sabato 30 novembre 2013


Al Bagnone del Sasso: tiepidi lavacri...con l'acqua termale degli etruschi.

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di santità (IIX)

Tra le cose più significative da vedere, oltre alle manifestazioni geotermiche nella zona dei Pelaghi, ai vasti castagneti, alle sorgenti termali ed ai lagoni, si segnalano: la struttura architettonica dell'antico Castello longobardo che sorge direttamente sul sasso (calcare massiccio del Lias), nel quale si entra da una porta con sottopassaggio, assai ben munita; i paramenti murari antichi su alcune case nella stradina che dal centro del borgo circonda il Castello e conduce al camposanto; la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo (infelice ingrandimento Ottocentesco, voluto da un prete locale, don Casimirro Trenti, recentemente restaurata). Nella primitiva chiesa castellana (secolo XI-XII), di cui si può vedere quel che resta entrando da una porta all’estremità della navata di sinistra e nel portale esterno a fianco di quello principale, è collocato il quadro d’ignoto pittore locale, datato 1575, commissionato da Iacopo e Camillo di Santi Bartolini, senz’altro benestanti del Sasso: Madonna col bambino e i Santi Bartolomeo e Giovanni Battista, nel quale par riassumersi l'intera vicenda religiosa del paese: il culto per la Madonna, le memorie della Pieve di Commessano e il culto per l'Apostolo San Bartolomeo. La tavola, una tempera di cm. 202x149, è ritenuta copia del pittore volterrano Daniele Ricciarelli per la chiesa d’Ulignano, ma in realtà i riferimenti culturali dell’opera sono assai più originali e complessi. La chiesa del Sasso è ad una sola navata, a croce latina, coperta a volta. Prima della recente ristrutturazione aveva sette altari: l’altare maggiore, dedicato a San Bartolomeo, in marmo, dono dei conti Florestano e Gastone De Larderel; gli altri, erano collocati tre a sinistra e tre a destra. In quelli di sinistra si veneravano: nel primo la Madonna del Rosario, nel secondo il Sacro Cuore, nel terzo l'Addolorata; in quelli di destra: nel primo S. Teresa, nel secondo S. Antonio, nel terzo S. Giuseppe.  Attualmente, dopo i lavori eseguiti nel 1970, sono rimasti tre altari: a sinistra la Madonna del Rosario, a destra S. Giuseppe e al centro l’altare maggiore dedicato al patrono S. Bartolomeo. L’altare donato dai conti Florestano e Gastone De Larderel fu completamente smontato e, in pratica, distrutto per fare posto, come richiedeva la nuova liturgia, ad un tavolo di marmo.

In una continuità temporale lunghissima, che si snoda per quasi due millenni, la “santità” del territorio del Sasso è riconfermata con forza dal grande architetto Giovanni Michelucci (Pistoia, 1891 – Firenze, 1990), con la costruzione, negli anni ’50 del XX secolo, di una chiesa dedicata alla Vergine Maria nel nuovo villaggio residenziale dei dipendenti della “Larderello SpA”. Egli, costruttore di chiese, non era religioso, e soleva ripetere: “Non credo in Dio, ma vorrei credere!” Ad un suo collaboratore nella realizzazione del progetto urbanistico che trasformò Larderello e le fabbriche dell’acido borico, ebbe a scrivere, quasi centenario, queste intense parole:

“…ricambio l’augurio di vivere sereni, lungamente, di quella serenità che io provo, anche se so che il mio indugio sulla terra avrà ormai un tempo limitato: ma questa considerazione non mi turba perché penso e credo che dal momento in cui la vita abbandona il corpo, l’Essere s’immerge nello spazio che è per sua natura stessa conforme a ciò che l’uomo può aver desiderato e desiderare nei momenti più significativi e creativi del suo tempo terreno”.

Michelucci entrò in crisi dopo la costruzione della chiesa di Larderello e più volte dichiarò che “oltre Larderello non sarebbe più potuto andare nell’impostare un edificio geometrico così preciso, perfetto, ricco…”. Con Larderello era avvenuto dentro di lui un qualcosa che lo costringeva a svincolarsi dagli elementi tradizionali per riconquistare, in piena libertà creativa, il senso di murare con fantasia. L’occasione fu colta in quel momento con l’affidamento del progetto della cappella nella modesta zona residenziale, adiacente la centrale elettrica di Sasso Pisano.


                                                                                              (continua)

venerdì 29 novembre 2013


Scavo B, "Bagnone del Sasso", sito sacro-termale. La "Micene" dell'Alta Val di Cornia. 

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (VII)

Un altro altare era dedicato alla Madonna dei dolori o “l’Addolorata”, che tra tutte era la più venerata al Sasso con numerose svelature per la richiesta o l’ottenimento di grazie13.

I secoli seguenti non registrano avvenimenti di rilievo se non quelli connessi alla storia industriale dell’estrazione dei minerali borici (allume, zolfo, vetriolo), minerali legati alle imponenti manifestazioni endogene che ancora oggi ne caratterizzano i dintorni e che ben più grandiose apparivano agli albori dello sfruttamento moderno avviato, per opera di Francesco de Larderel, nel 1832. Nel 1850 la popolazione dello Stabilimento boracifero del Sasso, sorto a nord-ovest del Castello, aveva raggiunto le 73 unità con 16 operai occupati. Nel 1875 alla ditta De Larderel si affiancò la Ditta A. e G. Fossi, occupando in breve 40 operai. Nel 1900 gli operai del Sasso raggiunsero le 99 unità per poi diminuire, a 76 unità nel 1912, all'atto dell’unificazione di tutte le ditte boracifere esistenti, nella "Larderello S.A”. A partire da questa data inizia un favorevole sviluppo, produttivo ed occupazionale, che porterà i lavoratori del Sasso, nel 1939, a raggiungere le 125 unità, di cui 60 utilizzate a Larderello. Gli antichi lagoni, e il metodo di sfruttamento delle acque boriche per evaporazione, cedettero il passo agli innovativi sistemi d’estrazione dei minerali dai fluidi endogeni, e al Sasso i lagoni passarono dai 12 del 1904, ai 7 del 1910 ed ai 2 del 1920 per scomparire del tutto nel 1932. Nonostante l'intensificarsi delle trivellazioni del suolo non si trovarono quantità di vapore sufficienti per avviare la produzione d’energia elettrica e soltanto il 3 aprile 1943 fu messa in esercizio la prima turbina da 3350 kW. Fino alla seconda metà del secolo XIX il Sasso, dato il suo isolamento, ebbe una parziale autonomia, prima sotto il comune di Volterra, poi sotto quello di Pomarance. Nel 1870, in virtù di uno scambio di territori tra i comuni di Pomarance e Castelnuovo di Val di Cecina, scambio approvato dalla maggioranza delle rispettive popolazioni (Pomarance ebbe Sillano; Castelnuovo di Val di Cecina ebbe Sasso e Leccia), il Sasso diventò la frazione più importante di quest’ultimo, ma ben poche funzioni amministrative vi furono decentrate. Ricordiamo inoltre che a Sasso, tra l'800 e il '900, vi ebbero una forte presa i movimenti anarchici, repubblicani e socialisti che contribuirono non poco all'elevazione sociale ed economica della piccola comunità attraverso la costituzione della Società Operaia di Mutuo Soccorso, della Banda Musicale e della Cooperativa, organismi che si affiancarono alla Confraternita di Misericordia, che, sorta in anni precedenti, iniziò l’attività nel 1868. Gli abitanti del Sasso, presi in varie epoche e nei censimenti (1881-1901-2000), risultano, approssimativamente:

