NICCIOLETA (VII).
Niccioleta - Castelnuovo V.C. 10, 13, 14 giugno 1944.
Credo
che molti di voi abbiano sentito parlare dell’uccisione degli 83 minatori di
Niccioleta (6 a
Niccioleta il giorno 13 giugno 1944 e 77 il giorno seguente a Castelnuovo di
Val di Cecina). Tra loro c’erano tre minatori nati nel comune di Pomarance;
Bernardini Onorato e Bernardini Livio
(padre e figlio) e Mannini Adamo;
inoltre 21 giovani minatori furono deportati in Germania nei Campi di Concentramento.
A Castelnuovo il 14 giugno 1944 fu un giorno tremendo, perché insieme ai 77
minatori e ai 21 deportati si aggiunsero anche altri 4 partigiani uccisi e 4
civili deportati. Si tratta di una delle più grandi stragi di “lavoratori”
avvenuta in Italia. Essa rientra nella strategia decisa a Berlino dai nazisti
per ritardare la sconfitta finale e, nello stesso tempo, per piegare la Resistenza facilitando
perciò la ritirata delle truppe dall’Italia. Fu una guerra ai civili e la
strategia del massacro fu attuata su larga scala in Toscana a partire dal
giugno 1944, prima che i tedeschi tentassero una estrema difesa sulla linea
gotica. Ma nella sua crudeltà, il massacro dei civili, rivelò tutti i
sentimenti di odio che si erano accumulati contro gli italiani dopo l’8
settembre 1943, insieme alla frustrazione e umiliazione per la sconfitta
imminente. Complici dei nazisti furono quasi sempre i fascisti repubblichini di
Salò, spie, criminali rei di molti omicidi e violenze, e il famoso bando di
Almirante ne è testimone. Se leggiamo le carte del processo ai responsabili,
troviamo soltanto uno sparuto gruppo di squallidi fascisti italiani, tutta la
manovalanza della strage, mentre nessuna indagine e istruttoria fu aperta
contro gli ufficiali nazisti tra i quali il famigerato tenente Block.
Abbiamo adesso molti saggi di storici importanti, tra i quali
quello di due professori dell’Università di Pisa, Michele Battini e Paolo
Pezzino, nonché ricerche sul campo di una storica Katia Taddei, e molti altri
libri di testimonianze, ricostruzioni storiche, album fotografici, fino ad un
film-documentario sui minatori amiatini, molti dei quali trasferitisi a
Niccioleta ed uccisi: “Canto per il sangue dimenticato” del regista Luigi
Faccini.
La
strategia del massacro ai civili inizia a metà giugno 1944 sotto l’ordine del
feldmaresciallo Kesselring durante la ritirata delle armate tedesche. Una delle direttrici della ritirata era
quella interna che dalla costa portava, attraverso Massa Marittima e le Colline
Metallifere, a Volterra e, quindi al Nord. Questa via di fuga attraversava
un’area dove forte era la presenza delle Brigate partigiane, nonché
l’opposizione e il sabotaggio delle popolazioni, prevalentemente mezzadrili ed
operaie. Infatti è con l’inizio di giugno che i partigiani intensificano le
loro azioni di guerra, compiono imboscate, disarmano le caserme, assaltano
depositi di viveri, entrano come “liberatori”, in molti paesi, Massa Marittima,
Castelnuovo, Pomarance, Niccioleta…per dare dimostrazione della loro forza e
presenza, per poi ritirarsi. In alcuni casi, come a Monterotondo Marittimo, la Banda Camicia rossa ingaggia
uno scontro coi tedeschi, uccidendone circa 40 e lasciando sul campo cinque
partigiani. L’8 giugno Pomarance è circondata ed evita un pesante
rastrellamento solo grazie all’intervento di un alto ufficiale della
Milizia fascista. Non sappiamo veramente
chi abbia chiamato una unità antiguerriglia italo-germanica stanziata a
Sansepolcro (AR) per operare una vasta rappresaglia a Castelnuovo, paese
individuato centrale sede partigiana (già
oggetto di una entrata dimostrativa dei partigiani), per attuare una
rappresaglia secondo le regole naziste, 10 italiani per 1 tedesco ucciso, e
cioè uccidere un altissimo numero di civili italiani (facendoli poi passare
tutti per partigiani).
E’ dunque una grande sorpresa dei
castelnuovini quando il mattino del 10 giugno trovano il paese accerchiato e
sotto il tiro delle mitragliatrici del III Battaglione Italien, giunto con
alcuni camion nella notte. Tutti gli uomini sono fatti uscire dalle case e
concentrati tra il Municipio, la
Chiesa e la
Caserma dei Carabinieri. L’intenzione era di fucilarne alcune
centinaia. Sono ore concitate tra il comandante tedesco, Emil Block, il
Commissario Prefettizio Nello Fusi e l’interprete, una altoatesina moglie del
maestro di musica della Filarmonica del paese. Intanto diverse persone riescono
ad eludere la sorveglianza e fuggire nel bosco. Nel pomeriggio del 10,
improvvisamente, la quasi totalità del battaglione lascia Castelnuovo
dirigendosi alla volta di Monterotondo Marittimo. Si saprà successivamente che
nello stesso giorno i partigiani di Mario Chirici e Gallistru hanno ingaggiato
una furiosa battaglia contro i tedeschi. Risulterà dunque abbastanza facile
agli ostaggi darsi alla fuga e scomparire nei boschi, verso il Pavone e i monti
della Carlina, in area controllata dai partigiani.
(continua)
Mario Fatarella, 2013, uno dei tre deportati di Niccioleta, ancora vivente.
I 4 partigiani della "Guardia armata di Gerfalco" uccisi a Castelnuovo di Val di Cecina: Salusti Dino Salusti Ido, Baldi Gino, Barlettai Arduino.
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