Larderello: si giunge a Larderello percorrendo il maestoso ponte ottocentesco.
Parte III^
Premessa
Il
volume “Fabbrica Amica. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944-1956)”,
pubblicato nelle edizioni GianPiero Migliorini di Volterra nel 1998,
costituisce il nucleo fondamentale di un’opera sulla storia del movimento
operaio nel più grande stabilimento industriale toscano esistente tra la Piaggio di Pontedera,
l’Ilva e la Magona
di Piombino, dalla Liberazione al 1985. Nell’impossibilità di trovare le
risorse necessarie per la stampa ho deciso di pubblicare a puntate sul blog
GRAZIEALLAVITA, il testo di quello che doveva essere il secondo volume
dell’opera: “Passioni, speranze, illusioni. Antologia di scritti politici e
sindacali. Larderello, 1964 – 1985” ,
che ne rappresenta la parte conclusiva.
Rimane dunque da completare il periodo relativo agli anni della
“nazionalizzazione” dell’energia elettrica e, in essi, la complessa fase del
trasferimento delle attività chimiche, elettriche e dei servizi dalla
“Larderello SpA” all’Ente Nazionale dell’Energia Elettrica (Enel), anni cioè
tra il 1957 e il 1964. Con l’estensione della “cronologia”, nel volume
“Fabbrica Amica”, fino al '63 e, in quello attuale, dal 1964 al 1985, ho
cercato, in parte, di colmare tale lacuna, che sarà di una qualche utilità per
il lettore nel caso che il lavoro di ricerca non prosegua.
Per
gli indici delle “Fonti” e della “Bibliografia” rimando al primo volume,
“Fabbrica Amica”, precisando che il materiale di questa “Antologia” proviene,
per la maggior parte, dai fascicoli della pubblicazione mensile “Informazioni
Fnle-Cgil Larderello”, diffusa a partire dal 1976 (fascicoli conservati presso
l’Archivio Storico della Cgil Toscana, dal numero 0 al numero 115, febbraio
1988), mentre i testi inediti e quelli relativi all’esperienza comunista
(1961-1985), provengono dall’archivio dell’autore, archivio che comprende
documenti di natura politica, culturale e sindacale per il periodo 1961-1995
relativamente al territorio Alta Valdicecina ed alla fabbrica di Larderello.
Dall’Antologia sono stati esclusi saggi, opuscoli e fascicoli monografici, né
ho proceduto ad una ricerca minuziosa di materiali eterogenei pubblicati su
giornali e riviste, locali e nazionali, né allo sbobinamento di nastri
registrati durante lo svolgimento di assemblee, congressi, convegni politici e
sindacali dei quali è partito il progetto di digitalizzazione.
In “Fabbrica Amica” ho già espresso la mia gratitudine
ai numerosissimi compagni ed amici che hanno contribuito allo svolgersi della
ricerca, e qui non farò altro che ribadire nei loro confronti i più fraterni
ringraziamenti, con la nostalgia di non poterlo fare per chi ci ha lasciato. La
generazione nata prima della seconda guerra mondiale, alla quale anch’io
appartengo, si assottiglia di anno in anno e non è facile in un’area vasta, come quella oggetto della
mia ricerca, disporre di dati anagrafici aggiornati. Perciò, per non commettere
banali dimenticanze e imprecisioni, mi limiterò a citare due compagni recentemente scomparsi, miei amici e maestri:
Cesare Salvagnini e Sergio Milani, che hanno ricoperto la carica di Segretario
Regionale della Fidae e della Fnle, negli anni della mia militanza sindacale. Senza dimenticare gli “amici” che, pur da
sponde opposte, hanno contribuito ad alimentare un dibattito ed un confronto
fertile di umori, relativamente ai valori della democrazia, della solidarietà e
dell’impegno sociale: Alberto Amadori, Aldo Batistini, Lando Cellai, Sirio
Manghetti, Egisto Mazzinghi.
