giovedì 29 gennaio 2015






Giornata della Memoria, 27 gennaio 2015, martedì.

27 gennaio 2015 Celebrazione, alla Pista di Castelnuovo V.C. ore 9,30, della Giornata della memoria della Shoah a ricordo dell’abbattimento dei reticolati del lager di AUSCHWITZ-BIRKENAU. Partecipano gli scolari delle tre classi medie comunali ed alcuni insegnanti. Introduce l’assessora del comune Linda Bilei. L’incontro termina con la proiezione di un breve documentario-intervista a Primo Levi. In questa occasione l’amm.ne comunale distribuisce a tutti una copia del volumetto edito per il 70° della Liberazione dal nazifascismo.
            Oggi sappiamo tutto, o quasi, della Shoah. Possiedo centinaia di libri, film, documenti…Mi servono perchè non dobbiamo stancarci di tramandarne la memoria alle nuove generazioni, soprattutto attraverso la scuola. Tra poco vedremo un breve , ma intenso, filmato-intervista a Primo Levi, una figura eccezionale e testimone sopravvissuto al lager di Auschwitz. Ogni volta che lo vedo mi commuovo. Ho avuto la fortuna di conoscere molti ebrei, fino a diventarne intimo amico. Testimoni diretti del tentativo di annientamento del loro popolo. Ho visitato alcuni lager, Bergen-Belsen, Mauthausen, Terezin, Auschwitz-Birkenau, Dachau, e alcuni luoghi simbolo come i Ghetti di Cracovia, di Varsavia, di Lublino, di Plzen e di Praga…ho visitato l’appartamento di Anna Frank ad Amsterdam…in più ho contribuito a rendere nota la vicenda del piccolo campo di concentramento per ebrei  allestito a Roccatederighi, ubicato a pochi chilometri da noi, nel comune di Roccastrada, provincia di Grosseto.
            Ho anche raccolto una vasta messe di interviste e testimonianze, diari, fotografie grazie all’aiuto di una infaticabile ricercatrice, Elide Lattes, nata negli Stati Uniti d’America e residente in Italia dall’inizio degli anni ’50. Elide è morta da poco lasciandomi gran parte del proprio archivio costituito dalle memorie di ebrei toscani sopravvissuti alla Shoah. Le quaranta pagine manoscritte del suo diario sono depositate nell’Archivio Diaristico Nazionale, dov’è anche il mio. Alla fine degli anni ’70 sono stato a Vienna, al Centro di Simon Wiesental, il famoso “cacciatore di criminali nazisti”; nel 2009, al Centro di documentazione ebraico Mémorial de la Shoah,  ed a Parigi, nel 2011, in occasione della grande Mostra Mémoire des Camps. Successivamente ho dato l’input e poi collaborato con la regista Vera Paggi alla produzione di un documentario per RAI News 24 sulla vicenda degli ebrei grossetani, ed infine, due anni or sono, al termine di un lungo percorso di ricerca, sono stato invitato, dal Presidente della Comunità ebraica italiana, alla inaugurazione del cippo ricordo posto all’ingresso dell’ex Campo di Roccatederighi…adesso faccio parte della Sezione Italiana dei Figli della Shoah, il che costituisce, forse, il premio più alto e sorprendente che mai mi sarei atteso dalla vita. Nel giugno 2014, ho visitato, a Gerusalemme, il grande museo della Shoah, Yad Vashem.
            Come ho accennato, mi sono occupato con l’amica Elie, alla ricerca delle biografie dei sopravvissuti dei Campi di Concentramento italiani, nei quali, a seguito delle Leggi Razziali del 1938, furono rinchiusi tutti gli ebrei che fu possibile catturare nel territorio del Regno e che, dopo l’avvento della Repubblica Sociale di Mussolini, nell’autunno 1943, passarono, a quelli di smistamento, di Fossoli di Carpi in Emilia e di Trieste e Bolzano, sotto le dirette competenze delle SS tedesche e italiane. Forse questo interesse  è dovuto al fatto che io sono nato alla fine dell’estate del 1938, il fatidico anno delle Leggi Razziali? Forse. All’inizio pensavo che la questione della Shoah riguardasse soltanto il Reich  nazionalsocialista, e le comunità ebraiche delle nazioni invase dalle armate tedesche, non l’Italia. A Castelnuovo, nel primo ventennio dopo la fine della seconda guerra mondiale, mai avevo sentito parlare di ebrei italiani o, addirittura toscani…o di Pitigliano, Volterra, Livorno, Grosseto. nonostante che Castelnuovo, anche per le tragiche vicende dell’uccisione dei minatori di Niccioleta e per essere collocato entro un territorio caratterizzato da una forte presenza delle bande partigiane, manifestasse un forte spirito antinazista ed antifascista. E’ vero che si celebrava ogni anno l’antifascismo, si faceva il corteo, banda musicale in testa e tricolore,  il 25 aprile e, il 14 giugno, la nascita della democrazia, la bandiera del 25 aprile e, naturalmente, il 14 giugno data dell’eccidio dei minatori di Niccioleta, ma la storia della Shoah e delle Leggi Razziali era completamente sconosciuta o, peggio, dimenticata. Si parlava poco anche dei partigiani, dell’olio di ricino, degli eccidi di S. Anna di Stazzema, Marzabotto, del Valdarno e della sorte dei fascisti della RSI, catturati dagli Alleati e rinchiusi al Campo di Coltano, alle porte di Pisa, nel quale transitarono anche alcuni castelnuovini. Nel ‘70 uscì il bel film di De Sica tratto da un romanzo di Bassani, Il giardino dei Finzi Contini, uno dei rarissimi film sul tema. Mi emozionò tantissimo! In quegli anni c’erano stati altri tre o quattro film soltanto, dei quali ricordo Kapò, L’oro di Roma e Andremo in città. E’ bene ricordare, ancora una volta, che in Italia la Shoah è avvenuta con le Leggi Razziali contro gli ebrei italiani. Tutto il resto è orrore che si aggiunge all’orrore. Non aver reagito a quelle Leggi, essere stati passivi di fronte alla violenza fascista, fa pendere sulla nostra società, sui nostri nonni e padri e madri, su noi stessi, una condanna morale con poche scusanti, per questo ho cercato di conoscere la verità. Italiani brava gente...si dice! Tanto bravi da non aver mai fatto, come invece è avvenuto in Germania, un processo di autocritica collettiva! Silenzio e rimozione. Tanto che, all’inizio degli anni ’60, il nostro Governo e le nostre Autorità locali, non risposero alle richieste della Magistratura tedesca che stava costruendo gli atti di accusa per molti ex nazisti autori delle stragi e delle rappresaglie compiute in Italia. Come, ad esempio, contro il maggiore Emil Bloch da parte della Magistratura di Gottinga per la strage dei minatori di Niccioleta. Poiché i crimini contro l’umanità non cadono mai in prescrizione è stato recentemente possibile celebrare, a più di mezzo secolo di distanza, e condannare, spesso post mortem, gli autori delle stragi di Sant’Anna di Stazzema, del Lager di Bolzano e di altre minori. Molti sostengono che il fascismo fu più umano del nazismo, dato che non gassifico gli ebrei (se non qualcuno alla Risiera di San Sabba a Trieste), pur avendogli confiscato i beni, averli allontanati dalle scuole e dall’insegnamento, e sostanzialmente dal lavoro, vietando loro di frequentare gli alberghi, di possedere un apparecchio radio, di avere alle dipendenze una domestica cosiddetta  ariana, di innamorarsi di una donna o di un giovane ariano, ed essere obbligati a censirsi presso appositi uffici comunali e provinciali e poi, se non se ne erano perdute le tracce, internati e deportati. Se nell’orrore del male ci fosse una graduatoria si potrebbe affermare che il fascismo fu meno orribile. Ma questo non attenua le colpe di chi accettò tutto: di chi permise quelle Leggi  e le omissioni degli anni seguenti. Gli ebrei in Italia alla data del 1938 erano circa 36.000, dei quali molti riuscirono a fuggire ed a nascondersi, aiutati, è bene dirlo, da Istituzioni religiose, da antifascisti e persone di buon cuore d’ogni ceto sociale.  Oggi si può, quasi definitivamente, ricostruire la sorte degli ebrei italiani dei quali 500 ripararono al Sud liberato, 6000 in Svizzera e 29.000 rimasero fino alla Liberazione nella clandestinità. Di loro, 1000 aderirono alle Brigate partigiane e 100 caddero in combattimento. Gli internati e deportati verso i Campi di sterminio del Reich furono circa 7800, dei quali 6000 uccisi ad Auschwitz, come risulta dalle precise ricerche di Liliana Picciotto pubblicate nel volume edito da Mursia, “Il libro della Memoria”. Soltanto poche centinaia scamparono alle camere a gas, meno di 800. In Italia furono allestiti 113 Campi di Concentramento, alcuni sotto la diretta supervisione nazista, gli altri gestiti dai militi italiani della RSI di Mussolini, con la supervisione dei Comandi territoriali delle forze armate hitleriane. Dieci di questi Campi erano collocati in Toscana: Anghiari Renicci (AR), Bagni di Lucca (LU), Bagno a Ripoli (FI), Civitella della Chiana (AR), Colle di Compito (LU). Laterina (AR), Massa Carrara (MS), Montalbano (FI), Rovezzano (FI) e, infine quello vicino a noi: Roccatederighi (GR), dal quale, come sappiamo, due convogli speciali trasportarono ad Auschwitz oltre 50 persone, compresi molti bambini e, tra loro, la piccola Gigliola Finzi, nata nel Campo e uccisa all’arrivo del treno blindato partito da Fossoli via Bolzano con un migliaio di ebrei italiani, sacrificati alla follia razziale del nazifascismo. Quasi nessuno di loro, soltanto in tre scamparono ai forni crematori. Gli italiani, con ben più inaudita ferocia che non in Patria, allestirono alcuni Campi di Concentramento anche nelle nazioni occupate: 15 nella ex Jugoslavia e 7 in Albania. Di questi Campi sono state quasi del tutto cancellati i documenti, oltre che i resti fisici, come è avvenuto  in tante nazioni d’Europa. Per questo la Giornata della Memoria istituita recentemente dal Consiglio della Comunità Europea è così importante per contribuire alla salvezza ed alla ricostruzione della verità storica proprio come un antidoto all’indifferenza che anche oggi, insieme all’acquiescenza collettiva che deriva da un sempre più vasto decadimento etico e morale, rischia di favorire l’insorgere di antiche e nuove forme di discriminazione e di imbarbarimento, con il manifestarsi di nuove forme di intolleranza e “razzismo” verso le migrazioni di popoli di altri continenti in fuga dagli orrori della guerra, dalla fame e dalla povertà, dalla violenza. Infine, permettetemi di ricordare che è grazie alla Associazione Culturale “Il Chassino” se, ormai da quattordici anni, la Giornata della Memoria viene celebrata a Castelnuovo di Val di Cecina e la fiammella della ricordanza riamane accesa.

