Campo ai Bizzi, 16 febbraio 2014.
Parte (V).
3.Rastrellamento fascista a Frassine
...Al mattino del 16 febbraio, verso le ore 5, rientravo
nella formazione da una missione effettuata nelle località di Vignale Riotorto
e San Lorenzo, per un abboccamento con elementi dei CLN. In questa occasione
furono ritirate armi, munizioni e vestiario. Al colloquio di Vignale partecipò
una persona che dal comportamento, mi sembrò fosse un militare: più tardi avrò
modo di chiarire questo dubbio (nel mese di maggio, nella zona del Caglio,
rividi la detta persona, era il tenente colonnello Adalberto Croci). Sul
percorso di ritorno ci fermammo a San Lorenzo per prelevare scarpe e viveri. I
partecipanti alla missione capeggiata dal Chirici furono: Balilla, Aldo
Campana, Giuseppe Fidanzi, Enrico Filippi, Bruno Giannioni, Eros Gronchi, Fosco
Montemaggi, lo slavo Mirko e Mauro Tanzini. Al rientro, prima di prendere il
viottolo che conduceva all'accampamento, i partigiani Balilla, Campana,
Fidanzi, Guarguaglini e Montemaggi proseguirono per il podere Campo al Bizzi
con il cavallo e i muli. Nel capanno comando trovammo il nostro carissimo
collaboratore Livio Milani di Monterotondo Marittimo; ci aveva portato alcune
pale, una piccozza e due pennati. Dopo poco, forse era passata una mezz'ora dal
nostro arrivo, tant'è vero che Chirici conversava ancora con Milani, si
cominciarono a sentire raffiche di mitragliatrice e scoppi di bombe. Il Chirici
chiese subito al Milani se nel venire alla formazione avesse notato qualche
movimento sospetto, il Milani rispose che era venuto direttamente da
Monterotondo senza incontrare anima viva. Fu dato immediatamente l'allarme. Due
squadre furono inviate fuori dall'accampamento; quella del tenente Vittorio
Ceccherini in direzione di Poggio Rocchino e quella del tenente Alfredo
Gallistru verso Campo al Bizzi. Tutti gli altri rimasero nell'accampamento ad occultare
quel poco di materiale che avevamo. Al momento dell'allarme fu fissata la
località in cui ci si sarebbe dovuti trovare la sera, dopo il tramonto. Il
punto di riferimento era una radura nel bosco, vicino al podere
"Ghirlandino". Io rimasi sempre con Chirici, Stoppa, Vecchioni e
Modesti. Nel pomeriggio, alle ore 14, fui comandato di effettuare un sopraluogo
nelle località ove si trovavano i distaccamenti. Mi recai subito al podere
Poggio Rocchino, anche perché non furono uditi spari da quella direzione;
appena mi videro fui oggetto di una forte reazione da parte delle due famiglie
contadine che vi abitavano. Le donne e i ragazzi mi minacciarono e mi imposero
di fuggire immediatamente; certo avevano ragione anche perché avevano paura che
nei paraggi vi fossero nascosti dei fascisti. Seppi che i fascisti
repubblichini avevano preso i due coloni, Galgani e Mancini, unitamente al
Giovannetti con tutta la sua squadra. Verso l'imbrunire mi recai al podere
Campo al Bizzi; ad una cinquantina di metri dal casolare incontrai una donna in
lacrime, che con molta dignità e coraggio mi raccontò quant'era accaduto. La
mattina del rastrellamento erano alloggiati nel podere sei partigiani; cinque
partigiani, rientrati nelle prime ore del giorno, mentre erano intenti a scaricare
il cavallo e i quattro muli (avuti in prestito da un vetturino del Frassine) di
armi e munizioni, vestiario e vettovaglie, vennero colti di sorpresa e fatti
prigionieri. I sei partigiani che si trovavano all'interno del fabbricato,
all'intimazione della resa accettarono il combattimento che si protrasse per
alcune ore, fino a che non esaurirono le munizioni. Prima di arrendersi, uno di
loro lanciò l'ultima bomba a mano contro i fascisti, che purtroppo rimase
inesplosa. Cinque partigiani, nonostante l'atto di resa, caduti feriti in mano
ai nazifascisti (tra i quali sembrano presenti alcuni militi di Castelnuovo), furono trucidati a pugnalate e i loro corpi orribilmente mutilati. Essi
erano: Silvano Benedici di Volterra; Pio Fidanzi e Otello Gattoli di Massa
Marittima; Salvatore Mancuso di Catania e Remo Meoni di Montale (Pistoia). Il
sesto partigiano, Canzio Leoncini, di Massa Marittima, si salvò gettandosi da
una finestra e benché colpito da una pallottola riuscì a dileguarsi nel bosco.
