giovedì 26 aprile 2018























25 APRILE 2018, VOLTERRA
Relatore, Carlo Groppi

         Gentili signore e signori, autorità civili, militari e religiose, testimoni della Resistenza e dei militari internati nel Campi di concentramento, illustri ospiti, signor Sindaco del Comune di Volterra, sono onorato di essere in mezzo a voi in questo giorno così significativo della Storia d’Italia, della Toscana, di Volterra e dell’Alta Val di Cecina.

25  APRILE! Tale simbolica data  è quella in cui il CLN Alta Italia diramò l’appello all’insurrezione armata per la Liberazione della Patria ancora in parte occupata dai nazisti e dai fascisti del governo fantoccio di Mussolini. Noi la celebreremo con sentimenti partecipati e convinti perché dette vita ad una Italia unita, libera, democratica e repubblicana e ci dotò di una Costituzione che, grazie alla lungimiranza dei Padri Costituenti, è ancora oggi viva e attuale.

Nel preparare questo  intervento mi sono posto una domanda: quale senso ha celebrare il 25 Aprile? Oggi in questa giornata di primavera e di pace, oggi quando quasi tutti i testimoni sono scomparsi, e la memoria è affidata alla storia, quando i problemi, stili di vita, scenari globali appaiono così lontani da quelli degli anni 1944-45? Vorrei provare a proporre una risposta, che non è unicamente la mia, ma è radicata in tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito a forgiare il costituzionalismo italiano di questo dopoguerra, e credono che esso abbia molto da dare, da trasmettere, agli italiani di oggi e a tutti i popoli che cercano una loro strada verso una convivenza pacifica e solidale.

Per questo vorrei rievocare una formula, forse abusata, quella della “Costituzione nata dalla Resistenza”, nella convinzione che essa rispecchi la radice profonda della Costituzione italiana, la fonte della sua forza, della sua vitalità, la ragioni per la quale essa è ancora un punto di riferimento sicuro per indicare un cammino di liberazione mai pienamente compiuto, ma mai completamento interrotto, come hanno dimostrato gli avvenimenti e la passione, nel recente Referendum di modifica di alcune parti del titolo secondo. Per comprendere questa formula e soprattutto per svilupparne le potenzialità, occorre però che le due parole RESISTENZA e COSTITUZIONE, ritrovino lo spessore che hanno avuto nella storia vissuta di quegli anni lontani., perché la Resistenza non è semplicemente una lotta armata compiuta da un manipolo di uomini e donne durante pochi mesi degli anni 1943-1945, e la Costituzione è molto di più che un compromesso tra i partiti antifascisti, dopo la tragedia della guerra mondiale coi suoi 55 milioni di uccisi in azioni belliche e segnò uno sconvolgimento mai visto dalle popolazioni civili, massacrate dai bombardamenti aerei (si pensi che solo il bombardamento della città di Dresda fece più di 100 mila vittime!) oppure deportate in massa, oppure esposte continuamente al rischio dei rastrellamenti e delle rappresaglie. Infine non dimentichiamo mai le due bombe atomiche sganciate sulle città del Giappone: Hiroshima e Nagasaki.

La Costituzione, le cui radici sono germogliate dal 25 Aprile 1944, il giorno dell’insurrezione nazionale  del Nord Italia, con la sua carica di utopia e di sogno, ma saldamente radicata nella eccezionale esperienza della Resistenza e della guerra, ci porta le parole dell’uomo e della sua vita: lavoro, solidarietà, libertà, salute, cultura, ambiente, pace. Parole che possono ancora oggi rappresentare gli ideali capaci di coinvolgere i cittadini e di mobilitarli nella lotta, attuale ora come allora, per una società veramente umana ed il cammino di liberazione dell’uomo.

Passerò adesso a dare uno sguardo alla storia locale, anche se ai volterrani essa è nota in tutti i suoi risvolti. Il comune di Volterra, insieme a quello di Massa Marittima,  ha avuto un ruolo molto importante nella Lotta di Liberazione dal nazifascismo. Volterra ha registrato  131 partigiani combattenti, nelle tre Brigate Garibaldi: la III, la XXIII e la Spartaco Lavagnini e decine di morti per cause di guerra, oltre 200 militari che, dopo aver combattuto con onore, catturati dai nazisti, deportati e internati nei Campi di Concentramento del Reich, seppero resistere alle lusinghe ed al ricatto rifiutandosi di rientrare in Patria sotto le tristi bandiere delle Brigate Nere a  combattere per una causa sbagliata contro i loro fratelli, in ciò preferendo la durezza della prigionia, degli stenti e dell’incerta sorte. Non deve essere inoltre dimenticato che Volterra manifesta la sua opposizione al fascismo dall’inizio degli anni ’30 fino al giugno 1944, con 147 arrestati e condannati dal Tribunale Speciale alla pena di 100 anni di galera!

