venerdì 31 gennaio 2014

LA GRANDE PIOGGIA.

Ci hanno assillato tanto pochi mesi fa che non pioveva più, come una volta, le falde idriche erano vuote, ci sarebbe stato un razionamento dell'acqua potabile, ecc. ecc. Poi, quattro o cinque giorni di pioggia intensa, e il fragile tessuto d'Italia (fragilità accentuata dalla dissennatezza degli italiani e dalla complicità della miriade di Autorità preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, della viabilità, delle frane, ecc. ecc.) è saltato. Abbiamo pregato tanto per far piovere...che alla fine s'è verificata la previsone del famoso e antico proverbio:

"Per far piovere e cacà, non si deve mai pregà!"

Per fortuna il paesello sta a 600 metri di altezza sul livello del mare, e il nostro torrente Pavone circa 300 metri più in basso...stamani tutto era sotto controllo.



giovedì 30 gennaio 2014

Angelo Poliziano.

Angelo Poliziano, ossia Angelo Ambrogini, (nasce a Montepulciano il 14 luglio 1454; muore a Firenze, nella notte fra il 28 e 29 settembre 1494). Angelo Poliziano è non solo il rappresentante maggiore della cultura fiorentina del tempo di Lorenzo de’ Medici, ma segna, con la sua opera poetica e filologica, il punto di arrivo più alto dell’Umanesimo italiano ed europeo; in lui, scrive Domenico De Robertis, “tutt’una civiltà tocca la coscienza dell’altezza raggiunta e del proprio limite, trova la rappresentazione della propria felicità ed armonia, e della precarietà di queste”.
Poliziano raccolse, negli anni 1477-1479, i motti, gli aneddoti e le facezie del suo tempo, che furono stampati a Firenze nel 1548 da Lodovico Domenichi, poligrafo, in una miscellanea di autori anonimi: “Facetie et motti arguti di alcuni eccellentissimi ingegni et nobilissimi signori”.  I 413 detti e proverbi del Poliziano furono successivamente estrapolati da Albert Wesselski, e pubblicati a Jena nel 1929 con il titolo di: “Angelo Polizianos Tagebuch”. Il Wesselski dimostrò con sicurezza che essi erano opera dello stesso autore delle Stanze e dell’Orfeo. Qualcuno espresse delle perplessità, ma oggi gli storici della letteratura italiana concordano nel ritenere valide le conclusioni a cui giunse il Wesselski. Dopo l’edizione di Jena del 1929, i Detti piacevoli non sono stati più pubblicati, né in Italia né altrove. Infine, fu stampata la prima edizione italiana moderna dei Detti dagli Editori del Grifo di Montepulciano, con il titolo I detti piacevoli, nell’anno 1985 a cura di Mariano Fresta, dalla quale abbiamo ricavato i seguenti:

18) Martino dello Scarfa, orinando un tratto, e veduto un fanciullo che lui che grossissimo era guardava, voltosi a lui, disse: Se tu lo vedi, salutalo da mia parte, chè son dieci anni ch’io non l’ho veduto.

Nota: Martino dello Scarfa fu Gonfaloniere di Giustizia nel 1465.

32) Dardano Acciaiuoli dimandò una forese, qual fusse maggior piacere: o menar le calcole, o cacare, et rispondendo ella, il menar le calcole, disse: Sì, tu Mona Merda, che hai più menato le calcole che cacato.

Nota: forese = contadinella, calcole = caccole, Mona = signora.

34) Santi che non ride, così detto, perché mai non era stato potuto far ridere, andando a vedere la sposa sua, come lei bruttissima vide, cominciò a ridere, e dicendogli essa: Oh, tu ridi?, rispose: Oh chi diavol non riderebbe a veder cotesto cacasangue di viso?

37) Ser Giovanni Tinghi, prete in Santa Riparata, sendo vecchissimo e tutto canuto, confessava una donna. Avvenne che, facendo esso vista di dormire, la buona donna disse un peccato di che si vergognava, e questo è, che col dito s’era solleticata. A questo desto Ser Giovanni la dimandò se ella harebbe consentito a un huomo, se all’hora vi fusse stato,  e dicendo ella che sì, rispose il sere: Stato vi fussi io!

39) Una vecchierella si confessava che sforzata una volta hebbe a fare con cinquanta saccomanni, e dicendole il prete che, se l’era suta forzata, non era peccato, disse: Oh lodato sia Dio, che io me ne pur cavai la voglia senza peccato!

Nota: sforzata = violentata, saccomanni = briganti, suta = stata.

50) Il Barghella, quando vedeva fanciulli o gettar sassi, o sentiva fare romore, solea dire: O Herode, dove sei tu hora?

52) Viottolo a un che, non si ricordando di non so che, si metteva il dito in bocca, disse: Se e’ fusse stato merdoso, tu haresti rotto il digiuno.

75 – 76) Una donna, essendo alle mani con un giovane che voleva che ella si trahesse la camiscia, gli disse: Tu non ne vuoi dunque vedere questa camiscia?. La medesima al medesimo che gli diceva: Tu sei come il pane che mai non viene a noia, rispose: Dunque me l’appicchi tu, perché tu sai, che non de solo pane vivit homo.

Nota: si trahesse = si togliesse.

79) Lorenzo de’ Medici, domandato da Ugolino Martelli, perché si levasse la mattina tardi, ridomandò lui quel che havesse fatto la mattina a buon’hora, e contando egli alcune cose leggieri, gli disse: E’ val più quello che io sognava a cotest’hora, che ciò che voi facevate.

Nota: Ugolino Martelli, Gonfaloniere di Giustizia nel 1449, nel 1452 e 1458.

81) Il Vescovo Mariano disse un tratto che la misericordia era arsa, la giustitia ruinata, e la sapienza era in chiasso, perché così è chiamata una nota meretrice. Item che in Firenze erano solamente due bordelli, uno di qua e l’altro di là d’Arno.

Nota: Vescovo Mariano, il frate servita Mariano di Giovanni Salvini, fiorentino, fu prima vescovo a Cortona e poi a        Firenze, chiasso = postribolo.

89) Un pover huomo et ignudo, come haveva un grosso, lo spendeva alla taverna, e ripreso da alcuni, disse: Poi che Domenedio vuole che io habbia a mostrare il culo, io lo vo’ mostrare grasso.

Nota: grosso  = moneta d’argento.

92) Erano due che facevano a dire miracoli, e dicendo l’uno che havea veduto un cavolo in un paese che vi stavan sotto mille cinquecento huomini a cavallo, disse l’altro: Et io vidi in un paese una caldaia che la fabbricavano cento mastri, et era sì grande che l’uno non sentiva l’altro, tant’erano discosto. E dicendogli il primo: Che diavol volevan fare di cotesta caldaia?, rispose: Cocer cotesto cavolo.

Nota: miracoli = fatti straordinari.

