno 2007, per Spirali edizioni, e contiene 16 sonetti lussuriosi di Pietro Aretino illustrati da Giulio Romano. Ne diamo l’elenco senza inserirli nel testo del nostro Grande Dizionario dei Proverbi, al quale stiamo lavorando da quaranta anni, stante le difficoltà di trasposizione letterale.

La invidia non morite mai.
Ogni scusa ee buona pur che la vaglia.
Lettere non danno senno.
Chi non si può distender si ritragga.
Alli cani magri van le mosche.
Futuro caret.
Chi di gatta nasce sorge piglia.
La va da tristo a cattivo.
Ogni cosa ee per lo meglio.
Altri han le noci et io ho le voci.
Tu guardi l’altrui busca et non vedi il tuo travo.
Dove che ‘l diavolo non può metter il capo egli mette la coda.
L’è fatto il becco all’occha.
Perfina li orbi se ne accorgevano.
Chi pecora si fa lo lupo la mangia.
Chi non ha ventura non vada a pescar.
Si crede Biasio.
Non mi curo de’ pompe pur che sia ben vestita.
Chi fa li fatti suo’ non se imbrata le man.
Passato il tempo che Berta filava.
Meglio ee tardi che non mai.
A chi ha ventura poco senno basta.
Non ee più tempo di dar fen ad ocche.
Alli signali se conoscono le balle.
Tu vai cercando Maria per Ravenna.
Chi vuol amici assai ne provi pochi.
L’ha offerto le arme al tempio.
Chi così vuol così si abbia.
Prima si mutta il pelo che si cambia il vezzo.
Chi troppo vuole da rabbia mor.
La le va drieto qual la matta al fuso.
Chi troppo si sotiglia si scavezza.
Infra la carne et l’unghia alcun non punza.
Il non eeoro tutto quel che luce.
Guastando s’impara.
Ogni cuffia scusa di notte.
Rebindemini.
Dove che ‘l dente duol la lingua tragge.
Ciascun si aiuta con i suo’ ferrizuolli.
Per via si contia soma.
L’occhio vuol la sua parte.
Ciascun tira l’acqua al suo molino.
La necessità non ha legge.
Fuge rumores.

Pissa chiaro et en caca al medico.

domenica 29 ottobre 2017








Oggi, visita ai miei parenti, con qualche fiore.

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro? Ove piú il Sole
per me alla terra non fecondi questa
bella d'erbe famiglia e d'animali,
e quando vaghe di lusinghe innanzi
a me non danzeran l'ore future,
né da te, dolce amico, udrò piú il verso
e la mesta armonia che lo governa,
né piú nel cor mi parlerà lo spirto
delle vergini Muse e dell'amore,
unico spirto a mia vita raminga,
qual fia ristoro a' dí perduti un sasso
che distingua le mie dalle infinite
ossa che in terra e in mar semina morte?

Il mio paese natio ha un grande e bel cimitero sulla collina del Piano a Gello. Gli antichi cimiteri, abolito l’uso delle sepolture sotto il pavimento delle chiese, furono, nel medioevo, nel prato antistante la Chiesa del SS. Salvatore, nell’orto della Canonica e, dopo le leggi napoleoniche sull’igiene, sulla Via Maremmana, poco a monte della “ghiaccèra”. Il nuovo cimitero, distante dal paese 980 metri, venne inaugurato il 30 settembre 1888, e fu progettato dall’architetto Antonio Talanti, uomo che “con i disegni e coll’opera sua gratuita” lo fece edificare. Furono oratori della cerimonia Achille Pierattini e Rodolfo Niccolini. La Banda Musicale suonò la marcia dedicata all’ing. Antonio Talanti, progettista dell’opera e Direttore della Società Boracifera Fossi dove lavoravano 70 e più operai del paese. Accollatario dei lavori fu Giuseppe Cigni. La sorte di esservi sepolto per primo toccò ad un povero ed onesto operaio morto il sabato seguente, 6 ottobre. Il prete, per non durar fatica, ritornò indietro dal trasporto ed ebbe violente critiche. Nel corso di pochi mesi si susseguirono incessanti le esumazioni dal vecchio cimitero e le inumazioni nei posti distinti del nuovo di: parenti della vedova Amabile Serri, della vedova Teresa Bruscolini e dei signori Burchianti Basilio, Bruscolini Olinto, Pierattini Camillo. In particolare la salma di Ferdinando Bruscolini, nato a Castelnuovo il 31 dicembre 1830, morto l’11 luglio 1888, marito di Teresa Castroni e padre di Emilio,  fu la prima traslata nel nuovo cimitero. Vista la notevole distanza del nuovo cimitero dal paese la Confraternita di Misericordia chiese al comune la costruzione di un carro funebre. Intorno ai lati del cimitero vennero piantati i cipressi. La costruzione possedeva le cappelle gentilizie, un terrapieno per i posti “distinti”, un sotterraneo con le cellette, ed un vasto campo comune per le inumazioni. Nel campo non vi erano lapidi, né tombe monumentali, ma solo croci di legno. Un muro perimetrale circondava tutto il camposanto.

