giovedì 28 settembre 2017

PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 42.

 59. L’accordo tra i partiti politici e l’iniziativa sindacale

          L’accordo tra i partiti politici per un programma di Governo è senz’altro un avvenimento di grande importanza. I risultati elettorali, la crescita reale della coscienza politica delle masse, le lotte unitarie del sindacato, hanno fatto cadere la dannosa pregiudiziale verso il più forte partito della classe lavoratrice italiana; pregiudiziale che tanti danni ha causato e causerà al nostro  Paese, e hanno consentito questa intesa che prefigura un diverso futuro sociale, morale, ed economico.

         La lotta popolare per la trasformazione della società italiana si colloca oggi su un terreno più avanzato, ma sarebbe illusorio ogni passivo attendismo: i lavoratori, i contadini e le masse degli sfruttati e degli emarginati sanno che non è mai esistito il passaggio da un tipo di organizzazione sociale ad un altro  senza grandi lotte, unità e capacità di direzione politica.

         Il problema di fondo nel nostro Paese è il potere reale dei lavoratori e del popolo, e per questo il sindacato della Cgil, forte delle sue tradizioni di classe, e del suo ruolo politico, conduce la sua lotta ricercando la più ampia intesa unitaria e la partecipazione della base, ricucendo le contraddizioni in seno al popolo, tra occupati e disoccupati, tra uomini e donne, tra Nord e Sud, e all’interno delle categorie, portando avanti con decisione un progetto di uguaglianza e di fine dei tanti piccoli e grandi privilegi che, all’ombra di un potere basato sulla divisione e sull’accaparramento individuale, si sono cresciuti e moltiplicati.
         Non sarà, nemmeno questa, una battaglia facile perché le fasce del piccolo privilegio hanno assunto forme abnormi e diffuse che passano per numerosi settori del mondo del lavoro; non sarà facile dare equità al sistema delle tasse e non sarà facile colpire la rendita fondiaria e parassitaria, ma sarà senz’altro durissimo intaccare quello che è il “grande privilegio” della razza padrona italiana. Le prime avvisaglie già si sono avvertite nel dibattito parlamentare, nelle resistenze interne ad alcune forze politiche, nell’opposizione di altre e nei tentativi di estremizzare le difficoltà esistenti nei rapporti unitari del sindacato per ritardarne non solo l’obiettivo dell’unità, ma per creare quelle lacerazioni che già una volta i lavoratori hanno pagato sulla loro pelle e che non faranno certamente passare oggi.
         Dai congressi sindacali, dalla base, è venuta l’indicazione dell’unità, dell’autonomia, della lotta per l’emancipazione dei lavoratori. Nessuno, a nessun livello, può ignorare questa indicazione e anche i lavoratori devono capire che su queste cose, sul generale e non sull’individuale, devono indirizzarsi le attenzioni e le energie del quadro dirigente e del movimento.
         In questa visione generale si colloca la nostra azione di sindacato dei lavoratori elettrici di Larderello, per un piano organico e investimenti nella geotermia, per la piena produttività degli impianti e dei lavoratori, la diversificazione nello sfruttamento e l’ulteriore occupazione attraverso una reale crescita della produzione in una struttura organizzativa dell’Ente economicamente più valida.
         A questo scopo è necessario intensificare i momenti di incontro e coordinamento con l’esterno affinché la “vertenza energia”, che dovremo sostenere con forti lotte, trovi momenti di mobilitazione generale, nazionalmente e territorialmente, che siano all’altezza della sua reale importanza e della saldatura che rappresenta nel progetto di trasformazione del nostro paese.


PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 43.