I muli furono requisiti, mentre il cavallo “Sauro” fu rinchiuso nella stalla
alla quale venne appiccato il fuoco; il cane "Mondiale" rimase
illeso. Mario Guarguaglini venne ferito al ginocchio da una pallottola;
Granelli e Martellucci furono pestati sulla faccia con gli elmetti. Tutti gli
altri prigionieri ebbero insulti, spintoni e pedate. La zona in cui risiedeva
il Comando fu sottoposta ad un violento volume di fuoco e circondata; quando fu
possibile sganciarsi, putroppo era tardi e non vi era più alcuna possibilità di
portare aiuto ai nostri sfortunati compagni che si trovavano fuori
dall'accampamento. Il triste bilancio della giornata fu di cinque partigiani
trucidati e diciotto prigionieri (compresi i due coloni)3.
In seguito si saprà che l'animatore della sfortunata
resistenza al podere Campo al Bizzi era stato il partigiano Remo Meoni; per
questo fatto gli verrà concessa la medaglia d'argento al valor militare, alla
memoria.
In successive ricostruzione del gravissimo episodio, il
Chirici ritenne che la sorpresa dell'attacco fascista si doveva imputare
...alla assoluta mancanza di senso del dovere, di ordine,
di disciplina degli elementi che si fanno affluire nelle
formazioni...nell'opera dei commissari politici che...intralciano l'opera
disciplinare delle formazioni diffondendo diffidenza verso il caposquadra A
perché non comunista, o verso il caposquadra B perché apertamente monarchico
ecc...creando una atmosfera di diffidenza reciproca a tutto scapito della
coesione necessaria.
Espressioni
altrettanto risentite il Chirici adoperò a proposto dei CLN il cui
...contegno poco corretto dei variopinti comitati che, dopo
mesi di discussione, non hanno inviato materiali, ma solo uomini disarmati e
scalzi, spesso inservibili perché ammalati...della presenza in formazione di
stranieri che non intendono battersi e alle prime scaramucce abbandonano le
armi e, vestiti con gli abiti dell'esercito di provenienza, preferiscono andare
soli asserendo che se presi senza armi non vengono fucilati...e della mancata
selezione degli uomini avviati alle formazioni: non basta che uno sia ricercato
per la leva militare per dargli diritto ad avere accesso nelle formazioni. Sono
necessari uomini convinti della giusta causa per cui lottare, altrimenti non si
avranno che elementi per far numero nei bivacchi...primi sempre alla gavetta,
ma pieni di acciacchi quando si tratta di servizi, di guardia di pattuglie e
spesso eclissandosi al momento dell'azione...
Infatti a Poggio Rocchino e Campo al
Bizzi non solo non è stata montata la guardia ma
...si sono fatti sorprendere a letto e le munizioni, ad
eccezione di un caricatore per ogni moschetto, erano in un capanno distante
circa un'ora di cammino!
E' una amara riflessione sulle difficoltà
organizzative delle formazioni partigiane che umanizzandole ce le rendono più
vicine; più comprensibili gli sbandamenti, gli errori, i morti. Giorgio Stoppa,
al contempo, accusa il Chirici di essere stato superficiale e militarmente
impreparato e gli addebita, se pur velatamente, l'insuccesso di Campo al Bizzi.