anno        1380    1427   1558-62    1833    1847      1881      1901      2000
abitanti     169       118      240          575      770      1390      1657        450

Nessun personaggio di rilievo nazionale o regionale vi abbiamo incontrato se non quelli di poeti, cantastorie, dirigenti d’associazioni del volontariato, dirigenti politici, parroci, la cui fama non ha oltrepassato l'ambito locale.

                                                                                  (continua)        


13 ARCHIVIO DELLA PARROCCHIA DI S. BARTOLOMEO, Sasso Pisano: documenti sciolti; libro della Compagnia della Misericordia (1866-1951); verbali di adunanza della Misericordia (8 agosto 1868 – 27 marzo 1955); Libro per la cronaca della Parrocchia, memorie (1927-1972); ARCHIVIO VESCOVILE DI VOLTERRA: fondo “Opere Pie”, filze I,II,III; Protocollo 1260, beni della Mensa, 1352, c. 41, c. 89, c. 92; visite pastorali: Da Prato (1413-1414, 1421), Adimari (1434), Cavalcanti (1440-1456), Sertori (1540), Nerli (1564-1565), Saracini (1574), Castelli (1576); BOCCI, Sasso Valdicornia, cit., pp. 6-7; O. S. PETRINI, Memoria orale sulle tradizioni religiose a Sasso Pisano (intervista, 13 luglio 1966); GROPPI, Dare qualcosa in cambio di niente…, cit. pp. 71-79.

giovedì 28 novembre 2013







Una serata davvero speciale!

La gioia dello “stare insieme” l’ho provata ieri sera e prende l’avvio dalla festa (leggermente ritardata) del compleanno di mia figlia Tania. Eravamo nove persone, 4 maschi e 5 femmine, per l’assenza di Paolo, trattenuto da urgenti attività d’ufficio. Ci conoscevamo praticamente tutti, tranne  Samuele (l’artista grafico) e il suo cucciolo, una deliziosa canina di 5 mesi, un “lagotto”. La cena è stata deliziosa e mia moglie ha dimostrato, ancora una volta, la sua alta sapienza gastronomica!

Abbiamo iniziato, nel ricevere gli ospiti, che arrivavano separatamente, con un “aperitivo” di fresco spumante, frutta secca, formaggio pecorino stagionato, patatine e schiacciatine, mentre si intrecciavano presentazioni e scambi di piccoli regali. L’ambiente amichevole illuminato con cura e la bella tavola apparecchiata con eleganza ci hanno lentamente condotto ai posti assegnati. Io mi trovavo tra Samuele e il carissimo amico Ciro e la conversazione, tra una portata e l’altra, non è stata mai di banale attualità, proprio nel giorno del voto al Senato per la decadenza di Silvio Berlusconi. Abbiamo parlato soprattutto dei nostri amici “cani”. Di quelli vivi e di quelli morti, tra i quali il mio “Otto”, con molti aneddoti. Naturalmente abbiamo commentato “il cibo” e gli elogi alla cuoca (compreso un applauso!) non sono mancati. Infatti eravamo tutti di buon umore e di notevole appetito! Infine abbiamo parlato di nostre esperienze, nel campo lavorativo (quasi tutti legati all’Università) e nel campo politico (quasi tutti aderenti o simpatizzanti per la “sinistra”), pur evidenziandone tutti i limiti. Il fuoco sempre vivace ci rallegrava e così la dolcezza della cagnolina, mentre le libagioni facevano il loro effetto donandoci una effervescenza deliziosa. Gli ultimi ospiti sono partiti oltre la mezzanotte! E noi siamo andati a dormire alle 1,30 circa.  In breve, il menù, tutto cucinato da Grazia e con prodotti locali e “fatti in casa” è consistito in: aperitivo già descritto; antipasti di melanzane tartufate, carciofini sott’olio, cetriolini in agrodolce, salsa di fegatini, e tartine ripiene di funghi; un primo di cannelloni al forno ripieni di ricotta fresca del Caseificio San Martino; un secondo di arrosto di pollo con patatine, altro secondo con fegatelli di maiale ben avvolti nella rete insaporiti da semi di finocchio selvatico cotti in forno; insalata di stagione condita con olio extravergine novembre 2013 di San Martino; ha chiuso la “torta”, semplice, perfetta alternanza di pasta, crema e pinoli…accompagnata dal toscano “passito”. Il mattino seguente un sole imprevisto stava riscaldando l’aria tersa, le voci allegre dei raccoglitori di olive arrivavano sonore fino alla nostra casa, e la neve sul Pratomagno scintillava. Un buon 28 novembre, una speranza, anche per l’Italia. 

Copertura parziale del complesso sacro-termale di Sasso Pisano (sec. III a.C. - IV d.C.).

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (VI)

Prendendo atto della situazione e delle funzioni religiose ormai saldamente esercitate dalla chiesa di San Bartolomeo Apostolo (eretta sulla sommità del castello del Sasso prima del X secolo), ove era già stato traslato il fonte battesimale (una rozza scultura d’origine longobarda, se non etrusca), con atto vescovile 9 marzo 1440 fu sancita formalmente l’unione definitiva tra la Pieve di Commessano e la chiesa di S. Bartolomeo, chiesa che acquisì perciò il titolo di Pieve ottenendone tutti i suoi privilegi12. Credo che sarebbe molto importante poter eseguire un saggio stratigrafico a Commessano, prima che i pochi resti visibili delle fondamenta della Pieve siano cancellati per sempre, per valutare le possibilità di aprire un vero e proprio scavo archeologico per riportare alla luce l’insigne monumento.

