domenica 30 luglio 2017



PASSIONI, SPERANZE, ILLUSIONI. CAP. 26


42. Geotermia, piano energetico e nuovo modello di sviluppo. Problemi dell’Enel-Larderello[1]

         I problemi dell’energia hanno assunto negli ultimi anni un ruolo preminente, non solo nella strategia sindacale, ma anche nelle discussioni tra i cittadini. Rifornimenti di petrolio, di uranio, tariffe, ubicazione degli impianti, inquinamento, geotermia: sono vocaboli venuti d’uso comune, con significati politici precisi, sui quali la gente non solo discute in termini tecnici, ma collega alla strategia di un nuovo modello di sviluppo dando vita a sempre più estesi movimenti di lotta.
         E’ infatti chiaramente intuibile il rapporto che c’è tra ripresa economica e sviluppo del paese, con la necessità di disporre di quantità sempre crescenti di energia, in particolare di energia elettrica. Produrre energia elettrica costa. Dobbiamo oggi importare quasi completamente i combustibili (petrolio, uranio) con notevole incidenza passiva sulla bilancia dei pagamenti.
         L’Italia è povera di altre fonti (carbone, acqua) anche se non tutto è stato fatto per reperirle e sfruttarle razionalmente. Anche i gas naturali e le risorse geotermiche, difficilmente, nella pratica, potranno divenire in futuro fonti energetiche alternative a quelle tradizionali, specialmente a quella nucleare. Tuttavia ciò non giustifica una politica produttiva suicida verso le fonti nazionali.
         In questi anni recenti la crisi energetica e anche grandi avvenimenti politici, come l’avanzata comunista del 15 giugno 1975 nelle elezioni amministrative nazionali, hanno portato chiarimenti sulle scelte di fondo compiute dall’Enel (con l’avallo del Governo) e sul perché si sia privilegiato fuor di misura il consumo di petrolio. Sono pagine nere della nostra storia moderna che testimoniano l’incapacità della classe borghese non solo ad affrontare le grandi questioni nazionali, ma a gestire lo Stato, le gradi Aziende, le politiche economiche. Quando ci domandiamo perché, ad esempio, l’energia geotermica è stata e continua ad essere emarginata, irrisa, sottovalutata, dobbiamo cercare la risposta, nella mancanza di volontà politica e nell’asservimento ad interessi stranieri.
         Certo, questo non è tutto. C’è una serie di responsabilità che interessano livelli decisionali più bassi, dove regna il caos organizzativo e dove spesso le cariche direttive sono coperte da incompetenti che le utilizzano soltanto per fini di potere (e stipendio)  personali. Talvolta sembra quasi che si persegua sadicamente l’obiettivo dello sfacelo nazionale!
I mali della geotermia appartengono a queste due categorie. In più ci sono anche altre responsabilità, di noi tutti, perché non crediamo pienamente in un futuro geotermico. Non ci crediamo fino in fondo.
Sviluppata con successo la lotta per le assunzioni all’Enel-Larderello, le forze sociali e politiche si sono arenate sulle secche di una notevole elaborazione di documenti, convegni, conferenze, riunioni, non andando al di là di una critica verbale che invece andava tradotta in un ampio e incisivo momento di lotta e di aperta denuncia politica.
Innanzitutto c’è un problema di struttura organizzativa. E’ noto che ad occuparsi della geotermia sono tre strutture diverse, di vario livello e che, mancando un serio coordinamento, danno origine a sprechi e conflitti di competenza. Inoltre le strutture sono talvolta sottodimensionate perché, come sappiamo, nell’ambito compartimentale dell’Enel la linea vincente  è stata quella del gruppo di potere proveniente dall’ ex Valdarno e dalle Società Elettriche Finanziarie (come la “Centrale”), poi da uomini sostenuti dai partiti politici favorevoli all’uso indiscriminato del petrolio. Per la verità non si è fatto molto per rafforzare le posizioni dei dirigenti di Larderello. E’ vero: c’erano tra loro grosse carogne, ma non si dovevano confondere posizioni personali con il problema di fondo, politico. L’alleanza tra movimento sindacale e politico, quadri tecnici e direttivi della ex Larderello avrebbe, in ultima analisi,  favorito il raggiungimento di una posizione di maggior peso nell’ambito organizzativo dell’Enel, con indubbi vantaggi per lo sviluppo della geotermia.
Non possiamo perdere altro tempo. Occorre una struttura adeguata a livello nazionale, con funzioni di coordinamento, tra settori inseriti e non nel Compartimento, in modo da ottenere la più grande autonomia funzionale nella maggior sintesi unitaria. C’é poi il problema degli sprechi. Sotto il profilo dell’utilizzazione del personale e sotto quello della produttività degli impianti. Il personale non è troppo: è male impiegato e male distribuito. Ci sono chiaramente decine di posti di lavoro inutili, che andrebbero aboliti, e reparti operativi dove il personale scarseggia, come nel campo del servizio all’utenza. Ci sono i lavori in appalto che aumentano, anche se molti di essi sarebbe più vantaggioso farli in proprio, e lavori che attualmente facciamo in proprio e che andrebbero appaltati. Ci sono carenze nella preparazione del personale. Ci sono estesi fenomeni di assenteismo e si nota una mancanza di rigore, di moralità, nel modo con il quale si vive la giornata di lavoro. Il tempo effettivamente lavorativo è diminuito con il silenzio di tutti.