Altri partigiani, tra cui Eligio Martellacci, Eros Zazzeri, Viazzo Zazzeri,
Mauro Tanzini presentano il Chirici come
...un uomo onesto, corretto, prudente, cosciente nel
preparare e dirigere le azioni della formazione,
cui non può essere di certo imputato
l'episodio del Frassine. Stoppa e Chirici si separeranno tra reciproche e
ambigue accuse. Al fondo delle accuse c'è la costante che caratterizza gli
aspetti della Resistenza nel massetano, cioè l'azione degli uomini del PCI
volta a politicizzare la lotta partigiana e la reazione, di personalità come
Croci, Chirici, Cassola, Piccioli ed altri che intendevano, nella guerra contro
i nazifascisti, restare fedeli ad una concezione, sia di impronta militare e di
fedeltà al Re che di impronta libertaria e risorgimentale. Ancora una volta, per questa brillante
analisi, rimandiamo alla lettura del saggio di Pier Nello Martelli, che abbiamo
largamente sunteggiato. Per la sua brutalità e la sua follia, merita riprodurre
"l'elogio di Pavolini ai fascisti maremmani":
... E' giunta al
Segretario del Fascio di Grosseto la lettera che pubblichiamo inviata dal
segretario del Partito subito dopo lo scontro di Frassine avvenuto il 16.2.1944
e che rientra nel quadro delle operazioni di rastrellamento della Provincia
dalle bande antinazionali assoldate dal nemico. Posta da Campo 704, 3.3.44
XXII. Al Triunvirato Federale di Grosseto - Paganico. e p.c. alla Federazione
Fascista Repubblicana Grosseto: Con riferimento alla comunicazione relativa
allo scontro avvenuto tra elementi sovversivi, legionari della Guardia
Nazionale Repubblicana e i Fascisti di codesta provincia, apprendo con vivo
compiacimento il risultato ottenuto. Mentre formulo i migliori voti augurali
per i camerati feriti, assicuro che il Partito segue con fiducia ed ammirazione
i legionari e i fascisti che, in nome
della Patria e dell'Idea, si battono per conseguire l'epurazione degli
elementi avversari alla gloriosa marcia per la grandezza dell'Italia Fascista
Repubblicana. Attendo la dettagliata relazione - tramite la Federazione Provinciale
- sullo svolgimento dell'azione. Il Segretario del Partito, Alessandro
Pavolini.
Mauro Tanzini scrive nel suo Diario:
...bisogna riconoscere, obiettivamente, che l'imprudenza di
non aver provveduto a montare dei turni di guardia, fu un grave errore. Qualche
cosa non funzionò, nonostante il CLN di Massa Marittima avesse inviato un
messaggio con la raccomandazione di stare all'erta in quanto avevano saputo da
indiscrezioni che i fascisti si apprestavano a compiere un rastrellamento.
Forse ci tradì l'illusione di ritenere di trovarci in una località sicura;
questo, io penso, è stato il vero motivo dell'assenza di precauzioni. Arrivai
sul luogo dell'appuntamento che era già buio. Chirici ed i superstiti del Frassine
non vedendomi arrivare erano molto preoccupati. Più tardi seppi dal carissimo
compagno Bruno Giannioni che qualcuno, di cui non volle mai rivelarmi il nome,
aveva ipotizzato la mia fuga, ma che il Chirici e lo Stoppa non avevano dato
spazio a questa ipotesi, tanto è vero che ritardarono di oltre un'ora la
partenza da questo luogo. Quando mi videro arrivare tirarono un sospiro di
sollievo. Immediatamente vollero fare il punto sulla situazione venutasi a
creare dopo il rastrellamento. Risultò che mancavano all'appello 51 elementi,
infatti dei 65 eravamo solo in 14: Chirici, Gallistru, Stoppa,
"Gino", Vinicio Modesti, Giorgio Vecchioni, Dino Cocolli, Franco
Venturi, Enrico Filippi, Bruno Giannioni, Giuseppe Martellini, Libero Fedeli,
Mauro Tanzini, Rodolfo Tamburini. Il tenente Ceccherini non lo vidi più4.
(continua)
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