lunedì 4 agosto 2014

Dal: “Diario partigiano di Mauro Tanzini”,
“La piccola banda di Ariano”, altri appunti sparsi e “I
preti nella Resistenza delle Colline Metallifere Toscane”, di Carlo Groppi.

(V)

Nota (a cura di Carlo Groppi).

La descrizione del fatto (di Niccioleta) secondo le testimonianze raccolte,  fa parte di un originario manoscritto di Mauro Tanzini, poi sintetizzato nella versione finale del “Diario”:

«…alle miniere di Boccheggiano e Niccioleta, già prima del 25 luglio 1943, esisteva un Comitato Antifascista che tanta parte ebbe nel reclutare nuovi proseliti alla lotta di Liberazione. Dopo l’8 settembre ’43 l’opera di reclutamento partigiano condotta senza tregua dai minatori, risultò decisiva ai fini della costituzione dei primi nuclei partigiani nel Massetano; bisogna obiettivamente affermare che tale opera trovò terreno particolarmente fertile fra i giovani. E’ anche doveroso ricordare che, prima che subentrassero i CLN a dirigere la lotta di Resistenza, il Comitato Antifascista dei minatori fu quello che diresse e sostenne con viveri e mezzi il movimento partigiano operante nel territorio delle Colline Metallifere. Nel corso dei dieci mesi, di durissima lotta partigiana, il contributo dato dai minatori fu d’estrema importanza. La III Brigata Garibaldi banda «Camicia Rossa», e la XXIII bis Brigata Garibaldi «Guido Boscaglia» furono sempre assistite quando si trattava di procurare ed usare gli esplosivi. I primi di giugno ’44, in previsione del passaggio delle truppe tedesche in ritirata, i minatori antifascisti della Niccioleta, stabilirono di organizzare un servizio di guardia agli impianti della miniera. Vennero compilati degli elenchi con i nominativi, sui quali erano indicati i turni. In seguito a delazione dei fascisti della Niccioleta, all’alba del 13 giugno, il villaggio fu preso d’assalto e accerchiato da reparti delle SS tedesche e da militi repubblichini. I militari tagliarono i fili del telefono e, armi alla mano, perquisirono tutte le abitazioni. Durante le perquisizioni, dietro indicazione precisa dei fascisti locali, furono trovati gli elenchi dei minatori che montavano la guardia; pertanto tutti gli uomini furono fatti uscire dalle case, con le braccia alzate, furono spinti di fronte allo spaccio aziendale. Dinanzi al gruppo furono piazzate due mitragliatrici. Chiamati per nome e cognome furono fatti uscire dal gruppo sei uomini, ritenuti dagli stessi fascisti locali i promotori del servizio di guardia e collaboratori dei partigiani operanti nella zona. Tutto il gruppo degli ostaggi (erano stati prelevati 150 uomini, tra cui alcuni ragazzi), furono rinchiusi nel rifugio antiaereo, sorvegliato all’ingresso da militi armati con fucili mitragliatori. Il gruppo dei sei fu condotto dietro lo spaccio aziendale e quindi trucidato. Tra loro un’intera famiglia: il padre coi due figli. Alla sera dello stesso giorno gli ostaggi furono fatti uscire dal rifugio e, sotto scorta armata, portati a piedi sulla strada provinciale e poi fatti salire su alcuni camion verso Castelnuovo di Val di Cecina. Nessuno degli sventurati tentò la fuga. Emilio Banchi, uno dei 150 ostaggi e padre di Eros (assassinato con i 77) mi rese testimonianza: «…dopo la fucilazione dei sei minatori il comandante ci assicurò che nessuno degli ostaggi sarebbe stato passato per le armi, ma saremmo stati adibiti come lavoratori, in parte inviati in Germania ed altri al Nord Italia. Con questa assicurazione ci facemmo la guardia l'un con l'altro, anche perché ci avevano avvertito che se uno tentava la fuga saremmo stati fucilati. Pertanto ritenemmo giusto che per nostra sicurezza non fossero stati avvertiti i partigiani. Ma purtroppo non fu così. Il giorno 14 giugno, alle ore 18, un tenente delle SS con il suo interprete entrò nel teatro di Castelnuovo dove eravamo stati rinchiusi. Furono chiamati i nominativi di coloro che erano inclusi nell’elenco dei turni di guardia, cioè 77 uomini. Il gruppo dei 77, sotto scorta armata, fu fatto uscire dal teatro e trasferito nei pressi della centrale geotermoelettrica di Castelnuovo. Il gruppo fu fatto scendere dentro un “vallino” a forma semicircolare e, con fuoco di mitragliatrici, furono tutti barbaramente uccisi. I giovani delle classi dal 1914 al 1927 che non erano inclusi negli elenchi in loro possesso, furono deportati nei Lager tedeschi, in Germania. Compiuta l’orrenda strage, il capo degli assassini e l’interprete, tornarono nel teatro e agli ostaggi rimasti fu detto: “Noi siamo stati avvisati da persone della Niccioleta che nel villaggio vi era un vasto movimento di partigiani che tra l’altro rappresentavano un serio pericolo per gli abitanti. Noi siamo intervenuti prontamente, voi tornate alla Niccioleta, ma ricordatevi che se venissimo a conoscenza di qualche altro movimento partigiano nel villaggio, noi interverremo di nuovo, sia tra una settimana sia tra sei mesi e vi faremo fare a tutti la fine che hanno fatto i vostri compagni».


                                                                                                          (continua)

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