NICCIOLETA (VIII).
Nello
stesso giorno, il 10 giugno, anche nel Villaggio di Niccioleta fecero la loro
apparizione i partigiani. I fascisti locali ne furono impressionati. Ci furono
contatti con il Comando Tedesco di Pian
di Mucini, e da questo con il comandante del III Battaglione Italien che da
Castelnuovo si era spostato a Monterotondo. Il luogo della rappresaglia
dimostrativa fu così spostato da Castelnuovo a Niccioleta con il rastrellamento
dei 152 minatori. Fisicamente però l’uccisione doveva avvenire a Castelnuovo,
come stabilito, e i 152 furono trasportati nella notte del 13 giugno a
Castelnuovo, non prima però di aver ucciso 6 minatori ritenuti comunisti e capi
della resistenza nel villaggio di Niccioleta.
Il
giorno successivo, nel tardo pomeriggio, avvenne, nei pressi della attuale
centrale geotermoelettrica di Castelnuovo, l’uccisione di 77 di loro, mentre 21
furono deportati e i vecchi rimandati a Niccioleta con gravi minacce. La sera
stessa del 14 giugno il III Battaglione Italien composto da SS tedesche e militi della GNR che
ne facevano parte, compresi una quindicina di fascisti di Niccioleta,
fuggirono, forse per la stessa strada fatta in precedenza, non sappiamo per
quale destinazione.
Di
fronte al Tribunale della Corte d’Assise di Pisa si concluse nel 1949 il
processo ai trenta imputati, poi ridotti a 11, e poi a 4, tutti gli italiani
che facevano parte del III Battaglione di SS Italien, presenti ed esecutori
dell’uccisione degli 83 minatori. Di loro solo tre furono condannati a 30 anni
di prigione, ma alla fine ne scontarono soltanto 5: Picchianti, Calabrò e
Nucciotti. Questi criminali che avevano sulla cintura la scritta Gott Mit Uns
(Dio è con noi), furono presto cancellati dalla più o meno voluta dimenticanza
e nel 1953 tornarono in libertà e scomparvero, in un’Italia che dimenticò
presto i valori della Resistenza. I comandanti tedeschi nessuno l’ha mai
cercati come ho potuto accertare di persona negli archivi militari di Berlino e
Friburgo e al Tribunale di Gottinga.
Aggiungo
qualche riflessione personale, maturata anche nel ricordo di mio padre, Renzo, che
con pochi altri, sotto la guida di Mauro Tanzini, partigiano della Banda
Camicia Rossa, fu il curatore del luogo dove i 77 minatori furono uccisi a
Castelnuovo di Val di Cecina. In casa se ne parlava poco, sembrava un massacro
assurdo, alla vigilia della Liberazione, senza che nessuno avesse fatto nulla
per evitarlo. La passività dei minatori, praticamente vittime sacrificali,
l’assenza di resistenza nella popolazione, la mancanza di interventi armati dei
partigiani, sabotaggi ai ponti, mitragliamenti dell’aviazione alleata: non
riuscivo a spiegarmelo.
Tuttavia
la tenacia dei familiari dei minatori uccisi si rivelò sorprendente ed anno
dopo anno, prima le vedove e gli orfani, le madri, i padri, e poi fratelli
sorelle, amici…ogni 14 giugno arrivavano a Castelnuovo, accompagnati dai
gonfaloni dei Comuni di origine e da quelli di Pomarance, Massa Marittima,
Castelnuovo, Volterra, tenendo accesa la fiammella della memoria. Una memoria
che fin dal primo giorno dopo l’uccisione si indirizzò a chiedere giustizia.
Come
ho detto la giustizia, praticamente, non è stata fatta. Alla ricerca del
perché? è stato invece risposto grazie ai recenti studi storici, anche se, dopo
tanti, troppi anni, essa è stata confinata ai margini della memoria nazionale,
nonostante le dimensioni ed il valore etico che trasmette: l’amore per il
lavoro durissimo della miniera, il lavoro messo a fondamento della nostra
Costituzione con l’articolo 1 (L’Italia è una Repubblica democratica fondata
sul lavoro). Come aveva ben capito padre Ernesto Balducci, nato a Santa Fiora e
compagno di molti dei minatori assassinati, lucido e sconsolato cantore dei
minatori, le Alte cariche dello Stato non hanno mai trovato mezza giornata
libera per venire quassù a rendergli il doveroso omaggio, tradendo, in un certo
senso, il messaggio che ci trasmette il fregio inciso sul monumento al Vallino
della Morte di Castelnuovo: Loca
significo nomina declaro viventium futururumque pietati sacrata hos digne
colito quos hostis seve necavit, ossia Io indico il luogo e rendo noti i nomi
consacrati alla pietà dei viventi e dei posteri Tu onora degnamente costoro che
il nemico crudelmente uccise. Io indico, tu onora degnamente…questo dice il
Monumento. Onorare degnamente, rito antico che ci ha trasmesso nella storia e nel
mito le pagine indelebili dei più alti valori etici dell’umanità. Vorrei che
questo messaggio fosse accolto da qualcuno di voi, nel passaggio della fiaccola
della memoria, una memoria che saprete
alimentare e rendere creativa.
(continua)
I partigiani della "Piccola banda di Ariano": Spinola, Stucchi Prinetti, Vargiu, Piredda, uccisi a Castelnuovo il 14 giugno 1944.
I partigiani della "Guardia Armata di Gerfalco", uccisi a Castelnuovo il 26 giugno 1944.
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