60. Arca-Cre: strumenti importanti per l’unità e l’elevazione socio-culturale dei lavoratori[1]


        
         In genere nei nostri Congressi e anche nelle riunioni del Comitato direttivo, si parla poco o niente dell’Arca e del Cre, delle attività, dei problemi del tempo libero e della cultura. Si da per scontato che a gestire questi settori siano gli “specialisti”, quelli eletti una volta ogni tre anni, e che, in fondo, passato il momento del voto e l’esame di
quanti compagni ed amici risultano eletti per questo o quel sindacato, non ci sia più tanto da fare.
         Tra i lavoratori (quelli veri, non i mitici protagonisti della lotta di classe!), c’è disinformazione, sottovalutazione e qualunquismo. Non a caso si identificano questi organismi col nome di “comitati dei sollazzi”.
         Io credo che, grazie all’impegno e al sacrificio, presente e passato, di chi ha operato nei Cre e nell’Arca, siano stati fatti passi avanti per superare una visione corporativa, di elite, nella gestione delle attività ricreative, culturali e assistenziali, anche se, sostanzialmente, non molte innovazioni ci hanno caratterizzato rispetto alle vecchie gestioni padronali, almeno quelle più avanzate, come a Larderello.
Occorre rapidamente recuperare il tempo perduto tenendo presenti due obiettivi di fondo da raggiungere: l’unità sostanziale delle gestioni Arca e Cre, attraverso la più ampia partecipazione di base, e il coinvolgimento diretto dei Consigli di fabbrica e dei sindacati, e l’elevazione socio-culturale e politica dei lavoratori.
Occorre pertanto superare sul territorio il frazionismo organizzativo tra Cre e Cre, attuare iniziative coordinate, meno settoriali e dispersive, arrivando all’unificazione reale di Arca (intesa come lo strumento politico del coordinamento) e dei Circoli che direttamente dovranno essere rappresentati a questo livello.
Occorre inoltre, a mio avviso, intensificare gli sforzi di unificazione di strutture ed esperienze con altri Circoli Aziendali e con quelli presenti sul territorio (Arci-Acli-Endas) in modo da assolvere sempre più l’importante ruolo di aggregazione popolare e pluralista fondamentale per la crescita della democrazia e della circolazione delle idee.
         E’ fondamentale inoltre attuare un attento esame autocritico delle attività svolte, in modo da evidenziare quelle che vanno eliminate o ridotte, perché concepite in un’ottica individualistica, egoistica, di consumismo e di privilegio e dare più ampio spazio all’iniziativa culturale e ricreativa, basata su più ampi momenti partecipativi, sia dei lavoratori elettrici che dei cittadini in genere.
         Uno dei settori prioritari dovrebbe essere quello culturale. Ma non una cultura per eletti, o da subire in forma passiva, ma bensì un’attività basata sulla discussione, sul confronto e sull’approfondimento dei problemi sociali, storici, ambientali, produttivi, ideologici, artistici, che costituiscono il patrimonio di lotte e di evoluzione della società italiana. Quindi teatro, cineforum, conferenze-dibattito, ricerche per i giovani, visite guidate alle Istituzioni culturali, scambi di esperienze con altri lavoratori, iniziative promozionali verso gli studenti...
Troppe volte si parla di cultura per abbellire programmi e dare tono a noi stessi. Le attività poi sono altre, e queste sì, assorbono impegno e buona volontà, e interessano settori più prosaici come il servizio di assicurazione auto (RCA), le convenzioni per acquisti di articoli commerciali, il panettone, la gestione di bar, gli spacci aziendali o, la versione più aggiornata: il semi-ingrosso...tra l’altro effettuate non sempre con vantaggi economici reali (il vantaggio politico è senz’altro negativo), perché non solo queste attività perseguono il mantenimento di compartimenti stagni tra i lavoratori e tra i cittadini, ma distolgono energie preziose da altri settori e aggravano i costi, per la loro parte, di un Ente dissestato.
Ricordo ancora con grande amarezza un cartello stampato a grossi caratteri ed esposto in un negozio di San Giovanni Valdarno, diceva: “Questo negozio pratica lo sconto del 10% ai dipendenti dell’Enel”. Era là, sul Corso principale, in bella vista, e credo che non facesse aumentare le simpatie per i lavoratori elettrici.
Non siamo soli. L’Italia è una jungla di privilegi apparenti, di guerre tra poveri combattute con le armi più strane, di stratificazioni sociali, di silenzi legati al mantenimento del voto o della delega.
Forse è proprio per tali ragioni che dovremmo tutti insieme lavorare di più intorno a questi problemi e avviare un cambiamento profondo, che dia la prospettiva e la misura di quell’altro cambiamento, sulle cose piccine della nostra vita che poi, a ripensarci, e moltiplicandole per le miriadi di esperienze in atto, non sono più tanto piccine e marginali.




[1] Un lavoro più esteso si trova in un saggio che traccia le linee dell’evoluzione dell’associazionismo e del Cre nell’area boracifera, gc., dts., pp. 19, 17 dicembre 1975.

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