Apparentemente, oltre i guasti derivanti da una deresponsabilizzazione a tutti i livelli, si potrebbero ricercare le cause nel malessere che la dissoluzione del modello di società borghese fa filtrare  dappertutto, anche tra la classe operaia.
Per quanto riguarda gli impianti, la situazione è ancora più grave. Grandi centrali non hanno prodotto più del 50% della loro capacità. Il trasporto di vapore da lunghe distanze caUsa notevoli perdite di energia. Studi seri e applicazioni pratiche non vengono condotte per lo sfruttamento di fluidi contenenti cloruri, gas o acqua. L’aggiornamento tecnologico è pressoché inesistente, tutti i reparti risentono di una evidente dequalificazione ai vertici. Non si acquistano nuove turbine e si va avanti solo a promesse. Il danno economico caUsato da una gestione di questo tipo è stato enorme e la collettività ne paga le conseguenze.  Se nel nostro Paese esistesse un minimo di moralità i responsabili ne avrebbero da tempo dovuto rendere conto. Dunque è l’ora che tutti ci facciamo carico di questa situazione.
Le Organizzazioni sindacali in primo luogo dovrebbero scendere in campo richiedendo impegni di programmi e di investimenti ben precisi, controllabili e credibili. Su questa linea impostare la lotta dei lavoratori elettrici e delle popolazioni, altrimenti c’è il rischio che anche la “vertenza comprensoriale” recentemente aperta, rimanga pura accademia.
C’è bisogno di chiarezza. Ad esempio: cosa fa l’Enel nella nuova area geotermica[2] di Travale-Radicondoli? Una centrale? Come? Quando? Cosa fa del Sesta 1 (dopo sette od otto anni dall’esplosione “studia” il fluido!)? Cosa nella zona di Lago? e in quella di San Martino? del Molinetto? Perché non si cominciano a demolire le “cattedrali” (se, come si dice, non potranno più produrre a pieno carico), utilizzando i gruppi dove ce n’é più bisogno? Perché non si fanno sondaggi veramente profondi? Quando si accenderà la prima lampadina con il fluido...dell’Alfina? Sono questi solo pochi interrogativi ai quali comunque andrebbe data una risposta precisa. Inoltre, su un piano più generale, resta insoluto il problema di uno sfruttamento diversificato e razionale del vapore, nei settori chimico e agricolo. Si dice che Enel ed Eni siano acerrimi nemici. Non a caso si stanno muovendo guerra per i Permessi di ricerca. Ma non è assurdo che due Enti di Stato, anziché collaborare stiano a litigare in un momento di crisi come questo?
Ed anche verso gli Enti Locali: basta con le promesse generiche e gli accordi sulle questioni marginali. Se l’Enel vuol veramente cedere il vapore che non utilizza nelle centrali, ebbene lo faccia subito! Si potrebbe passare alla realizzazione di serre per fiori ed ortaggi, impiegare nuova manodopera, anche femminile, diversificare il tessuto produttivo e dare un contributo in uno dei settori (agricoltura) più importanti della Zona e del Paese, realizzando una vasto e razionale piano.
Ma anche gli Enti Locali è bene che escano dal vago. Devono formulare precise e motivate richieste, in collaborazione con le strutture pubbliche della Ricerca presenti in Toscana, in modo non solo da avere maggiore credibilità, ma di mettere in piedi, nella vertenza, insieme alle Organizzazioni sindacali, un vasto schieramento di lotta.
Dall’allargamento produttivo della geotermia (non considero in questa sede le possibilità di Eni, Salina, Smith...), potranno derivare nuovi posti di lavoro per i giovani. A questi posti di lavoro si dovrà accedere mediante concorsi pubblici e democratici, evitando gli sprechi sociali e dando a ciascuno la possibilità di realizzarsi attraverso l’utilizzazione piena delle capacità intellettuali e professionali. Certamente, i problemi degli sbocchi occupazionali legati alla professionalità e al livello di studio, non si risolveranno completamente. E’ venuta comunque l’ora di dire chiaramente che non può essere solo l’Enel il traguardo finale. Occorrerà uno sforzo per diversificare, per trasformare l’Istituto tecnico industriale di Pomarance, per riformare tutta la scuola secondaria in modo da renderla all’altezza delle necessità future nell’industria, nei servizi, in agricoltura, nell’artigianato.
Spero di aprire, su questo argomento, la discussione tra tutti gli abitanti della Valdicecina sensibili ai problemi di fondo della nostra Zona.




[1] Intervento di gc alla Camera del lavoro di Pomarance, ottobre 1976. A partire dal 21 aprile 1976, con il n. 0, iniziano le pubblicazioni mensili di “Informazioni Fidae-Cgil Larderello” ed in mancanza di indicazioni tutti gli scritti di gc ssno stati pubblicati sul “giornalino”.
[2] Area geotermica: ampio territorio in cui sono localizzate numerose manifestazioni termali connesse con il calore interno della terra e tali da presentare prospettive di sfruttamento per fini diversi.

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