95) A uno che si grattava le reni, e parte diceva:S’Amor non è, che dunque è quel ch’io sento?, gli fu risposto: E’ un pidocchio Amore, perché morde il padrone.

Nota: S’Amor non è, che dunque è quel ch’io sento? = verso di un sonetto del Petrarca.

96) Giostrandosi a questi dì,  et essendo caduto un giostrante, fu uno nella piazza che disse: Un bel cader tutta la vita honora.

Nota: Un bel…honore: è la scherzosa perifrasi di un altro verso del Petrarca: ch’un bel morir tutta la vita onora.

102) Braccio Martelli, ragionandosi di una donna attempata che si havea a maritare con buona dote, et alcuni dicendo: Ella ha tanto tempo, et altri: Ella n’ha più, disse: Quanto più tempo ha, tanto è miglior la dote.

106) Ragionandosi qual fusse migliore predicatore, disse messer Matteo Franco: E’ quel di Santo Spirito che ha tre uditori, e tutti gli altri ha convertiti.

111) Domandava Dante un contadino che hora fusse, il quale rozzamente rispondendogli che era hora d’andare a bere le bestie, gli disse: E tu che fai?

112) Messer Antonio da Cercina domandava un contadino che veniva da Firenze: Che si fa a Firenze? che si dice? Dicci qualche bugia. E egli: Che voi siete un buon huomo.

119) Messer Rinaldo degli Albizi havea quattro figliuoli, de’ quali e tre n’erano ammogliati, e come buon fratelli facevano anchora delle mogli buona comunanza. Avvene che ‘l minore tolse e menò moglie, e subito fu tentata dal maggiore. La semplicetta fanciulla turbata se ne dolse con la moglie del maggiore, e quella rispose: Oihmè, sta cheta; chè io non so anchora qual si sia il mio!

125) Un vecchio abbracciava una fanciulla, e ripiegavasegli, e facendo la fanciulla qualche atto, egli disse: Fott’io male? E ella: Guardate pure di non fare male a voi; chè la punta è rivolta verso di voi.

Nota: ripiegavasegli = gli s’incurvava all’indietro, fatt’io = faccio io.

127) Galeotto da Narni grassissimo diceva che la moglie havea con lui doppio piacere in quel fatto: l’uno, quando le montava adosso, l’altro, quando ne smontava. Ma l’abbracciava di rado, perché gli costava sempre dieci ducati per boti che ella faceva, che egli non la schiacciasse.

Note: Galeotto Marzio, da Nardi, umanista, boti = voti, promesse.

142) Messer Bartolomeo medico Pistolese, huomo singolare, domandato perché in vecchiaia haveva tolta moglie, disse che a’ vecchi comincia a mancare il senno, e che, mentre fu giovane, e di buon sentimento, se n’era guardato; poi vecchio, come men savio, vi era inciampato.

155) Facendosi Papa Pio II Piccolomini portare, e usando molt’altre cose ambitiose, n’era detto per tutto male, ma Cosimo diceva che Papa Pio era prudente, e che volendo che per tutti si conoscesse che egl’era Sanese, non trovava miglior né più breve modo, che l’essere borioso.

Nota: portare = trasportare sulle braccia.

168) Un matto, dimandato quel che gli paresse d’un muro a Careggi, murato dentro a secco, e di fuor incalcinato, disse. Io vorrei le lasagne in corpo, non nella gonnella.

170) Ser Cozzo, notaio Fiorentino, lasciò a’ figliuoli per testamento questo ricordo: Fate sempre male, e non  lo dite; dite sempre bene, e non lo fate.

188) E peggiori huomini che siano al mondo sono a Roma; e peggiori degli altri sono e preti; e peggiori de’ preti si fanno cardinali; e il peggiore di tutti cardinali si fa Papa.

189) Dice Messer Marsilio che e preti son più cattivi che i secolari, i frati de’ preti, de’ frati e monaci, de’ monaci e romiti, de’ romiti le donne.

195) Quante cose voglia havere una donna? Tre nere, tre bianche, tre piccole, tre lunghe, tre grosse, cioè: nere ciglia, occhi, natura;  bianche capelli, denti, carne; piccole bocca, naso, orecchie; lunghe: dita, busto, collo; grosse braccio, gambe, coscie.

197) Sandro di Botticello fu stretto da Messer Thomaso Soderini a torre moglie; risposegli così: Messere, io vi voglio dire quello che m’intervenne una notte. Sognava havere tolto moglie, e fu tanto il dolore che io n’hebbi nel sogno, ch’io mi destai, e hebbi tanta paura di non lo risognare, che io andai tutta notte a spasso per Firenze come un pazzo, per non havere cagione di raddormentarmi. Intese Messr Thomaso che non era terreno da porvi vigna.

224) Il diavol è, disse Don Santi, confessando una fanciulla, cominciolle a toccare i capelli, dicendo: E’ paiono proprio della Maddalena, poi il viso, poi le poppe, e in fine la rovesciò. Diceva la fanciulla: Oimè, voi mi abbracciate, pare a me; disse Don Santi: il diavolo è ch’io ti fornisco!

227) Un prete fece a un suo cane la sepoltura e dissegli l’uffitio, perché l’haveva caro. Fu accusato al vescovo, e citato comparì. Ripreso confessò, et haveva in un sacchetto dieci ducati, e disse: Monsignor, io gli feci honore, perché egli haveva un gran sentimento, e fra l’altre cose fe’ testamento, e lasciovvi questi danari. Diedegli e fu assolto.

248) Nicolò Amici abbracciava la Maria bella da Roma, e per paura di non la ingravidare, sempre entrava per l’uscio dell’orto. Un tratto parendogli d’havere errato dett’uscio, se ne chiariva con le mani: hora detta Maria gli diceva: Se’ tu chiaro? E egli: Sì, che tu hai un gran forame.

252) Una donna, dimandata qual fussero migliori bordoni per le donne, e grossi o piccoli o mezzani, rispose: E mezzani sono migliori. Dimandata perché, rispose: Perché de’ grossi non se ne trovano.

Nota: bordoni = bastoni = cazzi.

257) Piero di Boccaccino, essendo alle prese con una donna, smarrì per troppa fretta l’uscio, e dicendo colei: Ohimè, voi l’havete in mal luogo, rispose: in mal luogo l’hai pure tu!

Nota: Piero Alemanni, 1432-1519, uomo politico fu podestà a Pistoia e in altre città e gonfaloniere       nel 1490.

294) Udendo Lorenzo de’ Medici messa da M. Manente Buondelmonti, il quale è tenuto bugiardo huomo, disse: Io non dubitai mai della fede, se non stamani, havendo udito il Vangelo di San Giovanni evangelista da M. Manente.

Nota: Manente Buondelmonti, parroco di Santa Maria all’Impruneta, 1433-1498.

