lunedì 2 aprile 2018




PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI.  CAP. 84.

Si delinea nella sua gravità l’immane tragedia del Sud colpito dal terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia.

         Man mano che passano le ore si delinea nei suoi veri aspetti la grande tragedia che ha colpito l’Italia, con il disastroso terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia.  I cadaveri estratti dalle macerie ammontano, stamani, a 1154 ed i feriti a decine di migliaia, così i senza tetto[1]. Probabilmente queste cifre son destinate a salire perché interi centri abitati sono stati distrutti ed ancora non si è iniziato a scavare tra le macerie. Non solo la morte, ma la miseria atavica della gente del Sud emerge dalla tragedia. Chi ha visto le immagini, pur reticenti, trasmesse dalla tv, ha visto volti di vecchi segnati dal dolore di un’esistenza grama, ha sentito innumerevoli storie di emigrazione, di mancanza di lavoro, ha ascoltato parole di una rassegnata sopportazione.
         Ancora una volta la geografia dell’Italia e i problemi di tanta parte degli italiani, diventano cronaca e si impongono all’attenzione di tutti attraverso una immane catastrofe. Era avvenuto in Friuli nel 1976 (976 morti), avviene ora per l’alta Irpinia, per il Vulture, per le aree interne delle province di Napoli e di Avellino. Nomi che non dimenticheremo, come San Magno sul Calore, Lioni, S. Angelo dei Lombardi, Balvano, Laviano, si accomunano a quelli di Gemona, San Daniele del Friuli, Tarcento, Gibellina ed al Belice intero (236 morti).
E’ stato spesso ricordato che l’uomo è vittima ogni anno, in tutto il mondo,  dallo scatenarsi di eventi naturali, cicloni, inondazioni, terremoti, e che ben difficilmente gli stessi si possono prevenire ed evitare. Nessun paese, come l’uomo di fronte alla morte, sa da quale parte entrerà il lupo, ma tutti si preparano ad affrontarlo. Ecco, l’Italia ha in questo campo il suo punto debole, di una scienza impreparata, di strutture inadeguate, di mancanza di una politica di programmazione del territorio…e alla fine i disastri si  sommano ai ritardi nell’opera di ricostruzione prolungando le sofferenze ed  alimentando l’esasperazione popolare.
         In queste prime giornate e ore confuse abbiamo seguito con commozione e solidarietà il viaggio di Sandro Pertini e seguiremo quello del Papa Paolo II; essi portano ai colpiti il senso di umana fratellanza di tutto il popolo italiano. In ogni Comune fervono iniziative – occorre far presto! – e noi invitiamo i compagni e i lavoratori a mettersi in contatto con i Sindaci e gli Assessori per la raccolta di viveri, coperte, tende, medicinali, sangue e denaro. Siamo pronti a raccogliere nomi di volontari con specializzazione di elettricista, saldatore, infermiere, telecomunicazioni, autisti di mezzi pesanti, muratori, idraulici, per richiedere all’Enel l’autorizzazione a intervenire in concerto con le oo.ss. Regionali. Siamo anche dell’avviso che occorra un forte contributo finanziario da sottoscrivere individualmente attraverso la cessione di alcune ore di lavoro, da stabilire in accordo con i Sindacati nazionali.
Su ogni bara di questi nuovi morti, come per quelli del Friuli quattro anni fa, hanno messo una bandiera tricolore. Sia chiaro: per onorar le vittime, per riflettere ed avviare una nuova politica, non per nasconderle nell’indifferenza.


[1] Al termine delle operazioni di scavo tra le macerie e di recupero dei corpi, le vittime saliranno a 2732.

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