Quando, nell’autunno 1972, fui eletto nella segreteria
provinciale della Federazione Italiana dei Lavoratori Elettrici (Fidae-Cgil)[1] di
Larderello, non ero più giovanissimo. Avevo alle spalle sedici anni di lavoro
in fabbrica ai quali andavano sommati i quattro anni di Scuola Aziendale (un
misto di didattica concentrata unita alla pratica d’officina e di reparto
industriale, in uno dei settori prescelti dalla Direzione della “Larderello
SpA”, cioè chimica, elettrotecnica, meccanica, perforazione), che avevo
frequentato dal 5 novembre 1951 al 18 giugno 1955, specializzandomi in
“perforazione”. Poiché la scuola si trovava dentro lo Stabilimento, ai piani
superiori del Laboratorio Chimico, l’integrazione tra scuola e mondo del lavoro
era stata quasi totale. Gli anni della scuola, gli anni del lavoro e la
tradizione di famiglia, con tre generazioni di antenati lavoranti alle
fabbriche dell’acido borico fin dall’epoca dei De Larderel, mi consentivano una
visione pressoché completa di tutti i reparti, dei processi produttivi, della
storia industriale e, cosa più importante, di quasi la totalità dei volti dei
circa duemila operai e tecnici che costituivano l’organico della “Larderello
SpA”, adesso nazionalizzata nell’Enel.
Ero cresciuto in mezzo ai lavoratori, avevo
partecipato, studente, alle lotte per il contratto unico degli elettrici, lotte
terminate con la sconfitta e la divisione delle maestranze; successivamente a
quelle per ottenere l’inserimento di tutta la “Larderello SpA” nella legge di
nazionalizzazione, riuscite vittoriose.
Avevo gioito per le vittorie e pianto per le sconfitte. Tra i lavoratori mi ero
formato come uomo e come comunista, assorbendone le tradizioni e la mentalità
di “classe”, e la mia vita si era intrecciata indissolubilmente con quella
della fabbrica. Una fabbrica che in un recente saggio ho chiamato “amica”, dove
non mancavano le conflittualità e le contraddizioni, il ricatto e la
discriminazione, il settarismo politico e il servilismo, ma nella quale ogni
persona manteneva sostanzialmente la propria individualità e dove non erano mai
stati cancellati spazi di democrazia, creatività, partecipazione; spazi
ulteriormente ampliati e consolidati dalla nazionalizzazione con il
trasferimento all’Enel delle attività minerarie, elettriche, chimiche e di
manutenzione dell’antica Società per azioni.
Tuttavia, pur avendo svolto un grande ruolo unificante
e positivo per gli aspetti sociali e salariali, la nazionalizzazione aveva causato
lo smembramento organizzativo tra la parte chimica e quella elettrica della
“Larderello SpA”. Mentre gli addetti alle attività chimiche avevano optato per
essere riassorbiti in quelle Enel (per una non trascurabile differenza
contrattuale), le stesse venivano cedute ad Aziende pubbliche del ramo (Gruppo Eni).
Inoltre all’interno delle Regioni Toscana ed Emilia, regioni unificate nella
struttura organizzativa Enel del “Compartimento di Firenze" e dei due
“Distretti” di Firenze e Bologna, i primi anni successivi alla
nazionalizzazione avevano determinato un progressivo ridimensionamento delle
attività a Larderello, il cui più evidente riflesso era costituito da una stasi
nella produzione di energia geotermoelettrica, da una elevata età media dei
lavoratori, dalla diminuzione degli organici, da una preoccupante
dequalificazione professionale, da una mortificazione, se non cancellazione,
della tecnostruttura e del nucleo dirigenziale (quest’ultimo succube della
Direzione del Compartimento di Firenze, costituita principalmente da elementi
provenienti dalle ex imprese commerciali elettriche, con scarsa propensione
alla valorizzazione delle risorse geotermiche).
