Dal:
“Diario partigiano di Mauro Tanzini”,
“La
piccola banda di Ariano”, altri appunti sparsi e “I
preti
nella Resistenza delle Colline Metallifere Toscane”, di Carlo Groppi.
(XIV)
Il Vescovo di Volterra,
Bagnoli e i funerali ai partigiani.
Vescovo di Volterra, Bagnoli,
dal 1943 al 1954: “…il comando tedesco che era alla Scuola d’Arte a Volterra,
era un comando amministrativo, non era un comando militare. Era un buon uomo il
governatore…l’episodio del fucilato condannato a morte al cimitero (di
Volterra)? c’era la sua mamma a pregare al suo fianco. Cavallini era il
cappellano. Erano stati a Roma. La moglie di Togliatti aveva detto “Non c’è
nulla da fare”. Il vescovo di Volterra l’ha saputo dopo della strage di
Niccioleta: “…a Volterra c’era una situazione difficile, ma non è mai stata
disperata…dopo s’è sofferto, anche per la rivincita. Quando sono tornati i
partigiani, portavano i fascisti per le vie della città…cose incresciose”. E’
stato più drammatico il seguito che non la guerra, vero? “…Si, si, una lotta
fratricida!” “Riportarono i corpi di quei partigiani morti e li riportarono a
Volterra. Cinque cadaveri…” Saranno stati il Mancini…uno o due erano comunisti
e appena arrivarono li portarono nella loro sede in Piazza. Gli altri li
portarono nel Municipio. Poi vennero da me “Eccellenza, i funerali? Siamo tutti
fratelli, abbiamo tutti combattuto per la stessa causa, si devono fare i
funerali…” Va bene, venite, li portate in chiesa? NO! E allora facciamo così:
noi andiamo avanti e voi venite dietro. Dietro può venire chiunque”. Scrive
Lagorio, Dizionario di Volterra, Appendice, Migliorini, Grafitalia, Peccioli,
2001, p. 11: “…toccò a mons. Bagnoli guidare la diocesi durante l’occupazione
tedesca e nei mesi durissimi del passaggio della guerra (primavera estate
1944). Durante quella tragica emergenza a lui si devono due atti di notevole
significato: la pubblica protesta nei confronti del comando tedesco per le
angherie alle quali era soggetta la popolazione e il coraggioso accorrere nel
cortile della fortezza medicea dove stava per consumarsi la fucilazione di un
gran numero di detenuti e prigionieri che avevano tentato la fuga. Il suo
intervento contribuì a scongiurare un massacro”. Scrive don Giovanni Costagli,
lettera 20.12.2001 a Carlo Groppi: “…arrivò nel settembre 1943 e nella visita
pastorale utilizzo per i suoi spostamenti anche la macchina guidata dall’ebreo Max Rovà”, suo amico”.
Don Luigi Rossi, prete di
Massa Marittima, nella desolazione e nello sgomento della tragedia di
Niccioleta si rimboccò le maniche e cominciò ad operare occupandosi degli
orfani, raccogliendo i morti, intervenendo e correndo per dissuadere da azioni
pericolosissime chi doveva essere dissuaso, per salvare tutto quello che
rimaneva da salvare” In La
Torre Massetana a. LXV n. 8 agosto 2001. (AMBO).
Don Enrico Lombardi nato a Sassetta nel 1909, cappellano a
Portoferraio e Piombino, parroco a Donoratico. Dal 1941 canonico e rettore del
Seminario di Massa Marittima e in seguito parroco della cattedrale, uomo di
cultura e di idee democratiche, autore di un libro interessante sulle meorie
storiche di Massa Marittima, morto a Massa nel 1989.
Don Alessio Cenerini, nato a
Sasso Pisano, parroco di Radicondoli, membro del CLN, impedì una rappresaglia
contro un gruppo di uomini di Radicondoli opponendosi all’ufficiale tedesco e
pagando una somma di denaro. Dette informazioni a Norma Parenti per il contatto
con la famiglia di Guido Radi, ucciso a Massa Marittima dai tedeschi, protesse
gli ebrei fuggiaschi dalla Maremma Grossetana che transitavano verso la Valdelsa , rischiando la
vita. Nel dopoguerra sono famosi i suoi “contraddittori” sul palco degli
oratori nelle campagne elettorali contro i social comunisti di Radicondoli.
Don Enrico Bulletti, padre
scolopio a Siena e poi a Radicondoli.
Antifascista, ricercato. Padre francescano all’Osservanza di Siena. In appoggio
ad una formazione partigiana e di ex prigionieri di guerra, nascose le loro
armi nel cimitero della Misericordia di Siena. Incarcerato alle Murate e
torturato non tradì la causa: il suo
nome circolò in tutta la provincia come
simbolo di nemico interno da combattere e perciò additato all’odio e al
disprezzo. Uomo molto colto nel campo della storia francescana e redattore del
Bollettino di Studi Bernardiniani.
Don Manfredo Pazzagli,
parroco a Montieri sospettato di antifascismo fin dal 1926
Don Zeno Saltini, fondatore
di Nomadelfia (GR). Diversi Piccoli Apostoli ed alcuni sacerdoti contribuiscono
all’organizzazione della Resistenza, entrano nelle formazioni partigiane e
aiutano centinaia di ebrei e di perseguitati politici a raggiungere la Svizzera con documenti
falsi. 7 Piccoli Apostoli perdono la vita per la riconquista della libertà.
Dopo la fine della guerra, nel 1947, i Piccoli Apostoli occupano l’ex campo di Concentramento
di Fossoli, vicino a Carpi, in provincia di Modena, per costruire la loro nuova
città “NOMADELFIA” (che dal greco significa: dove la fraternità è legge). Nel
1952 don Zeno trasferisce Nomadelfia in provincia di Grosseto dov’è tutt’ora.
(continua)
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