Adesso molte cose sono cambiate e i “regolamenti mortuari” comunali, vengono  frequentemente aggiornati. Il Cimitero è stato ampliato, anche se la rotazione delle sepolture non va’  generalmente oltre i 25 anni. All’esumazione delle salme i parenti possono raccogliere le ossa del morto e deporle in piccole “cellette” in muratura, nelle quali  saranno conservate a lungo, anche se non  in eterno. Altrimenti il “becchino” collocherà le ossa nell’”ossario comune” mischiandole a quelle  di migliaia di compaesani. Le sepolture sono diminuite, sia per la scomparsa degli “angiolini”, cioè le morti dei neonati o infanti, sia per la diminuzione della popolazione, e sia per l’uso abbastanza frequente della”cremazione” e dello spargimento delle ceneri nei luoghi previsti. Inoltre i “loculi” o “fornetti” in muratura, non sono più concessi in eterno, ma a tempo limitato, credo di 98 anni, forse rinnovabile una o due volte. La sepoltura nel campo comune  è gratuita mentre l’acquisto dei loculi risulta piuttosto oneroso. Ma su qualche dettaglio mi posso anche sbagliare! Personalmente non sono molto interessato a queste problematiche, dato che (salvo ripensamenti dell’ultima ora), intendo farmi cremare e le ceneri disperse nei luoghi prestabiliti dalla legge.


Naturalmente, la pietà filiale, e il legame d’amore che mi ha unito a parenti ed amici, mi porta spesso a fare una visita al nostro cimitero, e non solo, ma anche a quelli degli altri borghi e campagne del più vasto territorio. Oggi ho portato fiori a cinque familiari nati nell’Ottocento; a due cugine ed un cugino, ad uno zio e una zia e, naturalmente anche alla lapide dei 4 partigiani. Inoltre ho fatto visita a molte altre tombe.  C’era un bel sole, l’aria ancora tiepida e il poco brusio non rompeva la quiete dei morti. 

venerdì 27 ottobre 2017






Alla Crocina di Pietralata.
             
                    a Wang Wei

Salgo il Monte lentamente
nel bosco che si prepara al letargo
meditando sulle stagioni
della mia lunga vita
amandole tutte
e senza aver paura  dell’ultima
che incombe.

Di tutte le bellezze del creato
amo il silenzio dei ricordi
i perduti sentieri e i casolari
le fonti ed i ruscelli
le pasture e i pinastri
piegati dal vento.

Ed anche il sogno bambino
al luccicar oltre le colline
dell’orizzonte chiamato mare.

Ormai mi sento immerso
In questa quiete, tra cime
e rocce, alberi e  palero,
e la magia della sera
che rapida cede
al fuoco del grande sole
che muore.

L’anima mia è scevra
delle passioni antiche e nuove
e dolcemente s’affida
alla tenerezza  che s’innalza
sopra la polvere e la vanità

del mondo.

mercoledì 25 ottobre 2017






Sulla via del Monte.

Era già tardi quando mio nipote ed un suo amico hanno deciso di andare nel castagneto del Monte a raccogliere una manciata di castagne, nonostante che io l’ammonissi che ormai di castagne non ce n’erano più! Comunque li ho accompagnati volentieri pensando di lasciarli  almeno un’ora nel bosco intorno al vecchio Campo Sportivo, mentre io sarei andato lungo la  carrareccia che va in Pietralata, almeno fino alla Fonte di Chioppi.  Il sole calava dietro i Pagliaioli e il bosco s’incupiva lentamente. E’ questa la  strada che percorrevo bambino per raggiungere, dal podere dove abitavo, la prima classe elementare, sotto la Voltola.  La strada delle mie primigenie paure e della mia solitudine. Dopo l’ho percorsa anche con gioia insieme alla mia fidanzata e poi sposa, in una delle più romantiche passeggiate. Era anche la strada preferita da mio padre quand’era pensionato e si era dedicato con passione alla caccia. La faceva volentieri in salita, per riposarsi al ritorno, in discesa! Lui lasciava sempre sul suo cammino dei segni, come le catastine di pietre, e proprio una l’avevo nella mente,  nel luogo preciso dove l’aveva alzata. La volevo ritrovare mezzo secolo dopo. Così ho pensato a lui  ed anche alla mia poesia “La dolorosa felicità”, nella quale canto del poeta cinese Wang Wei (699-759), uno dei miei amati. In quel monte, “sul finire del giorno”senza “incontrare nessuno”, mi sono immedesimato  nel suo “solitario viandante":

Nel solitario monte
                non incontro nessuno,
non odo che l’eco
                di voci umane.
Obliqui entrano i raggi
                nel profondo del bosco,
il riflesso si leva
                dal verde muschio.