Carlo Groppi  

mercoledì 28 gennaio 2015







AUTOSTRADA DEL SOLE: Impruneta-Modena. 

Bella giornata di sole, ma prima dell'alba il termometro segnava - 5°C! Evasione dall'Alta Val di Cecina e ritorno. Molto interessante. Nel nord, parcheggiando in un cortile, tra auto di media e grossa cilindrata, le ho contate: erano 16. Ebbene una sola era FIAT e italiana, le altre tedesche e francesi. Almeno i "padani" dovrebbero essere coerenti con l'antieuropeismo!

domenica 25 gennaio 2015

 Anne Frank.
La famiglia Turteltaub, memoria di Roccatederighi (GR)
 Auschwitz, l'ingresso dell'inferno.
 Forni crematori a Terezin.

L'ingannevole apparenza della malvagità.

SHOAH.

Memoria della Shoah.

La Shoah fu la campagna di genocidio progettata dallo stato e messa in atto dal governo nazista della Germania e dai collaborazionisti prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Sebbene i tedeschi avessero come bersaglio zingari, slavi, comunisti ed altri gruppi considerati “nemici dello stato”, l’obiettivo primario di questa campagna razziale di sterminio era la popolazione ebraica dell’Europa. In tutto, circa sei milioni di uomini, donne e bambini ebrei – circa un terzo degli ebrei de mondo – furono uccisi, in una delle più sistematiche e letali campagne di odio della storia.

L’associazione sopravvissuti della Shoah.

Nel 1994, dopo aver ultimato le riprese del film Shindler’s list, Steven Spielberg ha istitutito la Survivors of the Shoah Visul History Foundation, al fine di raccogliere e ordinare in archivio interviste con sopravvissuti ed altri testimoni della Shoah. La Fondazione ha registrato su nastro videomagnetico più di 50.000 testimonianze in 57 nazioni e 31 lingue, operando successivamente per rendere l’Archivio disponibile in tutto il mondo come risorsa per l’insegnamento della tolleranza tra gli uomini.

I  figli della Shoah.


Dal 1999 sono stato iscritto alla Associazione Italiana Figli della Shoah, pel il piccolo contributo dato alla conservazione ed alla valorizzazione di alcune persone e famiglie, in Europa ed in Italia, vittime della Shoah, sia attraverso esperienze dirette, sia per la raccolta di materiale documentario attraverso la lunga ed intensa amicizia con Elie Lattes, che sistematicamente aveva raccolto decine di interviste ai sopravvissuti, in Toscana. Alla sua memoria dedico questo post.

sabato 24 gennaio 2015


Renzo e Carlo.


Vagabondo... (fare clic e accendere audio)

Che serata!

Il mio caro amico Mario Andrei è andato in pensione il 31 dicembre 2014. L'avevo avuto come compagno di ufficio  tra il 1986 ed il 1991, insieme a Gigi, Renzo e il Bianchi, una bella squadretta, alla quale si dovrebbero aggiungere Alfredo, il capo, e la bellissima Katia. Avevamo molte cose in comune, il cinema. la fotografia, l'arte, le belle donne, le tartarughe, il gioco del calcio, io come tifoso e lui come allenatore. Ci piaceva mangiare nelle piccole trattorie, viaggiare tra Toscana e Lazio, ed ascoltare storie. Anche dopo che io ero andato in pensione ci incontravamo di tanto in tanto nella sua stanza-esposizione di opere pittoriche a Pomarance a scambiare quattro chiacchiere, sulla pittura e sulla sua attività di amministratore locale, prima all'opposizione e poi nella giunta a guida centrista, dopo il lungo periodo delle giunte di sinistra. S'era impegnato nella riqualificazione del paese di Larderello, un gran merito. Ieri sera ha festeggiato il pensionamento offrendo una cena ad una trentina di colleghi, tra i quali c'ero anch'io, presso un agriturismo pomarancino La Dispensa del Palagetto, che a trovarlo nel buio su strade con rare indicazioni è stata un'avventura. Però che gioia m'ha dato, incontrare tanti vecchi compagni, in particolare tutta la squadra del mio ufficio! Grazie Mario per avermi riportato indietro nel tempo ed aver fatto riemergere ricordi ed emozioni. Superata la mezzanotte, dopo tre ore di manicaretti e bevande, tutto di altissima qualità, il Benincasa ha sfoderato la sua chitarra riesumando il repertorio allegro-sentimentale delle nostre canzoni anni 50-60-70, non avremmo mai smesso di cantare se non vedendo le tre ragazze stanche e insonnolite, sopportarci con stoica pazienza! Siamo ripartiti all'una e mezzo in una notte serena, senza vento, e senza sbagliare una curva sono arrivato a casa. Grazie Mario e Renzo e Gigi e Bianchi...ed a tanti altri amici che rammentarli tutti è difficile. Ma che non dimenticherò. 



 

lunedì 19 gennaio 2015

Il lonfo

Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s’archipatta.
È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
arrafferia malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t’arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi, in segno di sberdazzi
gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto
t’alloppa, ti sbernecchia; e tu l’accazzi.

La Gnòsi delle
Fànfole

Letterato, alpinista, viaggiatore, naturalista, etnologo, orientalista, insegnante di lingua e letteratura giapponese, Fosco Maraini (1912-2004) è stato in Italia il primo scrittore di quella che lui stesso ha definito “poesia metasemantica”, “composta di termini privi di senso se non per quello, obliquo, conferito ad essi dal loro stesso suono”. Le sedici poesie contenute nella Gnòsi delle Fànfole (Baldini, Castoldi e Dalai, 1994, ripubblicato nel 2007) costituiscono un piacere dello scherzo e dell’immaginazione, per l’invenzione continua di parole di origine sia dotta sia popolaresca, che si adattano perfettamente alla metrica pur lasciando al lettore il piacere di scoprire nuovi significati ad ogni lettura. Il diletto del lettore è accresciuto dalle note al testo le quali, invece di soddisfare la sua domanda di spiegazioni, lo confondono e lo divertono con commenti decisamente assurdi e fuorvianti. Così, dopo aver letto che “Il lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta”, si viene informati dalla nota che “non esistono testimonianze dirette che possano suffragare la teoria che ogni lonfo - in gioventù o nell’età matura - sia solito barigattare. Vittoria Contini Serpieri, nel suo Tutto quello che avreste voluto sapere sul barigatto ma non avete mai osato chiedere! (Edizioni La Lanterna, Genova, 1937), tratta ampiamente l’argomento ma nel pur esauriente testo non fa alcun cenno né al lonfo né ai lonfoidi in genere”.