Al Sasso, la vita civile registra aspre lotte con i comunelli vicini per il confinamento del territorio e lotte interne dei lambardi o freiherren (piccoli fittavoli d’origine longobarda ascesi ad un più alto gradino sociale), per l'affrancazione dal potere ecclesiastico e da quello del comune di Volterra. Le epidemie di peste del Trecento e del Seicento ne falcidiarono l'esigua popolazione che tuttavia riprese a salire nei secoli successivi, fino a far diventare il Sasso uno dei più popolosi borghi delle Comunità alle quali fu sottoposto: Pomarance (fino al 1870) e successivamente Castelnuovo di Val di Cecina. Al censimento catastale del 1427 gli abitanti del Sasso ammontavano a 118 unità. Le allumiere del Sasso, distrutte dagli aragonesi nel 1447, furono al centro di una gravissima crisi politico-militare nel 1472, crisi che dette vita a quella che è comunemente conosciuta come la guerra delle allumiere, che fu combattuta dai soldati mercenari di Lorenzo dei Medici contro il comune di Volterra. I volterrani furono sconfitti, le allumiere distrutte e la città di Volterra conobbe il saccomanno, un brutale saccheggio che ancora oggi rimane indelebile nella memoria di quella città e segna lo spartiacque tra lo sviluppo dei secoli precedenti e la decadenza dei successivi. Con la conquista del territorio volterrano anche il Sasso, unitamente agli altri castelli di Leccia, Lustignano e Serrazzano, ebbe i propri statuti che ne regolarono la vita interna, statuti che per essere così tardi probabilmente conservarono ben poco degli antichi, ricalcando invece le norme in uso nel dominio fiorentino. Il Castello si andò spopolando e nel 1603 i nuclei familiari, o fuochi, assommarono soltanto ad ottantasei, mentre nel 1622 le anime raggiunsero a fatica le trecento unità, con circa duecento a comunione. Nel 1689, una ricca ereditiera del luogo, Lucrezia Callai, vedova Nocenti, incrementò il culto verso la Madonna facendo costruire una chiesa poco fuori il Castello, con casa per il cappellano e due stanze adibite ad ospizio per i poveri. Tra i beni della chiesa vi erano molti castagneti da frutto ed il ricavato dalla vendita del legname e delle castagne contribuiva a formare le doti alle ragazze povere in procinto di prendere marito, castagneti ubicati sul versante Sud del Sasso che ancora oggi son conosciuti come i castagni delle Doti. La devozione mariana al Sasso è testimoniata dalla presenza dell’antica Compagnia dell’Annunziata (in data 14 gennaio 1430 donna Giovanna fu Matteo Gherini chiede d’esser sepolta in chiesa all’altare di S. Giovanni Battista e S. Michele da lei di nuovo edificato, e lascia un cero da soldi 30 alla Societati seu Altari Annuntiate Virginis Marie sito in dicta ecclesia S. Bartholomei de castro Saxi) e, al suo decadere, dalla nascita d’altre compagnie mariane tra le quali quelle di Maria SS. del Soccorso, del Rosario e del Carmine, che mantenevano il culto ai relativi altari.
                                                                                  (continua)



12 S. BIANCHI, Le pievi della diocesi medievale di Volterra comprese nella zona delle Colline Metallifere, dalla foce del Cecina alle alte valli dell’Elsa e della Merse, Tesi di Laurea, rel. Prof. P. Pierotti, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa, a.a. 1996-1997, pp. 152-161; DIOCESI DI VOLTERRA, Annuario della diocesi di Volterra, 1980, Firenze, Il Cenacolo Arti Grafiche, 1981, pp. 91-92; C. GROPPI, Dare qualcosa in cambio di niente. Storie di congreghe, compagnie e confraternite di Misericordia, Volterra, Migliorini, 1997, pp. 71-79; S. MORI, Pievi della diocesi volterrana antica, in : «Rassegna Volterrana», a. LXVII, 1991, p. 53; F. SCHNEIDER, Regestum Volaterranum, Roma, 1907, doc. 203, p. 72; doc. 209, p. 73.
Abside chiesa di Giovanni Michelucci a Sasso Pisano.


Le fumarole di Sasso Pisano

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (V)

San Bartolomeo, San Guglielmo e San Rocco sono legati tra loro dall’elemento pelle: il primo fu spellato vivo, il secondo fu un taumaturgo ed il terzo, colpito dalla peste, ebbe la pelle rigenerata. Suggerisce Claudia Vallini:

“…la rigenerazione della pelle potrebbe richiamare anche gli effetti curativi delle acque termali che ripristinavano la salute del corpo, però!…San Bartolomeo che si porta appresso la pelle, è anche simbolo dell’homo novus, cioè di colui che, attraverso l’acqua del battesimo, inizia una nuova vita e, di conseguenza, è simbolo della continua conversione che dovrebbe caratterizzare la vita del cristiano”.

San Bartolomeo e San Guglielmo sono inoltre invocati a protezione del mal caduco e delle malattie nervose, oscuramente ricollegabili, nell’immaginario collettivo popolare, all’azione del maligno. Non estraneo a tale tematica (il mito del drago e del serpente, ossia la raffigurazione simbolica del Diavolo), è l’uso antichissimo nelle aree geografiche ove più forte s’è conservata la memoria di S. Guglielmo, dell’agrimonia eupatoria Linn”, ossia l’erba di San Guglielmo, considerata un efficace contravveleno nel morso dei serpenti e, quindi, un potente antidoto contro l’influenza delle creature infernali!

Infine, nel 1487, avvenne al Sasso, nella selva lecciatina, il vasto bosco che ricopriva il versante del fiume Cornia dalle sorgenti fino alla Leccia, una delle innumerevoli apparizioni della Madonna, mai censite nella cronologia degli eventi soprannaturali mariani11. La Madonna apparve ad una ragazzetta di nome Antonina e scatenò una fervida devozione popolare, difficilmente controllabile dalla Chiesa. Si aprì di fronte al vescovo di Volterra un vero e proprio processo con l'audizione dei protagonisti, Matteo, il prete del Sasso, un pittore, maestro Benedetto, fiorentino (che per voto voleva dipingere il quadro dell'apparizione), e molti altri testimoni. Un secolo dopo la devozione popolare fu indirizzata verso un santuario costruito nei pressi della borgata della Leccia, ove fu collocato il dipinto di un celebre pittore locale, Matteo di Pierantonio Godi, dipinto che si conserva ancora oggi nella chiesa parrocchiale di quel luogo. Il processo per l’accertamento del carattere miracoloso dell’apparizione della Madonna ad Antonina, nonostante il mezzo millennio di tempo trascorso, non ha ancora avuto l'esito finale.