Sul finire del giorno
                appare freddo il monte.
Ma s’attarda ancora,
                solitario, un viandante.
Nulla conosce
                del segreto del bosco:
non resta
                che la traccia del daino.

lunedì 23 ottobre 2017

GINEVRA GUALERCI, UNA GIOVANE ARTISTA.

Nell’ambito delle tante interessanti manifestazioni che si sono svolte a Castelnuovo di Val di Cecina (PI) nell’ambito della grande festa annuale “CASTAGNALANDIA 2017”, mi ha colpito in modo  estremamente positivo, la mostra-mercato di manufatti in ceramica policroma, della giovane artista ventenne GINEVRA GUALERCI, castelnuovina.

Ginevra si è diplomata all’Istituto d’Arte di Volterra elaborando il saggio finale sulla scultura e il disegno dell’alabastro e, successivamente si è iscritta a Corsi specialistici di formazione sulla ceramica, aprendo un suo laboratorio a Massa Marittima (GR).  In questo Laboratorio, in circa due atti di intenso lavoro creativo, si è dedicata alla ceramica, trattata con tecniche varie, dando vita ad una produzione notevole di pezzi unici di originale fattura e di bellissime colorazioni, motivi più vari, sia ripresi da reminiscenze dell’arte antica, sia di moderna concezione, il cui tratto dominante  lo riassumerei  in “un inno alla gioia e alla felicità”, tanto è leggera  e smagliante  la sua tavolozza.

Un aspetto particolare degli oggetti esposti e molto apprezzati dai tantissimi visitatori,  è la tecnica del “RAKU”, tecnica di origine giapponese evocante la filosofia ZEN e l’armonia delle piccole cose, spesso oggetti di scambio tra gli ospiti  nelle sale da the, come le tazze. L’effetto decorativo, con i suoi riflessi metallici smaglianti,  dovuti alla particolare tecnica di cottura, rendono tali oggetti estremamente originali.

Credo che di Ginevra e della sua arte  e del suo talento creativo ne risentiremo presto parlare!





Per contattare GINEVRA:  ginegual@gmail.com o telefono 389 684 5967. 

domenica 22 ottobre 2017


 Gabriella è la terza da sin a dx.
Fabio Fiaschi a sin. e il Sindaco Alberto Ferrini.

CASTAGNALANDIA 
A CASTELNUOVO DI VAL DI CECINA, 
21-22 OTTOBRE 2017.

Ieri si è aperta la due giorni di “CASTAGNALANDIA” un festa che richiama l’antico frutto e cibo dei “castelnuovini”,  la castagna “il cibo dei poveri” che ci offrono i grandi boschi di castagno dai quali è circondato l’antico Borgo.  Certamente, dal  Medioevo ad oggi, molte cose sono cambiate, e la castagna  è solo un frutto saporito che matura in autunno, nei castagneti non ci sono più gli antichi “seccatoi”,  né esiste il cosiddetto “ruspo” quando i proprietari concedevano alla Comunità la possibilità di entrare liberamente nei boschi a raccogliere castagne  o a farvi pascolare i maiali. Oggi  tuttavia i dolci a base di farina di castagne, o i frutti stessi bolliti, castrati, arrostiti, oppure il famoso brodo marrone fatto con le castagne secche, i “biscottini” e il "castagnaccio", sono rientrati nella cucina tradizionale come piatti  assai ricercati!

E’ una bella Festa che si realizza grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale sostenuta da moltissimi Volontari e Associazioni  locali, che richiama moltissime persone. L’associazione culturale “IL CHIASSINO” e il suo Grruppo Fotografico, hanno realizzato due bellissime mostre: una, presentata dal fotografo Fabio Fiaschi di Volterra,  con le foto scattate dai fotografi locali al complesso edilizio dell’ex Manicomio di Volterra, immagini molto drammatiche che testimoniano la decadenza degli edifici, e il loro dissolvimento stante l’incuria e il vandalismo; l’altra, presentata dal Sindaco Alberto Ferrini,  è una mostra retrospettiva con fotografie degli anni ’50 del Novecento, prestate da privati cittadini. Io, e gli altri compaesani della mia età, che in quegli anni stavamo diventando “uomini” e “donne”, abbiamo provato moltissime emozioni a rivedere e indicare ai più giovani luoghi e persone,  delle quali molte sono scomparse ad oltre sessanta anni d’allora.