Gentilmente portato a conoscenza degli “sbalorditi” pilisti il dì di Festa, 18 gennaio 2015 a Radicondoli da Susanna. 

sabato 17 gennaio 2015



FABBRICA AMICA. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944 – 1956), G.P.Migliorini Ed., Volterra, 1998, Pref.ne di Graziano Pacini, br. pp.370,32 ill.ni.

 Pomarance 2 MAGGIO 1998,
presentazione dell’autore Carlo Groppi.


      Oggi è per me una giornata di gioia e di commozione. La gioia è vedere  nelle vostre mani il frutto di lunghi anni di ricerca e di impegno, la commozione è legata ai tanti amici e compagni che non sono più tra noi a discutere, ancora una volta, anche da posizioni contrapposte, dei problemi del lavoro, della democrazia, del futuro della geotermia e del nostro territorio.

      Non posso, ovviamente, richiamarli tutti, ma solo qualcuno che ha rappresentato per me, un ideale da raggiungere, un esempio di coerenza e rettitudine, un saggio consigliere, un amico che sapeva guardare oltre gli steccati e le ideologie, un avversario tenace e coerente...Cesare Salvagnini, Pietro Mori, Mauro Tanzini, Massimiliano Ciompi, Bruno Giobbi, Cherubino Pineschi, Luigi Calvani, Ferdinando Battini, Carlo Chiavistrelli, Sergio Beneventi, Sauro Marconi, Mario Pierattini, Baldi Valdo, Terzilio Cipriani, Luigi Rossi, Benso Cheli, Aldo Borgianni, Lando Cellai, Aldo Batistini, Sirio Manghetti; ma non rendo giustizia alla moltitudine che mi affolla la mente...

      Fabbrica amica è un libro di memorie che si sviluppano su tre piani: nazionale (e internazionale), locale, e personale. Non sempre c'è fluidità nell'intreccio, ma credo che la tensione emotiva e la ricerca della verità vi sian sempre presenti.

      Si tratta della prima organica ricostruzione di un periodo storico molto importante per la vita della fabbrica di Larderello e per tutta la cosiddetta regione boracifera. E' un libro di storia, ma è anche un omaggio a chi gettò le basi per lo sviluppo della democrazia e del sindacato, a chi avviò il processo di nazionalizzazione dell'industria elettrica e della Larderello, a chi, e sono centinaia e centinaia di lavoratori, subì discriminazioni ed angherie per difendere la libertà di pensiero, parola, organizzazione. Nel libro si ripercorrono le vicende di un gruppo di uomini che fondarono il giornale I SOFFIONI, organo che fu per anni il punto di riferimento, non solo per i socialcomunisti e per gli iscritti alla CGIL,  ma per decine di impiegati e tecnici, a sostegno del movimento di lotta per lo sviluppo della fabbrica e della geotermia, e per l'applicazione del contratto di lavoro degli elettrici, il migliore tra quelli allora vigenti a tutte le maestranze. Si ripercorrono i giorni delle sconfitte, la divisione in tre contratti, l'avvento alla presidenza della Larderello di Aldo Fascetti e il suo programma innovatore e propulsivo. Si approfondiscono le vicende delle Cooperative appaltatrici, il licenziamento di Luigi Calvani e Aldo Bianciardi, i successi e gli errori della CGIL e dei partiti di sinistra, la scissione sindacale e tanti altri episodi nella più grande fabbrica della Toscana , tra la Piaggio di Pontedera, l'Ilva e la Magona di Piombino, fino all'anno 1956, l'anno nel quale per la prima volta, la CGIL fu sconfitta dalla CISL nelle elezioni per il rinnovo della Commissione Interna.

      Non è adesso possibile analizzare più approfonditamente il libro. Lo leggerete, lo apprezzerete o lo abbandonerete perché non gradito, lo conserverete...come si fa con tutti i libri. Forse qualche giovane, a cui parrà oggi noioso e inutile, vi ritornerà negli anni futuri, magari per studio o per ritrovarvi la memoria e la traccia della sua gente, i cambiamenti della sua terra.

      La memoria storica è indispensabile all'esistenza di qualsiasi comunità. La memoria storica arricchisce ed allarga la nostra esperienza, ci connette invisibilmente alle generazioni passate, ci dà sempre un più o meno saldo fondamento per inventare il nuovo e dare così una direzione alla traccia del nostro sentiero. Nella nostra età, dove tutto è immediatamente contemporaneo a tutti e tutto si accavalla, ogni giorno, siamo quasi costretti a vivere nell'immediatezza, un'immediatezza senza passato e senza futuro. Rischiamo di vivere abbandonandoci a sensazioni epidermiche - in un quotidiano effimero - incapaci di depositarsi e di decantarsi. Ogni giorno ci offre il suo nuovo; ma le nostre reazioni rischiano di essere solo delle emozioni indotte da quello strumento dell'immediatezza che sono i nuovi mezzi di comunicazione di massa. Il passato rimane oscuro, il futuro appare incerto. Da queste semplici considerazioni nasce il mio impegno di storico della Comunità locale, il tentativo di rifondare, o riscoprire, radici, eventi, uomini, anche semplici e oscuri, che in misura più o meno consistente, hanno contribuito a costruire quello che siamo e quello che saremo.

      In questi giorni, cinquant'anni fa', si determinavano avvenimenti di eccezionale importanza, ed io li racconto per come li ho vissuti e qualche volta per come li vivo nel presente. Certo è stato un bene che la DC abbia vinto le elezioni del 18 aprile evitando all'Italia o la guerra civile o scenari di Democrazie Popolari tragicamente fallite. La canzone che cantavo nel '48 "olè olè olè con De Gasperi non si mangia/olè olè olè De Gasperi vuole il Re" era vera e falsa. Si mangiava, infatti, più che nel passato. Tuttavia la DC incarnava non solo un'anima moderata, ma un'anima reazionaria (come s'ebbe modo di verificare nel Referendum istituzionale Repubblica-Monarachia), che soltanto la forte presenza della sinistra all'opposizione, e in essa della cultura che contava del Paese, riuscì a neutralizzare tenendo saldo il partito cattolico nel rispetto della Costituzione e della democrazia. Nel giorno di ieri si sparò sui lavoratori a Portella della Ginestra e nei mesi seguenti si continuò ad uccidere capi lega e sindacalisti, in tutto il Paese. La situazione sociale negli anni '50 era certamente drammatica se perfino il Governo dovette insediare una Commissione Parlamentare d'Inchiesta per una verifica sulle condizioni dei lavoratori in Italia e della democrazia nei luoghi di lavoro. Tra l'altro la Commissione Parlamentare d'Inchiesta, presieduta da Leopoldo Rubinacci, venne  a Larderello proprio dopo il licenziamento di Luigi Calvani e di Aldo Bianciardi e se ne sono potute ricostruire le mosse grazie alla ricerca che ho compiuto nell'archivio storico della Camera, riportando alla luce materiale inedito di eccezionale valore e suscettibile di approfondimento. Negli anni abbracciati dalla ricerca migliaia di braccianti senza terra, di lavoratori, capo lega, sindacalisti comunisti e socialisti furono arrestati, processati, imprigionati e molti di loro caddero uccisi durante scioperi e manifestazioni; centinaia di migliaia furono i licenziati per motivi politici...

      Il sindacato ebbe un ruolo fondamentale in questo processo storico. E pur da posizioni talvolta antagoniste e subordinato alle scelte politiche dei partiti e dei governi (le famose cinghie di trasmissione), si può dire che non tradì mai i lavoratori. Si, esistevano concezioni economico-politiche diverse, tattiche diverse, ideologie diverse; però il sindacalista doveva fare i conti non solo con la teoria e con i tempi lunghi della politica, ma giorno dopo giorno con milioni di lavoratori in carne ed ossa coi loro bisogni reali, con le loro debolezze, con la loro dignità. Nasceva dal contatto minuto e diffuso con le masse l'umanesimo sindacale, la sua concretezza, la sua duttilità. Non è un caso se di fronte ai tragici avvenimenti ungheresi Di Vittorio sia entrato in rotta di collisione con il vertice del suo partito, il PCI.

