PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.
CAP. XIV
22. La presenza in fabbrica del Pci
apre prospettive di avanzata unitaria per lo sviluppo produttivo e per una
maggiore tensione morale e ideale tra i lavoratori (1977)
“Non
ci sono sforzi, per quanto grandi, che la classe operaia ed i lavoratori non
siano capaci di compiere, se essi servono a realizzare un grande obiettivo di
sviluppo e di rinnovamento della Nazione. E proprio questo è il momento, sia
degli sforzi, sia della lotta stringente e decisa per grandi obiettivi di
trasformazione, per grandi mète sociali, politiche e ideali. E perciò questo è
anche il momento in cui deve balzare in primo piano la partecipazione
democratica, l’intervento continuo dei lavoratori e dei cittadini e soprattutto
la funzione che ha un Partito come il nostro nell’orientamento e nella lotta
delle grandi masse. Quale altra formazione politica potrebbe fare le nostre
veci nell’assolvere questa funzione?”
Così il compagno Enrico Berlinguer si
esprimeva nella sua relazione al Comitato centrale del Pci il 18 ottobre 1976
indicando obiettivi immediati ed altri traguardi sociali e politici che devono
essere al centro della lotta delle masse, alla cui guida devono porsi la classe
operaia, i suoi partiti storici e, primo fra questi, il Partito comunista.
E ancora, analizzando con grande
efficacia i guasti prodotti da una lenta corrosione delle coscienze, ne
individuava le cause “a forme di un individualismo esasperato, alla rincorsa al
guadagno facile, alto e immediato, della ricerca del poco lavoro, del poco
studio, del poco rischio, alla fuga dalle responsabilità e dall’impegno,
all’assillo di pervenire a uno stato sociale di successo e di prestigio,
prescindendo dai meriti e dagli sforzi, alla mitizzazione dei consumi
individuali”.
Ebbene, se da una analisi generale ci
riportiamo alle situazioni reali, ad esempio a quelle della nostra Fabbrica,
l’Enel-Larderello, non possiamo fare a meno di riconoscere che molte tra le
cause dei guasti sono presenti, così come è presente un potenziale sano che
tende al rinnovamento, alla trasformazione e della Fabbrica e della Società.
Affrontando i temi delle lacerazioni
interne e dei motivi di malessere dobbiamo innanzitutto rilevare il problema
degli sprechi: sotto il profilo dell’utilizzazione del personale e sotto quello
della produttività degli impianti. Il personale, all’Enel-Larderello, non è
troppo: è male impiegato e male distribuito. Ci sono chiaramente decine di
posti inutili, che andrebbero aboliti e reparti operativi dove gli operai
scarseggiano. Certo, mentre non è giusto alimentare all’esterno il continuo
miraggio di “un posto all’Enel”, e quindi si impone il reale controllo dei
concorsi esterni di assunzione, pensiamo non sia giusto scaricare
semplicisticamente le inefficienze della classe dirigente e la mancanza i
quella volontà politica nuova, che tanti danni ha causato al Paese, sui
lavoratori.
Non possiamo nasconderci, tuttavia, di
essere in presenza di allarmanti fenomeni di assenteismo e si nota una mancanza
di rigore, di moralità, nel modo di vivere la giornata di lavoro. Il tempo
effettivamente lavorato è diminuito, con il silenzio di tutti. Oltre ai motivi
di fondo, già richiamati, della “corrosione delle coscienze”, ciò si deve al
fatto della deresponsabilizzazione che c’è a tutti i livelli direttivi
dell’Enel, e sulla omertà dei Capi, i primi veri assenteisti e corruttori.
Le
responsabilità della dirigenza Enel, si manifestano maggiormente esaminando gli
impianti: grandi centrali non hanno prodotto più del 50% della loro capacità.
Il trasporto di vapore da lunghe distanze causa notevoli perdite di energia.