295) Al medesimo disse volersi confessare da lui, perché se per avventura ridirebbe  e suoi peccati, e’ non sarebbero creduti.

300) Al tempo che gl’animali favellavano, si solevano anchora confessare. Hora confessandosi l’asino dell’arte sua, cioè del toppa la chiave, era molto ripreso dal confessore, il quale gli mostrava quanto fussero aspre le pene dell’inferno; e mostrava la gloria del paradiso quanto fusse grande, annoverando molte parti. Dimandò l’asino se in paradiso si chiavasse. Inteso che non, disse: Et io ne voglio innanzi ire per l’inferno.

363) Un Maestro Agnolo Barbini a una donna che lattava il bambino disse quasi per dispetto. Per certo, voi donne havete da Dio più bella gratia che voi non meritate, e, dimandato perché, disse: Perché se vi havesse fatte le poppe tra le gambe come a l’altre bestie, per certo voi eravate una schifa cosa a vedervi lattare.

364) Iacopo Morelli vecchio haveva la moglie giovane, e non facendo il suo bisogno, ella lo trascinava, ma tutto in vano: fesselo montare a dosso, non veniva a dire nulla; montò ella i sopra, il medesimo. Disse all’hora Iacopo: Giovane sciocca, e’ non può ire alla china, e tu vuoi che è vada all’erta?

367) Non è per l’amor di Dio, ma perché tu n’hai bisogno. Questo disse Donatello a un povero che gli chiedeva limosina per amor di Dio.

377) Essendo Giuliano de’ Medici picciol fanciullo, gli fu detto, mentre era alla guarispensa, che Papa Pio passava, et egli rispose: E’ si passi; io vuo’ cacare. E questo anchora è già in proverbio.

Nota: Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo, guardispensa = gabinetto, licite.

384)     Assai gran pericoli si vincono per disperazione.
       
            Tu fai come colui che si tagliò e coglioni per dispetto della moglie.
       
            La moglie di Zaffo haveva prima pisciato, che fusse alzata.
      
            Chi la giustitia impedisce, di giustitia perisce.

387) Una donna, in assentia del marito trovandosi con un suo brigante, venne a patto di non manomettere se non monte ritondo, e, provatasi, disse: Hora faremo così, fin che torni.

Nota: Monte Ritondo = scrive Leandro Alberti nella Descrittione di tutta l’Italia, 1550, “ monte Ritondo de’ senesi. In questo paese ritrovasi in una selva una spelonca molto profonda…qui il vocabolo è usato allegoricamente per indicare il buco del culo.

394)  A uno inefficace usa M. Marsilio questo motto: Tu fai come il porco che tutto dì mena la            coda, e mai non l’annoda.
           
            La donna di buona razza fa sempre la prima figliata femina.

Nota: inefficace = persona che s’affatica inutilmente.

398)    A chi ha voglia di bere non giova lo sputare.

400)Il freno indorato non migliora cavallo.

           Quando la donna folleggia, la fante danneggia.

           L’huomo vitiato non s’accosta a lumiera.

           Chi uno ne castiga, cento ne minaccia.

403) Tre cose inanimate son più ferme che l’altre nel loro uso: il sospetto, il vento e la lealtà; il primo mai non entra in luogo, d’onde poi si parta; l’altro mai non entra, d’onde non vegga l’uscita; l’altra d’onde un tratto si parte, mai non vi ritorna.

411) E’ furono in Pistoia a una cena molti huomini e donne. Fu vi un giovane tra gli altri più leggieri, il quale, dopo molti motteggi dando noia a una bella fanciulla, e biasimandoli il marito, che era vecchio, e non poteva, e che era compagno del gallo, la strinse molto presuntuosamente se era vero che il marito n’havesse poco, come egli sapeva. Ella, dopo molte parole fattele da quel giovane, rispose: Tu non lo puoi sapere da altri, che da mogliata che l’ha provato, e che è qui presente. Alla quale risposta omnes obmutuerunt.

Nota: biasimandoli il marito = disprezzandole il marito; la strinse = la costrinse a dire se era vero che il marito era impotente; mogliata = tua moglie; omnes obmutuerunt = tutti ammutolirono.

412) La medesima, parlandosi un giorno fra molte donne, dove ella era, e ragionandosi de’ mariti, l’una diceva: Io mi nascosi quando n’andai a marito, l’altra: Io non mi cavai la camicia, l’altra: Io non volli che e’ mi toccasse; e dimandata ella che taceva, rispose: Tanto facesse il mio, quanto io lo lascierei fare!

413) Martino Sarfi in Siena, per essere grasso, e’ Sanesi l’uccellavano con dire che portava la valigia dinanzi; egli rispose: In terra di ladri s’usa così.

Nota: l’uccellavano = lo prendevano in giro, lo sfottevano.


martedì 28 gennaio 2014


Rudolf soldato in Inghilterra.
e Carlo alla Sinagoga di Plzen,
Grazia con Jaroslava Fialkova, moglie di Rudolf


Ricordo di un grande amico: Rudolf Löwy.