Mi hanno emozionato particolarmente le immagini della mia nonna  materna e di alcune mie zie, ed anche una nella quale c’ero anch’io (1955) seduto alla mensa nuziale di un cugino; in più quella di una quasi parente (avevamo una zia in comune), allora di 14 o 15 anni di età, Gabriella, morta recentemente.  E poi tante altre, naturalmente!  


Grazie a tutti i volontari, ai curatori delle Mostre, ai cuochi e agli addetti al grande braciere delle arrostite, agli artisti, agli espositori di abiti, ai figuranti, ai musicanti…e a tutti gli altri  che vi hanno collaborato! 

sabato 21 ottobre 2017




19 ottobre 2017, passeggiata sulla “GRANDE INCOMPIUTA, la variante a Monte di Castelnuovo.


Per fortuna (si  dice così per non piangere!) la strada-variante a monte del paese di Castelnuovo di Val di Cecina che avrebbe dovuto convogliare il traffico pesante che attualmente transita attraverso il centro storico del paese, con non indifferenti  problemi di circolazione, pericolo pubblico, danni alle case e inquinamento dei gas di scarico, vibrazioni, rumorosità…E’ ANCORA CHIUSA! Ma non tutto il male vien per nuocere: perché ciò consente agli abitanti, di poter fare una bella passeggiata in sicurezza attraverso bellissimi panorami. Credo che ormai sarà difficile riprendere i lavori per renderla transitabile. Le RESPONSABILITA’ SONO EVIDENTI: lavori male progettati e male eseguiti e peggio ancora  malissimo CONTROLLATI!  Racconto un breve colloquio che feci cinque o sei anni fa con un turista tedesco che incontrai  su questa strada nei pressi della Fontaccia. Seguiva uno dei percorsi  di trekking per salire all’Aia dei Diavoli e sbucò su questa nuova grande strada. Mi chiese cosa fosse quest’opera e perché non c’erano automezzi in transito. Gli spiegai alla meglio che essa era chiusa causa frane. Gli chiesi anche quanto si impiega in Germania a costruire una superstrada di circa 2 Km, tanti sono (circa) quelli di questa strada. Mi rispose che – non tenendo conto della progettazione – i lavori si svolgono normalmente in pochi mesi! Pochi mesi? Ma qui sono passati degli anni, e ancora di aprire la strada non se ne parla! Anzi, per essere più precisi, la sua progettazione iniziò circa 30 anni fa’!  Quando incontrai il giovane tedesco (2011) era il periodo dell’enorme differenza tra la Germania e l’Italia, il famoso spread, cioè il differenziale di rendimento tra i titoli di stato Italiani e quelli Tedeschi, cioè l’indice dell’indebitamento pubblico e dell’inflazione, che era passato da 24 nel 2006 (Governo Prodi) a 574 nel 2011 (Governo Berlusconi), spread giudicato drammatico! Di fronte a lui mi sentii piccino, piccino. Ultimamente le cose sono andate un po’ meglio e lo spread è attualmente a 159,20! Ma la strada?

venerdì 20 ottobre 2017




PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 45.


62. Testimonianze: storia di un antifascista di Castelnuovo

Apriamo con questo numero una nuova iniziativa di carattere strettamente locale, inerente a fatti, personaggi, storie, folklore, letteratura, riferentesi al passato ed al presente delle nostre Zone. Lo facciamo pubblicando la testimonianza di un antifascista di Castelnuovo, un operaio, vittima di violenze e soperchierie che, alla Liberazione, nell’estate del 1944, vecchio e ammalato, scrive al Comitato di Liberazione Nazionale chiedendo finalmente giustizia per ottenere la piccola pensione sociale che gli spetta. Infatti il fascismo non fu soltanto quello delle grandi disfatte nazionali, ma fu quello più oscuro, che si accanì contro la gente semplice ed onesta, e del quale mancano concrete rappresentazioni. L’invito dunque a ricostruire un passato che ci appartiene e che non vogliamo dimenticare.

“…Il 1923 ero a Ravi, provincia di Grosseto, affittuario di terreni e venne il fascismo e perché non volli entrare nei fasci fui perseguitato con la mia famiglia. I miei quattro figli furono purgati più volte e bastonati e furono in letto per quindici giorni e dopo processati a Grosseto però non trovarono crimine per condanna. Il maggiore dei figli fu preso in casa da una diecina di fascisti della miniera del cavalier Ferruccio Marchi, comandati da Renato Barbafiera, capo servizio della miniera, fu preso e portato poco distante, lo picchiarono a morte fu trovato dopo molte ore da due uomini nella fossetta della via. Fu portato dai due uomini in letto e dopo allo spedale di Massa a medicarsi. Tutti i giorni si aveva delle brutte visite, una notte vennero una trentina per uccidermi non poterono entrare in casa perché chiusi bene, spari di pistola e tubi di gelatina sfondarono il tetto e una stanza. Sempre perseguitati fui costretto a lasciare il poderello affitto che avevo ancora sei anni a finire il contratto. Tutte queste persecuzioni per comando di Barbafiera Renato segretario politico del fascio di Ravi.

