BRIGANTI PER FORZA.
Ieri sera 23 giugno 2017, al Cinena Florentia di Larderello, interessante
proiezione del film “TIBURZI” del regista Paolo Benvenuti. Immagini suggestive,
di persone e luoghi, atmosfere selvagge della Maremma tosco-laziale, musica e
ballate inserite con sapienza ad aprire
e chiudere l’opera dell’artista. Mi sono occupato di storia del brigantaggio
italiano, di quello dell’Italia meridionale, laziale, e toscano, con
particolare riferimento alla Maremma ed alla vicenda che riguarda
specificatamente Castelnuovo di Val di
Cecina, ed i briganti MORIANI. Ultimi l’articolo che pubblicai sulla rivista La
Comunità di Pomarance, n° 3/1999, dal titolo “Atti di repressione a Castelnuovo
sotto il Governo Crispi: il caso della famiglia Moriani”, con la poesia
dedicata a Domenico Tiburzi:
“…morto è
l’intrepido forte leone,
è morto il
celebre Re del macchione,
e il corpo
esanime giacente e spento
pur dopo
morto mettea spavento.
Nel volto
pallido, barbuto e fiero
Potevi
scorgere il Cavaliero,
potevi
scorgere che quel Brigante
aveva nobile
civil sembiante.
Addio per sempre
miei colli ameni,
boschi
profondi, campi sereni,
addio per
sempre, miei poverelli
ch’io sempre
ho amato come fratelli,
cielo
d’Italia, mio suol natio,
addio per
sempre, io muoio, addio!
Sono convinto che Paolo Benvenuti avrebbe ricavato dalla
vicenda degli anarco-briganti Giovanni, Angelo, Emilio e Pietro Moriani un
film altrettanto interessante di quello su Domenico Tiburzi. Differente il
contesto socio-economico tra il latifondo delle famiglie dei ricchi proprietari terrieri legati alla nobiltà nera
dei Papi romani, a malavoglia succubi del Regno degli odiati Savoia, che non
quello più socialmente evoluto del centro della Toscana dove, negli ultimi
decenni dell’Ottocento, si erano già costituite Leghe di Resistenza di
braccianti e boscaioli, e si erano diffuse e radicate le ideologie anarchiche e
marxiste. Naturalmente si faceva presto a passare da anarchico a ribelle ed
infine a brigante! Tuttavia la vicenda dei Moriani si intreccia sia con la nascente e fiorente
industria monopolistica dell’acido borico, sia con l’adesione all’anarchia e,
infine, per la paura dei signorotti locali, degli elementi più combattivi, gli
stessi venivano vessati fino a costringerli a buttarsi alla macchia e ad essere
“briganti”. Le gesta dei quattro fratelli Moriani sono avventurose ed anche
romantiche, mentre risalta la loro fondamentale onestà. Intorno a loro si stringe
il cerchio dei carabinieri, mentre da parte delle autorità comunali si mettono
in atto pesanti misure discriminative.
Due fratelli saranno uccisi in conflitti a fuoco coi carabinieri un terzo
sconterà l’ergastolo a Portolongone, mentre l’ultimo, Pietro, fu per oltre due anni
condannato al domicilio coatto e successivamente fatto rinchiudere, dalla
consorteria del potere locale, nel Manicomio di Volterra. Dal Manicomio Pietro
scrisse nel 1906 una lettera accorata chiedendo la libertà. La lettera fu
pubblicata sul giornale socialista di Colle di Val d’Elsa, “La Martinella”, nel
1906, ma non servì alla sua dimissione, nonostante che il Moriani dimostrasse,
a detta dei sanitari, di essere sano di
mente. Morirà nel Manicomio nell’anno 1920 a causa di una broncopolmonite.
"Mi chiamo Moriani Tommaso Pietro e conto
45 anni. Nacqui a Castelnuovo Val di Cecina da Torello Moriani linaiolo, da due
mesi morto all'Ospizio di Volterra. Mia madre Teresa Gini di anni 81 sempre
vivente, è pur madre dei fratelli sventurati premorti, che perseguitati da ire
inconsulte furon costretti a gettarsi nel baratro di una vita avventuriera e
dopo inaudite sofferenze perirono sotto il piombo dei RR. carabinieri. Da
povero operaio assistei sempre e madre e fratelli, ma purtroppo un avverso pianeta
mi perseguitava, perchè fratello degli sventurati fui preso di mira, giudicato
soggetto pericoloso tanto che innocente come Gesù Nazzareno fui confinato per
ben 28 mesi al domicilio coatto. Mi onoro di portare il cognome Moriani...e
tengo carissima una sorella maritata che con me divide le amarezze di una vita
infelice...e pubblicamente dichiaro di essermi imposto di condurre una vita
intemerata ed incorrotta. Nella miseria in cui mi trovo, mi consola avere
sempre a spalla la bandiera su cui si legge:
Nel
verde: onestà
Nel
rosso: lavoro
Nel
bianco: obbedienza alle leggi".
Nessun commento:
Posta un commento