 Il Sasso, eccettuati brevi periodi in cui la Badia di San Pietro di Monteverdi, il comune e il vescovo di Massa n’ebbero i diritti, fu sempre conteso tra il vescovo ed il Comune di Volterra che a turno vi mantennero il potere, in modo da assicurarsi, soprattutto, la riscossione dei dazi relativi alle escavazioni minerarie dello zolfo, del vetriolo e dell’allume. La vita religiosa dipendeva invece dalla Pieve di S. Giovanni Battista di Commessano, matrice dell’Alta Val di Cornia, ubicata sulla pendice di Lungaiano, poco lontano dalle sorgenti del fiume. Ricordata ufficialmente in due Bolle di protezione che il papa Alessandro III inviò al vescovo di Volterra, Ugo, nel 1171 e nel 1179, la Pieve andò in rovina nel corso del XIV secolo ed alla visita pastorale del 4 giugno 1326 l’intero complesso è descritto in condizioni d’irreversibile disfacimento e abbandono.
                                                                                  (continua)



11 F. PORRETTI, Volterra segreta, Roma, Newton e C., 1995, pp. 122-128; ARCHIVIO VESCOVILE DI VOLTERRA, Atti civili della Curia di Volterra, reg. 92, atti straordinari, rogato Lisci, carta 130; R. PINOTTI, C. MALANGA, B.V.M. Beata Vergine Maria. Le manifestazioni mariane in una nuova luce, Milano, Mondadori, 1995, p. 246 e sgg.; A. PALESATI, N. LEPRI, Matteo da Leccia. Manierista toscano dall’Europa al Perù. La vita e le opere, Peccioli, Ass. Turistica “Pro Pomarance”, 1999, pp. 20-30, 201-210; C. GROPPI, Sopra le tombe vecchie è passato l’aratro. La Comunità di Castelnuovo dall’inizio del XIV secolo alla morte di Michele Marullo (1500), Peccioli, Il Chiassino, pp. 183-184, 217-218. 

martedì 26 novembre 2013






La cattiva maestra.

In basso, dove dovrei stare,
l’aria si fa irrespirabile;
la verità è nascosta da mille menzogne,
ed ognuna, più dell’altra, vera appare.

La luce dell’amore, benché improbabile
e fredda, mi regalava talvolta l’illusione
d’essere eterno, e il sogno
non mi abbandonava mai;
ora medito sui molti errori,
sugli inganni, e sulla sofferenza
che a molti anch’io arrecai.

E se la vita fu cattiva maestra,
m’insegnò però a guardare il cielo,
l’armonioso moto degli astri
nel buio, le scie delle comete,
e il tremolio dei lumi.

La loro quiete mi rassicurava,
quiete apparente ch’ogni materia
muore. Forse è per questo
che il mio cuore tende all’infinito

ed al suo mistero. Solo.

Piccolo antiquarium etrusco a Sasso Pisano.

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (IV)

Proprio al Sasso la leggenda vuole che abbia sostato San Rocco (in quella che da tempi immemorabili è conosciuta come la buca di San Rocco, una grotta naturale che si addentra fin sotto la piazza della chiesa parrocchiale, dov’era l’uscita), curandosi le piaghe con le acque boriche e sulfuree della Troscia, la laguna fumante che fronteggiava il Castello, ancora oggi ricca di sorgenti termali.

Di San Guglielmo l’eremita o da Malavalle, la cui vita leggendaria ci appare come una contaminazione di più episodi tratti da biografie di personaggi diversi (Guglielmo conte di Tolosa, Guglielmo IX conte di Poitou), che fu al Sasso intorno alla metà del sec. XII, restano numerosi riferimenti, in parte sul territorio, in parte su documenti per i diritti di legnatico ed in parte sulle mappe catastali dei secoli XVIII-XIX (l'Abate, il poggetto di San Guglielmo, i castagni di San Guglielmo, i campi di San Guglielmo e il luogo ove San Guglielmo fece penitenza, rustico romitorio di cui emergono dalla macchia appena pochi resti dei muri perimetrali in località Campo d’Agnolo). La chiesa sconsacrata sulla via dei Lagoni, oggi misera capanna che conserva all’esterno una rozza acquasantiera ed all’interno, su un altare barocco, un’immagine illeggibile della Madonna, la cui festa si celebrava l’8 settembre, non è estranea alle memorie di San Guglielmo in quanto, a detta dei più vecchi abitanti del paese, proprio qui, anticamente (forse nei primi anni del secolo XV), fu traslata la sua venerazione, che dovette decadere irrimediabilmente intorno agli ultimi anni del secolo XVIII. Si tratta quasi sicuramente dell’edificio adibito a spedale, che verso la metà del XV secolo possedeva solamente uno mezzo staio di terra: àssene l’anno di fitto soldi cinque; otto castagni: àssene l’anno staia quattro di castagne. Forse tale l’edificio corrisponde all’ospedale di Santa Maria eretto fuori delle mura del Castello a seguito d’una indulgenza del 1372 e dov’era dipinta la Vergine Santissima. Prima di allora l’ospitalità era stata praticata presso la chiesa di S. Guglielmo, dove il Santo aveva fatto penitenza. Don Mario Bocci scrive, in un magistrale articolo apparso sul giornale diocesano di Volterra nel maggio 1972:
«...nel 1622 il pievano Francesco Tabarrini delle Pomarance chiarisce nell’inventario il contenuto di un armadio, parato dentro e serrato con due chiavi. E’ l’armadio delle reliquie. C’è dentro tra l’altro un vaso rotondo di legno dipinto pieno di reliquie di diversi Santi e cioè, due fiaschettine di sangue di martiri, un osso del braccio di S. Silvestro papa, un osso del braccio e uno della gamba di San Guglielmo confessore. E tutte queste reliquie, la mattina del giorno consacrato a San Bartolomeo, si portano a pricissione con quella solennità maggiore che si puole. In altri inventari, di poco più recenti, si segnalano anche due teste con busto di legno e sono dei soliti santi Silvestro e Guglielmo che si dicono relativi a due chiese antiche fuori le mura. Inoltre si precisa che incombe l’onere al Comune per le loro feste, identico come per le altre popolari dei santi Bartolomeo, Ottaviano, Vittore e Rocco. Si precisa ancora che la chiesa possiede “tra quelle reliquie molte altre incognite per non ci essere le polize et per antichità, ma si segnala con precisione una croce d’avorio col crocifisso d’ottone quale si dice che fusse di San Guglielmo”. Nei secoli successivi, “…in chiesa, al posto delle antiche reliquie in venerazione, se ne segnalano altre, dal legno della S. Croce, dal velo della Madonna, dalle ossa dei santi Bartolomeo, Lorenzo e Vincenzo. Certamente ci fu un vescovo fanatico della legge, che fece bruciare quelle vecchie cose come fossero chincaglierie, essendo prive d’autenticità formale, e i busti perché troppo logori e tarliti»10.