         Tornato a Castelnuovo seguì un carteggio tra i due fasci e non si poteva trovare lavoro, sette mesi disoccupato e più volte schiaffeggiato. Avevo fissato una casa in compra per famiglia ci si traversa il fascio dovetti renunziare al fissato. Dopo tanto i miei figli furono presi alla Boracifera, ma dopo pochi giorni furono licenziati. Fui costretto fare una capanna per lavorarci io, di barlettaio, ma veduto lavorare i fascisti mi fecero mettere una tassa di ricchezza mobile di duemila lire! Fui consigliato a renunziare al mestiere con atto di notorietà e avevo avuto l’avviso spedisco la mia renunzia non fu accettata perché tardiva e io lavorando non guadagnavo per pagare la detta tassa.

         Ci erano le richieste per l’operai per la Francia (e  tre figli) fanno dimanda al Comitato a Lucca, fanno i fogli al Municipio e Provincia e partono. Dopo un anno uno fa richiesta per la moglie fanno i fogli ma all’ultimi giorni di partire S.S. impiegato comunale smarrisce e non può partire fu costretta a raccomandarsi al principe Ginori e con la sua parola fu trovato tutto e partì.  Ed io fui chiamato più volte in caserma dai carabinieri e mi facevano minacce di calugne e più volte perseguitato in casa.

         I miei figli fanno richiesta a fratello per la Francia fanno i fogli ma S.S., all’ultimi giorni per partire smarrisce i fogli e non si può più partire. I miei figli fecero richiesta per me e per sua madre si fanno i fogli all’ultimi giorni venne Gino Sardelli, squadrista manganellatore soldato volontario con i tedeschi, mi aggredì alle spalle si avvicinò AM e OB agenti della milizia fascista uno a destra altro a sinistra e mi picchiavano e mi condussero alla porta della mia casa.

         Avevo i fogli in regola e dovetti partire di notte per la Francia fuggiasco come un delinquente perché volevano levarmi i fogli per non farmi partire più. Si partì per la Francia. Dopo 10 anni rimpatrio con mia moglie e con fogli tutto in regola con il Console Italiano. Si arrivò a Bardonecchia ci fa fermare il Comitato di rimpatrio per 24 ore ci da da mangiare e da dormire eravamo più di duecento che si rimpatriava ci fece biglietto pagato fino a ultima stazione di ferrovia e una lettera a Podestà del nostro paese che ci deve dare lavoro di preferenza o pensione ai passati di età senza distinzione di colore e sussidio rimpatrio avete tutti il medesimo diritto si raccomandò più volte che si adempisse i suoi ordini.

         Presentai documenti rispose che dovete fare domanda alla Prefettura così feci. Dopo tanti viaggi per sentire la risposta ci erano voci di smarrimento ma dopo 14 mesi venne risposto perché sovversivo non avevo diritto. S.S mi presentò alla Prefettura anarchico pericoloso e per questo non ho avuto nulla”.


martedì 17 ottobre 2017





PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 44.

61. La Fnle-Cgil, i dirigenti dell’Enel, l’assenteismo e gli sprechi (di parole e d’altro)


         Recentemente la Democrazia cristiana dell’Alta Valdicecina ha diffuso un documento nella nostra Fabbrica contenente attacchi alla Fnle-Cgil che vogliamo chiarire perché, a nostro parere, strumentali e non corrispondenti alla verità.

         Sarebbe facile, e i lavoratori lo sanno, scendere sul terreno dell’attacco alla Dc per questi 30 anni di malgoverno, di clientelismo, di mafia, di corruzione che hanno portato il nostro Paese nella situazione di grave crisi: economica, sociale e morale; situazione che vede i lavoratori e le loro organizzazioni sindacali impegnati per dare una prospettiva di avanzamento, di piena occupazione, di dignità nazionale, che soprattutto questo partito ha eluso.

         Ma per venire ai fatti nostri, cosa ci viene addebitato? Ecco di seguito i principali punti e le nostre risposte:

1)    “...la vertenza energia e l’impegno per dare uno sviluppo alla Zona sono stati principalmente forniti dalla Dc e dalla Flaei-Cisl”.
R. Per quanto ci riguarda precisiamo che la Fidae-Cgil, fin dallo sciopero del 1972 che sbloccò nella Zona le assunzioni, fu alla testa del movimento e non solo nella elaborazione dei programmi, ma nelle lotte, nelle manifestazioni, negli incontri effettuati a tutti i livelli. In verità, molto spesso, gli assenti erano proprio loro, i dirigenti democristiani. Nei recenti incontri di Roma e Chianciano ci pare che il contributo maggiore lo abbiano ancora una volta fornito le Organizzazioni sindacali e, se andiamo a vedere i verbali e la lista dei partecipanti, non sarà difficile individuare chi su queste cose si è veramente impegnato.

