Dalla finestra della casa di Victor Hugo.
Notre-Dame de Paris.
Insieme alle parole della canzone triste e strana che
Quasimodo, il sordo e deforme, canta nella notte nascosto sotto le tettoie del campanile di
Notre-Dame, alla zingara Esmeralda:
Non guardare la faccia,
fanciulla, guarda il cuore.
Il cuore di un bel giovane
è spesso deforme.
Vi sono cuori ove
l’amore
non si conserva.
Fanciulla, l’abete non è bello,
non è bello come il pioppo,
ma conserva il suo fogliame
d’inverno.
Ahimè! a che pro dir questo?
Quel che non è bello ha torto d’essere;
la bellezza ama solo la bellezza,
aprile volta le spalle a gennaio.
La bellezza è perfetta,
la bellezza può tutto;
la bellezza è la sola cosa
che non esiste a metà.
Il corvo non vola che di giorno,
il gufo non vola che di notte,
il cigno vola di giorno e di notte.
Avviandomi alla fine del romanzo, ho trovato questo
passaggio fulminante:
“…Perché l’amore è come un albero, nasce da sé, mette
profonde radici in tutto il nostro essere
e spesso continua a verdeggiare
su un cuore in rovina. E quel che è ancora più inspiegabile è che più
quella passione è cieca, più è tenace.
Essa non è mai più solida di quando non
ha in sé alcuna ragione”.
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