Rudolf Löwy nasce il 14 novembre 1918 nella città boema di Plzen, da Moric e Berta Sommer, entrambi discendenti di antiche famiglie della numerosa comunità ebraica dell’Europa Centrale. I genitori avevano raggiunto una discreta agiatezza attraverso il commercio all’ingrosso di prodotti alimentari; nel loro fornito emporio in Piazza Kramarovy 19 si potevano acquistare eccellenti merci coloniali d’importazione tra cui thè, caffè e agrumi. Militante fin dalla prima adolescenza del movimento patriottico democratico scautistico fondato da Hanus Adel (Praha, 1905 – Auschwitz, 1944), membro dell’8° Gruppo ebraico della Sezione giovanile dell’associazione ginnica Makabi e del club ebraico di nuoto di Plzen, Rudolf compie gli studi al Liceo Regio cittadino ottenendo la maturità nella scuola superiore di economia. Dopo la maturità, nell’autunno del 1937, si iscrive alla Facoltà di Agraria. Nel maggio 1938 si profila minaccioso il primo tentativo nazista di invasione della Cecoslovacchia e il Presidente della giovane repubblica democratica, Eduard Benes, proclama la mobilitazione generale. Anche Rudolf, studente universitario, è costretto ad interrompere gli studi per arruolarsi nell’esercito. Scongiurata momentaneamente l’invasione, la crisi scoppia nell’autunno a seguito del tradimento di Inghilterra e Francia, nazioni amiche della Cecoslovacchia, che a Monaco lasciano mano libera ad Hitler di annettere al Reich il territorio dei “Sudeti”, abitato dalla “minoranza” di lingua tedesca. Il 10 ottobre 1938 i soldati tedeschi occupano la regione mentre l’esercito cecoslovacco è costretto ad una lenta smobilitazione. Il 15 marzo 1939 i soldati tedeschi invadono la Boemia e nello stesso giorno Hitler dichiara la nascita del “Protettorato di Boemia e Moravia” e l’entrata in vigore delle leggi germaniche. Gli Ufficiali cechi sono immediatamente sostituiti da quelli nazisti mentre si avvia la confisca dei beni mobili ed immobili degli ebrei. Il 30 marzo 1939, Rudolf, insieme a molti altri giovani amici, tra i quali alcuni ebrei di Plzen: i fratelli Otto e Rudolf Kohnovi, Hanus Beck, Rudolf Korper, Pavel Novak, Egon Beck ed il fratello maggiore, Oskar Löwy, riesce a salire sull’ultimo treno in partenza per Londra, poco prima della chiusura delle frontiere. Al suo arrivo a Londra è preso in custodia dal “Czech Refugee Trust Fund” e trasferito, come operaio agricolo, in una fattoria dove rimane fino all’autunno del 1941, data del suo arruolamento volontario nella 1^ Brigata dell’Armata cecoslovacca, costituita nell’ottobre 1940 ed acquartierata a Cholmondeley, Malpas, Cheshire. Dopo una lunga fase di addestramento, che Rudolf alterna al lavoro agricolo, giunge il tanto atteso “D-Day”, “Operazione Overlord” e il 7 giugno 1944 sbarca in Normandia con le divisioni di fanteria della Seconda armata britannica del generale Miles Dempsey, combattendo sempre in prima linea con l’Armata Ceca agli ordini dei generali Alois Liska e Karel Krapalec, le battaglie di Francia, Belgio e Germania. Nel corso della guerra raggiunge il grado di sottufficiale con quattro stellette dell'artiglieria da campo; è ferito, e per ben tre volte è decorato al valore tra i patrioti artefici della Liberazione della Cecoslovacchia. Ma la sua gioia più immensa è quella di ritornare finalmente, da liberatore, nella sua patria entrando a Plzen l'8 maggio 1945 con un piccolo contingente scelto di cechi insieme alla II Divisione americana di fanteria del III° Corpo d'Armata del generale George Patton. A Plzen tenta subito di mettersi in contatto con i parenti, ma invano. Cerca i genitori, il fratello e gli altri familiari, in ogni luogo, scoprendo infine la tragica verità: tutta la sua famiglia (Moric Löwy, Berta Löwyova, Vilem Löwy, Anna Löwyova, Leo Löwy, Marie Löwyova, Helenka Löwyova), è stata deportata dai nazisti in un campo di concentramento, prima a Tabor, poi a Terezin, infine ad Auschwitz e risulta sterminata insieme ad altri milioni di ebrei. Alcuni cugini ed amici di scuola che hanno fatto in tempo a fuggire prima dell'occupazione tedesca, sono emigrati in Ecuador, negli Stati Uniti ed in Palestina. Al suo ritorno in patria amministra per un breve periodo i beni paterni in Kunejovice, insieme a quelli di altre aziende agricole. Infatti le proprietà, mai restituite e delle quali risulta difficile dimostrare i diritti legali stante la sistematica distruzione e dispersione di archivi e documenti, sono passate, con la nazionalizzazione, in mano allo Stato. A Plzen incontra una giovanissima ragazza, Jaroslava Fialkova, che nel 1948 diventerà sua moglie. A seguito del colpo di stato comunista del febbraio 1948 e nel cupo periodo delle persecuzioni staliniane, è indagato per aver combattuto nell'esercito di Liberazione ceco in Occidente. Altri suoi amici , il fratello Oskar ed il cugino Edmund Layton, emigrano in Israele, Stati Uniti, Australia. Nonostante il diploma in agraria, la grande cultura umanistica, la conoscenza delle principali lingue straniere e una convinta adesione alle linee politiche socialdemocratiche, trova soltanto un lavoro da manovale prima nelle miniere di uranio di Jachmov e, successivamente, in un mulino, guidando camion e caricando e scaricando farina (sarà a causa di questi lavori durissimi che contrarrà la disfunzione cardiaca che lo condurrà alla morte). Con molta cautela, se non in segreto, dedica la sua vita alla raccolta di documenti sulla deportazione degli ebrei dalla Boemia Occidentale, al censimento dei cimiteri ebraici, alla collaborazione con l'Archivio Yad Vashem di Gerusalemme e, dopo il 1989, alla conservazione della Sinagoga di Plzen, una delle più grandi del mondo, semidistrutta e chiusa dalle autorità naziste e lasciata praticamente inagibile, nel più completo abbandono, da quelle comuniste. Dal 1962, per fortuite circostanze, abbiamo iniziato una fitta corrispondenza, corrispondenza che si è trasformata rapidamente in una grande amicizia tra le nostre famiglie dando luogo ad una collaborazione, fitta di molti incontri, che è stata interrotta soltanto dalla sua morte, avvenuta a Plzen il 23 febbraio 1994. Memorabile rimarrà l'incontro dell'agosto 1979 a Firenze tra i grandi amici Rudolf e Pavel Novak, un ingegnere ebreo, comunista, ex combattente nell'Armata cecoslovacca, che dal 1968 si era rifugiato in Inghilterra (per sfuggire alla repressione scatenata a seguito della "Primavera di Praga" da Husak per conto dei russi), insegnando ingegneria civile ed idraulica all'università di Newcastle. Attraverso Rudolf, Edmund e il figlio Jirì, sono venuto a contatto col mondo delle comunità ebraiche dell'Europa centrale, con la loro cultura e con la loro immensa tragedia. Ai funerali solenni di Rudolf, celebrati il 3 marzo 1994 nel cimitero ebraico di Plzen, ha partecipato il Rabbino di Londra, Andrew Goldstein, che ha pronunciato l'orazione funebre davanti ad oltre un migliaio di persone. Dopo la rivoluzione di velluto del 1989 Rudolf era stato pienamente riabilitato, le proprietà in parte restituite ed il suo impegno principale si era rivolto al censimento, restauro e riapertura dei cimiteri ebraici ed al complesso restauro della grande Sinagoga di Plzen. Il 22 agosto 1994, a pochi mesi dalla sua morte, il Magistrato della Comunità ebraica della città di Plzen dichiarò costituita la "Fondazione Rudolf Löwy per il recupero della Sinagoga di Plzen". Anche attraverso finanziamenti governativi e sottoscrizioni internazionali, la Sinagoga, riportata all'antico splendore, ha riaperto i battenti ed è stata riconsacrata al culto l'11 febbraio 1998 con la presenza del rabbino di Praga, Karol Sidon. Nella primavera 1999 si è celebrato nella Sinagoga il primo matrimonio dal lontano anno 1938 e a dicembre il battesimo del loro bambino, il primo nato dopo la riapertura del Tempio, al quale  sono stato presente. Dei 2605 ebrei deportati da Plzen oltre il 92% sono morti nei Lager tedeschi e adesso la piccola comunità conta appena 100 individui. Con l'apertura della Sinagoga alle poche decine di cittadini di religione ebraica ancora presenti a Plzen, l'impegno prioritario della Fondazione Rudolf Löwy può dirsi finalmente compiuto anche se i suoi scopi si proiettano nel futuro (Spirkova Vera, Zidovska komunita v Plzni, Domazlicich, 2000, pp. 46, 50, 62, 90, 92, 100, 101), tra i quali quello per assicurare la conservazione delle tradizioni della cultura della Comunità ebraica nella Boemia Occidentale.