A partire dalla fine degli anni ’60 si erano andate
intensificando, nell’Alta Valdicecina e nelle Colline Metallifere, soprattutto
nei comuni di Pomarance, Castelnuovo di Valdicecina e Monterotondo Marittimo,
forti lotte popolari e sindacali per “lo sviluppo produttivo” del territorio e
l’incremento dell’occupazione, lotte che si erano intrecciate a quelle
giovanili e studentesche che avevano più marcate connotazioni ideologiche. I “Comitati
Pro-Vietnam” e quelli di “Agitazione per lo sviluppo della Valdicecina”,
“Studentesco” e “Antimperialista”, fortemente radicati nel volterrano ed
all’interno delle fabbriche di Saline e Larderello, ne costituivano gli esempi
più rilevanti. Era inoltre arrivata l’onda lunga delle vertenze nelle grandi
fabbriche metalmeccaniche del Nord, per costruire una nuova e più ampia
democrazia di base, che riscrivesse le regole della militanza sindacale e
dell’essere sindacato, un sindacato non più diviso, ma nuovamente unitario,
capace con la sua grande forza di affrontare la trasformazione dell’Italia
attraverso un processo di profonde riforme strutturali per incidere
sull’organizzazione capitalistica del lavoro.
E’su questa onda lunga che anche a Larderello si avviò
la fase del rinnovamento all’interno della Fidae-Cgil, a partire dal rapporto
con i propri iscritti, con i lavoratori e con la controparti aziendali. Alle
laceranti divisioni verificatesi in fabbrica durante il rinnovo del contratto
di lavoro del 1970, a quelle, molto accese, di carattere individuale,
trasversali a tutti i sindacati, a seguito del famoso cosiddetto “articolo 15”
del contratto collettivo di lavoro, cioè la revisione generale
dell’inquadramento, quindi, dei livelli salariali e delle funzioni di ogni
lavoratore, si registrò, contemporaneamente alla crisi energetica mondiale
derivata dalla “guerra del Kippur”[2] e
dalla momentanea minore disponibilità del petrolio per fini energetici, una rinnovata unità sui temi dello sviluppo
delle attività geotermiche che determinerà la ripresa della ricerca e il
ritrovamento del più potente “soffione[3]”
nella storia della geotermia: il “Travale 22”, ossia il “Soffione della
Speranza”, come immediatamente lo stesso venne battezzato dal compianto Renzo Radi,
allora sindaco socialista del comune di Radicondoli.
Il congresso provinciale della Fidae-Cgil svoltosi a
Castelnuovo di Valdicecina nell’autunno 1972, sanzionò il trapasso dal vecchio
e glorioso gruppo dirigente sindacale social-comunista, a un gruppo di elementi
più giovani, che meglio sapessero guidare ed indirizzare la fase nuova,
caratterizzata, sul piano strettamente interno, da gravi difficoltà
organizzative, in primo luogo quella della perdita di centinaia di iscritti,
soprattutto a causa dei massicci pensionamenti, che relegavano la Fidae-Cgil (300
iscritti), ad un ruolo minoritario nei confronti della Flaei-Cisl (circa 700 iscritti) e del suo alleato, la Uilsp-Uil
(circa 150 iscritti). In tutte le attività interne alla fabbrica, ricreative (Cre),
culturali ed assistenziali (Arca), sanitarie (Cmm), - mentre preoccupanti ritardi si registravano
nell’organizzazione del Consiglio Unitario Delegati -, la Fidae-Cgil si trovava
ormai in netta minoranza. Anche i rapporti con le altre strutture del sindacato
della Cgil, sia provinciali che regionali e nazionali, erano quasi inesistenti,
se non conflittuali, mentre scarsa appariva l’integrazione con le
rappresentanze dei lavoratori della Cgil riuniti nelle “Camere del Lavoro”,
provinciali e zonali.
Di fronte a tale situazione le questioni fondamentali che la segreteria della Fidae-Cgil eletta dal congresso decise
di porre come prioritarie per il breve e medio periodo, furono le seguenti:
-
forte iniziativa
politico-sociale per il rilancio delle attività geotermiche e l’incremento
dell’occupazione;
-
consolidamento
organizzativo: campagna di tesseramento, trasferimento della sede da
Castelnuovo V.C. all’interno della fabbrica di Larderello;
-
costruzione di
un’immagine del sindacato più dinamica e culturalmente più avanzata;
-
intensificazione
del contatto con i lavoratori; realizzazione di un giornale mensile di
fabbrica; stesura di un “Libro Bianco” sulla geotermia;
-
miglioramento dei
rapporti con le strutture sindacali territoriali della Cgil e con quelle della
Fidae regionale e nazionale;
-
iniziative per
l’accelerazione del processo unitario con la Flaei-Cisl e la Uilsp-Uil per la
realizzazione del Consiglio Unitario Delegati di fabbrica (Cud).
