giovedì 30 gennaio 2020

30 GENNAIO: SANTA GIACINTA MARESCOTTI.

Nel gennaio 1997, uscì per le Edizioni Gian Piero Migliorini di Volterra, il mio libro “Dare qualcosa in cambio di niente. Storie di congreghe, compagnie e confraternite di Misericordia”, che descriveva le vicende di tali Associazioni dell’Alta Val di Cecina. Si trattò del compimento di una ricerca avviata nel 1993, partendo dalle vicende della Confraternita di Misericordia di Castelnuovo di Val di Cecina, una Confraternita molto antica, che risale ad alcuni decenni innanzi il 1329, quando appaiono i primi documenti storici. Il volume, presentato nella Chiesina della Misericordia di Castelnuovo di Val di Cecina, alla presenza del Vescovo di Volterra, del Presidente Nazionale delle Misericordie d’Italia, e del Governatore di detta Confraternita, ebbe un notevole successo tanto che l’edizione andò ad esaurirsi nel brevissimo tempo. In tale opera ebbi a descrivere anche la Confraternita (all’epoca non più esistente) di San Lorenzo a Montalbano, nel Comune di Radicondoli, con la presenza, su quel territorio, di alcuni Santi dei quali si conservavano culti e memorie per avervi essi soggiornato, come, ad esempio, San Bernardino e Santa Giacinta Marescotti, da Bernardino convertita quand’ella era in romitaggio punitivo a Cugnanello.
Negli anni successivi ho ulteriormente svolto ulteriori ricerche su Santa Giacinta, fino alla importante celebrazione che organizzai, nell’ambito del programma della Regione Toscana “I luoghi della Fede”, alla fine degli anni ’90, nella sua Cappella di Solaio.
Si tratta di una Santa del Seicento, lontanissima dal nostro tempo, che giunse alla “santità” attraverso inumane sofferenze, ed il cui culto, nonostante ne resti traccia sui Calendari annuali nel giorno a Lei dedicato, il 30 gennaio insieme a Santa Martina, è confinato alla Tuscia ed alla città di Viterbo. C’è però, a mio avviso, un elemento della vita di questa Santa che ci deve far riflettere anche adesso, anzi, adesso forse più che mai, e cioè la possibilità per ogni persona di elevarsi alla “santità”, pur avendo vissuto nel peccato.
La tengo molto cara, in buona compagnia con le altre mie due sante protettrici: Santa Teresa di Lisieux e Santa Caterina di Labouré, dalle quali ho ricevuto grandi doni.
Recentemente sono stato a trovarla a Viterbo, nel luogo ove il suo corpo imbalsamato riposa. Credo che sia stata molto contenta della mia visita. Ho visitato anche l’Archivio ove tutte le sue memorie sono state raccolte. Veramente non proprio tutte le sue memorie, perché mancanti le vicende di Giacinta e del suo culto, nel territorio di Radicondoli. Ed è così che dopo questa visita ho potuto spedire tutti i documenti di cui ero in possesso al Centro di Documentazione di Viterbo, che si è dichiarato “onorato” del mio dono, che andrà a colmare soltanto uno spazio infinitesimale, seppur importante, tra i documenti della vita di Santa Giacinta Marescotti! E chi si recherà a Viterbo vada al CEDIDO in Piazza San Lorenzo 6/A, dove potrà consultarli.

mercoledì 29 gennaio 2020

GIANCARLO MONTAGNANI

Il 20 gennaio 2020 è morto il mio caro amico e compagno Montagnani Giancarlo! Sono vicino alla sua famiglia, nel dolore. Giancarlo è a dx, io a sin. nella fotografia. Vi si riconoscono Ing. Gennai, Direttore della Larderello SpA, e i prof. Aldo Cascinelli (chimica), Borghetti (Chimica), Corsi (Meccanica). Nella primavera del 1956, otteniamo il prestigioso "premio" Bringhenti (uno scienziato geotermico), ammontante a 30.000 lire ciascuno, come i primi alla fine dei quattro anni di studio, io per la perforazione del suolo e Giancarlo per l'elettrotecnica. Siamo stati amici per tutta la vita, anche se lontani geograficamente. Io fui assunto al lavoro all'Ufficio Geologico nel febbraio di quell'anno, Giancarlo dovette attendere un po' più a lungo e data la sua bravura nel disegno industriale  iniziò con quell'incarico presso la Sez. Progetti degli Impianti e Manutenzione. Negli anni '70 fummo entrambi dirigenti sindacali  della CGIL con ruoli provinciali e regionali.  E' stato uno sportivo, in buona salute fin quasi alla morte. Il padre, Giovanni, suonava nella Filarmonica insieme al mio babbo. Era appassionato alla politica, alla letteratura e ci siamo scambiati riviste e libri. Lo ricordo ai compagni delle Aziendali, agli amici, ai giovani. Era nato nel 1937 a Peccioli, Ha vissuto a lungo a Montecerboli e molti si ricorderanno di lui.