      Le parole profetiche che Achille Grandi, grande leader cattolico, pronunciò al momento della ricostituzione della CGIL dopo la dittatura fascista, ritornano d'attualità dopo 50 anni di divisioni: "L'unità sindacale è stato il sogno di tutta la mia vita". Alla soglia del nuovo millennio l'unità sindacale non sembra più un sogno, ma un obiettivo vicino e credibile.

      Per me, per molti della mia generazione, la fabbrica era amica e scuola di vita. Oggi questo termine pare vecchio e desueto. La fabbrica espelle i lavoratori, non si fanno assunzioni; la fabbrica e il territorio non vivono più in simbiosi, spesso si contrappongono come nemici; all'interno della fabbrica una eccessiva gerarchizzazione e parcellizzazione delle mansioni aliena i lavoratori rendendoli estranei ai processi produttivi. E, anche in campo nazionale, l'espansione del terziario, il lavoro a domicilio, il part-time, la formazione professionale, per non parlare dei cosiddetti lavori socialmente utili, hanno contribuito alla perdita di ruolo della fabbrica vera e propria. Insieme alla fabbrica sembra, per molti, anacronistico parlare ancora di classe operaia.

      Gli uomini del mio libro, dopo il grandioso impegno per la ricostruzione dei danni di guerra, lottavano per la nazionalizzazione della Larderello e dell'energia; lottavano per aumentare la produzione elettrica e chimica; per sottrarre il potere alle holding finanziarie e ai grandi monopoli; per un unico contratto di lavoro; per l'eliminazione dello sfruttamento praticato a mezzo delle cosiddette "economie"; per mettere i rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di Amministrazione; per garantire sviluppo e occupazione alla intera zona...si pensava anche, che tutti i proletari del mondo dovessero unirsi per costruire una società socialista e che la "proprietà, quella che nasce e genera sfruttamento, fosse un furto"! Oggi tutto è rovesciato, gli orizzonti sembrano angusti e nessun forte ideale ci sospinge.

      In questo senso il mio libro è un saggio di nostalgia, e non solo per la mia gioventù così lontana. La storia offre tuttavia corsi e ricorsi, procede per cicli, non sempre lineari, e nessuno può teorizzare con quali mezzi politici verrà posto fine allo sfruttamento che il 10% della popolazione del pianeta attua nei confronti del restante 90% e come verrà programmato l'uso delle risorse, alcune in rapido esaurimento. Il vecchio Marx resterà alfine sorpreso di sentirsi citare positivamente perfino dal Papa in una sua imminente enciclica...

      Anche per questi motivi, muovendo dalle vicende descritte in Fabbrica Amica, si potrà prendere spunto per un confronto serio sui temi al centro del dibattito storico-politico riguardanti il primo dopoguerra e il 1948; o sulle prospettive di Larderello e della geotermia a partire dalle recenti dichiarazioni dei vertici dell'ENEL, per molti aspetti inquietanti, almeno sui riflessi occupazionali; oppure sui cambiamenti etici nel rapporto dei giovani di oggi con il lavoro e tanto più con il lavoro in fabbrica.

      Si potranno rivisitare le ideologie fondamentali di questo secolo feroce e breve e discutere se la civiltà occidentale sia all'alba o al tramonto...o cosa rappresentò lo "sciopero per Stalin",  oppure "la Messa per l'Ungheria" mentre Francia e Inghilterra aggredivano l'Egitto. Sui carri armati russi c'erano le falci e i martelli, sulle bombe che distruggevano città e villaggi sul canale di Suez, i simboli della "democrazia occidentale".  Ci vorrà l'avvento di un grande papa come Giovanni XXIII a portare il vento dell'eucumenismo  in una chiesa pesantemente compromessa con i peggiori sistemi di potere del mondo, compresi il fascismo e il nazismo.

      Richiamando tali concetti e valori il libro aiuterà a riflettere a pensare. Abbiamo davanti a noi la fatica delle pianure, pianure di cui non vediamo la fine, e la fatica è altrettanto immane, se non maggiore, di quando abbiamo scalato le montagne.

      C'erano tra noi uomini grandi e forti, in ogni schieramento politico, in ogni organizzazione sindacale e padronale: due, in particolare emergono dalla ricerca, Luigi Calvani e Aldo Fascetti. Del primo, che mi fu compagno, amico e maestro, abbiamo due volumetti autobiografici che ci aiutano ad inquadrarne la forte personalità politica ed umana e la sua figura di leader è abbastanza nota, specialmente nell'Alta Val di Cecina e nel pisano ed io ne parlo ampiamente. Su Aldo Fascetti è calato invece, precocemente, come precoce fu la sua morte, il silenzio. Ci restano un libro di scritti e discorsi di quand'era presidente dell'IRI, e gli interventi parlamentari sepolti nei verbali della Camera o qualche editoriale sul periodico “Rassegna Larderello”; nulla più. Sono perciò soddisfatto di averne ricostruito per la prima volta il profilo politico ed umano. Di averne riscoperto la geniale tempra di manager, di propulsore della geotermia. Naturalmente non fu esente da errori e difetti. Per taluni aspetti la sua personalità apparteneva al futuro per altri, ad esempio una visione fondamentalista cattolica della società, le sue radici erano nel passato, nella scuola di Toniolo, nei gruppi della FUCI dell'università di Pisa, nelle frequentazioni con i vecchi amici che appartati esercitavano la professione forense sotto il fascismo. Per queste due ricostruzioni ringrazio di cuore Nada-Tani Calvani, moglie di Luigi e Maria Novella Fascetti, nipote di Aldo.

      Ma i ringraziamenti, pur ampi, (5 pagine alla fine del libro), non rendono giustizia alle centinaia di persone che hanno collaborato con me in questi  anni di ricerche, né a coloro che mi hanno sostenuto economicamente acquistandone una copia, né agli sponsor che mi hanno incoraggiato con un contributo economico, primi fra tutti la Comunità Montana, la Provincia di Pisa, il Comune di Castelnuovo V.C., che da anni sostiene l'insieme della mia ricerca, il Comune di Pomarance, l'UNIPOL, l'ARCI, L'AVIS, l'ICET, la CGIL, il PDS, l'Università della 3^ età di Pomarance e la COOP. E' proprio grazie a tali contributi che il libro mantiene un prezzo di copertina economico, nonostante le oltre 400 pagine, le 32 illustrazioni e tavole e l'accuratezza grafica della Tipografia di Sandro Gherardini di Peccioli che insieme all'editore Migliorini di Volterra ha curato il libro in ogni minimo dettaglio.

      Ancora una volta grazie a tutti i presenti che prego di intervenire nel dibattito che seguirà, prima di consumare un piccolo rinfresco  e, per finire, scusatemi degli errori e delle dimenticanze eventuali che potranno essere corretti e attenuate in futuro.


Pomarance, 2 maggio 1998, Teatro de Larderel.
L'immagine è di Luca Socchi, www.lucasocchi.com Fonte di Docciola, 1244 - 2012.

Bodo
  
Estratto dal volume di Carlo Groppi, “Né latino né tedesco, né lombardo né francesco. La Comunità di Castelnuovo dalle origini alla fine del XIII secolo”; Migliorini editore, Volterra, 1996.

814 - Morte di Carlo Magno.

817 - Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno e imperatore, concede ai monasteri e alle abbazie la libera elezione degli abati. Concede inoltre alla chiesa la libera elezione dei vescovi.

821 - 27 ottobre. L'imperatore Ludovico il Pio concede e riconferma al vescovo di Volterra Grippo, tutti i privilegi dichiarando "...che nessun giudice o persona rivestita di autorità imperiale doveva ardire di introdursi in chiese e dimore, campi e possessioni, che la chiesa volterrana possiede " in quibusdam pagis vel territoriis infra dictionem imperii notri" sia per tenervi cause giudiziarie, esigere tasse o ammende o per farvi dimora, o prelevamento di viveri, di "fideiussores", o compiervi atto qualsiasi su servi od uomini liberi, dovendo il vescovo Grippo e i suoi successori possedere in pace le cose predette, con tutti gli uomini legalmente a loro soggetti e con tutti i diritti di imposizione "omnes fredos concessos". Al vescovo incombe solo l'obbligo di obbedire fedelmente all'imperatore. E' la prima notizia della signoria civile dei vescovi volterrani, basata sulla proprietà terriera con uomini liberi e servi, e al tempo stesso del vassallaggio feudale vescovile all'impero". Noi non possediamo una fonte come il libro catastale che Irmione, abate di s. Germain-des-Pres, presso Parigi, compilò al principio del secolo IX, ma poiché Carlo Magno aveva emesso una serie di ordinanze dirette ai funzionari regi, per istruirli sul modo di amministrare le terre, nelle quali diceva loro ogni cosa necessaria a conoscersi, perfino quali verdure dovevano piantare nell'orto, trasferiremo la vicenda di Bodo, contadino medievale del nord della Francia, quale ci è magistralmente narrata da Eileen Power, nella vicenda  coeva di un vassallo del vescovo di Volterra o, meglio, dell'abate dell'abbazia di s. Pietro in Palazzolo, presso Monteverdi. E quelle vicende che ci sono state fatte rivivere con suggestiva finezza dalla ineguagliata narrazione della Power, noi le immaginiamo in uno dei tanti  "servi della gleba", un Oddo, o Guininzello o Bonuccio o Wido, che da mane a sera, nel suo manso e in quello del fattore e nelle terre dell'abbazia, solo o con i piccoli figli al pungolo delle bestie da soma e da tiro, in loco Corgnia apud le terre lagonicce, presta il proprio lavoro sui campi seminati a biade, a prato, o nella piccola vigna, per campare la sua famiglia, fare grande l'abate e il padrone e rendere dimostrazione a Dio della sua devozione.

