sabato 24 giugno 2017









BRIGANTI PER FORZA.

   Ieri sera 23 giugno 2017, al Cinena Florentia di Larderello, interessante proiezione del film “TIBURZI” del regista Paolo Benvenuti. Immagini suggestive, di persone e luoghi, atmosfere selvagge della Maremma tosco-laziale, musica e ballate inserite con sapienza  ad aprire e chiudere l’opera dell’artista. Mi sono occupato di storia del brigantaggio italiano, di quello dell’Italia meridionale, laziale, e toscano, con particolare riferimento alla Maremma ed alla vicenda che riguarda specificatamente  Castelnuovo di Val di Cecina, ed i briganti MORIANI. Ultimi l’articolo che pubblicai sulla rivista La Comunità di Pomarance, n° 3/1999, dal titolo “Atti di repressione a Castelnuovo sotto il Governo Crispi: il caso della famiglia Moriani”, con la poesia dedicata a Domenico Tiburzi:

“…morto è l’intrepido forte leone,
è morto il celebre Re del macchione,
e il corpo esanime giacente e spento
pur dopo morto mettea spavento.
Nel volto pallido, barbuto e fiero
Potevi scorgere il Cavaliero,
potevi scorgere che quel Brigante
aveva nobile civil sembiante.
Addio per sempre miei colli ameni,
boschi profondi, campi sereni,
addio per sempre, miei poverelli
ch’io sempre ho amato come fratelli,
cielo d’Italia, mio suol natio,
addio per sempre, io muoio, addio!

Sono convinto che Paolo Benvenuti avrebbe ricavato dalla vicenda degli anarco-briganti Giovanni, Angelo, Emilio e Pietro Moriani un film altrettanto interessante di quello su Domenico Tiburzi. Differente il contesto socio-economico tra il latifondo delle famiglie dei ricchi  proprietari terrieri legati alla nobiltà nera dei Papi romani, a malavoglia succubi del Regno degli odiati Savoia, che non quello più socialmente evoluto del centro della Toscana dove, negli ultimi decenni dell’Ottocento, si erano già costituite Leghe di Resistenza di braccianti e boscaioli, e si erano diffuse e radicate le ideologie anarchiche e marxiste. Naturalmente si faceva presto a passare da anarchico a ribelle ed infine a brigante! Tuttavia la vicenda dei Moriani si  intreccia sia con la nascente e fiorente industria monopolistica dell’acido borico, sia con l’adesione all’anarchia e, infine, per la paura dei signorotti locali, degli elementi più combattivi, gli stessi venivano vessati fino a costringerli a buttarsi alla macchia e ad essere “briganti”. Le gesta dei quattro fratelli Moriani sono avventurose ed anche romantiche, mentre risalta la loro fondamentale onestà. Intorno a loro si stringe il cerchio dei carabinieri, mentre da parte delle autorità comunali si mettono in atto pesanti  misure discriminative. Due fratelli saranno uccisi in conflitti a fuoco coi carabinieri un terzo sconterà l’ergastolo a Portolongone, mentre l’ultimo, Pietro, fu per oltre due anni condannato al domicilio coatto e successivamente fatto rinchiudere, dalla consorteria del potere locale, nel Manicomio di Volterra. Dal Manicomio Pietro scrisse nel 1906 una lettera accorata chiedendo la libertà. La lettera fu pubblicata sul giornale socialista di Colle di Val d’Elsa, “La Martinella”, nel 1906, ma non servì alla sua dimissione, nonostante che il Moriani dimostrasse, a detta dei sanitari,  di essere sano di mente. Morirà nel Manicomio nell’anno 1920 a causa di una broncopolmonite.
 "Mi chiamo Moriani Tommaso Pietro e conto 45 anni. Nacqui a Castelnuovo Val di Cecina da Torello Moriani linaiolo, da due mesi morto all'Ospizio di Volterra. Mia madre Teresa Gini di anni 81 sempre vivente, è pur madre dei fratelli sventurati premorti, che perseguitati da ire inconsulte furon costretti a gettarsi nel baratro di una vita avventuriera e dopo inaudite sofferenze perirono sotto il piombo dei RR. carabinieri. Da povero operaio assistei sempre e madre e fratelli, ma purtroppo un avverso pianeta mi perseguitava, perchè fratello degli sventurati fui preso di mira, giudicato soggetto pericoloso tanto che innocente come Gesù Nazzareno fui confinato per ben 28 mesi al domicilio coatto. Mi onoro di portare il cognome Moriani...e tengo carissima una sorella maritata che con me divide le amarezze di una vita infelice...e pubblicamente dichiaro di essermi imposto di condurre una vita intemerata ed incorrotta. Nella miseria in cui mi trovo, mi consola avere sempre a spalla la bandiera su cui si legge:
Nel verde: onestà
Nel rosso: lavoro

Nel bianco: obbedienza alle leggi".

Nessun commento:

Posta un commento