domenica 26 gennaio 2020

27 GENNAIO
L’ETERNO RICORDO E AMMONIMENTO DELLA SHOAH

Nelle Colline Metallifere Toscane, nel piccolo borgo di Roccatederighi (GR), nel grande fabbricato del Seminario della Curia Vescovile, fu allestito, nel 1943, un Campo di Internamento per ebrei rastrellati nella provincia di Grosseto, al comando di ufficiali delle SS tedesche e di militi della RSI di Mussolini. Esso fu uno dei 112 campi di concentramento allestiti in Italia, che si sommano ai 23 allestiti in Jugoslavia ed in Albania dai fascisti italiani. Oltre 100 ebrei, di varie nazionalità, vi furono imprigionati. Nella primavera del 1944, quando ormai le sorti del conflitto mondiale erano ormai definite, con la sconfitta dei nazifascisti tedeschi e italiani e del Giappone, in due distinti trasporti, da Roccatederighi, via Fossoli, Bolzano, più di cinquanta ebrei, uomini, donne e bambini, furono deportati in Polonia nel Campo di sterminio di Auschwitz e nessuno di si salvò dalle camere a gas e dalla morte. Tra loro c’era GIGLIOLA FINZI, livornese, nata nel Campo nel febbraio 1944 che, stremata dal tremendo viaggio nel vagone piombato, arrivò ad Auschwitz moribonda e fu uccisa all’istante da un SS. I suoi genitori la seguirono dopo poco, nella camera a gas. Questo avvenimento, poco conosciuto fino a qualche decennio fa, getta un’ombra inquietante sulle omertà, le collusioni, di molti italiani perbene, tra i quali la gerarchia della Diocesi di Grosseto.
Nello stesso anno 1944, il 30 gennaio, dal Binario 21 della stazione Centrale di Milano, partì un convoglio con a bordo 605 ebrei. Il 6 febbraio, all’arrivo ad Auschwitz-Birkenau, 477 di loro furono uccisi nelle camere a gas, 108 morirono nel mesi successivi, solo 20 si salvarono. Tra coloro che furono sterminati il 6 febbraio di soli 76 anni fa Sissel Vogelmann di 8 anni, con la sua mamma. Sissel e Gigliola, Franca, Enzo, Regina, Mary, Edita, Hans, Walter, Mosé… ed altri sconosciuti del campo di Roccatederighi, devono essere, insieme al milione e mezzo di bambini ebrei sterminati dai nazisti nella Shoah, la perenne fiammella della memoria e l’ammonimento che questi crimini siano per sempre banditi dalla storia dell’umanità.



sabato 25 gennaio 2020


Io e gli ebrei.

Nel 1962 avviai  rapporti epistolari con una giovane mamma appartenente alla borghesia di Zurigo, e, quasi contemporaneamente, con una ragazza di Praga e un anziano ebreo, il signor Fialka, di Plzen. Da questi contatti nasceranno amicizie durevoli  che avranno un ruolo molto importante nella mia vita. La figlia di Fialka, Jarka, aveva sposato Rudolf Loewy, un ex combattente della Legione Cecha in Inghilterra ed avevano due figli. Vivevano a Plzen. Rudolf aveva, tra gli altri parenti, un cugino, Edmond, che viveva  a Sidney in Australia. Anche lui aveva fatto parte della Legione Cecha. Dopo la guerra, laureato, aveva avuto un ruolo all’interno dell’ONU. Andato in pensione decise di lasciare Sidney e rientrare in Cecoslovacchia, anche per recuperare, insieme a Rudolf, il patrimonio di famiglia, dopo l’instaurazione della nuova Repubblica Cecha. Ci siamo frequentati assiduamente, con scambi di visite reciproche, fino al 2000. Dopo questa data i rapporti sono stati mantenuti epistolari, fino alla loro morte. Adesso ci sono figli e nipoti, ma ormai il passato e le storie lontane, ed anche drammatiche, non gli interessano più. Anche la giovane mamma zurighese è morta, all’età di 94 anni e un tenue rapporto è stato mantenuto con uno dei suoi figli che ha consentito alla riunificazione di tutto il nostro carteggio esistente.

