Nebbia.
In De Senectute, Bobbio incita i
vecchi a tentare di scendere nella più profonda memoria, e anch’io, man mano
che la perdo, tento l’esperimento. Si tratta di calarsi in un “regno” di nebbia
quasi impenetrabile, molto diverso da quello che tra settanta anni troveranno i
miei nipotini, aiutati dalle immagini, voci, suoni, diari cartacei…perché nella
mia primissima infanzia nulla c’era di tutto questo! Ho tentato di aiutarmi con
le pagelle scolastiche e con il cambio delle “case”, con due fotografie di gruppo scolastico in IV e V
elementare, per fissare l’immagine di
ragazzi che ancora mi sono amici, ma per il resto credo di ricordare soltanto
una immagine abbastanza nitida di mia nonna paterna, nell’atto di donarmi una o
due arance, credo nell’inverno del 1946, quando avevo otto anni. Credo di aver
“memoria di tutto”, perfino delle emozioni, a partire dall’età di undici anni,
allorché andai ad abitare nella quarta casa, in via della Repubblica. Questo
vuoto mi rattrista, anche se i ricordi non sarebbero stati di felicità, ma di
dolore, per gli eventi tragici della mia famiglia, e, allo stesso tempo, mi fa
bene, in quanto mi ringiovanisce dato che, come sappiamo, un uomo nasce
soltanto quando ha la percezione di “esserci” e del mondo circostante. Solo allora
si “viene al mondo”, come si dice. Infatti, fintanto permaniamo nel non essere,
anche il mondo permane nel non essere, nello stato cioè che riacquisterà dopo
la nostra scomparsa. Con questo salto temporale, tra la registrazione
anagrafica (3 settembre 1938) e la percezione di essere al mondo e nel mondo
(1946), ho guadagnato dunque ben otto anni di vita! Questi pensieri son frutto
della nebbia che stamani avvolge il mio paesello, che in parte vi mostro; ma
l’anima mia è lieta.
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