"Habet Bodo colonus et uxor eius colona, nomine Ermentrudis, homines sancti Germani, habent secum infantes III. Tenet mansum ingenuilem I, hebentem de terre arabili bonuaria VIII, et antsingas II, de vinea aripennos II, de prato aripennos VII. Solvit ad hostem de argento solidos II, de vino in pascione modios II; ad tertium annum sundolas C; de sepe perticas III. Arat ad hibernaticum perticas III, ad tramisem perticas II. In unaquaque ebdomanda corvadas II, manuoperam I. Pullos III, ova XV; et caropera ibi injungitur. Et habet medietatem de farinarium, inde solvit de argento solidos II".

Bodo, colonus, e sua moglie Ermentrude, colona, affittuari di Saint- Germain, hanno tre bambini. Coltiva un manso che ha otto bonuaria e due antsinga di terra arabile, due aripenni di vigna e sette aripenni di prato. Egli paga due scellini d'argento all'esercito e due barilotti di vino per il diritto di far pascolare i suoi suini nei boschi. Ogni tre anni deve fornire cento tavole e tre pali per gli steccati.

Ara quattro pertiche di terreno per la semina invernale e due pertiche per la semina primaverile. Ogni settimana è tenuto a prestare la sua opera due volte (corvèes) ed a fornire un servizio. Paga tre polli e quindici uova e deve fare qualunque lavoro gli venga ordinato. Egli è proprietario di mezzo mulino per cui paga due scellini di argento".

"Dunque, villano, come va il tuo lavoro ?" "Eh, signore, è assai faticoso. Vado fuori all'alba, per condurre i buoi al campo, e li aggiogo all'aratro. L'inverno non è mai tanto rigido che io non debba uscire di casa, per paura del mio signore; e ogni giorno debbo arare un acro di terra o più, dopo aver aggiogato i buoi e fissato il coltro e il vomere all'aratro !" "Non hai nessuno che ti aiuti ?" "Ho un ragazzo che conduce i buoi con un pungolo, e che ora è rauco per il freddo e il gran gridare che ha fatto" (Povero piccolo Wido !) "Beh, insomma, è un lavoro molto faticoso?" "Proprio così, è un lavoro molto faticoso". I sentimenti di questo colono dovevano essere molti e molto forti. Quando si alzava nel gelo di una fredda mattina per guidare l'aratro sui campi dell'abate, o quando i suoi propri campi lo chiamavano fuori al lavoro, spesso rabbrividiva e scuoteva la brina dalla barba, e avrebbe voluto che la casa grande e tutta la terra si trovassero nel fondo del mare (che forse aveva visto dall'alto di una collina e che vagamente poteva immaginare). Oppure gli sarebbe piaciuto essere il bracconiere dell'abate a caccia nella foresta del Gualdo; o un mercante che trasportasse una partita di mantelli o di cinture sulla strada maestra di Volterra; qualsiasi cosa, insomma, fuorché un povero villano che lavorava la terra altrui.

                Quid stamus? Cur non imus?

827 - Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno, riconferma il decreto stabilito dal padre, che vieta effettuare il lavoro servile o di altro genere, nella domenica e nei giorni santi: "noi ordiniamo, secondo la legge di Dio e secondo ciò che ha comandato nostro padre di benedetta memoria nei sui editti, che nessun lavoro servile debba essere fatto di domenica, né gli uomini debbano eseguire i loro lavori agricoli, curare le vigne, arare i campi, mietere il grano e falciare il fieno, alzare staccionate o cintare boschi, tagliare alberi, o lavorare nelle cave, o costruire case; né debbano lavorare nell'orto, né adire le corti di giustizia, né inseguire la preda. Ma tre servizi di trasporto è legittimo compiere di domenica, cioè i trasporti compiuti per l'esercito, il trasporto del cibo, o  il trasporto, ove occorra, del corpo di un signore alla sua tomba. Item, le donne non dovranno fare il loro lavoro di tessitura, né tagliare abiti, né cucirli con l'ago, né cardare la lana, né conciare la canapa, né lavare abiti in pubblico, né tosare le pecore: così che ci sia riposo nel giorno del Signore. Ma vadano insieme da ogni parte alla messa in chiesa e lodino Dio per tutte le buone cose che Egli fece per noi in quel giorno !"

Le "Benedizioni"...che furon dette dal greco "eulogie" entrano in uso in Toscana e sono sia pubbliche che private. Le prime consistono in ritagli di pane benedetto, che si dispensavano a quei fedeli intervenuti "nelle domeniche, e feste solenni, al Tremendo Divin Sacrifizio, ed impediti per qualche causa dall'accostarsi alla Sacra Mensa". La loro istituzione  deve forse risalire ai primi tempi della chiesa e a s. Pio I di Aquileia (158-167). Le private consistevano non solo in pane, ma in ogni specie di commestibili benedetti, come pure ne' fiori, che si "mandavano a Parochi, e dai fedeli ai parenti e agli amici. Eulogie si posson dire l'ova benedette nella resurrezione del Signore, e le rose nella Pentecoste".

Non deve far meraviglia se nel secolo VIII e nei successivi, fin quasi alla metà del sec. XIII, si trovino preti ammogliati, e fino le chiese passar di padre in figlio; poiché sebbene la chiesa latina abbia fin dai tempi più remoti prescritto ai sacerdoti il voto della castità, non ostante ha seguitato per più secoli ad ammettere agli Ordini Sacri i coniugati "...nel qual caso sia il marito che la moglie professavano di vivere celibi e casti. S. Gregorio Magno scrivendo a Simmaco difensore della Chiesa in Corsica, gl'ingiunse tra l'altre cose  di proibire ai sacerdoti di conversar colle donne eccettuate solamente la madre, la sorella, o la moglie, colla quale viver dovevano castamente" (Epistolario).

839 - In un documento redatto in questo anno viene rammentato il "Chastello di Vecchienna". Questa antica località, sul confine tra la provincia di Pisa e quella di Grosseto, diede origine ad un comunello autonomo, per molto tempo compreso nella cura di Monterotondo Marittimo, da cui dista poco meno di due chilometri, poi inserito nel comune del Sasso.  Alla unificazione di tale comune con quello di Castelnuovo è venuta definitivamente a far parte del medesimo. Sicuramente il castello appartenne prima alla abbazia di Monteverdi, poi ai vescovi di Volterra, ma fu messo a ferro e a fuoco dai soldati del comune volterrano per rappresaglia contro il vescovo. Trasformato in una vasta tenuta agricola oggi è una importante fattoria di proprietà della famiglia Aloisi De Larderel. Infatti il capitano di corvetta Pompeo Aloisi prese in moglie una delle figlie di Florestano De Larderel, l'ultimo dei famosi pionieri delle industrie boracifere, allora padrone della fattoria. Il capitano Aloisi fu protagonista di un noto episodio di spionaggio durante la prima guerra mondiale, conosciuto con il nome di "Operazione Zurigo".

venerdì 16 gennaio 2015



Lovejoy.

Ho cercato nel pollaio del firmamento, tra le meste gallinelle,
la colomba nera, invano. Il cigno, Swan,  che m’ammaliò
col suo fulgore, corre nello spazio profondo che nessun
occhio mortale potrà ammirare, nella galassia infinita,
la grande via stellata, anch’essa un bruscolo nell’immensità
del Tutto. Una cara amica m’ha mandato un messaggio
che ho letto avidamente: <la cometa è vicina alle Pleiadi,
a destra!> Così, nel freddo notturno, ho scrutato
di nuovo il cielo, tra Orione, Aldebaran, e, più in basso,
le ninfe incantatrici: Alcione, Elettra, Maia…e le sorelle,
ma nulla ho scorto col potente  cannocchiale,
nemmeno la vaga lanugine della cometa senza coda,
Lovejoy, come l’hanno battezzata. Un nome così bello
che di meglio non c’è! che vorrei mettere sulla mia bandiera:
amore è gioia, amore e gioia, oppur gioia d’amore,
                                                                       gioia d’amare,
ma la cometa invisibile non s’è rivelata alla mia brama

ardente. Infreddolito ho riposto anche quest’ultimo sogno.