Nell’anno 2003 dedicai il mio libro “La piccola banda di Ariano” a Rudolf Loewy, che contiene una sua succinta biografia.

In questi decenni di frequentazioni personali e scambio ho potuto raccogliere molto materiale storico sul tema della deportazione degli ebrei dalla Cecoslovacchia ad opera dei nazisti, che mi ha portato ad altre conoscenze, comprese molte biografie e autobiografie di ebrei  residenti in Toscana al momento dell’applicazione delle ”leggi razziali” di Benito Mussolini.

Ho raccolto molte testimonianze da parte di  Elie Lattes, Eugenia ed Elena Servi, Lydia Spizzichino Calò, e, in particolare da: Cesy Soldani, Memoria su “Le vicende degli ebrei nella provincia di Grosseto durante il periodo della Repubblica di Salò”, testo non firmato, di grande interesse; Racconto di Marisa Bemporad; Racconto di Cesare Nunes; Testimonianza di Bruno Desideri; Racconto di Sergio Servi; Racconto di Elio Levi; Racconto di Roberto Nizzi; Racconto di Aldo Paggi; Informazioni di Elena Servi, da suoi documenti; Racconto di Elena Servi; Luciana Rocchi, Shoah Grosseto; IL TIRRENO, Testimonianza di Ariel Paggi, Un bambino nella tempesta;  Edda Servi, Memorie; Marisa Bemporad Giugni, Dall’ostilità all’ospitalità; Francesca Fancello e Valentina Domeniconi La piccola Gerusalemme, storia e memorie della Comunità ebraica di Pitigliano; Pietro Felici,  Il salvataggio della famiglia Paserman; Lydia Spizzichino Calò, Reliving that period of anguish; Luciano Servi, Memorie; Alearda Lattes, Diario; Sonia Oberdorfer, A Marco; Filippo Zabban, Tremarono i Lungarni, Firenze tra il ’44 e il ’45; Gabriele Bedarida, Racconto; Marco Servi, Racconto; Angelo Biondi, Racconto; Cesare Nunes, Racconto; Sergio Servi, Racconto; Aldo Paggi, Racconto; Carlo Groppi, Lettera a T.K e YAD VASHEM di Gerusalemme.

Con Rudolf ho fatto ricerche  delle “liste” degli ebrei deportati dalla Boemia Occidentale, ho eseguito documentazione fotografica su antichi cimiteri ebraici abbandonati, ho visitato  e fotografato Terezin, disegni e poesie dei bambini. Sono stato ospite del Centro di Documentazione sulla Shoah di Simon  Wiesenthal  a Vienna. Ho conosciuto e parlato con alcuni  ebrei cechi.

La mia corrispondenza con Eugenia Servi ed Elie Lattes è stata intensa e prolungata negli anni, fino alla loro morte. Ho dato il mio contributo ad Ariel Paggi per la scrittura delle sue testimonianze ed a Laura Paggini per il suo libro “Leggero come una piuma” che tratta le vicende dei bambini che nel dopoguerra frequentarono l’ex Campo di internamento di Roccatederighi. Ho collaborato con la stampa ebraica italiana per la vicenda di questo Campo ed ho tenuto alcune conferenze nelle Colline Metallifere. Sono stato iscritto all’Associazione Italiana “I figli della Shoah” ed ho promosso e presentato la grande mostra-documentario su AUSCHWITZ a Castelnuovo di Val di Cecina.  Sono stato a Gerusalemme ed ho visitato Yad Vaschem. Ho visitato i lager di Mauthausen; Berger-Belsen; Dachao, Auschwitz-Birkenau; Lublino, Buchenwald. Ho visitato Musei dell’Olocausto a Parigi e Cracovia, Roma, Varsavia… 

Il GIORNO DELLA MEMORIA è anche il mio giorno. E vorrei che fosse patrimonio di tutti gli italiani.

venerdì 3 gennaio 2020





1884 - Enélida Benucci, nei Groppi.