La raccolta antologica di scritti che qui presento è
la testimonianza di un comune sentire all’interno di questo gruppo di persone
nell’arco di circa quindici anni, scritti pubblicati in maggior parte sullo
strumento che aiutò la crescita organizzativa del sindacato Fidae e quella
culturale di centinaia di giovani lavoratori, il “giornalino” di fabbrica “Informazioni
Fidae-Cgil”, diffuso fra gli attivisti ed in tutti i reparti, centrali
geotermoelettriche ed uffici dell’Enel-Larderello, di Pisa e della Direzione
aziendale.
Anche se ne sono l’autore materiale, gli scritti qui
presentati, nella parte “sindacato e società”, nascono dal contatto quasi
quotidiano con numerosi compagni e, soprattutto, con il “gruppo del “giornalino”,
il quale, pur modificandosi nel corso del tempo, mantenne un suo nucleo ben
coeso: Gianfranco Pineschi, Margherita Moratti, Loriano Fidanzi, Oris Danzini, Moreno
Bertoni, Mario Nati, Alessandra Benelli, Alessandro Lombardi, Giovanni Balatri,
Carlo Becorpi, Leonfranco Becuzzi, Graziano Pacini, gruppo al quale, di volta
in volta, si aggiungevano i contributi di altri lavoratori[4].
Ho ritenuto inoltre molto importante premettere agli
scritti prettamente “sindacali” (1973-1985), alcuni documenti di natura
politica, tutti ciclostilati e diffusi a Castelnuovo di Valdicecina e nella
fabbrica di Larderello, da me elaborati,
anche se firmati, oltre la sigla Pci, dalla cellula o segreteria o comitato direttivo
della Sezione di Castelnuovo, oppure dal “Comitato Politico di Fabbrica
Enel-Larderello”. E’ stato probabilmente grazie alla mia passione di
conservazione dei documenti, ancorché fragili come i “volantini” o gli appunti
manoscritti, che qualcosa della mia militanza comunista è stato salvato.
Ricordo infatti che non c’era, allora, nel Partito comunista, la prassi di
verbalizzare gli interventi dei compagni, né di archiviare sistematicamente il
materiale teorico e di propaganda prodotto. Anche il Pci è stato un’altra
scuola fondamentale nel mio processo evolutivo e di ciò sono grato
principalmente ai tanti compagni che vi ho conosciuto e che mai dimenticherò.
Altro che Partito chiuso, settario, violento, antidemocratico! E’ stata una
vera scuola di cultura, non solo politica, di creatività, di profonde amicizie
e di affetti che hanno sfidato il tempo e i cambiamenti. Certo, avevamo torto
su tanti aspetti della politica nazionale e internazionale, ed anche sui
giudizi relativi a persone militanti in altri partiti, a noi antagonisti, ma
non erano questi gli elementi più importanti della militanza. Direi che essi
erano “il sogno”, l’utopia di un mondo liberato dalla guerra e dallo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il valore di una “solidarietà laica” e della
fede nel primato della “ragione” e della “cultura”, sui dogmi che imprigionano
gli uomini. E, soprattutto, l’impegno verso noi stessi a mantenere intatta una
“morale”, molte volte scomoda, di purezza ideale. Eravamo, del resto, imbevuti
del poema di Majakovsky e delle opere di Brecht, Makarenko e Scholokov; e il
Canto generale di Pablo Neruda lo
tenevamo come breviario: anche noi volevamo “temprare l’acciaio” al fuoco dei
vulcani cileni e “diventare giganti” in
una Umanità rinnovata.
