Roccatederighi - Auschwitz, 1943-1944 (XI).
Oggi
sappiamo tutto, o quasi, della Shoah, cioè il progetto messo in atto da Hitler
e dai nazifascisti per sterminare tutti gli ebrei dall’Europa. Da circa 12
anni, il 27 gennaio è stato dichiarato dalla Comunità Europea “Giorno della
memoria della Shoah” e sia sulla stampa, che in televisione viene dato largo
spazio a questo tema. Dalla Toscana, in quei giorni, parte un treno di studenti per Auschwitz, in
Polonia, dove si trova uno tra i più grandi impianti di sterminio, perché non
dobbiamo mai stancarci di tramandarne la memoria alle nuove generazioni,
soprattutto attraverso la scuola.
Ho avuto
la fortuna di conoscere molti ebrei, testimoni diretti del tentativo di
annientamento del loro popolo e la mia vita s’è intrecciata, per molti decenni
con alcuni di loro, uomini e donne, coi loro figli e nipoti. Ho visitato alcuni
lager, Bergen-Belsen, Mauthausen, Terezin, Auschwitz-Birkenau, e alcuni luoghi
simbolo come i ghetti di Cracovia, Varsavia, Lublino, Plzen e Praga…l’appartamento
di Anna Frank ad Amsterdam…in più ho contribuito a rendere nota la vicenda del
piccolo campo di concentramento per ebrei allestito a Roccatederighi,
ubicato a pochi chilometri da noi, nel comune di Roccastrada, provincia di
Grosseto.
Sono stato
a Vienna, al Centro di Simon Wiesenthal, il cacciatore di criminali nazisti, ed
a Parigi al Centro di documentazione ebraico Mémorial de la Shoah nel 2001 e nel 2009; ho dato l’input alla
produzione di un documentario per RAI News 24 sulla vicenda degli ebrei
grossetani. Sono membro della Sezione
Italiana dei Figli della Shoah, il che costituisce, forse, il premio più alto e
sorprendente della mia vita.
A
Castelnuovo mai avevo sentito parlare di ebrei italiani o, addirittura toscani…Si
celebrava l’antifascismo, la nascita della democrazia, la bandiera del 25
aprile e, naturalmente, il 14 giugno, data dell’eccidio dei minatori di
Niccioleta, ma la storia degli ebrei era completamente sconosciuta o dimenticata.
E’
bene ribadire che in Italia la
Shoah è avvenuta con le Leggi Razziali proclamate da Benito
Mussolini nel 1938, quando il fascismo raggiunse il massimo del consenso
popolare, e ciò fa pendere sulla nostra società, sui nostri nonni e padri e
madri, su noi stessi, una condanna morale con poche scusanti.
Molti
sostengono che il fascismo fu più umano del nazismo, perché non gassificò gli
ebrei (se non qualcuno alla Risiera di San Sabba a Trieste), pur avendogli
confiscato i beni, allontanati dalle scuole e dall’insegnamento, e sostanzialmente
dal lavoro, vietando loro di frequentare gli alberghi, di possedere un
apparecchio radio, di avere alle dipendenze una domestica cosiddetta ariana, di innamorarsi di una donna o di un
giovane ariano, prima di essere obbligati a censirsi presso appositi uffici
comunali e provinciali e poi, internati e deportati. Se nell’orrore del male ci
fosse una graduatoria, è vero, il fascismo fu meno orribile.
Gli
ebrei in Italia alla data del 1938 erano circa 36.000, dei quali molti
riuscirono a fuggire e a nascondersi, aiutati, è bene dirlo, da istituzioni
religiose, da antifascisti e persone di buon cuore d’ogni ceto sociale. Si può,
grosso modo, ricostruire la sorte degli ebrei italiani dei quali 500 ripararono
al Sud liberato, 6000 in
Svizzera e 29.000 rimasero nella clandestinità. Di loro, 1000 risultano inquadrati
nelle brigate partigiane e 100 caddero in combattimento, mentre 20.000
riuscirono a nascondersi fino alla Liberazione.
(continua)