Studi seri e applicazioni pratiche non vengono condotte per lo sfruttamento di
grandi quantità di fluido contenenti cloruri, gas o acqua. L’aggiornamento
tecnologico è pressoché inesistente; tutti i reparti risentono di una evidente
dequalificazione ai vertici. Intanto non si acquistano nuove turbine e si va
avanti solo a promesse. Il danno economico causato da una gestione di questo
tipo è stato enorme e la collettività ne paga le conseguenze. Se nel nostro Paese esistesse un minimo di
moralità i responsabili ne avrebbero da tempo dovuto rendere conto. Dunque è
l’ora che tutti ci facciamo carico di questa situazione. Le Organizzazioni
sindacali in primo luogo dovrebbero scendere in campo richiedendo impegni di
programmi e di investimenti ben precisi, controllabili e credibili. Su questa
linea impostare la lotta dei lavoratori elettrici e delle popolazioni,
altrimenti c’è il rischio che la “vertenza comprensoriale” e la grande mole di
lavoro portata avanti unitariamente in questi ultimi mesi sui problemi della
geotermia, rimanga pura accademia e, come tante altre volte è accaduto in
passato, risulti vincente la linea gattopardesca di chi su un rele sviluppo
delle capacità produttive nell’energia geotermica non ha mai creduto.
L’altro tema sul quale occorre dedicare la nostra attenzione
riguarda gli sfruttamenti plurimi dell’energia geotermica. Sembra che l’Enel
sia finalmente disponibile a cedere alla regioni, e quindi, agli Enti locali,
(Comprensori, Comunità Montane, Comuni) i “soffioni” non utilizzabili per la
produzione elettrica. Questa disponibilità va concretamente verificata e se
reale passare a progetti finalizzati nel campo agricolo, chimico, industriale,
civile, capaci di dar vita ad Imprese che non solo darebbero ricchezza nel
senso della produzione, ma garantirebbero in parte quell’espansione e
diversificazione dell’occupazione che il settore elettrico non può assicurare
in rapporto ai costi/ricavi della produzione.
A tutti i nuovi posti di lavoro che si creeranno si dovrà
accedere mediante concorsi pubblici e democratici, evitando gli sprechi sociali
e dando a ciascuno la possibilità di realizzarsi attraverso l’utilizzazione
delle capacità intellettuali e professionali. Certo, i problemi degli sbocchi
occupazionali legati alla professionalità e al livello degli studi non si
risolveranno completamente. E’ comunque il momento per affermare che non potrà
essere l’Enel il traguardo finale per tutti coloro che attendono di inserirsi
nell’attività lavorativa. Anzi occorrerà fin da ora prevedere le linee di
sviluppo dei nostri Comprensori a medio termine, quando cioè saranno entrati in
funzione i grandi impianti termonucleari. Se è vero che l’energia geotermica
non è sfruttata pienamente per produrre energia elettrica occorrerà puntare
decisamente a produzioni diversificate, non solo capaci di produrre maggior
valore, ma che siano capaci di consentire notevoli ampliamenti nell’occupazione
coinvolgendo le masse femminili, oggi totalmente emarginate dai processi
produttivi.
Dopo aver sconfitto la politica dello smantellamento di
Larderello (e della Società Chimica, della Salina di Stato, dell’Idrill) e dopo
aver adeguatamente sostituito e reintegrato gli organici rapidamente diminuiti
a seguito delle note ed ingiuste leggi sui pensionamenti, dobbiamo riconoscere
che non è seguito uno sviluppo produttivo adeguato, che, specialmente nel
settore dell’energia elettrica era possibile compiere in tempi brevi, dando in
tal modo un reale contributo alle drammatiche carenze energetiche del Paese e
della regione Toscana. Non possiamo nascondere che una mancata ripresa di
incremento produttivo, che abbracci sia la ricerca sia lo sfruttamento delle
forze geotermiche, bloccherà ulteriori assorbimenti di manodopera e addirittura
metterà in discussione i livelli occupazionali adesso raggiunti.
E’ pertanto sul tema dello sviluppo delle attività
produttive, degli investimenti, dei programmi di ricerca condotti con l’unità
di tutti gli Organismi preposti, che devono essere concentrati i nostri sforzi
e la nostra attenzione. Sia a livello di Fabbrica che di territorio, per quanto
concerne le Organizzazioni sindacali, sia per altri organismi elettivi, siamo
in presenza di condizioni nuove rispetto al passato che ci possono facilitare
la lotta per la ripresa produttiva, come testimonia la volontà unitaria emersa
intono ai temi della Conferenza di produzione Enel-Larderello e alle successive
iniziative portate avanti anche dai partiti politici del Comprensorio: Dc, Pci,
Psi, Psdi, Pri. Questa unità è un fatto estremamente positivo, ma va
rafforzata, estesa e concretizzata soprattutto con la partecipazione diretta
dei comunisti alla vita della Fabbrica.
