martedì 3 marzo 2020


Dina Ferri, poetessa
(29 settembre 1908 - 18 giugno 1930)

Quest’anno è il 90° anniversario della  morte di Dina.  Negli anni ’70 scrissi per lei una poesia, che fu pubblicata sul periodico sindacale di fabbrica, FNLE-CGIL,  “Informazioni”, a Larderello. In mezzo secolo la conoscenza della poetessa si è ampliata e la sua vicenda letteraria e di vita, hanno trovato una nuova primavera. Anche quest’anno, che è il 90° anniversario della sua morte, ci saranno pubblicazioni importanti, musiche, cerimonie, soprattutto nei luoghi ove ella visse, Radicondoli, Ciciano, Chiusdino, grazie ai familiari ed agli amici, che hanno sempre tenuta accesa la fiaccola della memoria. Posso dire di essere stato fortunato a venire precocemente in contatto con Dina, attraverso persone che l’avevano conosciuta. Ed anche di aver conservato tali memorie, alle quali ritorno di continuo. 

A Dina Ferri

E’ spenta la querula voce
della fanciulla che non conobbe amore.
I boschi son  pieni di silenzio,
le pietre non possono piangere.

Greggi straniere vanno sul monte:
casolari, città lontane, l’infinito
orizzonte, il firmamento sereno
e il maggio con l’alpestre splendore
mirano occhi che non sono i suoi.

Sfuma il ricordo, si placa il desiderio,
anni si ammucchiano ad anni,
speranze a inganni; essere stati
è come il vento d’una antica stagione,
vento perduto, il nulla,
forse la vita che incessante
rinasce in altre forme.

La vita, il quaderno, la rosa,
il dolore e la croce:
s’è spenta la querula voce
e ancora ci addolcisce la canzone
                               il cuore.
Del sol morente un raggio
è nostro prigioniero
                               e dà calore.

Dal prezioso volume uscito a Boston (USA) nel 1933,  “Dina Ferri’s, Notebook of Nothing” – The Lyrical Diary of a Sienese Shepherdess”, tradotto dall’italiano da Helen Josephine  Robins and Harriet Reid, ripropongo una poesia di Dina, “Gone” (Partì):

Silent her plaintive moan,
ours this poor cross alone.
Gone by an endless way,
gone with the roses of May,
into silence she went, a far land,
closing her tiny hand.
But that sleep blinded her sight
and the carth received her, so white.
No cradle with lace around,
but heavy and dark the ground.

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