2)    “...la Fidae fa l’amore con i dirigenti dell’Enel, dei quali solo uno è democristiano”.
R. Ci sembra di cogliere un accorato rimpianto verso “tempi migliori” quando “tutte” le posizioni di comando erano nelle mani dei democristiani; certo l’azione di democraticizzazione ha investito ed investe tutti i livelli della Società e anche tra la classe dirigente, molto lentamente, si notano uomini e posizioni che tendono al rinnovamento (recentemente si è costituita l’Udda, Unione Dirigenti Democratici di Azienda). Abbiamo cercato, in questi ultimi tempi, di non fare un discorso generico e negativo sui dirigenti dell’Enel, ma un discorso critico che permettesse l’affermarsi delle posizioni più rispondenti alla gestione dell’Ente e agli interessi dei lavoratori. Per quanto riguarda Larderello abbiamo cercato di valorizzare “l’insieme delle nostre attività”, tenendo presente che nell’ambito del Compartimento, per avere maggior peso, occorre realizzare una struttura unitaria e sufficientemente forte dal lato organizzativo. Al di là delle persone (non tutte da buttar via!) ci premeva, e lo abbiamo fatto, rivendicare per Larderello un adeguato staff dirigenziale e dare piena funzionalità a tutti i dirigenti esistenti nell’ambito della geotermia, spesso dequalificati o nascosti in mansioni fantasma. Noi non sappiamo quale tessera abbiano in tasca i dirigenti con i quali ci incontriamo e dibattiamo i problemi. Non abbiamo lesinato e non lesineremo critiche nei loro confronti e i compagni e gli amici sempre presenti alle discussioni possono comprovarlo. Comunque i democristiani locali farebbero bene a leggere il volantino del Gip/Dc Enel di Firenze del 13.12.1976 dove, apertamente, si giustifica l’arbitraria nomina dei 115 Dirigenti, giudizio coerentemente in linea con le risposte del sottosegretario Dc, Carta, il quale, anziché esprimere quanto meno una riserva sulle decisioni ed annunciare una indagine sulle promozioni (tanto più scandalose nel momento in cui, da un lato si procede a nuovi aumenti delle tariffe elettriche e, dall’altro, si invoca una politica di austerità), ha colto il destro per fare uno smaccato elogio del gruppo dirigente dell’Enel. Questo gruppo è stato infatti presentato come un campione di oculata gestione della cosa pubblica!

3)    “...l’assenteismo non è una piaga. Ci sono pochi lavativi. Ci sono però quelli che si presentano la mattina per fare la presenza e poi non si vedono più”.
R. Più che ai “dirigenti” democristiani vogliamo rivolgerci ai lavoratori in generale. Essi conoscono le nostre posizioni rigorose su chi, violando il contratto di lavoro, fa dell’assenteismo in modo scoperto. Sono note anche le nostre posizioni sull’assenteismo occulto, spesso tollerato dai “capi” in virtù del detto “oggi a te, domani a me!”, che in genere viene consumato nei reparti meno produttivi e dai colleghi con una scarsa coscienza politica, comunque sempre pronti a fare i salvatori della Patria durante gli scioperi. E’ anche per questo che vogliamo condurre a fondo l’inchiesta sul personale occupato a Larderello. Ma da alcune parti si vogliono considerare “assenteisti” anche i compagni e gli amici che lavorano nel sindacato e nei vari organismi di Fabbrica, in modo da screditarli agli occhi dei lavoratori. Diciamo chiaramente che, al di fuori di singoli e sporadici casi, la vita del sindacalista è molto intensa e la sua giornata di attività va ben oltre il normale orario di lavoro. La nostra è una grande Fabbrica, con tanti problemi che i sindacalisti si trovano quotidianamente a dover affrontare e risolvere. Nel sindacato non ci sono bardature organizzative, non c’è da prendere la B1 o la BS per mansioni evanescenti, c’è spesso da lavorare in modo oscuro con un sacrificio che ricade essenzialmente su altri, i nostri familiari. Non vogliamo diventare “funzionari”, ma restare legati al lavoro e per questo, senza ricorrere a permessi consistenti e forme di distacco, preferiamo alternare, quando possibile, l’attività di lavoro a quella sindacale. E, crediamo, anche nell’interesse dell’Ente. Per essere “assenteisti” non importa assentarsi dal lavoro. Negli Uffici ci sono decine di persone che passano tutti i giorni delle ore a far politica, a discutere se i comunisti andranno o non andranno al Governo, a dir male dei sindacati e dei lavoratori, a scrivere manifesti, ordini del giorno, volantini, bilanci di Circoli e così via... è noto a tutti e non ci vuole molto ad individuare di chi si tratti.

