venerdì 6 aprile 2018





Romanticismo

Sulla spiaggia di Viareggio un giovane forestiero assiste meditabondo al rogo che distrugge le spoglie mortali di Percy Bysshe Shelley, poeta inglese (1792-1822). Sale il fumo nel cielo terso sulla costiera e soffia dal mare il vento a disperderlo. Colui che guarda bruciare il poeta è a sua volta un poeta, un grande poeta, un suo compatriota e come lui appassionato amante della terra d’Italia, al tempo il “paradiso dei perseguitati politici” d’Europa. Si chiama George Byron che così parlò: “Tutto di Shelley  si è consumato, tranne il cuore, che non volle ardere”. L’artista che sta bruciando sulla pira è stato ucciso dalle onde in tempesta nel Mar di Livorno l' 8 luglio 1822 ed il suo corpo fu rinvenuto dieci giorni dopo sull’arenile di Viareggio. Le sue ceneri furono seppellite nel Cimitero degli Acattolici a Roma, presso la piramide di Caio Cestio. L’artista che canta le sue ceneri non gli sopravviverà che di due anni. Andrà a combattere per la libertà della Grecia, nel 1824, e le febbri malariche lo stroncano a Missolungi. Questi avvenimenti ci spiegano la natura del romanticismo all’inizio del secolo XIX: una libertà di vita e di canto da praticare sui travagli del tempo, opponendola alla forza della natura e alla fragilità dell’uomo, affidandola al destino, al fuoco e alla gloria.

Cimitero degli Acattolici di Roma.

Che emozione
tra i sepolcri avviluppati nei vapori
che il sole fa scaturire
dalle radici dei cipressi antichi,
 in quest’oasi di pura poesia!

Non qui l’urne dei grandi
italiani come in Santa Croce,
ma le cancellate voci e obliate
dal mostro consumista, Urano,
che rinnova incessantemente
ogni mattina il pasto della sera.

Ora cammino e mi perdo
non alla ricerca di storie,
ma di emozioni. E’ la mia
parte emotiva del cervello
che vigila, mentre riposa
l’emisfero cognitivo.

Carsten Hauch, poeta danese,
e più in là Antonio Gramsci, quarto
riquadro ad owest, vicino
al muro, Ales 1891 – Roma 1937
Cinera Antonii Gramscii
stele grezza con ramoscello
di mirto e fiori rossi e freschi
di una ricordanza non sopita.

Questa nebbiolina di calore
che sale dalle ossa dei morti
così lontane dalle luci
abbaglianti della città e dai suoi
riti, m’avvolge consolatrice,
no, non m’impiglia in pensieri
tetri, oscuri,  m’apre al futuro,
alla speranza.

Vedi Lu Xun: e cos’è mai
la speranza? Quel luogo
eletto (il Nulla) dove nemmeno
la memoria di disperse ceneri
turberà la quiete eterna, né
la sorte dolorosa dei malvagi
iscritti nei registri a partire
dall’anno zero di questi
due millenni, né la consolatrice
ricompensa per confessioni
e conversioni tardive
o per vite intemerate
e impenetrabili al peccato…?

<Come una cometa che
attraversa il cielo stellato,
sei andata via troppo presto…>
Un bambino chiede
della nonna, di quel marmo,
e una donna sconosciuta
mi s’avvicina gentile,
vedendomi scrivere:
<scusi, signore, lei lavora qui?>
faccio NO con la testa, e invece
avrei dovuto dirle <SI, lavoro
a raccogliere il respiro dei
morti!>

Da una lapide con un bellissimo
volto di fanciulla, circondato
da un serto di marmoree rose,
Brigitte Olivia Niggli nata Martin
(25/10/1950 – 2/3/2000) mi dice:
< Grazie per la tua visita!”

Mi commuove che abbia
pensato a me, vedi come sono 
gentili i morti, non invidiano
noi vivi, loro sanno la via.

Prima di uscire saluto un
compagno, un comunista,
pisano come me, che lavorò
facendo il bene dalla parte
sbagliata, così l’equilibrio
del terrore nucleare ha
salvato il Mondo, Bruno
Pontecorvo, ragazzo
di via Panisperna,
                               dimenticato.

Fuori dal vetusto prato s’apre
lo spazio ancestrale dei
progenitori antichi, ai piedi
della Piramide perfetta,
e, al di là, la piazza
cara ai romani a ricordo
della Resistenza al fascismo
feroce e agonizzante.

Antiche stele dove i gatti
dell’eternità prendono
languidamente il sole
dell’ultimo autunno.

E quante margherite tra
il lucente smeraldo!
Luoghi dell’anima.
Munthe, Keats, Shelley, Severn,
mentre il cielo intanto
si copre di barconi d’acqua,
Keats’ if thy Cheritted
Name se writh in Water.

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