Andando indietro nel tempo si calcola che l’attuale sistema del computo degli anni inizi 7 giorni dopo la nascita di Cristo, cioè,  dall’anno ZERO ad oggi son 2019 anni e 3 giorni. Un tempo che sembra lontanissimo, ma che, in realtà, confrontato con l’età della Terra risulta infinitesimale! Insomma, senza portare studi del DNA Mitocondriale, che arriva ad individuare le cosiddette 7 Figlie di Eva all’incirca a 40.000 anni fa, una persona qualunque, come sono io, potrebbe aver avuto un testimone vissuto all’epoca della nascita e della morte di Cristo, dato che ci separano da quegli avvenimenti soltanto 80-90 generazioni. Pochissime, ma tuttavia, a parte le dinastie di personaggi importanti,  noi persone comuni non abbiamo la percezione di questa esigua catena parentale e, il più delle volte, la nostra memoria e le cronologie, ci possono portare  a 400-500 anni fa. Più indietro c’è il buio. Nel parlare dei miei nonni, che ho conosciuto, sono arrivato a stendere una succinta biografia, con registrazione orale, solo di mia nonna Enélida, nata nel 1884 e morta nel 1974.

Da Salvadore Benucci (detto "Dore" o "il Brogio"), fabbro ferraio e poi operaio meccanico alla ditta De Larderel e musicante, e da Angiolina Cascinelli, nasce  nel gennaio del 1884, secondogenita di quattro figli,  Enélide, comunemente conosciuta cone Enelida o "Nélida". Dore e Angiolina, entrambi nati nel'aprile del 1859, hanno 35 anni. Gli altri figli sono: Artidoro, 1880; Italia, 1886 e Paolino, 1891. Nel 1901 Enelida parte da Castelnuovo, come altre sue coetanee, per recarsi "a servizio" presso una famiglia facoltosa. Dati gli stretti vincoli affettivi esistenti nell'ambito familiare, per permettere ad una ragazza adolescente di lasciare per mesi, se non addirittura per anni, i propri genitori e parenti e il proprio paesello, le condizioni economiche del tempo dovevano essere molto misere. Così, in un mattino sereno d'autunno, Enelida e Salvadore, montati a cassetta di un barroccio di un certo Gennai che trasportava il sal borace da Castelnuovo a Saline di Volterra, partono dal paesello natio per andare incontro all'ignoto. Hanno infatti in tasca una richiesta di lavoro come cameriera-guardarobiera da parte di una "principessa russa", sposa di un principe Borghese che viveva nella sua villa di isola del Garda. Da Saline a Verona in treno! Chissà quali pensieri turbinavano nella mente dei due al vedere così tanti, nuovi, mutevoli e lontani paesaggi di cui prima di allora avevano ignorato l'esistenza! E le stazioni delle città e le città stesse intraviste fugacemente, immense rispetto al piccolo borgo di Castelnuovo praticamente immutato da secoli! A Verona finisce il viaggio in treno e Salvadore, dopo aver visto partire la figlia su una diligenza diretta a Gardone, riprende un treno verso sud: a casa lo attendono il lavoro, la moglie e gli altri tre figli senza il cui pur modesto salario non avrebbero potuto campare. A Gardone una barca attendeva Enelida, la giovane e graziosa "servetta" toscana, dalla parlata così vivace e sonora e dai biondi e lunghi capelli, per condurla all'Isola dove sarebbe rimasta per circa tre anni. Poi il ritorno, con la dote, con i vestiti dismessi di qualche nobile dama, gli aranci e i limoni colti nel giardino e un orologio d'oro. E, in più, i ricordi magici di una esperienza - quasi una fiaba - che l'avrebbero accompagnata per tutta la vita, se appena due anni prima di morire novantenne – ancora me ne avrebbe raccontato qualcuno accompagnandolo a frasi in una lingua straniera, il russo. Al paese conosce Dario, operaio e musicante, si vedono alla Messa, ai concerti ed ai balli della Filarmonica e, soprattutto, alle operette nelle quali lei canta. Si sposano e nel 1906 nasce il primo figlio, Gino. Ma la vita è dura e come tanti altri castelnuovini, Dario è costretto ad emigrare in America per cercar fortuna nelle miniere di carbone della Pennsylvania, ma ritornerà povero, dopo cinque anni. In America teme più volte per la propria vita, rimasto indenne nel crollo di una galleria, poi assalito dai banditi sul treno che lo portava a suonare ad un concerto in una cittadina del bacino carbonifero, di Masontown, poi, infine, derubato dei pochi risparmi dalla "mano nera", con i soldi di una colletta tra i compagni di lavoro, rientra a Castelnuovo dopo anni di assenza e rivede la giovane sposa e il figlio che appena aveva visto nascere. Nel 1915 nasce il secondo figlio, Renzo, mio padre. Una vita laboriosa ed onesta; un grande amore per la famiglia; il secondo lavoro di calzolaio, specialmente ad "opre" dai contadini di Solaio, Anqua e Fosini e una smisurata passione per la musica da parte di tutti: i figli suonano il mandolino, il sassofono, il clarino, il quartino, la fisarmonica e Dario è un vero virtuoso, benché miope, conosce a memoria tutti gli spartiti delle marce e delle sinfonie e suona perfettamente. Anche Enelida ha una bella voce. Il fascismo non li perseguita, perché, pur di idee vagamente socialiste, "stanno al loro posto", poi per Dario, nel 1946, all'età di 67 anni, la pensione e la liquidazione, con la quale Enelida comprerà due paia di lenzuola bianche! I figli si sono sposati e hanno messo su casa, ci sono i nipoti. Dario muore giovane, nel 1948, non si sa di quale malattia; Enelida vive serenamente insieme al figlio Renzo ed al nipote Carlo, fino al 1974, quando si spenge senza soffrire, alla bella età di 90 anni.