                                                                                                          (continua)



10 BOCCI, Sasso Valdicornia, cit., pp. 6-7; id., L’ospitalità di S. Girolamo, in: «Toscana Oggi», dicembre, 1997, p. 9; C. CITTER, (a cura di), Guida agli edifici sacri della Maremma, abbazie, monasteri, pievi e chiese medievali della provincia di Grosseto, Nuova Immagine Editrice, Siena, 1996, pp. 23-35; S. DEL BENE, Sasso Pisano. Storia, visita, chiesa, Santi, Pievi, le Allumiere, dattiloscritto, s.l., 2000, pp. 9; PROVINCIA DI GROSSETO, Viaggio in Maremma nei luoghi di fede, tra le figure e le testimonianze storiche e religiose, cit., pp. 11-30; B. SANTI, (a cura di), Guida storico-artistica alla Maremma, itinerari culturali nella provincia di Grosseto, Siena, Nuova Immagine Editrice, 1995, pp. 80-83; M. SARDELLINI, (a cura di), La parrocchia di Sasso, le origini, la storia, gli sviluppi attraverso i secoli, dattiloscritto, Sasso Pisano, 1995, pp. 9.

lunedì 25 novembre 2013



Bollo etrusco al "Bagnone del Sasso".

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (III)


            In queste località sembra aver sostato S. Pietro, evangelizzando ed organizzando primi nuclei di comunità cristiane dedicati al Santissimo Salvatore. Non è certamente casuale la costruzione, alla metà del secolo VIII (752-753), di una potente Abbazia benedettina nella foresta demaniale dei re Longobardi, nei pressi di Monteverdi, in località Palatiolo (Palazzuolo), che fin dall’atto di dotazione redatto nel luglio 754 da Valfredo, figlio di Ratcauso cittadino pisano, fu posta sotto la protezione di San Pietro ed era immune da qualsiasi dipendenza civile e vescovile. I vastissimi possedimenti fondiari dell’Abbazia contribuirono a mantenere e rafforzare la venerazione per S. Pietro in tutto il territorio delle Colline Metallifere toscane ed anche a CastriNovi o Castellum Novum de Montanea (Castelnuovo, Castelnuovo di Montagna, ovvero Castelnuovo di Val di Cecina), prima della fine del XII secolo, fu fondata a suo nome una nuova chiesa subito fuori le mura, in località I Canali, chiesa successivamente scomparsa, al pari del fosso e del ponticello che lo scavalcava, i cui toponimi non lasciano dubbi interpretativi sui legami spirituali che univano la comunità locale del SS. Salvatore all’Apostolo Pietro: fosso di San Pietro, ponte di San Pietro8.

Scrive don Bocci: «…Si andava a Roma per le vie dell'Apostolo Pietro, che sbarcò a Grado di Pisa, evangelizzò le zone del basso Valdarno e della Tuscia Marittima, ove ritornò varie volte fino all'epoca del Quo vadis Domine, che avvenne non a Roma sull’Appia, ma in località Montalpruno di Bibbona nelle colline del Cecinese. Queste vie dell’andata, anche se più difficili, furono praticate e vissute, in epoche diverse, con varie soste penitenziali, da personaggi famosi della cristianità, come San Guglielmo d'Aquitania e San Rocco di Montpelier…», santi francesi che percorsero nel medioevo un cammino di pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma. In un interessante documento sulla leggenda del Quo vadis Domine, don Giovanni Costagli, parroco di San Martino a La Sassa, scrive: «…il romitaggio del grande S. Guglielmo al Poggio al Pruno intorno all’anno 1150, al tempo del papa Eugenio III, richiama qui numerosi eremiti…e si diffonde la venerazione popolare verso alcune pietre quali reliquie che attestano i viaggi di Pietro…nel 1367 anche San Rocco, il classico santo pellegrino medievale, dimorò per un po’ di tempo nei paraggi…una leggenda collega La Sassa ai primi anni del cristianesimo, quando nei boschi di Poggio al Pruno sarebbe avvenuto l’incontro tra San Pietro e Cristo Redentore. Presso il Botro della Canonica, in località La Chiesa, dove oggi sono visibili alcune rovine parzialmente coperte dalla vegetazione e dove Pietro si sarebbe rifugiato dalle persecuzioni dei Romani, gli sarebbe apparso il Redentore il quale gli avrebbe rivolto la famosa frase “Quo vadis?” Ricevuto l’invito di seguirlo a Roma e di accettare il martirio, Pietro avrebbe lasciato questi luoghi, dove, a conferma dell’incontro, sarebbe rimasta l’impronta del piede di Cristo su una pietra, al margine della strada. La leggenda spiega il particolare culto per il Cristo Redentore che da secoli è radicato a La Sassa»9.

