Campo ai Bizzi, 16 febbraio 2014.
Parte (IV).
2.Vergognati di piangere...
...La mattina del 23 gennaio 1944, ancora convalescente
rientravo nella formazione al Frassine dalla quale ero stato lontano per oltre un mese per
aver contratto la febbre tifoide. Fu così diagnosticata dal dr. Zeppini, medico
condotto a Monterotondo Marittimo, chiamato in tutta segretezza dal comandante
Chirici. I postumi di questa malattia mi furono riconosciuti nel 1947 dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione medica per il riconoscimento
delle qualifiche di partigiano combattente. Non feci alcuna pressione affinchè
mi fosse assegnata una pensione di invalidità di guerra. Sul documento
rilasciatomi dalla Commissione sta scritto "Invalido di guerra". Il
mio rientro fu accolto con una straordinaria manifestazione di simpatia da
parte dei vecchi compagni. Il capitano Chirici mi presentò i nuovi arrivati,
essi erano: tenente Vittorio Ceccherini (pisano), sottotenente Alfredo
Gallistru (sardo), Vinicio Modesti (volterrano), dottor Giorgio
Stoppa (livornese), Giorgio Vecchioni (gerfalchino) e "Gino".
Quest'ultimo, un empolese di nome Desiderio Cugini, mi dissero che era stato
inviato dal centro con funzioni di Commissario politico. Stoppa, che era il
medico della formazione, riconosciute le mie ancora precarie condizioni di
salute, propose di farmi alloggiare nel capanno più comodo, si fa per dire,
occupato dalla sezione comando. Nella formazione trovai otto stranieri: i russi
Alexander, Andrey, Ivan e Nikolay; l'inglese Marck e gli slavi Lacika, Mirko e
Nikola; tutti erano prigionieri di guerra, fuggiti dai campi di prigionia.
Mirko era un partigiano iugoslavo, catturato con sua madre nel corso di un
rastrellamento da parte di truppe italiane. La madre di Mirko era una
comandante partigiana; dopo un processo sommario venne fucilata alla presenza
del figlio. Mirko era molto fiero di aver avuto una madre così eroica. Ricordo
con commozione un particolare: ci raccontò che quando venne portato ad
assistere alla fucilazione di sua madre fu colto da un pianto convulso. Ella,
rivolta al figlio gli disse: Vergognati a piangere davanti a questi assassini!
Al Frassine ogni
giorno arrivavano nuovi individui, inviati dai CLN. Pertanto si rese necessario
approntare nuovi insediamenti. Un gruppo di dieci partigiani, al comando di
Otello Gattoli, si trasferì al podere Campo al Bizzi, con l'incarico di fare il
pane e di provvedere al reperimento
delle vettovaglie necessarie al nostro fabbisogno. Questo gruppo aveva anche un
cavallo di nome “Sauro” e un cane di nome "Mondiale". A questi due
magnifici animali accudivano i partigiani Fulvio Guarguaglini e Giuseppe
Fidanzi. Un altro gruppo di dieci partigiani, al comando di Mario Guido
Giovannetti si trasferì nel bosco sul versante di Campetroso, per approntare
alcuni capanni, dove appena pronti, si sarebbe dovuto insediare il grosso della
formazione. La sera venivano alloggiati al podere Poggio Rocchino, fintanto
non fosse stato pronto il nuovo accampamento. Nell'accampamento dov'era
installato il Comando, la nostra attività, soprattutto quella di noi giovani,
consisteva nel prendere conoscenza delle poche armi disponibili, inoltre una
parte del tempo si passava ad ascoltare l'indottrinamento, effettuato
quotidianamente, dal commissario politico. A detto indottrinamento dava molta
importanza il dottor Giorgio Stoppa. "Gino" e Stoppa ci parlavano continuamente
del comunismo, dell'Unione Sovietica e della grande statura politica di Stalin.
Sovente ci ripetevano:...bisogna distruggere il comune nemico nazifascista, è
l'impegno che abbiamo assunto in nome del compagno Stalin. A tutti coloro che
si distingueranno in questa lotta, a guerra finita, gli assicuriamo che
verranno portati a Mosca e fatti sfilare sulla Piazza Rossa alla presenza del
grande, invincibile ed amato compagno Stalin! L'entusiasmo di noi giovani
saliva al settimo cielo. Nel corso di queste lezioni Stoppa, che era sempre il
più esaltato, usava un linguaggio molto efficace nell'inculcare la ideologia
comunista, certamente io credo che ciò sia dipeso anche dal suo maggior
bagaglio culturale. Il comportamento del comandante Chirici fu sempre di una correttezza
straordinaria, tanto che non contrastò mai l'operato di proselitismo comunista
messo in atto da "Gino" e Stoppa".
(continua)
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