Omaggio al poeta-musicista Piero Nissim.

Le domande e le risposte dalla poesia sono tratte dalla canzone Tum-balalayka, melodia popolare yiddisch  con testo di M. Pirashikov nella versione italiana di Piero Ninnim

Quando giocavamo al gioco dell’anello…


                               a  J ,E, MG, R,G, RM, C,
                               le bambine dei giochi

Quando giocavamo al gioco dell’anello
cercavo di trattenere tra le mie le tue mani, un solo attimo,
eppure il cuore palpitava ed una vampa mi saliva al viso
al momento di pronunciar la scelta per la penitenza: “ bacio”.

I più grandi sorridevano, ammiccando a quell’acerbo
amore e il bacio tanto atteso andava alla vecchia zitella!

Fu allora, oppure molto dopo, in un villaggio lontano,
che al gioco dell’albero del Primo Maggio
e al gioco delle ghirlande del Principe
e della guardiana di oche che in segreto l’amava,
due giovani prescelti tra gli evviva e le coppe di sidro,
dovevano per baciarsi render chiaro un arcano enigma,
uno ero io, l’altra eri tu, mia stella!

Dimmi, ragazza, dimmi,
se vuoi essere mia sposa:
cos’è che cresce senza pioggia,
cos’è che brucia senza mai finire
e cos’è che piange senza lacrime?

Ingenuo Principe, che vieni a chiedermi?
La pietra, cresce senza pioggia,
l’amore brucia senza mai finire
e il cuore, il mio cuore, piange senza lacrime!

La fisarmonica vibrava di passione,
 la zampogna pareva impazzita,
e tutto intorno nel grande prato dei nastri colorati
le giovani coppie sognavano speranze di vita.

Si stringevano nel gioco gli innamorati fanciulli
in quella magica sera, quel giorno, là all’est,
sull’ansa rivierasca del fiume d’argento,
mentre  il tramonto incendiava la selva nera.

E certo non pensavamo alla profezia

del silenzioso pianto del cuore,  che li attendeva.

lunedì 27 gennaio 2014

27 gennaio 2014. Giornata della memoria della Shoah.


Anna Frank l’ho conosciuta presto, dal suo diario pubblicato a metà degli anni ’50 da Einaudi. Più tardi sono andato nell’alloggio segreto ad Amsterdam e infine nel lager dove trovò la morte, Berger-Belsen, in Germania. Agli inizi degli anni ’60 strinsi amicizia con una famigliola di ebrei boemi sopravvissuti al genocidio. Abitavano a Plzen. Il mio amico Rudolf mi introdusse alla conoscenza del mondo scomparso delle comunità ebraiche dell’Europa orientale e con lui iniziai un pellegrinaggio nei campi di sterminio: Mauthausen, Auschwitz, Terezin, Lublino…e dei ghetti ebraici: Praga, Varsavia, Cracovia…Mi adoperai a collaborare alla salvezza della memoria compiendo molte rischiose missioni e infine venni a conoscenza di storie drammatiche e conobbi persone che recavano ancora sulla loro carne il numero maledetto. Anche in Italia mantenni quest’impegno morale, non di celebrare la memoria, ma di alimentarla con la ricerca. Venni così precocemente ed inaspettatamente a conoscenza del piccolo Campo di Internamento per gli ebrei istituito a Raccatederighi, nel comune di Roccastrada, in provincia di Grosseto, nel 1943. Eravamo alla fine degli anni ’90. Nel 1998 ricevetti la tessera d’iscrizione alla Associazione “I Figli della Shoah”. Nel 2000-2003 collaborai con l’Istituto Storico Grossetano e dell’età  contemporanea” e pubblicai  i risultati in alcune pubblicazioni, basandomi sull’input di Lina Tozzi, una partigiana che all’epoca abitava alla Brezza di Gerfalco (GR), testimone diretta  della vicenda degli ebrei internati a Roccatederighi. Infine, da alcuni sopravvissuti, ho avuto documenti e altre testimonianze. L’ultima volta che sono andato a Roccatederighi è stato nel gennaio 2008, inaugurazione del monumento ricordo all’esterno dell’ex Seminario Vescovile. Adesso ho collaborato con una scrittrice che su quella tragedia sta scrivendo un romanzo. Credo inoltre che il mio piccolo opuscolo abbia contribuito a mettere sulla scena lo spettacolo di alcuni gruppi teatrali di Volterra con la regia di Alessandro Togoli. Sono dunque soddisfatto di aver ubbidito a Dante Alighieri quando ci ammonisce  che “…non fa scienza, sanza lo ritener, avere inteso”. Dunque “ritenere” e “trasmettere”. Stasera, a Castelnuovo di Val di Cecina, il poeta-burattinaio-musicista, l’ebreo Piero Nissim, ritornerà tra noi col suo meraviglioso repertorio musicale “MAYN LIDELE”, vecchi canti Yiddish ed anche con l’epopea di Gino Bartali, un “Giusto tra le Nazioni”. Alla Pista del Piazzone, ore 17, grazie alla Associazione Culturale “IL CHIASSINO”.





domenica 26 gennaio 2014



Libri e copertina: il lupo e il maiale.


Compito arduo passare dai sistemi di scrittura elettronici a quelli cartacei. E’ essenzialmente una questione di soldi. Perché, tutto sommato, avendo la connessione a internet 24 ore su 24 gratis, non spendo nulla ad alimentare il blog, né stare su FB e gestire la posta. Però è tutto effimero, i commenti banali, la velocità cancella non gli anni, ma i secondi…dove andremo a finire di questo passo? Sono figlio di Gutenberg, amo la carta, le varie specie di pasta cellulosa, anche la carta chimica, amo l’odore e la filigrana, il colore, e sulla carta dispongo come voglio le parole. La carta è paziente, il tempo sa attendere.  Ma la carta costa e un prodotto cartaceo, oggigiorno, specialmente se a chilometro zero, chi lo compra? Vedo nell’edicola di Donatella tre o quattro piccoli volumi di autori locali, ben fatti, intelligenti, creativi…son lì da anni a prendere la polvere, dimenticati. Soffro per loro. Non sopporterei vederci uno dei miei, forse pretendo troppo? Ho pubblicato abbastanza  in questi ultimi quindici anni, per la fortuna che ebbero due miei lavori, si da mettere da parte un “tesoretto” di qualche migliaio di euro, che ha contribuito a ripianare il deficit delle uscite successive, per poi estinguersi qualche anno fa. Nella primavera del 2012 ho pubblicato l’ultimo libriccino di poesie e prose “Viandante nella memoria”, circa 300 copie vendute e/o regalate con prenotazione via internet, ma non ho fatto pari, perché con il suo prezzo di 5 € non ho compensato le spese postali di spedizione. Adesso avrei pronto un altro lavoretto, che amo. Son pensieri poetici, forse gli ultimi, dato l’inaridirsi della creatività. Ci sto lavorando, correggo, correggo, taglio, curo i caratteri, la copertina, le note…credo di stamparne artigianalmente una sola copia. Ieri ho selezionato cinque immagini per la copertina, preferisco quella con il lupo e quella con il maiale, ma alla fine sceglierò quella col migliore effetto cromatico. Vi mostro intanto il lupo e il maiale. 