                                                                                                          (continua)



8 M. BOCCI, La devozione a S. Pietro Apostolo nella città e diocesi, in: «Volterra», a. VI, n. 6, giugno 1967, pp. 23-26; A. COLLETTI, Cronologia di Monteverdi Marittimo, dattiloscritto, Monteverdi Marittimo, s.d., pp. 34; G. GIULIANI, Il monastero di S. Pietro di Monteverdi dalle origini (sec. VIII) sino alla metà del sec. XIII, Tesi di laurea, rel. Prof. M. L. Ceccarelli Lemut, Università di Pisa, a.a. 1989-90; id., Il monastero di S. Pietro in Palazzuolo, in S. P. P. SCALFATI, (a cura di), L’Abbazia di S. Pietro in Palazzuolo e il Comune di Monteverdi, Pisa, Pacini, 2000, pp. 9-38; C. GROPPI, Né latino né tedesco né lombardo né francesco. La Comunità di Castelnuovo dalle sue origini alla fine del XIII secolo, Volterra, Migliorini, 1996, pp. 98-99.
9 BOCCI, Sasso Valdicornia, cit., pp. 6-7; G. COSTAGLI, I luoghi della fede, Parrocchia S. Martino, La Sassa, Oratorio del Redentore, dattiloscritto, 1999, pp. 4; P. DE SIMONIS, Miracoli in Toscana, prodigi, luoghi, protagonisti, Firenze, Medicea, 1997, pp. 62-64; R. FERRETTI, L’immaginario collettivo sui monti di Castiglione, il ciclo folklorico di S. Guglielmo, Grosseto, s.e., 1989, p. 14 e sgg.; P. PISANI, Santi, beati e venerabili nella provincia di Grosseto, Siena, Cantagalli, 1993, pp. 39-45; PROVINCIA DI GROSSETO, Viaggio in Maremma nei luoghi di fede, tra le figure e le testimonianze storiche e religiose, Cassino, La Nuova Grafica, 1999, pp. 11-30.

domenica 24 novembre 2013



Sabato 30 novembre 2013 ore 10,00 su RAI 1 “Linea verde- Orizzonti”

ci sarà una puntata sui vini di Bolgheri (LI) e sui formaggi del Caseificio Azienda Agricola San Martino a Monterotondo Marittimo (GR).
I casari sono mia figlia, Barbara e suo marito, Massimo.
Tutti i prodotti sono riconoscibili dal logo “San Martino”.

Sono tipici prodotti di filiera corta e una delle loro peculiarità è quella di essere prodotti al 100/100 con energia rinnovabile-geotermica senza alcuna emissione di CO2 nell’ambiente. L’assortimento comprende ricotta,  DOP, pecorini freschi e stagionati, caciotte di mucca ecc. ecc.  Prezzi equi.  Gentilezza massima. Numerosi premi e attestati di qualità. Provare per credere! 

SAN MARTINO.

Mi alzo con un sole sfavillante! Strano dopo la notte nebbiosa. Oggi brilla la prima neve anche sul Monte Falterona e sul Pratomagno. Guardo il calendario: 11 novembre S. Martino di Tours! Oh! ecco spiegato il mistero: siamo nell’estate di San Martino, che dura tre giorni e un pezzettino! San Martino è il Santo di Massimo e Barbara (mia figlia e suo marito), che hanno chiamato il loro caseificio: “Azienda Agricola San Martino – Caseificio geotermico – Loc. San Martino - 58025 MONTEROTONDO MARITTIMO (GR) – Tel e fax: 0566 910024 – www.formaggisanmartino.it – L’Azienda ha una buona gamma di prodotti, la cui bontà e purezza è stata ormai ampiamente riconosciuta in Toscana, in Italia e all’estero. Si distingue per l’utilizzo di latte proveniente da allevamenti locali e per l’impiego della geotermia, cioè del calore interno della terra, in tutte le fasi del processo produttivo, con notevole beneficio dell’ambiente in quanto non viene più emesso un grammo di CO2 in atmosfera! Fa parte della Comunità del Cibo da energia rinnovabile, ed ha il bollino  blu/giallo del Certificato CESI 100% di energia verde. Il 9 agosto 2009 il Caseificio (ubicato a 1 km. dal paese di Monterotondo Marittimo, ha inaugurato lo Spaccio Aziendale con vendita diretta di pecorini freschi e stagionati, ricotta, rovaggiolo, mozzarella ed altri prodotti tipici locali. Lo Spaccio è aperto anche il sabato e la domenica, anche se prima di mettersi in viaggio conviene telefonare. Gli acquisti diretti godono di uno sconto. E’ possibile ordinare via e mail, e fare acquisti per interi “gruppi di acquisto solidale”. E’ anche possibile, su prenotazione, effettuare una visita guidata al Caseificio, per piccoli e/o grandi gruppi. San Martino dei becchi è il padrino! Recita un antichissimo proverbio legato alla pastorizia, dato che in questo giorno in tutto il Nord Europa, fin dal medioevo, si tenevano le grandi fiere di bestiame ovino, caprino e vaccino! E i montoni erano tra gli animali più ricercati e meglio pagati. Dal loro seme dipendeva gran parte della qualità degli agnelli e delle future pecore! Il Caseificio San Martino è ubicato in un territorio che ha conservato testimonianze importanti della sua Santità, con pievi premillenarie, oratori, santuari, e luoghi misteriosi di eccezionali “miracoli”, compresa una apparizione della Madonna, non ancora dichiarata certa, ma per la quale è in corso un “processo” aperto nel 1472! La Chiesa non ha fretta! Due mie care amiche, Claudia e Silvia hanno pubblicato molti saggi su tali eventi. Adesso vi propongo una bella poesia di Vincenzo Cardarelli su San Martino!



Ce ne sono di chiese e di chiesuole,
al mio paese, quante se ne vuole!
E santi che dai loro tabernacoli
son sempre fuori a compiere miracoli.
Santi alla buona, santi famigliari,
non stanno inoperosi sugli altari.
E chi ha cara la subbia, chi la pialla,
chi guarda il focolare e chi la stalla,
chi col maltempo, di prima mattina,
comanda ai venti, alla pioggia, alla brina,
chi, fra cotanti e così vari stati,
ha cura dei mariti disgraziati.
Io non so se di me qualcuno ha cura,
che nacqui all'ombra delle antiche mura.
Vien San Martino che piove e c'è il sole,
vedi le vecchie che fanno all'amore.
Rustico è San Martin, prospero, antico,
e dell'invidia natural nemico.
Caccia di dosso il malocchio al bambino,
dà salute e abbondanza San Martino.
Sol che si nomini porta fortuna
e fa che abbiamo sempre buona luna.
Invocalo, se vuoi vita beata,
in ogni ora della tua giornata.
Vien Sant'Antonio, ammazzano il maiale.
Col solicello è entrato carnevale.
L'uomo è nel sacco, il sorcio al pignattino,
corron gli asini il palio e brilla il vino.
Viene, dopo il gran porcaro,
San Giuseppe frittellaro,
San Pancrazio suppliziato,
San Giovanni Decollato.
E San Marco a venire non si sforza,
che fece nascer le ciliege a forza.
E San Francesco, giullare di Dio,
è pure un santo del paese mio.
Ce ne sono di santi al mio paese
per cui si fanno feste, onori e spese!
Hanno tutti un lumino e ognuno ha un giorno
di gloria, con il popolino intorno.