Oggi si può sorridere di molte ingenuità, di molte
banalità, di molte velleità ed illusioni e alcune tematiche, oltre che ad
espressioni letterali tipiche del linguaggio “politichese” e “sindacalese” di
quel periodo, appartengono definitivamente al passato, alla storia del
movimento operaio di Larderello. Ma, nonostante ciò, il nucleo fondamentale che
emerge da questi scritti, pratico e teorico, mantiene intatta la passione e la
visione politica di fondo che caratterizzava la “militanza” di quegli anni: far
crescere la coscienza sociale e culturale dei lavoratori, sostenere il processo
democratico in Italia, opporsi con fermezza al terrorismo ed alla guerra,
ricercare l’unità dei lavoratori oltre le differenze ideologiche, lottare a
fianco di tutti gli altri cittadini e per il benessere complessivo delle aree
geotermiche, mantenere il primato mondiale di Larderello nella ricerca e
nell’utilizzazione delle risorse geotermiche, considerare l’impegno nel Partito
e nel sindacato un “servizio” gratificante e non utilizzare tali strutture per
interessi meramente personali, quindi trasparenza nei comportamenti, singoli e
di gruppo, in ogni circostanza.
La strada maestra della coerenza al patto di
solidarietà sottoscritto da un gruppo dirigente con la propria base politica e
sociale, come abbiamo imparato dalla tormentata storia delle lotte delle classi
subalterne e del movimento operaio, è stata sempre costellata da tragici
eventi, errori, dubbi, scelte difficili;
da sconfitte e da vittorie. Anch’io, nel minuscolo microcosmo di Larderello e
della “Regione Boracifera”, l’ho percorsa, questa strada, senza arroganza, si,
ma con fermezza, onestà ed entusiasmo. E’ stata la strada del giorno e della
notte, dell’alba e del tramonto. E mentre l’alba e il giorno mi apparivano
luminosi e il tramonto, dalle lontane colline di Monterufoli, spesso soffuso di
tenui riflessi di luce, la notte era portatrice di timore, freddo e solitudine.
Nelle tenebre mi sosteneva la musica di una canzone partigiana e il “lume delle
stelle” idealmente mi guidava. Ora mi accompagna la nostalgia degli “sciami d’anni
che sono alle mie spalle” e un amore tenace che non cessa di stupirmi. Scorrere
l’indice di questa antologia è dunque, per me, estasi e tormento che si
rinnovano. Per altri, spero, un piccolo raggio di quel lume siderale che và
diritto all’anima.
Castelnuovo di Val di Cecina, 2006. Continua…
1) La Fidae “Federazione italiana
dipendenti aziende elettriche” si era costituita nel 1919, raggruppando i
lavoratori del settore fino ad allora organizzati nella Fiom. Fu sciolta nel 1926 in seguito al
consolidamento del regime fascista e fu uno degli ultimi liberi sindacati ad
essere soppresso. Uno dei suoi fondatori fu Vasco Cesari, fiorentino di nascita
e romano per sede di lavoro, socialista riformista. Alla Liberazione, Cesari
rappresentava il sindacalista di maggior prestigio della ricostituenda
Fidae-Cgil e il 30 gennaio 1945,
in previsione della definitiva sconfitta del fascismo,
egli fu designato a Segretario nazionale della Federazione di categoria,
Federazione che Cesari, pur aderendo alla socialdemocrazia, guiderà con
intelligenza, moderazione e spirito unitario, per oltre un decennio. Gli
iscritti alla Fidae in Toscana passeranno dai 2.940 del 1947 ai 4.236 del 1970.
Dopo la nazionalizzazione dell’energia elettrica (1962-1963) gli iscritti alla
Fidae in Italia passeranno dai 25.369 al primo gennaio 1965 (su 67.473
addetti), ai 44.238 del dicembre 1970 (su 103.697 addetti). Il 23 aprile 1977
(Congresso di Rimini), la Fidae-Cgil
si trasformerà in Fnle-Cgil raggruppando gli elettrici, i gasisti e gli
acquedottisti.
[2]
Ottobre 1973 “guerra del Kippur”. Aggressione di Siria ed Egitto ad Israele.
Impennata dei prezzi del petrolio.
[3]
Soffione: getto impetuoso di vapore (con temperatura tra 120 e 200 °C ) fuoriuscente dal
terreno attraverso cavità e fratture naturali o pozzi appositamente perforati.
[4] Di tale ampia
collaborazione rimangono 11 quaderni manoscritti con il diario dell’attivita
sindacale per il periodo 1973-1981.
Nessun commento:
Posta un commento