Sugli sprechi.


Tra i tanti sprechi di parole (anche noi ne facciamo, non riuscire a star zitti è il nostro lato debole!), ci sembra che i democristiani dovrebbero fare più attenzione e agli argomenti e al tono e alla brutalità del loro ultimo comunicato. Ma si sono mai chiesti (visto quell’unico dirigente democristiano che fanno bene a tener caro come “le cose sante”) con quali soldi sono state costruite e mantenute le loro principali sedi nella Zona? Con quali soldi risanate le parrocchie? Pagati mensilmente preti e suore (anche se non tutti, per la verità)? Mantenuto luce, acqua, gasolio, vapore, a varie Opere assistenziali? ecc. ecc... per seculo et seculorum? Noi non crediamo che questi milioni siano sborsati dall’unico dirigente democristiano e affermiamo che sarebbe l’ora che cominciasse a farsi strada l’idea di finirla una buona volta con il sottogoverno e la politica clientelare che poi, nel loro ambito, ci fanno venire in mente certi scandali Loocked, Hercules, Egam, Iri, Petrolio, dove, guarda caso, gli imputati sono tutti iscritti alla Fnle-Cgil!

sabato 7 ottobre 2017




PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 43.

60. Arca-Cre: strumenti importanti per l’unità e l’elevazione socio-culturale dei lavoratori[1]

 ARCA = Attività ricreative culturali assistenziali dei lavoratori dell'ENEL, su base regionale.
CRE = Circoli ricreativi ENEL, su base provinciale.


        
         In genere nei nostri Congressi e anche nelle riunioni del Comitato direttivo, si parla poco o niente dell’Arca e del Cre, delle attività, dei problemi del tempo libero e della cultura. Si da per scontato che a gestire questi settori siano gli “specialisti”, quelli eletti una volta ogni tre anni, e che, in fondo, passato il momento del voto e l’esame di
quanti compagni ed amici risultano eletti per questo o quel sindacato, non ci sia più tanto da fare.
         Tra i lavoratori (quelli veri, non i mitici protagonisti della lotta di classe!), c’è disinformazione, sottovalutazione e qualunquismo. Non a caso si identificano questi organismi col nome di “comitati dei sollazzi”.
         Io credo che, grazie all’impegno e al sacrificio, presente e passato, di chi ha operato nei Cre e nell’Arca, siano stati fatti passi avanti per superare una visione corporativa, di elite, nella gestione delle attività ricreative, culturali e assistenziali, anche se, sostanzialmente, non molte innovazioni ci hanno caratterizzato rispetto alle vecchie gestioni padronali, almeno quelle più avanzate, come a Larderello.
Occorre rapidamente recuperare il tempo perduto tenendo presenti due obiettivi di fondo da raggiungere: l’unità sostanziale delle gestioni Arca e Cre, attraverso la più ampia partecipazione di base, e il coinvolgimento diretto dei Consigli di fabbrica e dei sindacati, e l’elevazione socio-culturale e politica dei lavoratori.
Occorre pertanto superare sul territorio il frazionismo organizzativo tra Cre e Cre, attuare iniziative coordinate, meno settoriali e dispersive, arrivando all’unificazione reale di Arca (intesa come lo strumento politico del coordinamento) e dei Circoli che direttamente dovranno essere rappresentati a questo livello.
Occorre inoltre, a mio avviso, intensificare gli sforzi di unificazione di strutture ed esperienze con altri Circoli Aziendali e con quelli presenti sul territorio (Arci-Acli-Endas) in modo da assolvere sempre più l’importante ruolo di aggregazione popolare e pluralista fondamentale per la crescita della democrazia e della circolazione delle idee.
         E’ fondamentale inoltre attuare un attento esame autocritico delle attività svolte, in modo da evidenziare quelle che vanno eliminate o ridotte, perché concepite in un’ottica individualistica, egoistica, di consumismo e di privilegio e dare più ampio spazio all’iniziativa culturale e ricreativa, basata su più ampi momenti partecipativi, sia dei lavoratori elettrici che dei cittadini in genere.
         Uno dei settori prioritari dovrebbe essere quello culturale. Ma non una cultura per eletti, o da subire in forma passiva, ma bensì un’attività basata sulla discussione, sul confronto e sull’approfondimento dei problemi sociali, storici, ambientali, produttivi, ideologici, artistici, che costituiscono il patrimonio di lotte e di evoluzione della società italiana. Quindi teatro, cineforum, conferenze-dibattito, ricerche per i giovani, visite guidate alle Istituzioni culturali, scambi di esperienze con altri lavoratori, iniziative promozionali verso gli studenti...
Troppe volte si parla di cultura per abbellire programmi e dare tono a noi stessi. Le attività poi sono altre, e queste sì, assorbono impegno e buona volontà, e interessano settori più prosaici come il servizio di assicurazione auto (RCA), le convenzioni per acquisti di articoli commerciali, il panettone, la gestione di bar, gli spacci aziendali o, la versione più aggiornata: il semi-ingrosso...tra l’altro effettuate non sempre con vantaggi economici reali (il vantaggio politico è senz’altro negativo), perché non solo queste attività perseguono il mantenimento di compartimenti stagni tra i lavoratori e tra i cittadini, ma distolgono energie preziose da altri settori e aggravano i costi, per la loro parte, di un Ente dissestato.
Ricordo ancora con grande amarezza un cartello stampato a grossi caratteri ed esposto in un negozio di San Giovanni Valdarno, diceva: “Questo negozio pratica lo sconto del 10% ai dipendenti dell’Enel”. Era là, sul Corso principale, in bella vista, e credo che non facesse aumentare le simpatie per i lavoratori elettrici.
Non siamo soli. L’Italia è una jungla di privilegi apparenti, di guerre tra poveri combattute con le armi più strane, di stratificazioni sociali, di silenzi legati al mantenimento del voto o della delega.
Forse è proprio per tali ragioni che dovremmo tutti insieme lavorare di più intorno a questi problemi e avviare un cambiamento profondo, che dia la prospettiva e la misura di quell’altro cambiamento, sulle cose piccine della nostra vita che poi, a ripensarci, e moltiplicandole per le miriadi di esperienze in atto, non sono più tanto piccine e marginali.