La chiesa dell'architetto Giovanni Michelucci a Sasso Pisano, ispiratrice di quella dell'atostrada del sole a Firenze.

Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità (II)

            Gli scavi archeologici, tuttora in corso, del grande insediamento sacro-termale del cosiddetto Bagnone del Sasso, stanno portando alla luce i resti delle Aquae Populoniae, indicati come stazione termale sulla Tabula Peutingeriana (carta stradale dell’età romana imperiale, redatta in epoca non anteriore al principio del V secolo, la cui copia, conservata alla Biblioteca Nazionale di Vienna, deve essere stata tracciata verso la fine del secolo XII od al principio del XIII)4, e nuovi elementi di conoscenza storica ci permettono di gettare uno sguardo più indietro nel passato rispetto all’età barbarica. Il luogo, sicuramente un grande santuario etrusco, se non l'ultimo santuario etrusco prima dell’assimilazione di questo popolo da parte dei romani, indica una frequentazione antichissima dell'area del Sasso. Frequentazione che si ritrova nel toponimo stesso del fiume Cornia (forse prelatino, da corno, e quindi cornum, ad indicare la biforcazione delle due sorgenti che lo alimentano), fiume che nasce poco ad oriente del Sasso e lo lambisce. Secondo alcuni geografi, tra i quali Cluverio (Philipp Cluver, Danzica, 1580 – Leida, 1623), non c’è alcun dubbio che il fiume Cornia corrisponda al Lynceus ricordato dal poeta alessandrino del III secolo a. C., Licofrone: una «…calda corrente di sgorgate linfe di polla». Enrico Fiumi, riportando le parole del commentatore di Cluverio, I. Tzetza, secondo il quale le acque del Lynceus giovavano alle malattie degli occhi, da profondo conoscitore qual era dei fenomeni geotermici e delle sostanze chimiche disciolte nelle acque dei lagoni che defluivano nei principali fiumi e torrenti della cosiddetta Regione Boracifera, sottolinea che «…si ha un buon argomento per sostenere che la Cornia vi aveva la sua parte. In questo fiume la presenza dell’acido borico era sicura»5.
            Una delle caratteristiche più interessanti, sebbene poco studiate, è la santità del territorio del Sasso. Non è improbabile, come afferma don Enrico Lombardi6, che l’Alta Val di Cornia registrasse la presenza dei primi cristiani, prima del VI secolo, forse già con un suo vescovo. Forse vescovo della zona fu anche Regolo, martirizzato per mano di Totila7 presso il Frassine (Monterotondo Marittimo), ove conduceva vita eremitica. Regolo faceva parte di quel drappello di santi uomini (Felice, Cerbone, Ottaviano, Giusto, Clemente) che, in anni diversi, risalendo la Val di Cornia, evangelizzarono il territorio populoniense e volterrano. In onore e per devozione d’Ottaviano, eremita che sostò inizialmente nelle grotte del Cornia in un luogo che porta ancora il suo nome, gli abitanti del Sasso celebrarono, nei secoli seguenti e fino ai nostri giorni, una speciale festa. Ma l'ipotesi nuova, di grande interesse, sollevata più volte sulla stampa locale dallo storico volterrano, don Mario Bocci (ipotesi recentemente oscurata dall’interessata propaganda a favore della Via Francigena), è quella del passaggio di San Pietro dalla via Marittima fino a Bibbona per poi entrare nell'interno e toccare il Sasso ed altri luoghi delle Colline Metallifere, come Monteverdi, Vecchienne, Castelnuovo, Acquaviva.

                                                                                              (continua)



4 L. BOSIO, La Tabula Peutingeriana: una descrizione pittorica del mondo antico, Rimini, Maggioli, 1982, pp. 5-6; A. M. ESPOSITO, Edificio “termale” ellenistico di Sasso Pisano, dattiloscritto, s.l., (1990), pp. 5; A. LEVI, M. LEVI, La “Tabula Peutingeriana”, Bologna, Edison, 1978, pp. 147-151; R. NASINI, I soffioni e i lagoni della Toscana e la industria boracifera, Roma, TEI, 1930, pp. 29-64.
5 E. FIUMI, L’utilizzazione dei lagoni boraciferi della Toscana nell’industria medievale, Firenze, Cya, 1943, pp. 45-47, nn. 111, 116; NASINI, I soffioni e i lagoni della Toscana…, cit., pp., 29-64; PIERI, Toponomastica della Toscana Meridionale…, cit., pp. 175-176.
6 E. LOMBARDI, S. Regolo, vescovo e martire della Val di Cornia, dattiloscritto, s.l., s.d., pp. 13.
7 G. PRISCO, Preti, ancelle, contadini e butteri nella Maremma grossetana della tarda età longobarda, Roccastrada, Caletra, 1995, p. 76.

sabato 23 novembre 2013



Castel del Sasso in Val di Cornia: 2000 anni di “santità”1

            Per trovare una prima succinta notizia del piccolo borgo di Sasso Pisano (Castel del Sasso in Val di Cornia), dobbiamo riandare al Dizionario geografico fisico storico della Toscana d’Emanuele Repetti del 18432, contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, nel quale, in ottantaquattro righe disposte su una colonna, si esaurisce l’argomento. Oggi, con le metodologie della storiografia moderna, e con la valorizzazione della microstoria, non basterebbe un intero volume d’alcune centinaia di pagine per descrivere le sue vicende urbane, economiche, sociali, religiose e industriali. Un'opera di tal fatta non esiste ancora e pertanto ci rifaremo a nostri studi per la compilazione della Cronologia storica della Comunità di Castelnuovo (nei quali il Sasso è compreso), studi in parte editi ed in parte di prossima pubblicazione.
Il nome, simile a diversi altri luoghi della Toscana (La Sassa, Sassetta, Sassalbo, Sassi, Badia del Sasso, Sasso di Castro, Madonna del Sasso, Villa del Sasso, Sasso di Simone, Sasso Forte, Sasso Rosso, Sassuolo, ecc. ecc.), indica chiaramente la sua origine: un grande sperone roccioso, solitario e spoglio, sul quale è incastellato un piccolo borgo. Il toponimo inizia a comparire, in varie versioni (Saxum, Saxo; Sacho, Chastello de Saxo), nelle pergamene medievali a partire dal 9 ottobre 1066, allorché il vescovo di Volterra, Ermanno, stando nel luogo del Sasso, concede affitti in Gello e Montalcinello3.
Secondo una mia ipotesi, su questo sasso, probabilmente nel corso del VII secolo, i Longobardi costruirono un primo insediamento, un warding (warding=guardingo; luogo d’avvistamento), in posizione sicura dominante il territorio e la strada etrusco-romana che proveniente da Volterra portava a Populonia e Falesia (Populonia e Piombino). Anzi, è molto probabile che nei pressi del Sasso si congiungessero a questa strada, quella proveniente dall'interno senese, insieme a sentieri di viabilità secondaria. Com’è noto i Longobardi occuparono un territorio non pacificato, ove si susseguivano le incursioni armate, e costruirono i loro insediamenti non in luoghi aperti e di pianura o di fondovalle, ma sui cocuzzoli più impervi dei monti in posizione facilmente difendibile. E il Sasso possedeva tali caratteristiche poiché aveva di fronte, ad est, uno specchio d’acqua termale bollente, con un monte di macigno a ponente e le scoscese ripe del fiume Cornia ad oriente.