Alto, infine, è stato il tributo di sangue dei partigiani volterrani caduti nella Resistenza, essi sono 8, più un disperso. Per riassumere tali vicende lascerò al Sindaco Marco Buselli un raro documento: il testo della Commemorazione al Teatro Persio Flacco, il 3 giugno 1945, in onore ai partigiani di Volterra caduti sul fronte della liberazione italiana. Fu prodotto dall’ANPI, Sezione di Volterra ed è firmato da “Una partigiana”.

Nell’Alta Val di Cecina anche il mio Comune, Castelnuovo, ha avuto un ruolo importante e crudele: infatti oltre 170 furono le vittime per cause di guerra; 30 soldati, dei 600 richiamati uccisi o dispersi, molti  furono gli Internati Miliari; decine i feriti, alcuni gravissimi. Un tenente tedesco, Emil Blok, coadiuvato da un manipolo di soldati della RSI, diresse l’operazione di rastrellamento e massacro degli 83 minatori della Niccioleta e dei 4 partigiani di una piccola Banda Autonoma, che dalla Tenuta di Ariano, presso Volterra, dopo una cruenta azione  di combattimento contro una divisione corazzata tedesca nel pressi di Castel San Gimignano, alla fine fu sopraffatta e quattro partigiani furono presi prigionieri e rinchiusi nel Mastio di Volterra. E’ grazie alla  testimonianza di un sacerdote, Maurizio Cavallini, che è stato possibile ricostruire le vicende  terminali dei quattro partigiani: marchese Gianluca Spinola, n.h. Francesco Stucchi Prinetti, e i due sardi, Francesco Piredda e Vittorio Vargiu. Soltanto per una fortuita circostanza altri tre volterrani, condannati alla fucilazione: Dino Del Colombo, Guido Benini e Dino Fulceri detto Mosè, riuscirono a salvare la vita.

Oggi che il lavoro assume sempre più un valore di merce che non di dignità della persona, può sembrare anacronistico che 83 minatori siano stati uccisi ed altri 21 deportati in Germania per aver difeso uno dei più duri e ostili lavori umani: scendere sottoterra negli stretti cunicoli delle miniere non solo per il salario ma per difendere un “bene comune” della intera collettività, locale e nazionale.

Come ebbe a dire il compianto padre Ernesto Balducci, amiatino e compaesano di molti di quei minatori, è proprio quel sangue, dei suoi compagni di scuola, quei minatori, che sta alla base, o forse più in alto, della Costituzione,  e ben lo riassume l’articolo Uno che mette al centro d’ogni etica umana il lavoro fino a citarlo per 23 volte nel Patto Costituzionale: “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

E le donne? Quale ruolo e quale esempio e messaggio ci hanno tramandato della Guerra di Liberazione? La figura della partigiana emerge dalla moderna storiografia e dalla memoria collettiva in maniera sfaccettata e contraddittoria: si va dall’immagine idealizzata, incarnazione di aspirazioni alla libertà e alla giustizia, a quella della donna spregiudicata che infrange le convenzioni del comportamento privato, facendo una scelta apparentemente inconciliabile con la rappresentazione tradizionale dell’essere sposa e mamma, fino ad assumere un ruolo più autonomo e di rottura nella ricerca di una identità paritaria con quella dell’uomo.