Black-out.


Ieri  c’è stato un breve black-out nell’erogazione di energia elettrica, in paese, dalle 10 alle 11,30 circa. Casa più buia col cielo nuvoloso; non aprire frigo né surgelatore; non usare aspirapolvere; non stirare panni;  non accendere computer fisso, né scaldabagno e scaldaacqua al lavello; portone automatico chiuso, campanello muto…Pensate a noi che produciamo il 25% circa dell’energia elettrica in Toscana prodotta da “fonti rinnovabili” (geotermia) quando vi opponete alla ricerca e coltivazione dei “campi geotermici naturali”, nel rispetto di tutte le leggi e normative esistenti, e, in molti settori, all’avanguardia nel Mondo! Oppure, di nuovo dighe, carbone, petrolio, rifiuti, abbattimento di grandi aree boscate, o nucleare? Oppure, nella migliore delle ipotesi, ettari di pannelli solari e dorsali di monti e colline di pale eoliche?

lunedì 12 gennaio 2015



La sonda, i sondisti.

Ho trovato una vecchia fotografia tra le mie scartoffie,  una sonda di perforazione, e la didascalia dice: “manovre per levare i ferri al Soffionissimo n. 4, Larderello 7.3.1936”. Era l’epoca dei “soffionissimi” che ottennero anche la copertina di Beltrame sulla Domenica del Corriere. All’esplosione del primo soffionissimo di Larderello si udiva il rombo anche a 30 chilometri di distanza e nelle abitazioni degli operai e impiegati si misero i materassi davanti a porte e finestre tant’era il rumore, fino a che il pozzo non fu imbrigliato! Naturalmente a quel tempo le perforazioni avvenivano all’interno degli stabilimenti, vicino agli antichi borghi medievali, Montecerboli, Castelnuovo, Monterotondo, Serrazzano, Sasso Pisano…dato che in quei luoghi furono costruite le  Centrali Geotermoelettriche e gli impianti per la produzione dell’acido borico. Una ricchezza, non solo per la “Regione Boracifera”, ma per la Toscana e l’Italia! Da molto tempo non si vedono più torri di perforazione nelle vicinanze dei nostri paesi, oggi si costruiscono grandi piazzole, per eseguire dalle stesse più pozzi, verticale e deviati, vicino ai nuovi impianti di produzione, e quelli antichi, Centrale 3, Centrale 2, Centrale di Castelnuovo ed altre son diventate monumenti, ben più grandi sculture di quelle di Henry Moore! Cambiano i tempi e le sensibilità “ecologiche”, crescono i malumori e le opposizioni addirittura all’impiego dell’energia geotermica come fonte rinnovabile, si paventano disastri ambientali, terremoti, radioattività, inquinamento delle acque, rumore, gas incondensabili nell’aria e chi sa quali disastri sotterranei per la reiniezione nel sottosuolo delle acque reflue della condensazione del vapore…per non parlare dell’inquinamento visivo delle strutture geotermiche, centrali, vapordotti, acquedotti, strade…dato anche che le moderne tecnologie hanno falcidiato gli organici operai e impiegatizi, un tempo provenienti dal territorio locale e quindi, naturale risarcimento alla massiccia presenza industriale.  Naturalmente c’è un po’ di verità in questi timori, anche se le misure adottate hanno attenuato tutti i tipi di impatto ambientale, come si dice. D’altra parte, pensiamo ai nostri territori in termini di “fine della mezzadria e fuga dalla terra”, emigrazione, abbandono dei vecchi borghi medievali, delle vecchie “fattorie” e “castelli”, delle pievi millenarie e sparse nelle campagne: l’ambiente eufemisticamente dichiarato “intatto”, senza la presenza dell’uomo, si rimodella da solo anche se i cambiamenti avverranno in tempi “geologici”, ma sono in corso, come le frane e l’inselvatichimento dei boschi. E’ ovvio che l’abbandono genera degrado. I migranti sono transitori, sono stati una boccata di ossigeno sociale, ma non ci illudiamo. Anche loro, non appena superata la prima fase di adattamento, cesseranno di tagliare i boschi e di fare i lavori non professionali, precari e di fatica, e cosa potrebbero trovare i loro figli, da noi, se anche la nostra risorsa principale venisse osteggiata e ridotta, se cessassero gli incentivi alla geotermia come energia rinnovabile per Regioni ed Enti locali territoriali? Dall’inizio degli anni ’70 le nostre popolazioni si sono mobilitate ed hanno lottato per chiedere sviluppo produttivo industriale ottenendo grandi successi, fino a portare a livello nazionale la questione della differenziazione delle fonti primarie di energia, per diminuire la dipendenza estera  e, soprattutto, dal petrolio. Uno dei nostri slogan era “Geotermia, fonte di vita!” altro che causa di declino e degrado. Certo sono cambiate e cambiano incessantemente le situazioni, l’innovazione tecnologica ha più che dimezzato il personale occupato; dentro le centrali geotermiche non ci sono più lavorati “turnisti”, anzi, non c’è più nessuno! Tra un po’ di tempo le squadre di manutenzione si sposteranno rapidamente a mezzo elicotteri e altre decine di impiegati saranno cancellati dalle macchine elettroniche. Perciò è più che mai urgente fare un salto di qualità anche nei settori della ricerca e dell’approvvigionamento della risorse, e cioè del settore delle “perforazioni” del sottosuolo, a partire dalla ricerca di nuovi campi geotermici. E la sonda non sta mai ferma, in essa si alternano squadre di lavoratori e tecnici, giorno e notte, giorni feriali e feste comandate…e sono questi lavoratori un vero e proprio “simbolo” della nostra esperienza e genialità. Basti pensare che uno dei contributi principali a tirar fuori le decine di minatori cileni intrappolati nella profondità della terra è stato proprio un tecnico dell’Enel di Larderello, che ha messo ha disposizione il suo sapere acquisito sul campo! Abbiamo diffuso cultura geotermica in tutto il mondo, non lo dimentichiamo mai! E Larderello è il luogo simbolo di questa cultura, una vera Capitale Morale Mondiale della geotermia. Dal 1991, dopo 40 anni di vita in fabbrica, a Larderello, sono in pensione. In quei quaranta anni ho cambiato reparti, uffici, incarichi, ma il mio amore è rimasto legato al “grandioso reparto” delle perforazioni, a quegli uomini veri che ho conosciuto nella giovinezza, i “sondisti”. Per loro scrissi  questa poesia, nel 2003:


Sulla dolce collina
dove ragazzo battevo la coccola,
oltre le arcate del ponte
e rade vigne depredate dai frosoni,
al Montalbano cinto da pietre
segnate dal fuoco di antichi nemici,
un derrik di luce
schiara le radure notturne
e le paure ancestrali
di uomini lupo, terribili fiere.

Al tepore del capanno
quasi Dei mi stringono
amici, nel flusso dei ricordi,  della sorte,
delle lotte, degli amori, e, ahimè,
della tragica e violenta morte.

Dove sono gli azzurri eroi?
e il cucciolo bastardo, della sonda
allegra sentinella? Lalle, Paolo, Zola,
Maso, Libertario, Armido,
Fabbrino, Oris, Pasquino…
il Moro, il Ciuco, e Bachino?

Il lavoro come un poema
di aste e scalpelli, preventer,
bentonite, vibrovaglio e terra, termometri,
chiavi rotary, argano, cunei e maglio;
il castello altissimo
scalare come una montagna,
quasi un gioco, e mai taceva
del rock bit il rombo possente,
che macinava la roccia d’ere lontane,
cretaceo, lias, retico, permiano,
argille, calcari, anidrite, quarzite…

Il drillometro regolava la vita,
laggiù, nel profondo,
al confine del tempo primordiale,
mentre vivide stelle vegliavano fredde
sui destini dei popoli e l’ordito del mondo,
sempre in bilico tra la pace e la guerra,
il bene e il male.
Magica notte! magica luce boreale al
Palazzaccio! E ingenuo cuor che palpiti
di nostalgia per un’amante tradita

nel fuggir rapido del tempo e della vita!

sabato 10 gennaio 2015



AVIO MORELLI 
(Castelnuovo di Val di Cecina, 1927 - 2015).