mercoledì 1 gennaio 2020




ANNO NUOVO, VITA NUOVA?  

No, mi accontenterei  di quella vecchia! Il 2019 lo abbiamo chiuso, io e mia moglie, con il “Gruppo Italiano Amici della Natura”  al  VILE,  nei pressi di Mazzolla-Volterra, appuntamento mai mancato dal 2007 ad oggi. Ottima cena, bella compagnia, spirito di amicizia e condivisione, scambio di doni e di affetto. Arrivare alle 2 del Primo dell’Anno è stato velocissimo! Ed io ho fatto anche il “trenino”, pur non avendo bevuto una goccia di alcool, dato che dovevo guidare la mia Panda fino a Castelnuovo dove siamo arrivati alle 3 del mattino! Non faccio i nomi dei tanti che vorrei ringraziare  per la bella accoglienza sperando di ritrovarci, sia durante il nuovo anno che alla sua fine, ma chi era con noi capirà.

Ed oggi siamo andati in visita a Monterotondo Marittimo, prima la lunga escursione sulle “biancane”, cioè la manifestazioni geotermiche naturali, che nel giorno caldo e sereno erano spettacolari,  successivamente una visita a due nostri cari congiunti al cimitero, Francesco e Giulia, che ci mancano tanto;  un cappuccino al Bar di San Bartolomeo e quindi, alle ore 15, visita al MUBIA il Museo interattivo della geotermia, che è, grazie alla tecnologia , uno dei più interessanti  tra quelli esistenti, fino alle 17. Di nuovo a casa. Nei prossimi giorni metterò un po’ d’ordine tra le mie carte,  il  3 gennaio andrò al Concerto  nella Chiesa Vecchia dello Stabilimento di Larderello, poi la Befana in famiglia .  Dopo il 6 gennaio mi rimetterò al lavoro preparando una conferenza che terrò il 23 gennaio a Massa Marittima; inserendo nel mio Dizionario nuovi proverbi ed aforismi ed ultimando la lettura di alcuni libri, tra cui “Gli ultimi re di Thule” di Jean Malaurie;  Marie Curie di Irène Cohen-Janca ed anche spigolando tra  tutte le poesie di Wislawa Szymborska. Poi credo di rileggere, ad alcuni anni di distanza dalla loro stesura, alcuni miei lavori letterari,  per le inevitabili correzioni. Ma, niente paura! Nel 2020 non pubblicherò nulla!