sabato 25 gennaio 2014

GIULIANO GIUGGIOLI – Cronache senza tempo,
by Mario Andrei a LARDERELLO presso il “CIRCOLO”.


Mario mi aveva invitato all’inaugurazione, mancai per i soliti impegni di famiglia. Nipotini da prendere a scuola, portare al catechismo, in palestra, in piscina e dare un’occhiata alle lezioni del giorno dopo…succede ai nonni (se ci sono) quando i genitori lavorano…Ma infine, solitario, ci sono andato a vederla questa “meravigliosa” mostra! Quando credevamo di aver già visto tutto l’universo dell’arte figurativa, ecco un artista “locale”, di Follonica, provincia di Grosseto, come “locali” erano, ai loro tempi, Raffaello, il Beato Angelico, Giotto, a farci fare un salto di felicità! Mario è un mercante “locale” che ha un fiuto finissimo per scoprire e/o valorizzare grandi talenti e Giuggioli non è il primo.  Basta andare a Pomarance nella sua “bottega” di Impara l’arte,  è a due passi…per trovare dei capolavori a buon mercato.  Andateci.





giovedì 23 gennaio 2014

QUATTRO ITINERARI SUI LUOGHI DELLA RESISTENZA NELLE COLLINE METALLIFERE

Primavera 2014

                                                                 70°  anniversario







1° ITINERARIO. Monterotondo Marittimo, Massa Marittima, Niccioleta (GR) (16 febbraio 2014, domenica, ore 9-13,30).             
           
                                   Ponte della Marruca sulla SR 439.
                                   S. Bartolomeo, Monterotondo M.mo, monumento, lapidi in paese.
                                   Tombe di Lucurgo ed altri nel Cimitero di Monterotondo.
                                   Frassine: stele allo spaccio.
                                   Frassine: Campo ai Bizzi, lapide e memoria dei cinque partigiani uccisi il                                           16 febbraio 1944.
                                   Massa Marittima: Sala Consiliare (?), Tombe al Cimitero, Casa e stalla                                   di Norma, Atrio del Comune, Monumento in Poggio, Lapide a Coste                                                                                                                                      Botrelli.
                                   Niccioleta: Madonna all’ingresso, ex dispensa dove furono uccisi i primi                                    6 minatori, villaggio e monumenti, area miniere.  
                                   Ponte del “Rio Torto”, lapidi ignote, cippo Tamburini sulla SR 439.

2° ITINERARIO: Memoria della Shoah.

Partenza da Castelnuovo di Val di Cecina, Bivio Niccioleta,  Prata, Gabellino, Roccatederighi, Roccastrada (andata e ritorno totale circa 100 chilometri, 23 maggio 2014, venerdi, ore 9-13,30).

Visita luoghi del Campo di Internamento per ebrei nell’ex Seminario Vescovile di Grosseto a Roccatederighi, dove tra il 1943 ed il 1944 furono imprigionati oltre 100 ebrei dei quali circa la metà deportati ad Auschwitz (solo tre si salvarono). Deposizione di un mazzo di rose rosse sul cippo che li ricorda. Gigliola Finzi, livornese, nata nel Campo, fu uccisa ad Auschwitz il 23 maggio 1944.

Visita a Roccastrada della Mostra “Dalle Leggi razziali del 1938 ai forni crematori di Auschwitz, 1944”, donata  dall’ISGREC al Comune.


3° ITINERARIO. Castelnuovo di Val di Cecina, paese e dintorni (14 giugno 2014, sabato, ore 9,30-13).
                                   
                                   Partenza dal monumento ai Caduti presso il Palazzo Comunale.
                                   Ex Cinema Tirreno.
                                   Stele con tutti i nomi dei caduti partigiani.             
                                   Monumento di Marzetti nei Giardini del Piazzone ai 4 partigiani di                                                                                                                                          Gerfalco.
                                   Località “Il Sorbo”.
                                   Ex Caserma dei Carabinieri.
                                   Tomba di Guido Salvadori nel Cimitero.
                                   Lapide dei quattro partigiani della Banda di Ariano nel Cimitero.
                                   Cippo Minatori Niccioleta.
                                   Vallino della morte, dove il 14 giugno 1944 furono uccisi i 77 minatori di                                    Niccioleta..
                                   Località La Valle: cippo e memoria dei 4 partigiani di Gerfalco.

4° ITINERARIO.  Luoghi della XXIII Brigata Garibaldi “Boscaglia”, 24 giugno 2014, martedi, ore 9 – 16.

                                   Partenza da Castelnuovo di Val di Cecina, direzione Siena.  Sosta al bivio                                    del Ricavolo al cippo ricordo di Guido Nenciolini.
                                   Radicondoli: visita alle tombe dei partigiani nel Cimitero.
                                   Belforte: visita alle tombe di Guido Radi e Alvaro Betti nel Cimitero.
                                   La Casella, luogo dove il 24 giugno 1944 morirono 5 partigiani tra i quali
                                  Guido Salvadori.
                                  Montalcinello paese e cimitero: ricordi dei partigiani.
                                 Capanno dei Partigiani sulla Carlina, nei luoghi ove operò la XXIII                                  Brigata Garibaldi.
                                 Travale: si sale per strada secondaria a Gerfalco, memoria degli ebrei e                                  dei partigiani.
                                 Ponte sul Fosso Pavone. Presso ex miniera della STIMA: monumento sul                                  luogo ove fu ucciso Guido Radi “Boscaglia”.                               


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mercoledì 22 gennaio 2014

Il giorno senza luce si schiara.