                                                                                              (continua)



1 Per la stesura di questo breve saggio ho attinto alle fondamentali opere di molti studiosi, ed in particolare a quelle di: Silvia Bianchi, don Mario Bocci, Roberto Ferretti, Enrico Fiumi, Gabriella Giuliani, don Enrico Lombardi, Silvano Mori, Raffaello Nasini, Franco Porretti. Contributi parimenti importanti mi sono stati forniti da: Renzo Brucalassi, Florio Carnesecchi, Alessandro Colletti, don Giovanni Costagli, Sennuccio Del Bene, Annamaria Esposito, don Mario Sardellini, Jader Spinelli e Claudia Vallini. La lettura critica del testo con l’apporto di sostanziali modifiche e correzioni è stata effettuata da Angelo Marrucci. Con Angelo e con gli altri autori e studiosi citati, benché soltanto io sia responsabile di residuali errori, ho un immenso debito di riconoscenza. Dedico questo lavoro alla memoria del reverendo James Groppi, di don Angelo Groppi, di padre Stanislao Groppi, e dei miei religiosissimi bisnonni Rosa e Natale Groppi.
2 E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della Toscana, contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana, Firenze, V, coi tipi A. Tofani e G. Mazzoni, 1833-1845, pp. 201-205.
3 M. BOCCI, Sasso Valdicornia, in: «L’Araldo», a. XLIII, n. 21, 28 maggio 1972, pp. 6-7; S. PIERI, Toponomastica della Toscana Meridionale (Valli della Fiora, dell’Ombrone, della Cecina e fiumi minori) e dell’Arcipelago Toscano, Siena, Acc. Senese degli Intronati, 1969, pp. 315-316.
Lucy.

Si tratta del titolo dell'ultimo romanzo di Cristina Comencini, uscito nei "Narratori Feltrinelli" nel gennaio 2013. Pagine 199, prezzo 15 €. Ieri sera abbiamo avuto la fortuna e la gioia di poterla ascoltare dal vivo a Massa Marittima, intervistata da Paola Zannoner, per presentare non solo "Lucy", ma per rispondere a molte domande personali, autobiografiche e letterarie. Una bella figura, non si scopre niente ad affermarlo! Basterebbe, per confermarlo, la nomination all'OSCAR del suo film "La bestia nel cuore" in rappresentanza dell'Italia. Viva voce, nonostante l'ampiezza della sala che l'ospitava, ha risposto a numerose domande del pubblico, sempre precisa, disponibile, ironica...modesta! Di "Lucy" si legge nella battola: "...Cristina Comencini scrive con straordinaria ricchezza di accenti la storia di una donna che vuole guardare nel mistero dell'esistere, nei segni che i destini generali lasciano nel cerchio delle famiglie, dentro le rovine che anticipano in realtà una storia nuova." Guardare con fiducia all'evoluzione umana, intessere relazioni paritarie tra uomo e donna, in un cerchio relazionale ampio e non esclusivo di genere, facendo dell'ascolto, della condivisione e del rispetto la leva per rimuovere il macigno della discriminazione e dell'oppressione è stato il messaggio fondamentale di Cristina. Grazie!


Roberta Pieraccioli introduce e presenta Paola Zannoner e (a destra), Cristina Comencini.


Grazia si fa autografare il romanzo "Lucy" da Cristina Comencini.

venerdì 22 novembre 2013

Cristina Comencini: una scrittrice, una regista.


Questa sera a Massa Marittima, nel Palazzo dell’Abbondanza, alle ore 21, la scrittrice Paola Zannoner intervisterà la regista e scrittrice Cristina Comencini. Sarà un avvenimento molto importante che arricchirà ancor di più il calendario degli eventi del mese di novembre a Massa Marittima. L’incontro è stato preceduto dalla proiezione dei film “La bestia nel cuore” e “Quando la notte”, di Cristina Comencini.  Io e Grazia ci andremo sicuramente sperando nella clemenza del tempo. Dopo le grandi piogge di ieri e l’abbondante “grandinata”, stamani il cielo s’era aperto e un timido sole faceva capolino. La temperatura, + 8 °C, contraddiceva le pessimistiche previsioni che mettevano “neve”! Ho scattato qualche foto riassuntiva:  le nebbie mattutine; l’ultima rosa dell’orto; la solitudine del Piazzone; il freddo ed il buio che avanzano da est; l’elicottero del 118, “Pegaso”, scende sulla piazzola. Sono le ore 15.






giovedì 21 novembre 2013


Uno dei prodotti.


 Gita scolastica!


Fiera dell'agricoltura, Parigi.


Fiera dell'agricoltura, Parigi.


La "buona pecorella" in vetrina!

Agli appassionati di vini e formaggi!

Sabato 30 novembre 2013 ore 10,00 su RAI 1 “Linea verde- Orizzonti”

ci sarà una puntata sui vini di Bolgheri (LI) e sui formaggi del Caseificio Azienda Agricola San Martino a Monterotondo Marittimo (GR).
I casari sono mia figlia, Barbara e suo marito, Massimo.
Tutti i prodotti sono riconoscibili dal logo “San Martino”.

Sono tipici prodotti di filiera corta e una delle loro peculiarità è quella di essere prodotti al 100/100 con energia rinnovabile-geotermica senza alcuna emissione di CO2 nell’ambiente. L’assortimento comprende ricotta,  DOP, pecorini freschi e stagionati, caciotte di mucca ecc. ecc.  Prezzi equi.  Gentilezza massima. Numerosi premi e attestati di qualità. Provare per credere!