venerdì 28 marzo 2014

Celal Salik.

“Una volta ho scritto di un principe che ha abbandonato tutti i suoi averi per trovare se stesso, ritirandosi in un capanno a vivere solo con i suoi sogni. Il principe alla fine arrivò alla dolorosa consapevolezza che senza gli oggetti, il mondo e la propria vita sono entrambi privi di significato. A quanto pare non è possibile scoprire il segreto degli oggetti senza avere avuto il cuore spezzato. Dobbiamo umilmente sottometterci a questa definitiva, segreta verità”.

Meditiamo su due degli undici comandamenti di Pamuk:

 9°) Se gli oggetti non sono privati del loro ambiente e delle loro strade, ma vengono sistemati con cura e ingegno nelle loro case naturali, racconteranno da sé le proprie storie.

11°) Il futuro dei musei è dentro le nostre case.

Le “case della memoria” realizzate in Europa negli ultimi venti anni, insieme ai piccoli musei della civiltà contadina o industriale, a quelli della moda e del costume, della caccia e dello sport, della fotografia e film d’amatore, dei santini, dei giocattoli, delle bambole…, rispondono bene a questi due comandamenti.

Altra cosa è invece la stratificazione sociale di provenienza degli oggetti. I più dei quali non riconducibili ad uno o pochi proprietari, ma raccolti su un territorio ampio, da anonimi. Mentre si passa da un museo territoriale, nel quale gli oggetti sono appartenuti generalmente al popolo minuto – sostanzialmente povero – delle città, dei borghi, paesi e campagne,  ad un museo “personale”, si ascende alla classe “dominante”, peraltro ristretta e non rappresentativa, se non per un segmento, della rappresentazione della vita. E’ in questa classe sociale che possiamo oggi trovare piccoli musei, generalmente legati alla vita creativa e quotidiana di artisti famosi, imprenditori, capi di stato e capitalisti.

Molti degli oggetti e delle memorie sono raggruppati per tema: ad esempio quello diaristico, sonoro, fotografico, della Resistenza, Liberazione, Foibe, della Shoah ecc. ecc.; altri sono nelle case dove hanno vissuto personalità illustri: Pirandello, Proust, Hugo, Leonardo da Vinci, Antonidias, Anna Frank, Edith Piaf, Balzac, Bourdelle, S. Caterina, Zadkine, Palazzo Viti, ecc. ecc. e raccontano storie personali e familiari.

Essendo la mia famiglia di origine abbastanza povera, e senza proprietà, in più precocemente divisa e dispersa, nulla dei fragili oggetti d’uso comune è stato conservato, ma gettato nell’immondizia ad ogni trasloco da ciascuna delle sette case in affitto e sostituito da prodotti  “moderni” ed anonimi, di basso costo. L’unica possibilità di mantenere una “memoria” è stata affidata pertanto alla economica “scrittura”, fogli di carta usuale, lapis copiativo, una penna con pennino a torre o lancia, una bottiglietta d’inchiostro blù. Successivamente alla invenzione del signor Bìro, un ungherese, le penne a sfera BIC hanno quasi del tutto soppiantato le penne ad inchiostro, comprese le stilografiche, fino all’attuale prevalenza della scrittura elettronica.

Non rispetto perciò il comandamento 11. I piccoli reperti che prendono la polvere nella mia casa, ed anche quelli riposti non so’ bene dove, e che ogni tanto riscopro con emozione, sono in gran parte il combustibile per la tarda immaginaria poesia. Per questo li mostro e li amo.   





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