L’innocenza
degli oggetti.
Mentre stavo leggendo il romanzo
di Pamuk “L’età dell’innocenza” mi
resi conto che anch’io, senza conoscerlo e a distanza di migliaia di
chilometri, stavo lavorando, inconsapevolmente, da più di sessanta anni, ad un
progetto simile che avevo chiamato “L’età
fiorita”. Vi avevo virtualmente e materialmente collocato senza alcuna
classificazione ed ordine, in cassetti, bauli, armadi, cantine, e stanze della
mia casa, le poesie (a partire dalla prima che scrissi all’età di quattordici
anni), le foto bianco e nero (a partire dai quindici) e, dopo, il diario dei
primi venticinque anni, i racconti, gli oggetti della quotidianità e le immagini
delle ragazze amate. Successivamente, e con la stessa innocenza, stupore e
amore per la vita, son venuti gli
oggetti e i ricordi del lavoro, dell’impegno politico e sindacale, dei gatti e dei
cani, degli amici, dei figli e nipoti; nonché le perdite delle persone care ed
anche una vena di malinconia cantando
“ciò che si perde”. Ora ho il libro-catalogo di Orhan Pamuk “L’innocenza degli oggetti. Il museo
dell’innocenza, Istanbul”, pubblicato da Einaudi nel 2012, e lo sto
leggendo con emozione. Me l’ha portato mia figlia, direttamente dal Museo. Non trovo
altre parole per suscitare curiosità se non quelle dell’ultima di copertina: “…Orhan Pamuk ha fatto ciò che sembrava
esclusiva dei maghi delle fiabe o del Genio delle Mille e una notte. Ha preso
ciò che esisteva tra le pagine del suo ultimo romanzo, Il Museo dell’innocenza,
e l’ha trasformato in qualcosa di materiale, di fisico, uno spazio da esplorare
con tutti i nostri sensi: ha costruito il Museo dell’innocenza. Un luogo unico
al mondo, un tesoro nel cuore incantato di Istanbul: la celebrazione
dell’amore, della memoria, del potere dell’immaginazione di plasmare la
realtà”. Il futuro dei musei è dentro le nostre case! Io lo alimento
nell’anima.
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