E’ stato frequentemente rilevato che spesso il comunista non
svolge attività politica dentro la “sua fabbrica”, come se questo terreno non
fosse di sua competenza. E’ stato anche rilevato che i quadri comunisti
presenti in fabbrica sono disponibili in buon numero, ma che nel Cud, nel sindacato,
nelle Assemblee generali dei lavoratori, la loro presenza è molto limitata. E’
questo un elemento importante da approfondire perché proprio per i compiti
urgenti e nuovi che siamo chiamati ad assolvere, come ricordava il compagno
Berlinguer, e per realizzare l’unità politica dei lavoratori, è invece
determinante avere a livello di fabbrica una organizzazione forte ed efficiente
del Pci. Occorre dunque riconsiderare la funzione del Partito e privilegiarlo
dentro la Fabbrica, ricostituire i nuclei comunisti suoi luoghi di lavoro, le cellule
operaie nelle Sezioni territoriali fino a giungere alla costituzione di un “Comitato
politico” che abbracci tutti i compagni operanti nelle fabbriche del
Comprensorio.
Il terreno della fabbrica non può essere gestito soltanto
dalle Organizzazioni sindacali. Nelle rispettive autonomie lo spazio che deve
ricoprire il partito è vasto e in primo luogo parte dall’esigenza che esso può
offrire al sindacato importanti punti d’appoggio, favorendo la costruzione
dell’unità e non ostacolandola, come si
sente dire. Ma soprattutto è importante per quel balzo di qualità che la classe
operaia deve compiere per superare visioni ristrette, di categoria, di
determinato privilegi e invece legarsi ai problemi più generali, di zona e nazionali,
per riaffermare la volontà di trasformazione del Paese in senso socialista.
La ripresa della propaganda, partendo da forme molto
semplici, dal volantino, dal manifesto, dalla diffusione dell’Unità e della
stampa locale, come “Il Soffione”, fatta in modo continuativo, deve essere
l’occasione di lavoro e di aggregazione degli strumenti che ci apprestiamo a
costruire. Sembra esista ancora, a Larderello, un falso pudore, un senso
d’impaccio nel manifestarci apertamente per comunisti. Lavorare nel sindacato è
forse più facile e senza sottovalutare il nostro impegno in questa
Organizzazione, lo riteniamo tante volte come una posizione di fuga da un
impegno che richiede, oltre al lavoro oscuro, sacrifici negli orari,
nell’imporci un modelli di vita e di comportamento, nella rinuncia a tanti
elementi di individualismo, che spesso in noi riaffiorano.
Sarà dunque di grande rilevanza per tutta la generalità dei
lavoratori se sapremo tradurre con urgenza nella realtà delle fabbriche e
dell’Enel-Larderello lo sforzo organizzativo del Partito, se porteremo di nuovo
tra le masse la sua presenza viva, se sapremo intorno ai suoi ideali, alle sue
scelte rivoluzionarie, costruire un centro di aggregazione e di propulsione per
tutto il movimento, guardando con fiducia verso i giovani che in così gran
numero sono presenti in fabbrica, rinsaldando i legami tra le vaste categorie
operaie, costruire rapporti nuovi con l’esterno, con i ceti sociali più
frantumati, con le donne, gli impiegati, i tecnici, i contadini e gli studenti,
capaci cioè di tradurre in azioni credibili alla base la linea rivoluzionaria e
profondamente positiva – in un momento di drammatiche incertezze e lacerazioni,
come quello che stiamo vivendo nel Paese – del Partito comunista italiano[1].
[1] gc, in “Speciale dal
Bacino Geotermico”, n.u., Comitato Pci Enel-Larderello, 25/1/1977, pp. 4 con il
titolo: “Contro gli sprechi e per un razionale sfruttamento delle risorse e
delle energie all’Enel-Larderello. Indispensabile il contributo del Pci”.
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