“ ...Sono nato il 9 dicembre 1927, figlio di un musicante, Salvadore, che dagli Stati Uniti aveva portato a Castelnuovo la chitarra. Mio zio era il famoso “Morellino”, ossia “il paiotto”, che suonava la fisarmonica a bottoni. Ho cominciato da bimbo a strimpellare la chitarra. I tedeschi mi fecero saltare la casa sulla salita di Genesio e sotto le macerie ci rimase anche la mia amata chitarra. Veranino Panichi, che era stato in America col mio babbo,  in quel periodo suonava il “banjo” (anche lui l’aveva portato in Italia dagli USA) e sentendolo suonare mi ritornò la passione verso la musica e la chitarra, passione che non mi ha mai abbandonato, anche se ora preferisco ascoltarla la musica che suonarla! Nell’orchestrina “Quintetto Ciampi” io suonavo la chitarra elettrica comprata a Firenze (quando si cessò l’attività feci un cambio, lasciai quella e presi una chitarra classica che ho ancora). Mi ricordo che nel 1944 il primo veglione fu fatto appena passato il fronte, e l’orchestra ebbe anche delle critiche perché le mamme avevano ancora i figli al fronte di guerra! Noi del “quintetto” si iniziò nell’estate 1955: con Bazzino e Ciro ci si ritrovò in Piana di sotto a far merenda io portavo la chitarra, “Bazzino” vai a pigliare la tromba, io con la chitarra Alberto Ciampi con la tromba e Ciro che cantava, si capì che si poteva rimetter su un’orchestrina, allora vennero il tuo babbo e Alberto Antonelli (1933), che suonava la batteria e si alternava con Calogero. Ci si chiamò “Quintetto Ciampi” perché all’inizio suonavamo una canzone d’apertura scritta appositamente da Alberto Ciampi, una bellissima melodia...si suonava soprattutto il melodico italiano, per il jazz non eravamo adatti, forse solo il tuo babbo e il Ciampi lo erano. Si suonava quasi sempre alla Casa del Popolo e alla Pista del Piazzone, che era stata ultimata nel 1955 dai giovani comunisti di Castelnuovo, ma qualche volta s’andava anche fuori, come ad esempio a Montecerboli, alle Croci d’Anqua, a Montecastelli e Montecatini Val di Cecina. Si facevano due prove alla settimana, alla Casa del Popolo e in una stanza della “Larderello” SpA ai Lagoni, si provavano i successi di quegli anni: le canzoni di San Remo, Gelosia, Till, 24.000 baci, Only you, Smile, Straniero tra gli angeli, Rose di Picardia, Caminito, A media luz,  Capocabana, ecc.ecc. tra noi eravamo amici e non ci divideva la differenza di età perché era più forte la grande passione che tutti nutrivamo per la musica. Poi piano piano si cessò. Cominciarono a chiamare orchestrine forestiere, soprattutto quella di Pomarance, e a Larderello venne un Maestro di Musica, Giovanni Salvadori, che organizzò un’orchestrina “7 Note 7”...voleva anche qualcuno di noi nel suo complesso, ma io non ci volli mai andare. Il Ciampi ci suonò qualche volta. Ci si sciolse nel 1962”. Avio è morto nella sua casa a Castelnuovo di Val di Cecina, amorevolmente assistito dalla moglie e con la vicinanza della famiglia, all’inizio di gennaio 2015. Aveva da poche settimane compiuto gli 87 anni e da tempo la sua salute era peggiorata. Lo ricordo con rimpianto per essergli stato amico, e  non solo del mio babbo, ed abbiamo consumato il pasto alla Mensa Aziendale di Larderello per anni allo stesso tavolo, ridendo e scherzando, con Mauro Bruscoli, il Vagheggini e Giotto, discutendo di politica e di musica! Infatti la sua passione per la musica era infinita e la musica l’ha accompagnato nell’intimità della sua casa per la parte finale della vita. Aveva frequentato le Scuole Aziendali di Larderello e spesso, venendo a veglia nella bottega del mio zio Gino, trovandomi lì come garzone, non mancava di apostrofarmi lanciandomi uno dei tanti versi dei grandi poeti italiani che allora ci facevano imparare a memoria, verso che a distanza di anni non aveva dimenticato! E che anche io, a distanza  di sessanta anni non ho dimenticato! mentre, alzandomi dalla scrivania e togliendomi gli occhiali, subito dopo non ricordo dove li ho posati! Tra tutti questi versi prediligeva quelli del Tasso, sia le ottave di Erminia tra i pastori, sia quelli che non so’ dove si trovino,  della fuga di Erminia e quando lui si fermava…proseguivo io la declamazione! E’ uno dei più bei ricordi della mia adolescenza e giovinezza. Grazie Avio

Tempo già fu, quando più l’uom vaneggia
nell’età prima, ch’ebbi altro desio,
e disdegnai di pasturar la greggia,
e fuggii dal paese a me natio;
e vissi in Menfi un tempo, e nella reggia
fra i ministri del re fui posto anch’io:
e benché fossi guardian degli orti,
vidi e conobbi pur le inique corti.

E lusingato da speranza ardita,
soffrii lunga stagion ciò che più spiace;
ma poi che insieme con l’età fiorita
mancò la speme e la baldanza audace,
piansi i riposi di quest’umil vita
e sospirai la mia perduta pace;
e dissi: O corte, addio. Così agli amici

boschi tornando, ho tratto i dì felici.

mercoledì 7 gennaio 2015



GRAZIE AGLI AMICI E AMICHE
CHE HANNO SOSTENUTO L’INIZIATIVA EDITORIALE !


L’anno 2015 è cominciato bene. Ormai è certo che la tiratura definitiva del mio 5° libricino di poesie, GRAZIE ALLA VITA, in 348 copie, è agli sgoccioli! Ad oggi ne restano disponibili solo 22 copie e ancora una volta tra poche settimane si metterà la parola fine su questa edizione. Trattandosi del libricino di poesie di un illustre sconosciuto il risultato può considerarsi sorprendente. Alcuni commenti lusinghieri, ma sinceri, e generose offerte superiori al nudo prezzo dei 5 € del costo di ogni copia, mi hanno veramente sorpreso. Solo a considerare che la sottoscrizione via web è iniziata il 2 agosto 2014 mentre la distribuzione il 26 ottobre e che in soli due mesi l’operazione sia stata ultimata, potrebbe definirsi eccezionale! Adesso, un momento di pausa, di riflessione. E cosa si può prevedere per il nuovo anno? Intanto, continuerò a scrivere il “Canzoniere” e ad usare la lima e l’accetta per modellar meglio le mie creature. Entro giugno uscirà, sulla prestigiosa rivista trimestrale La Comunità di Pomarance,  un articolo dedicato ad un medico, ideatore di un regolo clinico diagnostico, anticipatore dell’avvento degli elaboratori elettronici contemporanei, mentre ho in programma alcune conversazioni: a Pomarance sulla relazione sentimentale tra Wagner e Mathilde; a Montecerboli su una selezione di proverbi un po’ licenziosi, da una raccolta alla quale lavoro da diversi decenni ed è giunta al cospicuo numero di 6400 mentre altre centinaia stanno per esservi inseriti; probabilmente sarò anche alla Biblioteca Comunale di Radicondoli per parlare della poetessa Dina Ferri…e poi vedremo. Ho quasi pronto un “nuovo” lavoro su Dina Ferri, basato su alcune interviste che registrai nel 1998 a compagne di scuola e parenti della poetessa, del tutto inedite, lavoro che consentirebbe di mantenere accesa la fiammella  dell’amore che la nostra terra lega alla sua breve vita. Ma, in questo caso, occorrerà un piccolo sostegno economico ed il patrocinio di almeno tre comuni delle Colline Metallifere: Radicondoli, Chiusdino e Castelnuovo di Val di Cecina. Busserò presto a quei portoni. Comunque, tranquilli, non ci saranno nuovi balzelli,  almeno entro il 2015! GRAZIE CARI AMICI, CHE MI SEGUITE, LA VOSTRA FEDELTA’ E’ COMMOVENTE E MERITEREBBE MOLTO DI PIU, MA, PER QUELLO CHE SO’ E PER LA VASTITA’ DEL MIO ARCHIVIO SARO’ SEMPRE A VOSTRA DISPOSIZIONE.

lunedì 5 gennaio 2015




FILATELIA UN HOBBY CREATIVO.