In questa giornata senza luce riordino le carte, limo gli ultimi versi, programmo piccoli eventi di primavera seguendo il filo del sangue partigiano, apro la posta elettronica, m’immergo in face book e youtube ascoltando la soundtrack di  “In The Mood for Love”, fotografo un cielo d’acqua, infine leggo e rileggo le delicate parole  che vengono da lontano, che parlano al mio cuore. Quest’uomo, un artista, leggendo i miei versi scrive che non poteva staccarsi da essi perché provava emozioni e sensazioni che non conosceva da tempo…uniche. Vedendo le sue opere meravigliose, sculture e ceramiche, mi inorgoglisco, ed anche mi turbo, tanto mi sento meschino nel coro poetante dei nostri tempi apparentemente aridi e atoni, ma invece traboccanti in ogni luogo del canto, che non conosce argine né riva, mentre il mio non è che un sonar in un mare profondo e buio, dove solo Piccard si calava col suo batiscafo. Forse quest’uomo, che vive su un’isola, ha un batiscafo privato per le immersioni? Certo, penso, la sua anima è la sfera di acciaio che scende nella Fossa delle Marianne e con essa arriva a scrutare le anime umane! Lo dico per farmi coraggio e continuare il cammino. Ed ora commetterò un peccato terribile, di orgoglio e superbia, mostrandovi una fotografia e le parole della dedica, in alto a sinistra. Il futuro ha un cuore antico, e il giorno si fa più chiaro.     


martedì 21 gennaio 2014

2014, 70° Anniversario della Liberazione di Castelnuovo di Val di Cecina e delle Colline Metallifere Toscane dal nazifascismo.



Spinola, Stucchi Prinetti, Vargiu, Piredda.


Qui fu ucciso "Boscaglia".


Carlo Cassola, partigiano della XXIII Brigata Garibaldi.


Norma Parenti.


Norma ed il marito Mario Pratelli, in viaggio di nozze.



Cronologia degli avvenimenti più importanti, tratta dal volume di: Carlo Groppi,  “La piccola banda di Ariano. Storie di guerra e di Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane (1940-1945)”, Ed. Grafitalia, 2003, br. pp. 433.


16 febbraio 1944, Rastrellamento fascista a Frassine (Monterotondo Marittimo, GR), podere Campo ai Bizzi, uccisione di 5 partigiani e arresto di molti altri.

8 maggio 1944, Uccisione in combattimento, nei pressi delle miniere di pirite della STIMA,  di Guido Radi “Boscaglia” e ferimento mortale di Alvaro Betti “Ciocco”. Le loro tombe sono nel cimitero di Belforte (SI).

10 giugno 1944, Il III° Bataillonen Italien circonda Castelnuovo di Val di Cecina per compiervi una “strage di civili”. Intanto a Monterotondo Marittimo i partigiani della III Brigata, Banda Camicia Rossa, ingaggiano una battaglia contro forze tedesche. Il III° Bataillone Italien che si trova a Castelnuovo si sposta a Monterotondo. I partigiani si ritirano lasciando sul terreno 3 morti. Il capitano Gallistru, decorato di medaglia d’argento alla memoria, gravemente ferito, morirà il giorno seguente. Un altro partigiano isolato viene ucciso la sera stessa del 10 giugno. 4 giovani di Castelnuovo sono arrestati e deportati verso la Germania. Due di loro riusciranno a fuggire durante il trasporto.

13 giugno 1944, Uccisione di 6 minatori, a Niccioleta (Massa Marittima, GR), arresto e deportazione di altri 150 minatori di Niccioleta e trasferimento a Castelnuovo di Val di Cecina.

14 giugno 1944, Uccisione, a mezzogiorno, di 4 partigiani a Castelnuovo di Val di Cecina componenti una autonoma formazione partigiana detta “La piccola banda di Ariano”, tre in località podere Il Sorbo, uno, il marchese Spinola, nella Caserma dei Reali Carabinieri. Selezione tra i 150 minatori di Niccioleta: 77 vengono avviati verso la centrale elettrica e uccisi con le mitraglie nel “Vallino della morte”; 15 giovani deportati in Germania e il resto del gruppo, i più anziani, rimandati a Niccioleta per ammonire la popolazione.

22 giugno 1944, Elvezio Cerboni, comandante partigiano della XXIII Brigata Garibaldi viene fucilato a Pisa nella caserma della GNR fascista.

23 giugno 1944, Arresto e uccisione di Norma Parenti a Massa Marittima da SS italo tedesche. Norma è decorata di Medaglia d’Oro al valor militare alla memoria.

23 giugno 1944, Fucilazione di Cherubino Ulivelli  al Ponte della Marruca,  a Sasso Pisano, da soldati tedeschi in ritirata.

24 giugno 1944, Liberazione di Massa Marittima da parte degli americani.

24 giugno 1944, Nei pressi di Montalcinello (SI) sul confine  dei comuni di Radicondoli (SI) e di Chiusdino, in uno scontro a fuoco coi tedeschi in ritirata, vengono uccisi 5 partigiani della XXIII Brigata Garibaldi, tra i quali Guido Salvadori, di Castelnuovo di Val di Cecina.

24 giugno 1944, Sulla rotabile per Montecastelli Pisano, al bivio del Ricavolo, sul confine dei comuni di Castelnuovo di Val di Cecina (PI)  e di Radicondoli (SI), viene fucilato il partigiano della XXIII Brigata Garibaldi, Guido Nenciolini.

26 giugno 1944, A Castelnuovo di Val di Cecina, sulla rotabile 439, in località La Valle, vengono fucilati 4 partigiani di Gerfalco componenti la guardia armata di quel paese istituita dalla XXIII Brigata Garibaldi e dal CLN locale.

29 giugno 1944, Liberazione di Castelnuovo di Val di Cecina da parte dei soldati americani di un reggimento di fanteria e di esploratori della I^ Divisione corazzata della V Armata del Generale Harmon.

3 agosto 1944, Muore a Firenze, a seguito di ferite in combattimento, il partigiano Isidoro Santi, nato a Castelnuovo di Val di Cecina, facente parte della formazione fiorentina di “Giustizia e libertà”. E’ sepolto nel cimitero di Rifredi.


22 marzo 1945, Muore in combattimento a Villa Zacchia, in Romagna, il soldato Piero Bernardi, nato a Montecastelli Pisano, già partigiano della XXIII Brigata Garibaldi, poi arruolatosi volontario nel Gruppo di Combattimento Friuli. E’ sepolto nel cimitero di Zattaglia, Ravenna.

lunedì 20 gennaio 2014

Notre-Dame de Paris.