Come è noto, le donne, più degli uomini, per il diverso ruolo sociale e mentalità, avevano maturato una minore consapevolezza del regime fascista, mantenendo perciò un ruolo, diciamo, passivo. Certo, con la chiamata alle armi  di padri e mariti e figli e fidanzati, le donne avvertirono acutamente la tragedia della guerra e si chiesero di chi fossero le responsabilità, individuando nel nazismo e nel fascismo, in Hitler e Mussolini, i maggiori responsabili.
Poi, quando cominciarono i razionamenti dei viveri, o cominciarono ad arrivare le prime comunicazioni dei loro cari morti in Russia o in Nord Africa o nei Balcani, ed anche le cartoline di richiamo sotto le armi delle giovanissime reclute non ancora ventenni, nonché dell’intensificarsi dei bombardamenti e cannoneggiamenti degli Alleati,  che, ad esempio, distrussero il 75% degli Stabilimenti della Larderello,  le donne assunsero un ruolo di più netta opposizione al nazifascismo, dando vita a numerose manifestazioni di protesta, ad esempio quella di sdraiarsi attraverso la strada per impedire la partenza dei camion che avevano prelevato a forza i loro parenti per mandarli a combattere sui fronti di guerra.

Le donne dettero un grande contributo di collaborazione ai Comitati di Liberazione Nazionale, agendo come staffette di collegamento tra le bande partigiane che erano sulle nostre montagne e nei nostri boschi, e il centro politico che si trovava nei singoli paesi. Portavano informazioni, viveri, medicinali, curavano i feriti, cucivano indumenti, aiutavano i militari inglesi, russi e di altre nazionalità, fuggiti dai campi di concentramento tedeschi, a raggiungere i partigiani e mettersi in salvo.

Su un totale di 365.773 partigiani (combattenti e patrioti sul suolo italiano), dei quali 54.700 caduti, circa 55.000 sono le donne, delle quali 1.070 uccise in combattimento. 51 volterrane sono le donne assimilate ai partigiani e patrioti, senza considerare la moltitudine  (174 volterrani) che protesse la Porta All’Arco e il Palazzo Inghirami dalla distruzione, nella quale figurarono ben 50 donne. Non so’ se ancora sia stata intitolata una via o una piazza di Volterra a Norma Parenti, Medaglia d’Oro al Valor Militare. Norma nasce al podere Zuccantine, nei pressi di Lago Boracifero, nel Comune di Monterotondo Marittimo, il 1 giugno 1921, figlia di  Estewan Parenti, muratore volterrano, abitante in via Guidi al numero 17, componente del numeroso clan dei Parenti,  e da Rosa Camerini di Suvereto.

La vicenda umana di Norma è stata ormai scandagliata in moltissimi aspetti, ma solo recentemente son venuti alla luce due documenti finora mancanti, che cito soltanto, ma  che è impossibile riassumerli adesso: Chi formulò la proposta di Medaglia d’Oro alla sua memoria, e, finalmente, dopo ben 74 anni dalla sua uccisione, la Relazione Peritale  sulla sua morte. Quest’ultimo un documento agghiacciante per la descrizione delle sevizie che furono commesse dai nazi-fascisti sulla giovane sposa di 22 anni di età, prima di ucciderla nella notte del 23 giugno 1944. 



Infine, per concludere, vorrei incoraggiare i giovani a perseguire nella missione importantissima della salvaguardia, della ricostruzione e della trasmissione della memoria, perché mentre noi nati al tempo delle Leggi Razziai, che siamo stati testimoni diretti, benché allora bambini, della violenza della guerra, stiamo tramontando, ai giovani  tocca l’arduo compito di tramandare gli ideali e le voci della Resistenza, cercando in primo luogo di mantenerle vive nella coscienza collettiva, come radice da cui attingere ancora forza e slancio, per il completamento, non solo in Italia ma in una Europa Unita e nel Mondo, del grande sogno sbocciato dalla Resistenza e dalla Costituzione: un sogno di pace, di giustizia sociale, democrazia, tolleranza, fratellanza e libertà.

Terminando queste riflessioni voglio rendere omaggio ad un vostro quasi concittadino, che all’epoca abitava ai Marmini, partigiano della XXIII Brigata Garibaldi, che operò nelle Colline Metallifere Toscane, rappresentante di spicco del Partito d’Azione, Carlo Cassola, che negli anni successivi alla fine della guerra ed all’esplosione delle due bombe atomiche con i loro oltre 300.000 morti, dettò ai suoi amici e compagni volterrani: “…noi che abbiamo fatto i partigiani e sappiamo cos’è la morte, dovremmo passare il resto della nostra esistenza ad evitare che il mondo sparisca e che i giovani non abbiano un futuro. Salviamo per loro ciò per cui abbiamo combattuto. Restiamo Partigiani, ma Partigiani per la VITA e per la PACE!

Viva il 25 Aprile!
Viva la Resistenza!
Viva l’Italia! 

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