[1] Un lavoro più esteso si trova in un saggio che traccia le linee dell’evoluzione dell’associazionismo e del Cre nell’area boracifera, gc., dts., pp. 19, 17 dicembre 1975.

mercoledì 4 ottobre 2017









Sentieri.

Cammino ormai sul “Viale del Tramonto”,
circa cinque chilometri di bella strada piana,
ombreggiata, silenziosa e fiorita
in ogni stagione, lungo il torrente
Pavone che s’ode a volte impetuoso.

Le voci del mondo svaniscono
nel lieve mormorio del bosco che sovrasta,
mentre nell’anima affiorano,
tra banchi di evanescente  memoria,
i lontani ricordi di viottoli e tratturi
sui quali lieto ed instancabile
correvo, incontro ad un lento futuro.

Ora i sentieri son tutti inselvatichiti
e non conducono a nessun luogo
dell’anima, della mia anima,
e non c’è con me, dei mie più cari
amici, chi rimembri quei giorni felici.

Potrei elencare una bella
sfilza di nomi di sentieri perduti
e di vecchi, donne  e ragazzi di Borgo
e Castello, che s’incontravano
lieti con i loro fastello.

Ed anche di chi m’era compagno
e parente tenendomi per mano,
e quelli, i più cari, delle ragazzine
dei primi amori a cercar funghi
o raccogliere bacche e fiori.

Ieri ho provato a percorrerne uno
che sale sul monte, tra i miei preferiti:
il fontanile è crollato
inghiottito dai rovi, il sorbo
maestoso è stato tagliato,
le magre viti che maturavano
tardive, uve mai vendemmiate
preda ambita di  tordi, vespe e calabroni,
da anni divelte e seccate,
e il minuscolo stagno – ora interrato –
dove stanchi migratori si posavano
prima del grande volo.

E, più in alto, su’ su’,
oltre la Fontaccia si saliva
– ed ora mai più -
alla capanna del Fiornovelli
– già allora franata – e ancora più su’
alla Crocina di Pietralata
sulle bianche rocce e infine, sul pianoro
della Rosa dei Venti all’Aia dei Diavoli.

Era la vetta, non la fine, e all’orizzonte
il mare tremolava di bagliori d’oro.
In quella solitudine non mi sentivo solo,
ma impavido, agile e forte
senza timor di morte,
scendendo dalla Fonte della Pottina,
nei Lastroni, ricongiungevo il magico anello,
felice.

Si dice: “E’ la vita!” Oggi le carraie
ed i viottoli sono le autostrade
elettroniche, in più alle rotte
aeree internazionali
ed arterie di metropoli
inquinate, e, forse, anche per i miei
nipotini questa è felicità!

Forse solo virtuale, o, forse,
anche loro, quando saranno
vecchi ricorderanno di aver fatto
“l’accampamento” al margine del paese,
ragazzi e ragazze insieme
con i telefonini accesi,
di ultima generazione,
ma ognuno il suo!