Nella mia tumultuosa adolescenza e giovinezza sono stato un lettore accanito. Mi rifornivo essenzialmente a tre Biblioteche, quella del Circolo di Larderello, quella delle Scuole Aziendali e quella Comunale del mio paese.  Dopo il 1956, quando iniziai a lavorare in fabbrica, incominciai a comprare i libri, quelli della BUR di Rizzoli, che erano tra i più economici. In casa mia non c’erano libri, nonostante che mio padre nato nel 1915,  fosse una persona di molte letture, avesse frequentato le scuole operaie e, soprattutto, sapesse leggere gli spartiti musicali. Infatti, già all’età di 12, anni era entrato a far parte della prestigiosa Filarmonica di Castelnuovo, una delle migliori del Regno classificatasi al terzo posto nel Concorso Nazionale di Torino del 1906 (?). Tra i sedici ed i diciotto anni di età comprai e lessi più volte, credo tre, i cinque volumi della BUR del romanzo di Victor Hugo “I miserabili”. Una lettura appassionante! Mio padre mi spronava a leggere anche gli altri romanzi di Hugo, che lui conosceva,  come “L’uomo che ride”, “I lavoratori del mare” o “Il Novantatre”. Ma non gli detti retta, perché mi ero ormai buttato a capofitto nella letteratura russa dell’Ottocento e in quella americana del Novecento. Quando nel 2003 La Biblioteca di Repubblica pubblicò “Notre-Dame de Paris”, con introduzione di Umberto Eco e traduzione moderna di Fabio Scotto, lo acquistati immediatamente per leggerlo. Ma fino a poche settimane fa non avevo mai trovato il tempo e lo stato d’animo appropriato. Lo sto ancora leggendo, anzi sono appena giunto al Libro IV, Capitolo I, cioè al ritrovamento nella Basilica di Notre-Dame del mostriciattolo di tre o quattro anni, lì abbandonato, colui che sarà il gobbo e deforme Quasimodo, al centro del romanzo. Confesso che questa lettura non m’è agevole, anzi, proseguo più per “studio” che per desiderio. Riconosco anch’io, e non potrebbe essere diversamente, la genialità di Hugo, ma mancano solo 17 anni alla celebrazione del 200° compleanno del romanzo Notre-Dame de Paris, e in due secoli, in questi ultimi decenni, soprattutto, c’è stata una rivoluzione, una mutazione, nel modo di leggere e di comunicare. Al di fuori della scuola si legge poco o niente, certo non più i grandi romanzi dell’Otto-Novecento, del resto troppo pesanti per gli e-book. Anche i vecchi, coloro che possono ancora leggere e comprendere, preferiscono romanzi più leggeri nei contenuti ed anche nel peso cartaceo che mani artrosiche devono poter sostenere. Sono andato alcune volte nella città di Parigi, e in Piazza dei Vosgi ho visitato la casa-museo di Victor Hugo, rimanendo impressionato dalla quantità e qualità dei suoi scritti, ed anche della sua biografia politica ed avventurosa, così ricca di relazioni sentimentali…altro che qualche amoretto di Holland! Chi va a Parigi, anche se non propriamente per turismo, incontra più volte sul suo cammino la Cattedrale di Notre-Dame, la visiterà certamente almeno una volta leggendo un depliant o una guida per apprezzare meglio il grandioso e stupefacente monumento. L’ho fatto anch’io. E’ per questo che scrivo il post: aver incontrato nel romanzo di Victor Hugo la più bella, romantica, documentata descrizione, non solo della vicenda storica e romanzata degli avvenimenti descritti in Notre-Dame, ma anche del monumento medesimo al quale è dedicato il capitolo I, da pagina 127 a pagina 135, per poi proseguire, nel capitolo II, da pagina 137 a 162, con una descrizione stupenda, “a volo di uccello” dalle torri della Cattedrale, della Parigi del secolo XV. Credo che si parlerà di Notre-Dame fino a pagina 595…e d’altra parte il romanzo di Victor Hugo è ad essa dedicato. Buona lettura.





domenica 19 gennaio 2014


Ai minatori di Niccioleta [i]

Questa poesia, che scrissi nel 1968, la dedico alla mia amica poetessa Lorella che ha messo su FB una sua stupenda lirica dedicata nel 2002 ai minatori di Niccioleta uccisi il 14 giugno 1944 a Castelnuovo di Val di Cecina.

Di settantasette il sangue
                        raggrumato
sullo sterile scoglio rimase
misto a lacrime
                        e lamenti:
erano giovani
non volevano morire
i minatori di Niccioleta.

Quel sangue
                        non germogliò
fiori né erbe,
ma crudi sterpi
e filiformi ombre,
e quei lamenti
echi non destarono
e quella lacrime
ai venti della primavera
                        svanirono.

Le spose
dei giorni felici
han smesso di venire
con rose e veli neri:
i pochi figli
                        son cresciuti,
gli oscuri genitori
da tempo li han raggiunti.

Loro non volevano
                        da morti
essere eroi,
volevano una vita
serena trascorrere,
nella dura terra
un lavoro avere:
erano minatori,
scavavano gli
oscuri pozzi
per un mondo
di luce, e sono morti.

E noi che nella luce
trascorriamo i giorni,
nell’incerto futuro
dove verità e menzogna
                        si confondono,
testimoni immemori
                        e silenziosi,
lasciamo al vento
degli innocenti il grido,
e i pallidi fiori,
di plastica,
sulle rocce bianche,
là, dove i minatori
son caduti.





[i] 14 giugno 1944, il mio paese natale fu teatro di uno dei più grandi eccidi di lavoratori da parte delle SS italo-tedesche. Ai 6 minatori fucilati la sera del 13 al villaggio minerario di Niccioleta (Massa Marittima) se ne aggiunsero 77 condotti da Niccioleta e trucidati il giorno seguente a Castelnuovo di Val di Cecina. Lo stesso giorno altri 4 partigiani furono fucilati, nell’operazione di “guerra ai civili” pianificata dai nazifascisti e altri 19 giovani furono deportati in Germania. Il piano originario ordinato al III° Bataillon “Italien” di stanza a Sansepolcro (AR) prevedeva l’uccisione  di circa 150 persone. Soltanto grazie ad una serie di fortuite circostanze, tra le quali la solidarietà della popolazione, centinaia di uomini presi prigionieri dai nazifascisti riuscirono a fuggire. In totale, i morti furono 92, non considerando i 5 partigiani caduti in combattimento a Monterotondo Marittimo (GR) e gli 11 civili uccisi a Massa Marittima (GR). Alla iniziale corale partecipazione della gente del luogo e di tutti i villaggi di provenienza dei minatori, nei giorni fatidici del 13 e 14 giugno di ogni anno alla commemorazione, lentamente la memoria collettiva si affievolì. Solo grazie alla tenacia delle amministrazioni comunali di Castelnuovo di Val di Cecina (PI) e di Massa Marittima (GR) e, soprattutto, all’impegno di un gruppo di lavoratori della fabbrica di Larderello, coordinati dal partigiano combattente Mauro Tanzini, il luogo fu  valorizzato e protetto, fino ai giorni nostri. I nomi dei volontari della memoria, tra cui mio padre, che per primi si impegnarono nella manutenzione furono: Mauro Tanzini, Astelio Di Sacco, Niccolo Marconcini, Renzo Groppi, Angiolino Rossi.