Da circa 16 anni sono membro dell’Associazione Collezionisti della Valdera con sede a Capannoli (PI). E’ un’associazione molto attiva che incentiva ogni forma di collezionismo sia classico (filatelia e numismatica, piccolo antiquariato librario e cartoline illustrate), che di modernariato, cioè le mille forme del collezionismo moderno. Negli anni s’è sempre ringiovanita e l’età media dei soci è ben proporzionata, diciamo pure che di “vecchi” siamo rimasti in pochi! A parte l’età anagrafica, credo di essere un “decano” tra i collezionisti filatelici avendo iniziato la raccolta tra i 10 ed i 13 anni! I soci e il pubblico si son sempre riuniti la prima domenica di ogni mese (salvo agosto), in una sala a piano terra del Circolo ARCI di Capannoli, ma, da 4 gennaio 2015 ha cambiato sede e sono ospitati nell’Auditorium del palazzo della Mostra del  Mobilio di Ponsacco. Una sede ampia, luminosa e ben visibile.  E’ in questa sede che il 1 marzo 2015 (Domenica) si svolgerà il 19° Convegno e Mostra Scambio del Collezionista, che nel tempo ha assunto un ruolo nazionale per la rinomanza e la moltitudine degli stand e del gran pubblico. Infaticabile promotore e “storico” presidente è l’amico Moreno Bertini, coadiuvato da un discreto staff tra cui Giuseppe Panicucci, Massimo Guidi,  Marco Di Benedetto il Puccioni ed altri appassionati collezionisti. Per me memorabili sono state le “gite” in occasione di alcuni grandi eventi filatelici e negli anni sono andato con loro a Monaco e Nizza, Roma, Parma. Genova, Milano, e Verona. Molteplici e interessanti le iniziative culturali, tra le quali il conio di una serie di medaglie commemorative di personalità locali e le mostre filateliche dei soci in occasione dei Convegni. La calda affabilità dei soci, anche nei miei riguardi, perché sono quello “che viene da più lontano”, favorisce i contatti, gli scambi e l’amicizia. Ci vado molto volentieri pur essendo “un curioso” di tutto, ma con pochi soldi da spendere e niente o quasi da scambiare. Infatti la mia collezione riguarda i francobolli e la storia postale della Cecoslovacchia, a partire dal 1919  fino alla divisione tra Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca. Praticamente ho interrotto la collezione alle nuove emissioni dello stato unitario (1991) raccogliendo materiale della sola Repubblica ceca fino a circa il 2000, quando ho cessato di interessarmene! I motivi di questa sospensione si devono a vari fattori: la vista è peggiorata e non mi permette più di passare ore con lenti contafili, macchinette per l’esame della fluorescenza, per la ricerca degli errori di stampa e delle varietà, ai quali mi ero sempre dedicato; sono venuti a mancare alcuni punti fermi in quella nazione, esperti filatelici, che per circa quaranta anni mi hanno seguito nella ricerca, quali Rudolf, Edmund, Zdenek, Lippert,  e i loro figli e nipoti non si interessano più di questo hobby. Ho ancora Slavomil, un grande esperto, più giovane di me, ma ormai mi acquista soltanto alcune edizioni della grande opera enciclopedica sulla storia della posta e del francobollo e mi manda di tanto in tanto qualche numero del mensile Filatelie, rivista dalla veste modesta, ma ricchissima di informazioni  di attualità e saggi specializzati. In Italia non si trova ormai quasi più niente, almeno a buon mercato, e confessare che colleziono Cecoslovacchia è suscitare risolini di compatimento dato che, da un punto di vista economico, tale collezione non ha futuro! Ma io, che di denaro ne ho sempre avuto pochissimo, ci ho speso cifre modeste, riponendo il mio interesse nella “specializzazione” e negli aspetti storico-culturali, fidando nei “tempi lunghi” per una eventuale valorizzazione economica, alla quale penseranno nipoti e pronipoti (lo spero!). Ed è così che ho accumulato oltre 12.000 pezzi in 50 album, mentre altri circa 8000 sono riposti in decine di scatole di cartone insieme alle centinaia di riviste, cataloghi, depliant di aste e volumi storici. Avrei voluto redigere un Catalogo Specializzato di Cecoslovacchia in lingua italiana, ma mi sono fermato  alla fine degli anni ’60. Ho invece classificato i 12.000 pezzi con un sistema elettronico, il quale, però, dopo il 1991 non è andato avanti e adesso non sarei più capace di riattivarlo. Comunque, la prima domenica di febbraio, porterò per la prima volta in visione alla riunione dei collezionisti almeno tre album, la bozza di Catalogo in italiano e quello elettronico…in più a qualche catalogo e rivista. Venite a Ponsacco domenica 1 febbraio 2015 dalle ore 9 alle 12 nell’ Auditorium Mostra del Mobilio.  C’è anche il bar, all’interno, per prendere un caffè. Vi aspetto!  

sabato 3 gennaio 2015



Castelnuovo di Val di Cecina: quali prospettive per i prossimi anni?

Conferenza dibattito presso la sede dell’Associazione Culturale IL CHIASSINO di Castelnuovo di Val di Cecina, tra il Sindaco del Comune, dottor ALBERTO FERRINI ed il pubblico presente.


Sono state oltre due ore intense nelle quali, il Sindaco di Castelnuovo di Val di Cecina, rieletto al suo secondo mandato con larghissimo consenso alle elezioni amministrative della primavera 2014, introdotto dal presidente del Chiassino, Prof. Francesco Gherardini, ha esposto la sua “visione” fondamentale per la rinascita di Castelnuovo e, in particolare, del Borgo medievale, una delle emergenze più significative storico-urbanistico, giunta quasi intatta fino a noi dal XIII° secolo.

E’ stato un intervento che, volutamente, trascurando gli aspetti quotidiani e minuti della popolazione, e data per realizzata una imponente quantità di progetti ed altri di imminente avvio (tra i quali l’estensione del teleriscaldamento alle case sparse delle campagne e l’eliminazione della frana del Tiglio), s’è soffermato sull’ambizioso progetto di puntare sul “borgo” per  una trasformazione epocale capace di portare bellezza, occupazione, turismo, risanamento ambientale e di attirare risorse economiche esterne, nazionali ed europee.

Naturalmente, ha affermato il Sindaco, Castelnuovo V.C. non è un’isola, e dovrà operare in sintonia con le altre Amministrazioni Locali del territorio e con le Istanze di Governo Regionale e Nazionale, e con le Direzioni delle grandi aziende  nazionali che vi operano, per quanto riguarda alcuni problemi fondamentali: viabilità, sanità, rifornimento idrico, energia, ambiente, per le quali resta alta e propositiva l’azione condotta dalla attuale Giunta Comunale.

Il Borgo Medievale, quasi intatto nella sua struttura originale, una “icona” degna di essere appaiata ai borghi più belli d’Italia nella sua felice ubicazione, tra i monti, i boschi ed i torrenti,  vicinissimo al mare, dotato della strategica risorsa che proviene dal suo sottosuolo, il calore geotermico, a bassa ed alta entalpia. Il percorso illustrato dal Sindaco parte dalla  Redazione del progetto globale che preveda: la viabilità d’accesso da entrambe le porte medievali “Fiorentina” e “Romana”, con la bonifica della fascia sottostante da strutture provvisorie artificiali e da infestazioni arboree; installazione del depuratore a valle del sistema fognario complessivo del paese; incentivi per la eliminazione di superfetazioni urbanistiche e trasformazioni di appartamenti per la creazione di un sistema diffuso di accoglienza turistica; realizzazioni di connessioni non invasive per gli allacciamenti elettrici; realizzazione nell’area ex impianto di pescicoltura di una struttura scenica per spettacoli e manifestazioni folkloristiche, teatrali, musicali; creazione di un “centro benessere” con l’utilizzo delle acque termali e dei fluidi geotermici già in uso nel medioevo; ripristino della cinta muraria medievale ancora esistente, ed opere necessarie alla sua fruizione; illuminazione “artistica” permanente di tutto il Borgo. Ha accennato anche alle possibili sinergie tra privato-pubblico per  sviluppare un tessuto di servizi e commercio dentro il Borgo, riportandoci abitanti, non solo transitori, ma permanenti, cioè quella rete relazionale vitale senza la quale anche il più bel monumento resterebbe una cosa morta.

Il Sindaco ha affrontato molte altre cose, anche di attualità, come le frane sulle strade, la possibilità di vedere installate alcune perforazioni profonde geotermiche nel territorio di Montecastelli da parte di una Società multinazionale, il progetto della viabilità sulla 439 verso il mare ecc. ecc., ma il punto fondamentale è stato, a mio avviso, il PROGETTO BORGO MEDIEVALE! Gli interventi del pubblico sono stati numerosi, e gli applausi finali convinti. Dunque, auguri, ed anche impegno, nei modi eventualmente richiesti, per dare “una mano”.